Xella ricorrami del XXV anniversario della morte di Al¬ fredo Rocco, tm maturamente scomparso tl 28 agosto 1935 a soli sessanta anyii, la lùteo!là giuridica romana, che lo ricorda tra i suoi Maestri più insigni* ha deh!)evalo dì onorante la memoria promuovendo, tra Valtro, la ristampa di talane sue opere s igni fioatto e e oggi difficilmente reperibili: Le società commerciali in rapporto al giudizio civile, Tonno t rSgS; La sentenza civile, Torino, IQOÙ: li fallimento, I voliti gene¬ rale v origine storica, Torino, igij. he tre opere, che compaiono ora nella collezione delle pub¬ bli e azioni delta Facoltà di giurisprudenza dell’FniversUà di Roma , per i tipi delTeditore Gmfjri, recano il segno meonfon¬ dila le del vigore e della linearità dei pensi ero di Alfredo hocco, portato per vocazione ulta costruzione sistematica! ma a perla nello stesso tempo ai problemi della formazione storica e del¬ la funziono predica del diritto. Forse qualche punto delle Ire opere può apparire non del tutto aderente alla evoluzione dogmatica degli isti luti, quale risulla dallo stala più recente della doUftfui, Ma la Facoltà ha ritenuto appari uno che le opere siano ristampate nella edizione originale senza aggiorna metili, neppure bibliografici, affinchè esse possano essere meglio giudicale come espressione di un mo¬ mento storico, uno dei piu felici, detta scienza giuridica italiana. Chi voglia avere un'idea complessiva del pensiero giuridico di Alfredo Rocco dovrà certo tener presente anche le altre sue opere: Vampia monografia sul << Concordato nel fallimento e prima del fallimento», Torino, igo2: i fondamentali « Prin¬ cipi di diritto commerciale », Torino, kj 28 e i due ricchi vo¬ lumi di << Seri iti-giuri di ci », Roma , 193J. Ma di queste opere e stalo ritenuta meno urgente la ristampa y perche esse sono an¬ cora r et ali va meni e re p er 1 h ih . PREMESSA Valla fama di giurista, di scienziato e di maestro, a cui Alfredo Rocco ha -sempre temilo piti che a qualsiasi altro onore, resta consegnala al complesso delle sue opere che quantunque direttamente dedicate al diritto commerciale e processuale , hanno lasciato profonde impronte anche nella teorìa generale del diritto. Roma. 3ì di&*ubu' Alberto Asquim » PREFAZIONE DELL’AUTORE ALLA PRIMA EDIZIONE Xt'll'assoluta mancanza di trattazioni complete e sistematiche sul tema della condizione giuridica delle società commerciali nel giudizio civile (i), studiato sempre frammentari a mente nei trattati generali, ed incidentalmente nelle monografie, in una materia, nell' apparenza arida . nella sostanza irta di continue difficoltà, non si presentava certo come facile il compito di una ricostruzione al piu possibile completa ed organica. Aon presumo certo di esservi riuscito, giacche so bene che non sem¬ pre alla sincerità dei propositi corrisponde la felicità dei risultati, ma sarò lieto, ad ogni modo, se avrò potuto portare un contributo anche mini¬ mo allo studio dell'interessantissimo terna. E se i risultati delle mie mo¬ deste fatiche saranno giudicati non del tutto inutili, debbo fin d ora rin¬ graziare il mio illustre Maestro, il prof. Ulisse Manara, dal cui in¬ segnamento dotto c lucidissimo prima, dai cui consigli sapienti e bene¬ voli poi, trassi amore alla scienza e conforto a superarne gli ostacoli. Roma, febbraio 1898. Alfredo Rocco (1) Non conosco sull'argomento che la breve monografìa dell Eccius, Die Stel- lung der ofjenen Handelsgesellschaft als Prozesspartei, nella Zeitschrift fiir das gesammte Handelsrecht, XXXII (1886), pag. 1 e segg. ’mm INTRODUZIONE Sommabili: i, Argomento del presente lavoro. Sua importanza srftràiitai c pratica. — - H carattere n-mmerciale dclte società nel nostro endice di commercio. — £- U caràttere commerciata nd diritto costituendo, i. L importanza, veramente singolare, che hanno assunto, nd ) 1 organizzazione odierna dell'industria, del commercio, del cre¬ dito, quelle potenti riunioni di capitali che sono le società com¬ merciali; la cura minuziosa con cui i legislatori dì tutti ì paesi si affaticano a disciplinarne la costituzione, la vita, lo scioglimento, il graduale processo storico per cui le società di commercio sono venute assumendo i caratteri di organismi a se e per sé viventi, rendono óltremodo interessante Io studio del modo con cui la legge e la scienza hanno provveduto perche i diritti che esse hanno e che dalla loro esistenza e dalla loro vita derivano abbiano la loro pra¬ tica attuazione per opera dd magistrato. Ma per potersi accin¬ gere a tale studio è necessario risolvere una grava questione pre¬ liminare, da cui si può dire — dipende tutto il problema riguar¬ dante i giudizi delle società commeriali. Intendo parlare del grave e ponderoso problema della personalità giuridica dì tali società. Perchè se si considerano le società dì commercio come enti a se, in¬ dipendenti e distinti dalle persone dei soci, esse dovranno compa¬ rire in giudizio in proprio nome ed in proprio nome condurre tut¬ te fasi del procedimento. Se invece si considerano come semplici collettività non distinte dalle persone dei soci, questi dovranno sempre figurare nel giudizio, legati solo dal vincolo contrattuale chi- li rappresenta come una universikis, ma come una università^ non personificata. Risolta dunque questa, che è la questione fon¬ damentale del nostro problema, tutto il resto riceverà luce da essa, e ci sarà così assai facile, qualunque sìa la soluzione che daremo alla questione, il seguire la società come ente, oppure i singoli soci i. A, Rnecrt, /> società cfànmcrcwlt 2 LE SOCIETÀ COMMERCIALI costituiti in collettività non personificata, attraverso le varie fasi del procedimento civile. 2. Prima di addentrarci nello studio del modo con cui le so¬ cietà di commercio figurano nel giudizio civile, è necessario risol¬ vere una questione, dirò così, pregiudiziale, la quale riguarda il cri¬ terio distintivo tra le società commerciali e quelle civili. È naturale infatti che prima di studiare i rapporti che corrono tra la società di commercio e il diritto giudiziario civile, noi ci do¬ mandiamo quando è che ci troviamo di fronte ad una società di commercio, e quando ad una società civile. Dire della grande im¬ portanza di questa distinzione in ordine al diritto materiale mi sem¬ bra inutile; essa equivale a quella che è necessario fare, riguardo alle persone fisiche, tra commercianti e non commercianti (i), ma una importanza speciale essa assume per ciò che riguarda il diritto pro¬ cessuale. In primo luogo, rispetto alla competenza; infatti le azioni personali e le azioni reali sopra beni mobili derivanti da atti intra¬ presi per conto di una società commerciale dal suo istitore o rap¬ presentante fuori della sede sociale possono proporsi dai terzi din¬ nanzi all'autorità giudiziaria del luogo dove si esercita il commercio, o risiede l’istitore o il rappresentante (art. 872 Cod. di comm.). In secondo luogo, rispetto alla citazione. Mentre infatti chi vuol ri¬ volgersi al giudice per ottenere la condanna di una società civile, deve notificarla a tutti i soci personalmente, chi conviene in giudizio una società di commercio basta che la notifichi a chi la rappresenta come socio o come amministratore dello stabilimento sociale. In fine rispetto alla prova della esistenza, dello scioglimento, e, in genere, di tutto ciò che riguarda lo stato personale della società, giacché mentre per le società di commercio sono ammesse le deroghe che l’art. 44 apporta al diritto civile, per le società civili debbono se¬ guirsi le norme più rigorose del diritto comune. Ma più di tutto è importante la distinzione per quel che riguarda la personalità giuridica, — in cui come vedremo — esiste una grave differenza, secondo il nostro diritto positivo, tra le società di commercio e le società civili. Il codice francese (art. 18) non fornisce alcun criterio distintivo fra società civili e società commerciali e così pure il codice germanico (1) Lyon Caen et Renault, Traiti de droit commercial, Paris, 1890, II, n. 89. INTRODUZIONE 3 (art. 4) [2), Il codice nostro invece, dopo aver detto all'articolo 9 che sono commerciatiti coloro che esercitano atti di commercio per professione abituale e le società commerciali, spiega a 11'art. 76 che le società commerciali sono quelle che hanno per oggetto uno 0 più atti di commercio. Questa definizione non è certamente esatta. Se con essa il legislatore ha voluto dire che commerciali sono quelle società che hanno per ìscopo, che si propongono, uno o più atti di commer¬ cio, ha detto cosa che non ha senso alcuno, perchè, come bene os¬ servava il Pescatore nelle discussioni fatte sul progetto dì codice al Senato, non può darsi vera e propria società per )‘esercizio dì un solo alto di commercio, ma al più una associazione in partecipa¬ ci onè (3). Se invece ha voluto far rientrare nella categoria delle società commerciali tutte quelle che, nel fatto, esercitano uno o più atti di commercio, ha detto ugualmente cosa inesatta, perchè anche una società civile può esercitare imo o più atti di com¬ mercio senza diventare per questo commerciale, come non diventa commerciante colui che pone in essere anche una serie abbastanza notevole di atti di commercio (4). L ari. 76 quindi non deve inten¬ dersi nò nell'uno, né nell'altro senso ma piuttosto avendo riguardo a quello che il legislatore stesso ha stabilito quanto alla qualità di commerci ante, ponendolo in relazione colle disposizioni del codice civile che riguardano il contratto di società. La società commerciale è dunque una società, in cui lo scopo del guadagno, comune anche alle società civili (aru 1697 cod. riv.) è raggiunto (0 i soci si pro¬ pongono di raggiungerlo) mediante l'esercì zio abituale di atti di {2} Del coti, di carorn. germanico è stata di recente pubblicata un'altra edizione, in cui sono riunite in testo unico tutte le leggi che modificano ì'Allgttn&ìite drutsche Handelgesclztm rA del 1&73. Tuttavia, nel testo continuerò a citare gli articoli secondo la numera zi e ne del tati ir? generate. iE quale i- quello che corre per le mani di tutti, e a cui si riferiscono tutti i commentari e trattati di diritte Commerciale germanica sin qui usciti, riservandomi perù di notare volta per voka la corrispondente numerazione dui nuovo testo dd 10 maggio 1897. (3) Discussioni ci( Senato in Castagnola e Gì anziana, /(nuova codici di commercia commentato; fronti e maturi. Torino rft.Sj, I pag. 332. 11 p*scatori£ osservava che per quanto si parli di un sólo atto eli commercio (così, per esempio, net caso di due o più Stappai ta tori che prendono in società il subappalto di costui re un tronco speciale di ferrovia} questo atto di commercio sì deve sempre svolgere in una serie succes¬ siva di altri atti di commercio, vale a dire in un Cattino commerciate' (4} Lyon Caen et Renault, Traiti de drait commerciai, 11 , n 93 e la nume¬ rosa giurisprudenza ivi citata. 4 LE SOCIETÀ COMMERCIALI commercio (5), Quindi nel nostro diritto positivo la forma assunta dalla società e la qualifica datale dai soci sì devono ritenere come del tutto ir- rilevanti (6). 3. Su questa soluzione non mi pare possa cader dubbio in di¬ ritto positivo nostro, in cui abbiamo lari. 229 del cod* di comm, il quale restringe alle sole società civili costituite nella forma delle società per azioni l'applicazione delle norme del codice di com¬ mercio, e da queste eccettua te norme che riguardano il fallimento e la competenza. Questa stessa disposizione così ristretta e limitata esclude necessariamente che le altre specie di società civili, costi¬ tuendosi in forma commerciale, possano andar soggette alle disposi¬ zioni della legge commerciale. In diritto costituendo la questione è piu grave* La Commissione infatti incaricata di studiare le riforme da apportarsi al codice di commercio proponeva recentemente di estendere a tutte le società le disposizioni dell art. za9. il quale dovrebbe essere cosi formu¬ lato: Le società civili che assumono caratteri indicati nel Fari. 76 sono sottoposte a tutte le disposizioni dettate dal presente codice (3} Lyon Caen et Rènauut. Tmite, fi, n 92, e anche Vivantk, Trattato teo¬ rico-pratico di diritto commerciate Torino 1893,. I, n. 273. che definisce le società com¬ merciali come persone giuridiche costituite mediante contratto allo scopo di specu¬ lare col patrimonio conferito dai soci esercitando atti rii commercio. Dal dio -,'t rilava che — secondo il Vtvastte — l'esercizio degli atti di commerau d- • ■■ 1 «rin- cipale, se non Vesclusivo mezzo di speculare- Cfr. Goldschmtdt nella ZntschHft jur dtegcsammte Rechimi ssmschstjt IV, I, p, 57 II. pag, 30 L ASTIO, /b> BamlrigeseU- schaffm neWIIandbuch di Enuemann, Leipzig 1884, 1 . § 74, 11 3 Va Va ss iti ». fratte dei saciétés civiìes et- commerciate,*, Faris 1892-94, I, n. .5. Quindi, per considerare come commerciale una società, non basta clic essa ài proponga uno scopo di guadagno in genere, ma deve invece essere suo scopo l'esei-:/.n. vero e proprio del i .nume re io. Cfr. App. Genova, 7 gennaio 1S87. ‘Irmi Veneta , 1887. 138. (6 ) Lyon Caen et Hemault, Traiti , II, n 92. Bqistel, Centri de droit commer¬ ciai. Farci, 1884-87, n. 165 fris. Thoplonu;, Sociétés. n, 27, e segg, e la giurispmdtm- za ivi citata. Labbé, nel Journal Un Palai*. iSù$ 4 pag. 1 iifj, Relazione Mancini, in Castagnola e Gian zana. E, pag. App. Lucca, 11 gennaio iSjt. Annali della gutr, itaL 1871, II, ^Q.Trib. di comm di Bologna. 20 gennaio 1881. Rivista gmr. rii Bologna, ISSI. 62 App. Venezia, 7 gennaio 1887, Tcnu Veneta, 1887. 13B- App. Vene¬ zia, 2T febbraio 1888, Temi Ve ne la 188$, 130. App, lìrcsrìa, 29 du:rrabnr 188S, Foro Hai- 1889, I, 414, Fot-, Genova., 4 dicembre 1894. Giurista, 1894, 932, ]] quale sta¬ bili che te cooperative sono- civili o commerciali secando la natura covilo ù commét¬ tivi* dette operazioni che ne formano Paggetto r.'Mante. Trib. Bologna, 12 novem¬ bre 1895. Foro itaL 1898, I. 412. INTRODUZIONE 5 per le società commerciali » (7). Con questa proposta la Commis¬ sione ha inteso di dare una soluzione più logica alla questione, allar¬ gando a tutte le forme di società commerciale e a tutte le disposizioni del codice di commercio la norma dell'art. 229. Questa infatti san¬ cisce un sistema ibrido, di cui non possono essere contenti nè i fau¬ tori dell’una, nè quelli dell’altra dottrina. Come dice benissimo l’il¬ lustre Vivante (pag. 194) «non si può scindere la legge in due parti, pigliarsi ciò che essa presenta di vantaggioso, come la personalità giuridica e il credito inerente a una responsabilità giuridica e il cre¬ dito inerente a una responsabilità solidale, senza subire l'impero di tutte le sanzioni civili e penali che sono destinate a prevenire gli abusi ». Ciò posto, prima di entrare nel merito della questione, credo necessaria una osservazione preliminare. E l’osservazione è questa. Dire che le società civili costituite nelle forme e coi caratteri che il codice di commercio assegna alle società commerciali, sono sot¬ toposte alle disposizioni del codice stesso, vai quanto dire che le società costituite in quella forma e con quei caratteri sono società commerciali? Veramente, a me sembra di no. Perchè una società sia commerciale non basta che sia regolata dal codice di commer¬ cio: è necessario che di fronte a tutta la legislazione sia conside¬ rata come commerciale. Ognuno sa che il codice di commercio non racchiude tutto il diritto commerciale, e che vi sono altre dispo¬ sizioni di legge, aH’infuori del codice di commercio, che si occu¬ pano delle società commerciali. Vi sono ad esempio le leggi fi¬ scali, vi è il codice di procedura civile che se ne occupano. Ora dire che una società è regolata dal codice di commercio, non mi pare sia lo stesso che dire che la società è commerciale. Anche la Commissione dunque, messasi sulla via di dichiarare la com- mercialità di tutte le società costituite nelle forme dell’art. 76, avrebbe dovuto dire senz’altro che esse sono considerate come so¬ cietà commerciali. Entrando poi nel merito della questione, molti negano che la forma assunta dalla società e la qualifica datale dai soci possa de¬ terminare il carattere civile o commerciale della società stessa, e ciò per la ragione che, come un individuo non può attribuirsi la qualità di commerciante per sola forza della sua volontà, ugual- (7) Vivante, Relazione della Sottocommissione incaricata di proporre la riforma al titolo delle società commerciali nella Giurispr. Hai. 1895, V, 195. LE SOCIETÀ COMMERCIALI mente la qualità di commerciale aliente sociale non può esser data per mezzo dì un atto arbitrario della volontà (8). Questa ragione non mi sembra convincente. Non si tratta già di attribuire il carattere civile o commerciale alla società secondo che piaccia ai soci di chiamarla civile o commerciale; se cosi fosse avrebbero ragione i sostenitori di questa dottrina; si tratta invece di vedere se le società che assumono la forma delle società commer¬ ciali, e per conseguenza i caratteri di tali società, con tutte le con¬ seguenze che da essi derivano ai soci rispetto alia responsabilità, alla solidarietà, al fallimento, alle sanzioni penali etc. eie. deb¬ bano per tutti gli altri effetti considerarsi come commerciali K (to¬ sta così la questione, non mi pare si possa rispondere che aftanati- eminente, Sta bene che assumere quei determinati caratteri dipende dalla volontà dei soci, ma non dipende forse dalia volontà del citta¬ dino Teserei tare o no atti di commercio uer professione abituale, i r mwn TTrrvv«W+VW^^ INTRODUZIOHE commerci ali. Del resto la tendenza generale odierna è contro la determinazione di forme e tipi precisi di società commerciali, ma piut¬ tosto per lasciarne la costituzione e la forma alle libertà delle parti ed allo sviluppo della industria commerciale che nel suo vertiginoso evolversi, non può essere costretto entro i limiti angusti di alcune forme rigorose e determinate (n). {ri} Contro Bonelli, Appunti sul fai!intento ilei}? società cimmcrciatL Nota a proposito di un recente lavar® di A. Sraffa. Estratto alalia Rivista ital. par te scienze giuridiche r Tonno 1897, pag. 4 Cod- spaglinolo art, 1 16 Vincens, Légtslation camme? * citile, Paria r ^37. 1 . pag, 353, Hedarride, Sociélé$ n. 94 e segg. Anche nella giurispru¬ denza, ed a proposito dei diritto vigenti-, è stata qualche volta, ma erroneamente, mi pare, affermata la opinione che la commerciali tà nelle-società dipende dalla sola forma che esse assumono. Cosi Casa. Tonno 10 agosto 1867, Annali ì 8 hj t I, 347. Casa. Firenze 9 agosto 1871. Annali. 1871, T. ita. Cassi. Torino 5 settembre 18S3. Givtr. Tur. 1883, 1.6154 App. Genova 29 novembre 1886, Foro ìttiL 1887, I, 239. App, Genova 26 gennaio 1894, Temi genovese 1894, e ri Una opinione intermedia è stata emessa da Lyon Caen et Iìenault, Tratti II, n 94, t quali vorrebbero che le norme dettate dal codice di comm. relativamente alia forma fossero comuni anche alle società civili costituite in ima delle forme proprie delle società commerciali, restando proprie alle sole so¬ cietà di corame reto tutte quelle norme che riguardano la natura delle loro operazioni, ed il loro stata di commercianti Ma queste distinzioni tra norme riguardanti la forma e quelle riguardanti la sostanza ih: Ila cani merci al ita mi sembra poco fondata, ed anzi, mi sembra che costituisca una vera contraddizione in termini Tutte le norme in¬ fatti che disciplinano la forma delle società commerciali hanno di mira eschasiva- munte la garanti» dei diritti dei terzi (efr, Psrrone, La garantiti dei terzi in materia commerciale, Napoli. iS 0 , pag. 102) e quindi non possono assolutamente andar di¬ sgiunti- dalle norme disciplinanti la sostanza delle loro operazioni, e dal loro stato., Perché non si possono concepire regole dirette a garantire- rapporti che in realtà non esistano, v* : t r ì*KWTT 1 Capitolo Primo LO SVOLGIMENTO STORICO § i. - Il diritto romano Sommario: 4. L’art. 77 del nostro codice di commerco è frutto di una lunga evolu¬ zione di cui si trova traccia fin nel diritto romano. — 5. Nel diritto romano la società non costituiva, in modo assoluto, un ente separato dalle persone dei soci. La 1 . 13 § 1 de praescriptis verbis. — 6. Che non lo costituisse nei rapporti interni è indubitato. Opinione del Pernice. Troplong e la 1 . 65 § 14 prò socio . — 7. Que¬ sto passo però deve interpretarsi molto diversamente. — 8. Nei rapporti esterni invece si può riscontrare una, sebbene non chiara e definitiva, tendenza a rico¬ noscere nella società un ente autonomo. — 9. Questa duplice tendenza si mani¬ festa più chiaramente nelle societates publicae. 4. Uno sguardo anche rapido e fugace allo svolgimento sto¬ rico della questione della personalità giuridica delle società com¬ merciali è necessario per rendersi ben conto dello stato attuale di essa. L'art. 77 infatti del codice di commercio, il quale stabili¬ sce che le società di commercio costituiscono, rispetto ai terzi enti collettivi distinti dalle persone dei soci, non è, nè può essere, una disposizione isolata, uscita come una concezione arbitraria dal cervello degli uomini che prepararono la nostra legge di commer¬ cio. Essa anzi non è che il frutto di una lunga evoluzione, di cui — mi pare — si debba trovar traccia fin nel diritto romano. Non dico che nel diritto romano sia bene e chiaramente affermato il prin¬ cipio dell’art. 77 del nostro codice di commercio, ma è certo che una sensibile differenza tra la disciplina legale delle società per ciò che riguarda i rapporti tra soci e quello tra società e terzi noi possiamo riscontrarla fin dal diritto romano. E partendo da questo concetto, potremo altresì renderci conto del perchè la personalità giuridica delle società in diritto romano sia stata così vigorosamente affer¬ mata dagli uni e così energicamente negata dagli altri. Tutto sta nel considerare di quali rapporti si parla: se di quelli interni tra soci, o di quelli esterni coi terzi. .' f * ; - - ■■ - 4 * 12 LA PERSONALITÀ GIURIDICA 5. Che la società m diritto romano non costituisse un ente separato dai soci nei rapporti tra i soci stessi è dimostrato assai chia¬ ramente dalla l 13 § 1 de firacscriplis verbis Dig. XIX, 5, la quale è così formulata; Ulp.; I. XXX ad Editimi L 13 § 1 de pracsc, verbis Dig + XIX, 5: I ulta N us L. XI Digeshrum scrìbii, sì libi arme mzae d 0 m i « 2' u m fodero, ut insula aedi ficaia, par lem mi hi ted¬ iai, ncque emptiomm esse, quia preti 1 loco parte m r e i me a e r e cip io t ncque mandttium, quia non est gratut- tum, ncque societakm , q u i a « e m 0 socia i a t e m c 0 n - ir ahen d 0 rei $uac doni1 n u s esse d e sin1 1 . E questo il passo fondamentale su cui si basano i fautori della dottrina che nega la personalità giuridica allo società nel diritto ro¬ mano fi). Il Tkoplong cerca di togliervi importanza spiegandolo nel senso che col formare 3a società il socio ha bensì alienalo la cosa conferita, ma l’ha alienata temporaneamente, in modo che, terminata la società, egli ritorna in domìnio della cosa, v Ora e que¬ sto possibile ritorno che preoccupa la menti F Uliuand, e lo induce a dire che la società non porta seco un' alien azioni-. No, non e una aliena¬ zione assoluta come quella che produce la vendita; il socio non ri¬ nunzia radicalmente e per sempre alla cosa conferita in società ( 2 ) * Ma l'interpretai ione del Troplong è tu tt'altro che corretta c persua¬ siva. Facciamo infatti l'esegesi del testo. Giuliano fa l'ipotesi che un'area fabbricabile sia stata traferita in proprietà colla condizione dì costruirvi sopra un fabbricato, e restituirne una parte *■ ri domanda di qual figura di contratto si tratti. Non di una vendita, perchè ri riceve invece del prezzo una parte della cosa propria, non di un man¬ dato, perchè non gratuito, e neppure di una società, perchè nessuno, contracndo società, cessa di essere padrone delle cose sue. Ora che nell'ipotesi del giureconsulto sia stata trasferita la pro¬ prietà delle cose non è dubbio: si Ubi or eoe meae d omini ton dedero: e neppure è dubbio che si tratti di un trasferimento temporaneo, per quella parte che deve essere restituita, perchè partem rea meae. reti pio. Se dunque si tratta di una alienazione temporanea, e a que¬ sto caso il giureconsulto non crede poter attribuire i caratteri di {i) Giorgi, La dùlti ina dette persone giuridiche i- carpi morali, VI; Firenze ifi 97 - pag. 322 e segg. Vivaci te, Tr&Uaio. I. n. 186. (2) Trotlong, Des Scciété s, n. 63. " LO SVOLGIMENTO STORICO 13 una società perchè nenio societatem contrahendo rei suae dominus es¬ se desinit, è evidente che non v’era società, nel suo concetto, anche quando il trasferimento fosse stato soltanto temporaneo. E del resto, che questo sia il pensiero del giureconsulto è di¬ mostrato anche dalla seconda parte della legge, in cui si dà la solu¬ zione del quesito: Quid ergo est ? in factum putat actionem Iulianus dandam \id est praescriptis verbis ), E r g 0 si q u i s a r e a e do¬ mi n i u m non transtulerit, sed passus est te sic aedificare, ut c 0 m m u n i c a r e t u r vel ipsa, vel pretium, erit societas. Idemque est, si partis areae dominium transtulerit, partis non : et eadem lege aedificare passus est. Quando è dunque che vi è società? Quando il dominio non è trasferito: si quis areae dominium non transtulerit ; ma l’area sia da¬ ta allo scopo di edificarvi, col patto che essa, o il prezzo di essa, sia posto in comune: ut communicaretur . Prova più chiara che si tratta di un vero rapporto di comunione, non mi pare si possa richiedere (3). 6. Per attribuire però a questo passo il suo giusto valore, e per non trarne conseguenze più late di quello che non comporti il rigore logico del ragionamento, conviene riflettere che in esso si parla solo dei rapporti interni tra soci, non già dei rapporti coi terzi. Il Pernice invece, ed il Troplong sostengono che anche all’in¬ terno la società costituisce un ente separato e distinto dalle per¬ sone dei soci. Il Pernice infatti dice che anche all’interno l’area societatis si deve considerare come patrimonio generale della so¬ cietà (4). E cita in appoggio di questa sua asserzione la 1 . 22 § 1 prò socio, Dig. XVII, 2, in cui si usa l’espressione societati praestare, a proposito dei debiti di un socio verso la cassa, da cui si rileva che il singolo socio può avere obbligazioni verso il patrimonio sociale, vale a dire verso gli altri soci. Per quanto dalle espressioni dell’illustre romanista possa appa¬ rire che egli abbia il concetto della società come avente un patri- (3) V. anche Giorgi, VI, pag. 323, sebbene con dimostrazione forse non abba¬ stanza esauriente. (4) Pernice, M. Antistius Labeo. Das ròmische Privalrecht im erslen lahrunderte der Kaiserzeit. Erster Band, Halle 1873, pag. 293. __ : ■. 14 LA PERSONALITÀ GIURIDICA monio distinto da quello dei soci, e quindi come un ente distinto dai soci anche nei rapporti interni, faccio anzitutto notare che egli stesso, dopo aver detto che il socio può avere obbligazioni verso il patrimonio sociale, aggiunge: cioè verso gli altri soci (d. h. an die iibrigen Gesellschafter). E che cosi sia è dimostrato da una breve esegesi del testo: Ulp. 1 . XXX ad Sabinum, 1 . 23 § i prò socio, Dig. XVII, 1. ...Marcellus lib. VI Digestorum scribit, si servus unius ex sociis societaii a domino praepositus, negligenter ver- satus sit, dominum societati, qui praeposuerit, praestaturum, nec compensandum commodum, quod per servum societati ac¬ cessit, cum damno. Et ita divum Marcum pronunciasse : nec posse dici socio : abstine commodo, quod per servum accessit, si damnum petis. Premetto che la regola data dal giureconsulto in questo passo non è altro che la disposizione dell’art. 1714 del nostro cod. civ., il quale dice che ciascuno dei soci è obbligato verso la società pei danni cagionati alla medesima per sua colpa, senza che possa com¬ pensarli cogli utili procacciati colla sua industria in altri affari. Ed è noto che alla società del nostro codice civile tutti gli scrittori ne¬ gano la personalità. Quanto poi all’espressione societati praestare essa è lungi dal¬ l’avere un valore assoluto. Il giureconsulto parla di societas e non di sodi, probabilmente per analogia alla frase usata nella proposizione precedente (si servus unius ex sociis societati a domino prae¬ positus) in cui la parola societas è adoperata nel senso di azienda sociale, esercizio sociale. Tanto è ciò vero che nella fine del responso, 1 azione per il risarcimento del danno viene attribuita al socio, non alla società. « Et ita divum Marcum pronunciasse : nec posse dici so¬ cio; abstine commodo, quod per servum accessit, si damnum petis.* A torto poi il Troplong, per provare che la società anche ri¬ spetto ai soci, rappresenta un ente a sè, distinto dalle loro persone, cita la 1 . 65 § 14 prò socio, Dig. XVII, 2, la quale stabilisce che se il socio sia creditore di qualche cosa, deve rivolgersi solo a quel so¬ cio, che sia detentore della cassa comune. Ecco come egli ragiona: < In questo esempio il giureconsulto considera la società come un èssere di ragione distinto dai soci, egli la personifica nella cassa co¬ mune, vicendevolmente considerata creditrice e debitrice. Un socio, per esempio, ha sofferto un danno che lo autorizza a domandare A LO SVOLGIMENTO STORICO 15 un’indennità contro la società; se fosse vero che si debbono consi¬ derare i soci anziché la società, questo socio dovrebbe rivolgersi a ciascuno dei suoi consoci individualmente per farsi indennizzare da essi a seconda della loro quota sociale. Ma non è già così. Secondo Paolo questa indennità si deve domandare alla società anziché ai soci; è la società, è la cassa sociale che devono essere messe a con¬ tribuzione » (5). 7. Ma a me non sembra difficile dimostrare come il Troplong non abbia bene inteso il testo, il quale assume invece un significato assai diverso, quando lo si consideri non isolato, a sé, ma nel con¬ testo della legge. La legge 65 a cui il testo appartiene, si occupa tutta dello scioglimento della società. Tanto poi il paragrafo prece¬ dente che il susseguente indicano che il giureconsulto ha voluto appunto alludere al caso di scioglimento anche nel passo citato dal Troplong. È bene dunque riportarlo insieme al paragrafo che lo precede e lo segue, per dare un’idea di ciò che il giureconsulto ha voluto dire: Paulus 1 . XXXII ad Edictum 1 . 63 prò socio, Dig. XVII, 2 § J 3- Si post distractam societatem aliquis in rem communem impenderit socius, actione prò socio id non conseqnitur; quia non est verum, prò socio, communiterve id gestum esse; sed communi dividundo iudicio huius quoque rei ratio habebitur; nani etsi distracta esset societas, nihilominus divisio rerum super est. § 14. Si communis pecunia penes aliquem sociorum sit et alicuius sociorum quid absit, cum eo solo agendum penes quemea pecunia sii; quadeducta, de reliquo, quod cuique debeatur, omnes agere possunt. § 15. Nonnunquam necessarium et ma¬ nente societate agi prò socio; veluti cum societas vectigalium causa coita sit, propterque varios contractus neutri expediat recedere a societate, nec refertur in medium, quod ad alterum pervenerit. Dal contesto di questi passi, riferiti integralmente, appare molto chiaro che il giureconsulto ha inteso riferirsi sempre al caso di scio¬ glimento della società. Il § 13 e il 14 specialmente sono strettamente connessi. Il primo fa 1 ipotesi che, dopo lo scioglimento dalla società (5) Troplong, Sociétés, n. 61. i6 LA PERSONALITÀ GIURIDICA (post distractam societatem) un socio abbia fatto qualche spesa per la cosa comune, e stabilisce che, per ottenerne il rimborso egli non può agire coll azione prò socio, ma con quella communi dividundo, giac¬ ché non vi è più società; il secondo continua dicendo che in tal caso se il danaro comune si trova presso un socio si deve agire contro di questi per il rimborso: ed in seguito, dedotto dalla cassa comune l'importo delle spese fatte, tutti i soci possono agire per ottenere la divisione del danaro che spetta ad ognuno di loro (quod cuiquc debeatur). Nes¬ suna traccia dunque — come crede il Troplong - - di società con¬ siderata come ente morale distinto dei soci, avente un patrimonio a sé: ma solo diritto del socio, in caso di scioglimento della società di prelevare dal fondo comune la somma di cui è creditore, prima di procedere alla divisione che deve operarsi in seguito allo scio¬ glimento della società. 8. Nei rapporti tra soci quindi il diritto romano non conosceva che semplici rapporti di comunione, come dimostrano del resto molti altri passi del Digesto (11. 14, 31, 39, 43, 47 § If 52 , § 12 e 13, 62, 67 prò socio Dig. XVII, 2). Diversamente è a dirsi nei rapporti coi terzi. Non affermo certo che nella coscienza dei giureconsulti romani apparisse chiara la fi¬ gura della società distinta dai soci, e formante un ente giuridico a sé, e neppure dirò che una tal figura di società fosse bene e chia¬ ramente disciplinata nel diritto romano, ma ad ogni modo in molti uoghi noi possiamo riscontrare questa tendenza ad astrarre, ri¬ spetto ai terzi, dalle persone dei soci, per considerare la società, non già come un semplice contratto che nessun effetto debba avere rispetto ai terzi, perchè res inter alios acta, ma come un qualche cosa a sé, avente vita ed influenza anche rispetto a coloro che non siano intervenuti nel contratto. Citerò a questo proposito solo alcuni passi dei piu importanti: Paulus 1. VI ad Sabinum 1. 37 prò socio Dig. XVII, 2 . Omne aes alienum quod manente societate contractum est, de communi solvendum est. Qui la società figura di fronte ai creditori come un ente a sé, patrimonio a sé, giacché i debiti si devono pagare dalla cassa comune, e non già prò rata da ciascuno dei soci (6). (6) Van Wetter, Les obligations en droit Romain, III, pag. 128. LO SVOLGIMENTO STORICO *7 L T J,P L XXXIX ad Edictum L 34 de honorum possessione Dig, XXXVII, 1* A muniti piòli s, et soci e Ut ti bus, et decurti s et c-orporibus , honorum possessto adgmsci palesi: proinde sive acior eorum nomine admitlat, sive ipsis alias recte compciii honorum possessi*). Floekxtjnus L XXX InstihUionum l 22 de fideiusso¬ ri bus Dig, XLVI, 1. Morino reo pr orni (tendi d ante adiiam hacreditatem jidcimsvr accipi potesti quia ka&rcdilas per sunne vice jungiinr: sic ut municipi um et decuria et sodetas. In tutti questi casi. la società è equiparata ai municipi, alle de¬ curie, ai corpi costituiti, i quali indubbiamente sono persone giuri¬ diche, Si noti però anche qui che si tratta solo dei rapporti esterni, perche i due passi si riferiscono solo alla honorum possessi*) ed alla fi- deiussió. Per togliere importanza alla parificazione delle società coi municìpi e colle altre persone giuridiche, non si può, come fa i] Giokgl affermare che il giureconsulto ha inteso parlare delle sociekdes col- ìegiatae, riconosciute dallo Stato Ja quali kabent corpus (7), H questa una distinzione affatto arbitraria, perchè estranea del tutto alle pa- toJe del giureconsulto* Nè con ciò Ulpiano, il quale nel frammento già citato ( 1 . 31 § 1 de pracscriplis verbh , Dig. XIX, 5) ha affermato che verno soci datevi cantra bendo rei sua e domimi s esse desimi, sì trova in contraddizione con se stesso, perchè nel primo caso egli intende alludere ai rapporti della società coi terzi, nel secondo invece, come già dissi, ai rapporti interni fra soci (8). 9 ' dove la personalità giuridica rispetto ai terzi apparisce più chiaramente è nelle così dette socidales pnMìcae, vale a dire in quelle società riconosciute dallo Stato, costituite sia per la ri¬ scossione delle pubbliche imposte (sacìdates veciigalium, socidales pnblicanorum), sia per l'esercizio delle miniere doro e d'argento o delle saline (societates au ri f ondi narum vel tir gentifondinarum et saÙnarum). lesse hanno, rispetto ai terzi, un patrimonio affatto distinto da quello dei soci, Ga fus, 1. Ili, ad Edictum provinciale t I. t § 1 quod cuiits- cmnque universitatis nomine, Dig. Ili, 4, Qui bus autem per¬ ii) G (OTCGT, Dottrina detti: perone giur. o carpi morali. Vi, pag. 826, ( s ) Cfr. Accahiss, Prèti* de drcii JRomaht, Paris [882, II, pag. 510, n. 1 -- A, Rocco, Le società commerciali. iS LA PERSONALITÀ GIURIDICA missum est corpus habere coltegli societatis, sive cuiusque al- terius eorutn nomine, proprium ad e x e ni p l u m re i publicae habere res communes, arcani communem. Hanno poi crediti e debiti particolari, distinti da quello dei soci: quod -universitati debetur, singulis non debetur, nec quod debet uni- versitas, singuli debent (1. 7 § i, 1. i § i, 1. 2 quod cuiuscumque uni¬ ver sitatis, Dig. Ili, 4). Internamente però, rispetto ai soci, la cosa è ben diversa, Qui si riproduce la stessa posizione che nelle società private. Tanto che il Van Wetter non può fare a meno di notare: * Les sociétés publiques ont un doublé caractère; ces sont en mème temps des sociétés or- dinaires et des personnes civiles. Chacune de ces qualités opère en un sens propre. La qualité de societé opère à l'interieur, entre les associò: ceux ci, en ce qui concerne les rapports qu’ils ont entre eux, sont pleinement soumis à la théorie commune delasociété. La qualité de personne civile à Texterieur, à l’egard des tiers; toutes les fois qu’il s’agit des relations de la societé publique avec les tiers. ap¬ parai Tètre fictif, entièrement distinct des associés: c’est cet étre fictif qui, vis-à-vis des tiers porte seul les droits et les obligations résultant de la societé» (9). Così, applicando questi principii, si ha che ogni associato è te¬ nuto a fare quel conferimento che gli è imposto dal contratto: Paulus 1 . XXXII ad Edictum 1 . 65, § 15 prò socio Dig. XVII, 2. Nonnunquam necessarium est, et manente societate agi prò socio: veluti, cum societas vectigalium causa coita est, propterque varios contractus neutri expcdiat recedere a societate, nec refertur in medium quod ad alterum pervenerit. E per ottenere l’adempimento dell’obbligazione è data Yactio prò socio, la quale, come sappiamo, è l’azione derivante dal contratto di società, e in forza della quale uno o più soci possono domandare ad uno o più soci Tadempimento dei patti sociali (io). (9) Van Wetter, Les obligations en droit Romani, Gand-Paris, 1886, IH. § i66, pag. 152. Salkowski, Bemerkungen zur Lehre von den juristischen Personen, in besondere den sogennanten corporativen Societàlen und Genossenschaftcn, Leipzig, ^63, § 3, pag. 16-18. Maynz, Cours de droit Romain, II, § 227 n. 1. (10) Ecco infatti la forma dell ’actio prò socio : Quod A 0 A 0 cum N° N° societatem omnium bonorum coiit, quidquid ob eam rem N° N° A 0 A 0 (alteram alteri) prò socio dare facere praestare oportet ex fide bona, dumtaxat quod N° N° facere potest, eius LO SVOLGIMENTO STORICO 19 Del resto, che per certi rapporti dovessero rimanere intatte le regole della società, risulta direttamente dalle fonti stesse, le quali non considerano le società dei pubblicani come qualche cosa di di¬ verso dalle società propriamente dette, ma ne fanno una specie di società, al pari delle societates omnium honorum e delle societates ali- cuius negotiationis: Ulp. 1 . XXXI ad Edictum 1 . 5 pr. prò socio, Dig. XVII, I. Societates contrahuntur, sive universorum honorum, sive ne¬ gotiationis alicuius, sive vectigalis, sive etiam rei unius. S’intende che la distinzione tra rapporti interni ed esterni non era, nè poteva essere rigorosa: si tratta più che altro di una tendenza i cui primi germi si trovano fin nelle società civili, ma specialmente nella societas quaestuaria, in cui si può ricercare — come dice il Per¬ nice — la primissima origine delle società commerciali (11), e che comincia a delinearsi un po’ più chiaramente nelle societates puhlicae (■publicanorum , aurifondinarum etc.) le forme più antiche — si può dire — delle società per azioni o in accomandita per azioni (12). § 2. — Il diritto intermedio Sommario: io. Le prime forme di società commerciale e la personalità giuridica. — 11. La personalità giuridica nelle leggi e negli statuti. — 12. La personalità giu¬ ridica nella dottrina e nella giurisprudenza, e in ispecie in una sentenza della Rota di Genova. Valore e portata della espressione corpus mysticum. — 13. Essa costituisce una vera affermazione della personalità giuridica. Tale personalità però è limitata ai rapporti coi terzi. — 14. La personalità giuridica in Baldo. Distinzione che egli fa tra i rapporti esterni e gli interni. — 15. Il signum socie- tatis e la personalità giuridica rispetto ai terzi in Baldo. — 16. La dottrina della compensazione in Baldo e nello Scaccia e la personalità giuridica rispetto ai soci. — 17. Il Fontanella e I'Azuni. — 18. La distinzione tra rapporti esterni ed interni e la personalità giuridica nelle prime forme di società per azioni. iudex N™ N™ A 0 A 0 comdemna, si non paret absolve. Cfr. Lenel, Das Edictum per- petuum, Leipzig, 1883, § 109, pag. 237. (11) Pernice, AI. Antistius Labeo. Das ròvnischc Privatrccht im erstc Iahruuderte der Kaiserzeit, Halle, 1873, I, pag. 295. (12) Nelle società dei pubblicani il capitale sociale era diviso in parti eguali. (Cfr. Cicerone, Pro Rabirio, Post. 2 e in Vatin. 12 e la 1 . 59 pr. prò socio la quale parla delle pars di ciascun socio): i soci erano obbligati verso lo Stato solo fino a concor¬ renza delle loro quote, mentre il manceps (colui che contrattava direttamente collo LA PERSONALITÀ GIURIDICA 20 io* Nel medio evo, il diritto delle società commerciali trovi» il suo primo embrionale punto dì partenza nelle din primitive forme di associazione che furono la commenda e. la societas maris. Ma in nessuna delle due troviamo traccia alcuna di personalità giuridica, sia pure in strettissimo senso. Rispetto ai terzi non comparile che il commendatario, il Èractalor, cffi- ri obbliga jn-r^onaìmimte ♦• t4 M r ' underts nella Zeit&ehrift tardai ge mmm le Ha nddstecht. Voi XI-II (1894) pag- 3 S * : Dirr L r.i terne timer der die Gesdiafte tles Ge^Uschaft furiti, iv mcht der Vertretet Geselisehaft, sonderà handcll m cigenem Numeri - I rapporti interni qui sono di mera comunione; cfr. ttEHMS, vp, «#.. p ag , 3 Sò e i documenti n 7. 39. 60 è t>j da lui riportati in appendice ai lavoro. ^ Cfr ' Stenti & lla Onoranda Università Uri mercatanti di Bologna del * 5 '>ri ogio $7. Vv'ebér, Zur GtschirMf der Hwidelsgtschafteii m MdklaUer, .Stuttgart 3 9 ‘ pa|? ' llb ' S( jijrnvHTtirr LO SVOLGIMENTO STORICO guardanti la costituzione delle società, e i suoi successivi mutamen¬ ti (3). il. Anche qui -— come nel diritto romano — il cammino è lento e graduale. Si comincia col separare il patrimonio particolare dei soci dal patrimonio sociale rendendoli non responsabili perso¬ nalmente (salvo che per le obbligazioni assunte in tempo di mercato) per i debiti contratti in nome della società (4) Quindi si afferma che il creditore, il quale ha fatto con uno dei soci un contratto per la com¬ pagnia deve far valere le sue ragioni sulle cose poste in comune dai soci. Cosi nello Statuto di Siena del 1292 troviamo scritto (l>Ìs, II c. 22): ...cifri compagno per lo compagno e per lo contratto del com¬ pagno facto per la compagnia disino (perfino) che sarei soddisfatto del devilo e abrogazione del dello cernir atto, al credito¬ re passa convenire e da lui essere facto r 1 r h i a m 0 s 0 p r a q n t: Ile c a s e. et denari i et p e - c u n i e sopra te quali saranno compagni e possa dai compagno essere compensata d tenuta... cosa per quantità et quantità, per cosà (5). In seguilo si afferma che le sentenze ottenute dei creditori par¬ ticolari di un socio non si possono eseguire sopra il patrimonio sociale. Si viene in tal modo sempre più a delineare rispetto ai terzi la sepa¬ razione tra patrimonio particolare dei soci, e patrimonio sociale. Citerò' a questo proposito lo Statuto deli'Arte di Calimala di Firenze (1301), li. nib. 8, n. 17: Addilum quod si con mie $ dabunt... smltmliani contro ali- qmm.„ non deheat facero cxecutionem propterca cantra smios vel socielakm illius cantra quem premunii aia est sententi® nisi 'ut de co quod deberetur per instrumentum pnblicum cum procu¬ ratore per cari am procuratìonis eiusdem societatis... {3) Cfr. Viventi:. Trattato. 1 , n. 286. pag. 320, Wkher, Zar Gt$thichh\ pag. [28 ti scg.; Lattbs, (t dotti» commerciate uditi iegistuAme statutaria lidie città t ta- han#, Milano, 1884, pag. 162, n 68. Ioerli, Accomandita, pag, 12-25. (4) Goldshotmidt, Lhììversalgcschichte, pag. 283; Huvelin, Essai hisfarìquc sur h tìtoli des warcMs d dts foìrtìs. Paris 1897, pag. 484, un libro veramente ben faLtir iì pieno di utili un tizie. (5) Citato da Adlefs, Zur EntmckdtmgsUhre und DógmaHh des Gesdlschafts- nchta, Berlin, 1895, pag. 47, 22 LA PERSONALITÀ GIURIDICA Altre volte invece la separazione tra patrimonio sociale e patri¬ monio particolare dei soci è limitata ad un semplice diritto di prela¬ zione accordati ai creditori sociali (6): Statuto di Genova del 1588 e 89 c. 12: ... Creditores... huiusmodi societatum... in rebus et boms so- cietatum... praeferantur quibuscumque aliis creditoribiis sociorum singulorum vel proprio vel quovis alio nomine... et sint potiores et anteriores tempore hypotheka et privilegio ita ut praeferantur et praefern debeant dotibus et aliis quibuscumque. 12. Nelle leggi però tale evoluzione si compieva in modo assai lento ed incerto. Nella giurisprudenza invece e nella dottrina il con¬ cetto della società ente collettivo distinto dalle persone dei soci si andava stabilendo con sufficiente precisione. Agli scrittori, educati alle idee del diritto Romano, parve naturale applicarne le regole, per ciò che riguardava le societates pubblicae, anche alle società com¬ merciali. Essi quindi considerarono la società come un ente distinto dalle persone dei soci nei rapporti coi terzi, ma seguendo la dottrina romana, si guardarono bene dall’affermare altrettanto per quel che riguarda i rapporti interni fra soci. L unità dell’ente sociale di fronte ai terzi è affermata in ispecie assai chiaramente da una sentenza della Rota di Genova, in cui è detto che la società è un corpus mysticum ex pluribus nomimbus conflatum. L illustre Goldschmidt non crede invece che dalla frase del tri¬ bunale genovese possa dedursi la personalità giuridica delle società. Egli infatti, dopo aver notato che già in Bartolomeo da Saliceto, vissuto nella seconda metà del XIV secolo, e nei primi anni del XV, e presso Baldo si trova l’espressione corpus societatis e nella citata decisione della Rota di Genova quella di corpus mysticum, aggiunge che a torto gli scrittori francesi, ed alcuni tedeschi vogliono da questa ormola dedurre una personificazione della società. L’espressione cor¬ pus societatis designa di regola soltanto il separato patrimonio so¬ ciale, non una personalità giuridica. Della espressione corpus mysti- cum ci si serviva assai largamente per designare una pluralità di per¬ sone considerate come universalità: la Rota di Genova vuol solo dire ( 6 ) Adler, Zur Geschichte und Dogmatik pag. 60. des Gesellschaflsrechts, Berlin, 1895, LO SVOLGIMENTO STOHICO ^3 dio colla espressione sodetas si designa il nome cornano (la firma COlleti va) dei soci (7). 11 March ieri poi crede che l'espressione cor¬ pus mysticum non significa persona morale, ma corpo misto, cambiato in mysticum per equivoco o per errore tipografico (8). Le osservazioni del Goijischmidt e del Marghieri sono. in parte, giuste, ma in base ad esse non mi sembra che si possa negare la per¬ sonalità delle società commerciali, nel pensiero della Rota di Genova. Le spresssioni corpus, corpus sodektiis, corpo della compagnia si trovano freq neri temente negli statuti o nei documenti del medio evo, ma nel significato di quel complesso di beni die gli associati pongono in comune per fesercizio del traffico mercantile, c che restano a tale scopo vincolati. Cosi il contratto di società degli Alberti del 1322 stabiliva: ...il corpo della c 0 m p a g n i a diciamo che sia in¬ samma L 25,000 a fiorini e ciascuno debba partire per sua parte per gli denari che metterà per suo corpo di compa¬ gnia del guadagno e perdite che Iddio ne desse; e (/nei de¬ li art che si metteranno per lo corpo siano obbligati alla detta compagnia e nessuno ne possa traete nè bavere per nin¬ no modo, salvo che quando si facesse il saldamente della ra¬ gione della detta compagnia, e se ha ve ss e alcuno che ne volesse trae¬ te. si possa in questo modo che da quello saldamente innanzi deb¬ ba abbattere di sua parte e d i suo corpo di compagnia quanti danari egli traesse, e quei che rimangono s'intendono essere sua parte. Ancora.,, se valesse, al saldamento... mettere più denari... debba dal mi lamento... innanzi partire per gli denari che volta mettere,,, E ciascuno de detti compagni che avrà denari nella detta compagnia, oltre i denari che avrà perii suo corpo, stea di provvedimento degli altri compagni (9). Per tal modo ogni socio poteva conferire denari dentro il corpo della compagnia e fuori del corpo della compagnia (io)* fri GOI.DSCHMIQT, UnivsrmtgeuhiùhUt. pag. 2 &g. n. 173, c gli autori ivi citati, ( 9 ) Marghibsi, fi diritto cammarciatc italiani ì e spanta sistemati convinte, Napoli 1884^885. I. p*tg. no, n. Ó (9) PEftmr i, Teoria dài commercio e dei banchieri di Tirante, I r pag. 25; Weber, Zut Gesthichte, pag. 143, n. 30. (10) L& caratteristica del corpo delta compagnia è che il. socio non può mutar la sua quota pròna del conto generale' invece i denari conferiti dal socio fuori de! corpo della compagnia non sono in tal modo vincolati: essi costituiscono un conto *4 LA PERSONALITÀ GIURIDICA La parola mysHcum poi come suppone il M arch ieri non è pro¬ babilmente che una corruzione dell'altra parola tnixlum spesso usa¬ ta nel senso di indivise: havetc mìxtum si trova anche nel Costituì tum usus di Pisa, a proposito della socidas nutria, m i senso di pa¬ trimonio comune indiviso in). 13. Con tutto ciò non mi pare possibile negare che la frase: socidas est corpus mysticum (0 mixtum) ex pluribus nominibus con- fiatum, si debba riferire ad una vera e propria elevazione della società a soggetto di diritti. Anzitutto, che le parole corpus mysticum non si riferiscono qui al patrimonio sociale, è sufficientemente dimostrato rialfe parole -'-giunti ex pktnbus flaminibus cmftatum. Nomai, nel linguaggio della Rota, è la denominazione, la qualifica, con cui la persona fisica o giurìdica si manifesta ai terzi: così vengono detti nomina i soci della società: c "■ &*idquid sentita? vd dici tur per epistolam a ti 1 c t i $ n o m i - nibus t seu ab uno ex eis h ab ente f acuì totem n ùnteti società ti s expcndmdi, subscriptam, dicil scriptum ab ipso cor - pou seu socidate. » Se dunque la società è un corpus pimi bus nomini bus confUdum, ciò vuol dire che la Rota ha avuto riguardi» non già al patrimonio, ma ai soci considerati come unità nella società. LVsprvs- sione corpus è perciò a considerarsi come la significazione della uni- tà, nella quale, di fronte ai terzi, vengono a trovarsi 1 soci. E che cori sia è dimostrato anche dalla afférmazione del Goj.ir-* irMjm c e «della espressione corpus mysticum ri si serviva assai largamente per esignare una pluralità di persone designata come universalità *. , Ja c lr ' pluralità di persone, considerata come universalità, osse capace di diritti, distinti dai diritti dri singoli suoi rompo- nen i, e di obblighi distinti dagli obblighi di questi, sì può assai fa- a unente dedurre dal passo seguente della stessa decisione, già in parte citata, in cui è detto: ^ ^ ^ io ^ del (carj J J ■ titK usns - in Bomaisi, Statuii inediti della città di P^a, pag 884- - -4. ..- Pandau &t Wptaa, Il denV “ re “ ,:ome fannr ' ~ Bonsa. Nat* all* corpus misti tu ih in, ' ' P *®‘ 791 la n e? corpo morate da quella di pas i*Uttu*HU Lia r^r vri 1 ” 6 mpÙ deriva i * ,vtce d:al ' altr “ cor ~ psìce, ° (vedi appresso; come contrapposto a eorpo materiale. quidquid scribi tur t vcl ilici tur per epistolam a dictis nomini bus, seu ab uno ex eh ha beute faadtatem nomea socwtatis expen- dendi, subscriplam, di ci i script -u m a b ì p so car¬ pare s e u societaie, non ab i' p s i $ ut p arti - cularibus , Le obbligazioni dunque assunte da tutti ì soci oppure da un socio laconizzato a servirsi della firma sodale, si intendono assunte dalla stessa società, e non dai soci come persone. Ti un po' prima nella stessa decisione era affermato: jiicultatem. nomea socie lai is expendendi, et qui habebai unum ex ipsis obli gaia m haberet ci attera m. et s o ci et a t e. m oh li - 2b LA PEKSONALITÀ GIURIDICA Importanza speciale ha, a questo proposito, il commento del Baldo al titolo del codice prò socio . Egli in fati è comincia col di¬ stinguere le corporazioni che godono la piena personalità giuridica, che costituiscono un corpus mkllectmk (corpo morale) dalle so¬ cietà a scopo di guadagno. Le corporazioni si distinguono dalli'società commerciali anzitutto per Io scopo. Le prime devono mirare ad bmum fìnem, cosi, respect» boni honesti, ut societàs iuvmtuwt op- P nsso$ - pupittos, viduas et miserati ics persona*. ìtem boni ddect abili* ut socieMcs qmc jiunt Pemsii ad tripudiandum in pesto Smeli iter culmm. quac conlinent ddedatiomm recreativam civium . ffem respedu j iil midas wctigaliim et soctdas emptonm {ructuum aqw* lacus Jermtt et similes*. Le seconde invece ordinante ad bonum ai qm sdii am s ( u utile, de Itone sto mini et delectabih mgociantur mena ores oma bonum , honestnm et ddectahile mnt in commercio* (14). yuah sono le differenze - secondo Baldo che esistono fra le corporazioni e le società commerciali? a) Anzitutto Vadio prò socio si darebbe solo per le seconde e non per le porne. '■.'| uesta j una ® nsc S' 11 ™ naturale del fatto che. mentre le cor- merri'ilì 1 ^'" ° n ! J Personalità giuridica, le socicià corn- . ', ^ a ™° la pcsonolità giuridica limitata ai r.ippo rti esterni, demmo r,L LP urt * interni le persone rit i stwi. Ora già ve- coTo ut ( f i0 ® l’~ che un soci., può far valere razioni in r quindi è del tutto estranea alle corpo- la, SUil unitàT ™ ^ S ° n ° S0C1 * ma sol ' > 1 enle sociali- che afferma a sua umt & m modo assoluto, zaoiii la clta2ionp lda f dificrettza ^S^rda la citazione. Nelle corpora- società commerciali ^ WW ” W smida£is] ncUe InnicJthim *eÌ>J 0 ™ iandum n< >™™ singulorum, seeundim socielatis, f In f t / i h l?l° * eti * m S! nomine __ ‘enei Itbellus contra alias, qui dbti M j one rti Baldo è ,5S6 ' P ‘ 104 P- n ‘ BEì,SA mV6cc di* Puntene tei Wrvr ' " ^ 474 " * 3 ’ Fm> * A * Provar^ che B.u.do ha voluto "■ P- «Mi. affermano, ina senza società commerciale, ma tra socuttn ^ l ^ fft?rer]2a . non già tra corporazione e ■o tgtata □ cottagi ad $ e soiìtUas singuhtum. amari® LO SVOLGIMENTO STORICO 27 n 0 n s u ni de s 0 c ì e t a 11 , s c d ini e r se d c b et a g i n 0 m i ne $ i n g u l or u m , n 0 n n 0 m i n e so - cieta ti s #. La distintone fra rapporti esterni e rapporti interni non po¬ trebbe esser fatta più chiaramente; rispetto ai terzi la società si af¬ ferma come unità; all'interno invece restano le singole persone dei soci* 15. Nè questo principio, che risulta COSÌ chiaro dalla dot¬ trina del Baldo, mi pare possa essere ragionevolmente negato in base ad alcuni passi dello stesso, e di altri scrittori, da cui si vuol desumere la unità del corpo sociale anche nei rapporti interni fra soci. Si cita anzitutto un passo di BALDO in cui si parla del signum o insegna delia società: <' Item quatto t num quid quando mai or pars remanti in so- citiate et minar recedit, possii talis maior pars tilt signo so¬ lito societatis, quod apponenti mercatores iam in libri s quam m ballisi et videtur, quod sic: quia isènd signum est umver ** sor uni. et ioti u s carparti social a i i s quae re¬ mami et fundalu r in tumori numero, hi conira riunì videtur quod non palesi qui s ad sumere nomen quod (quo?) quiz rcprac- scntel se aitimi quam siL*. Salve: nisi procedal ex omnium con- sensu, non debei signum vel sigilltim integ/um rema-nere , sa™ dettile non integra, ne falsa r cpraesentali 0 fiat ut ff, de falsi s l. cos. (fr. 2J §2; ad L Corn. de falsis 4H. 10) sicut quìs non pofesi s 7 g n a r e a n u lo alieno nisi sibi commi Uà tur » (15). I professori Falda e Bensa credono di potere, in base a questo passo, affermare assolutamente fé quindi anche nei rapporti intemi fra soci) la personalità giuridica delle società secondo la dottrina di Baldo. Dicono t chiarissimi scrittori: a Non è senza rilevanza che per Baldo I adoperare il signum societatis per parte di alcuni soci è come signare antdo alieno: ciò che non potrebbe dirsi se la società sì confondesse colla somma dei soci. Tanto poco poi egli disconosce, che anche nelle societates collegiatae gli interessati pos¬ sono avere uno stretto legame colla societas, che precisamente non (15) Baldo, op. di., pag. 105, toà e aagg. 28 LA PERSONALITÀ GIURIDICA ammette ìa prevalenza del maggior numero neppure in esse* contro il concetto che logicamente debbono affermare coloro, i quali scin¬ dono completamente l 1 associ azione dagli associati » (i6). Questa conclusione non mi pare — in verità — che discenda direttamente da una rigorosa mlerpretazione del testo. Baldo* infatti, dopo essersi domandato se nei caso in cui la minoranza dei soci abbia receduto dalla società, possa la maggioranza rimastavi usare dell‘insegna sociale, riferisce le due opinioni < he sì sono ma¬ nifestate a questo proposito. La prima risponde affermativamente, perchè ] insegna appartiene al corpus societatis che rimane colla mag¬ gioranza. La seconda risponde invece negativamente, perchè m*s- suno può assumere un nome che lo rappresenta diversamente da quello che e, Il giureconsulto decide appunto in questo ultimo senso, ma per un altra ragione. Egli dice che: o .non debei signum vel si- gilhtm integrimi tcmancre, socidate non integra... stetti quis non pò* test signore anulo alieno ni si sibi commi Ita tur ». Ora io posso ingannarmi, ma mi sembra evidente che Baldo ha voluto ben distinguere i rapporti coi terzi, dai rapporti fra i soci, rispetto ai quali ha negato resistenza di un enti? collettivi*. Mentre infatti la prima opinione avrebbe avuto riguardo solo ai rapporti coi terzi, rispetto ai quali il signum apparisce come appartenente al corpus societatis , la seconda avrebbe considerato solo i rapporti in¬ terni ed avrebbe così motivato la sua risposta negativa derivan¬ dola da ciò che non costituendo la società persona giuridica, il nome contenuto ne] signum non è il nome della società, ma quello dei soci insieme uniti, onde, allontanatasi una parte di essi i ri¬ stanti non possono servirsi di un nome che loro non appartiene. Baldo invece distingue i rapporti esterni dagli interni, onde, senza negare la personalità, considera il signum (nei rapporti fra ì soci) come comproprietà di tutti i soci fra indiviso , Perciò è naturale, c ^ recesso dì una parte dei soci, non debd signum vd si - gtlhtm integrimi remanere scrìttale non ìntegra. Esso infatti appar¬ tiene a lutti 1 soci Pro indiviso: deliberato che abbiano alcuni dì que- * 1 1 rcGecIere dalla società, suri tende che debbano anche recedere dalia comunione del signum. onde ri dovrà procederi, alla divisione (s intende del valore che esso rappresenta): ma non potrà una par- coloro che erano in comunione appropriarselo da sola, allo (i6) Padda e Bensa, op. m. t II, pa g. So6. LO SVOLGIMENTO STORICO 2 9 stesso modo che non è permesso di servirsi del sigillo altrui, se non per incarico del proprietario. Per concludere quindi, è vero che Baldo pone allo stesso livello il signum di un individuo e quello della societas, considerando quindi questa necessariamente come persona, ma solo di fronte ai terzi. Di fronte ai soci il signum resta proprietà comune indivisa. Nè si opponga che egli neppure per le società collegiate (che hanno per¬ sonalità anche rispetto ai soci) ammette l’uso del signum da parte della maggioranza restata in società. Infatti nel passo citato si parla solo della seconda specie di società, quelle che hanno per scopo il bonum acquisitivum seu utile, giacché il signum su cui si fa questione è quello quod apponunt mercatores tam in libris quam in ballis. 16. Un altro argomento in favore della dottrina della per¬ sonalità anche nei rapporti interni si vorrebbe derivare dai due seguenti passi, uno dello stesso Baldo ed uno dello Scaccia, in cui sarebbe stabilito il principio che il socio non può compensare i debiti che ha colla società coi crediti che ha verso gli altri soci. Ecco i due passi: Extra quaeritur, nos videmus plerumque quod sodi bursam communem faciunt, et constituunt aliquem, qui praeest illi bursae... Modo pone quod talis praepositus nomine societatis petit ab uno ex sodis quod ponat certam quantitatem in sode- tate quam ponere debet: dicit ille, tu debes mihi tantam quan¬ titatem, et ideo compenso totum, quaeritur quid iuris? Respondeo : compensatio non procedit, quia corpus societatis a git, non ille t a m q u a m singularis per¬ sona, et ideo quod d eb et ur societati, non compensatur cum uno ex sociis... Item quia illa pe¬ cunia statuta est ad usus so ci al e s (17). Così il Baldo: e lo Scaccia ripete: ... aliud est corpus unius societatis, et aliud est quilibet socius eius ipsius societatis : unde si sodi societatis cambii faciant bursam communem, et unum ex sociis costituant, qui praesit illae bursae communi, et hic praepositus petat ab uno ex sociis quod debet conferre in bursam communem, et iste so¬ cius respondeat praeposito\ tu debes mihi tantundem, compenso (17) Baldus, Consilia, Comm. alla 1 . 9 de compens. 30 LA PERSONALITÀ GIURIDICA tecum : non est audiendus, quia quod debet societati non potest compensati cum eo quod debet habere ab uno ex sociis, cum societas non teneatur solvere debitum alienum (18). Comincio dal notare che nessuna importanza si può attribuire alla frase di Baldo: quia corpus societatis agii, non ille tamquam singulans persona ; e ciò per due ragioni. La prima che, avendo già lo stesso Baldo detto più sopra che la citazione contro i soci deve essere fatta nomine singulorum de societate, non nomine societatis, la frase: corpus societatis agii, per le società commerciali non può significare altro che chi agisce è il complesso, la totalità dei soci. La seconda, che la frase riguardante il cassiere delle società, il quale agisce in nome sociale, e non in nome proprio, (tamquam singulans persona) allude evidentemente al fatto che egli agisce non come socio, ma come rappresentante di tutti i consoci. Ciò posto, vediamo quanta influenza possa avere sulla questione dei rapporti interni fra soci, la dottrina del Baldo e dello Scaccia relativa alla compensazione. I due scrittori non dicono già che i soci non possono compensare coi crediti che hanno verso altri con¬ soci, i debiti loro verso la società. Essi si limitano a stabilire che quando i soci di una società hanno preposto uno dei soci al fondo comune e questo richiede ad uno dei soci il conferimento delle cose pattuite (petit ab uno ex sociis quod ponat certam quanti tatem in socie¬ tate quam ponete debet [Baldo]; petat ab uno ex sociis quod debet con¬ fette in bursam communem [Scaccia]); quest’ultimo non può opporre la compensazione col credito che ha verso il socio che è preposto al fondo comune. E ciò si capisce. L'obbligo di conferire la cosa pattuita è obbligo assunto verso tutti i soci. Sta bene che questi, dopo con¬ ferita, ne diventano comproprietari insieme a colui che l’ha conferita, ma ciò non vuol dire che il socio può tenersi la cosa, sotto pretesto che anche egli ne è comproprietario. Egli intanto deve conferirla perchè per dirla con Baldo — essa statuta est ad usus sociales. cr la stessa ragione non può opporre in compensazione il credito c e ha verso un socio. Il suo obbligo è obbligo personale verso tutti i soci. Che essi abbiano delegato il socio debitore a rappresentarli non importa, il diritto che questi esercita non è diritto proprio, è principalmente diritto di tutti soci, i quali non sono tenuti a solvere aebitum alienum. (18) Scaccia, Tractatus de commercis et cambiis, Roma, 1619, pag. 115 e segg. LO SVOLGIMENTO STORICO 31 17. Anche il Fontanella nei rapporti tra soci non vede che una comunione prò indiviso , nella quale, prima di procedere alla divisione, è necessario che siano pagati tutti i debiti contratti in nome comune. Haec autem partitio, antequam fieret, prius est a rebus societatis communibus rcs alienam deducendam... Hinc fit quod bona societatis non intelliguntur bona sodi nisi prius solutis debitis societatis (19). Un’ultima conferma infine, della teoria che esclude la persona¬ lità nei rapporti interni, si trova in Azuni, il quale parlando dei danni che un socio può avere arrecato neH’amministrare il patri¬ monio sociale, stabilisce che tali danni debbono essere risarciti non alla società, ma ai soci e ammette la compensazione tra la colpa di un socio e quella di un altro socio. « Considerandosi, per scopo principale della scocietà, l’utilità di tutti i soci, ragion vuole, che un socio sia tenuto verso gli altri per la colpa anche leggera da esso lui commessa neiramministrazione delle cose sociali... Si potrà ammettere la compensazione della colpa d’un socio, con quella commessa da un altro, quantunque uno di essi abbia con¬ tribuito del denaro, e l’altro la sola opera, per la ragione legale, che i debiti eguali si tolgono colla reciproca compensazione» (20). 18. Uno speciale svolgimento ebbe la società anonima. Nata — come crede il Goldschmidt — dalla unione dei creditori dello Stato (montes) o, meglio — come ha di recente dimostrato il Leh- mann — dai consorzi di armatori (Rhederei), che si univano in società per esercitare il commercio delle colonie (21), essa visse fino al principio del nostro secolo, completamente aH'infuori delle (19) Fontanella, De pactis nuptialibus, Coloniae, 1634, I, cl. 4, gloss. 4, p. II, n. 54 e 57. (20) Azuni, Dizionario universale ragionato della giurisprudenza mercantile, 2 a ediz., Livorno, 1813, voce società, § 23, pag. 105-106. (21) Cfr. Goldschmidt, Universalgeschichte des Handelsrechts, pag. 292; En- demann, Sludien in der Romanisch-Kanonistischen Wirtschafts-und Rechtslehre, Leip¬ zig, 1874-83, p. 431 e segg.; Lehmann, Die geschichtliche Entwikelung des Aktienrechts bis zum Code de Commerce, Berlin, 1895, pag. 29-48. Un’altra scuola più antica faceva derivare la società per azioni dalla commenda, e più precisamente dalla accoman¬ dita. Così Frémery, Etudes de droit commercial, Paris, 1834, pagg. 55: Fick, Ueber Begriff und Geschichte der Aktiengesellschaften nella Zeitschrift fùr das gesammte Han- delsrecht, V, pag. i e segg., 43 e segg. 32 LA PERSONALITÀ GIURIDICA leggi e degli usi commerciali. Secondo il Lehmann la società per azioni è un consorzio d’armatori godente dei diritti corporativi, in forza di una concessione o privilegio reale (octroi). Tale acquisto dei diritti corporativi avvenne verso il principio del XVII secolo. Si sa che nel consorzio di armatori ( Rhederei) si ha una semplice comu¬ nione, la cui amministrazione è devoluta, per mandato dei coarma¬ tori, all’armatore gerente. In seguito all’acquisto dei diritti corpora¬ tivi, il consorzio d armatori diventa, nei rapporti esterni, una unità, una personalità, in nome e sotto la bandiera della quale si fanno na¬ vigare navi, si sfruttano le terre, si fondano fattorie, si concludono contratti. Nei rapporti interni invece, non si ha che una maggior com¬ pattezza, e una più salda organizzazione, in vista del carattere pub¬ blico di queste società (22), create per ispirazioni dei sovrani e dei governi per colonizzare terre lontane, e in cui re, principi e ministri ponevano ingenti capitali. Ma nei rapporti interni il carattere di comunione era ben lungi dall essere del tutto sparito, che anzi esso spesso appariva in con¬ trasto col carattere di unità, col quale la società si affermava al di fuori. Il contratto con cui fu ristabilita nel 1635 la Compagnie des Antilles francese stabiliva all’art. 11: Et en cas que par ci-après il arrivai ielle perle à la cotn- pagnie (ce qu’à Dieu ne plaise) qu ii fui necessaire de faire un nouveau fond, il sera loisible à ceux qui ne voudront con- tribuer leur cotepart, de renoncer à la société, et ce laisant ils perdront leur pari de la p r 0 p r i e t é d e s d i t e s Isles , et des marchandises et autres choses, qui seront en icelles, ntéme des vaisseaux, si aucuns y a, qui ap p ar ti e n n e n t en proprietà à la dite compagnie (23). . * soc * sono chiaramente qualificati come proprietari delle , ° 6 e e |^ e a ^ re cose che costituiscono il capitale della società: tutto il complesso dell articolo è facile persuadersi come il ca¬ pi a e e a società fosse considerato patrimonio comune prò in¬ so 1 tutti i soci, e quindi anche proprietà di ciascuno di essi per la sua quota intellettuale. ! | ^ EI1MANN - Die geschichtliche Enlwikelung, pag. 50. Code de Gommerà ^ EHMANN ’ S esc ^iehlliche Eniwikelung des Aktienrechls bis zum Sommario: 19. Diverse tendenze nella scienza a proposito della personalità giuri¬ dica delle società commerciali. — 20. Teoria della pura comunione del La- band. — 21. Teoria dell’universalità non personificata dcll’UNGER. — 22. Cri¬ tiche alla teoria dell Unger. — 23. teoria del patrimonio separato (Sonderver- mògen). — 24. Critica di tale teoria. — 25. Teoria della società personificata dall’AD- *-E R . 26. Critica della teoria dell’ADLER. — 27. Teoria del Pescatore. _ 28. 1 eorie che ammettono in modo assoluto la personalità giuridica nelle società commerciali; critica generale di esse. — 29. Teoria del patrimonio ad uno scopo [Zweckvermògen) del KrOchmann. — 30. Critica di tale teoria. 19- La. tendenza, di cui abbiamo discorso nel capitolo prece¬ dente, a separare cioè, riguardo alla questione della personalità giuridica delle società commerciali, i rapporti esterni coi terzi dai rapporti interni fra soci, abbiamo visto pure come mai abbia po¬ tuto dirsi ben chiara e definita. Ma essa non diede luogo a dispute notevoli che nella seconda metà del nostro secolo, e precisamente dacché nella conferenza di Norimberga si trovarono per la prima volta di fronte i fautori e gli avversari della dottrina della personalità. Allo stato attuale della scienza, tre correnti si sono designate a proposito della questione se debba o no attribuirsi la personalità giuridica alle società commerciali. Secondo alcuni il concetto di per¬ sona giuridica è assolutamente estraneo a quello di società commer¬ ciale. Secondo altri le società commerciali costituiscono, nel modo piu assoluto, delle persone giuridiche. Secondo altri infine le società goc ono della personalità giuridica per ciò che riguarda i rapporti coi terzi, restando i rapporti interni regolati dal solo contratto sociale. Esaminiamo ora una per una codeste differenti opinioni, dallo stuc io e dalla critica delle quali mi pare debba emergere assai chiaramente che la dottrina, la quale distingue i rapporti interni agli esterni, e che, come vedemmo, torva il suo fondamento nelle 3 - A. Rocco, Le società commerciali. ; 1 I 1 34 LA PERSONALITÀ GIURIDICA tendenze manifestatesi già nel diritto romano ed intermedio, non sia degna, come pure hanno fatto recenti ed autorevoli scrittori ita¬ liani e stranieri, di essere messa da parte, come parto di una fan¬ tasia giuridica, più che risultato di studi scientificamente esatti e rigorosi. 20. Di coloro, i quali negano addirittura alle società commer¬ ciali il carattere di persone giuridiche, alcuni limitano tale loro opinione negativa alle società in nome collettivo ed in accomandita semplice, accordando invece la personalità giuridica alle società per azioni (in accomandita e anonime). In questo senso sono note¬ voli le teorie del Laband, dell'UNGER e dell’ Adler. Invece si appli¬ ca anche a quest ultima specie di società un’altra teoria, pure con¬ traria alla personalità giuridica, che è quella del patrimonio separato [Sondervermógerì ). Il Laband dopo essersi domandato (i) quale è il sintomo carat¬ teristico mediante il quale la natura giuridica di una riunione di più uomini si manifesta come società (2) o come persona giu¬ ridica, e, dopo avere esaminato le varie teorie che si sono esco¬ gitate a proposito della natura intima delle persone giuridiche, fi¬ nisce per concludere che la principale differenza tra una persona giuridica ed una società, sta in ciò, che la persona giuridica può es¬ sere soggetto di diritti patrimoniali, mentre una società è soltanto un comp esso di diritti e di obblighi pecuniari fra i suoi componenti (3). os 1 questi principi egli ne deduce le seguenti conseguenze: 1) Le persone giuridiche possono avere un patrimonio, mentre e società non possono. Anche nelle società vi è — è vero — un mp esso patrimoniale, il quale è destinato esclusivamente agli p socia , in modo che i soci rinunziano di servirsene ad altri ? ' 6 com P^ e ^ arn ente separato dal patrimonio dei singoli soci. 4 et nella GoLD - senso di -bura cnm USan °’ n ° n molto esattamente, mi pare, la parola società nel esattamente perchèT° ne * contrapposto ' quindi, a persona giuridica. Dico non ste n r SlCe à ma 0mu r i0ne n °" è ‘ ha -duce d’ordinario resi- luogo invece Z 1, n °" *° glÌe Che ’ ^e volta, la società possa dar unasocietà-pemo„ a a giu P rc n a a " P “ Ò -a società-comunione ed pagg. 496-497 ° BeU '“ ee ZUr ***** der Handelsgesellschaflen, Zeitschri/t. XXX, IL DIRITTO VIGENTE 35 Ma giuridicamente un tale patrimonio sociale è sempre il patrimo¬ nio comunitativo dei soci, mentre il patrimonio di una persona giu¬ ridica appartiene unicamente ad essa (4). 2) Le persone giuridiche possono avere debiti mentre le so¬ cietà non possono. O — in altri termini — i debiti di una società sono sempre debiti dei soci, e pei quali essi sono tenuti solo in ra¬ gione della loro qualità di soci. Invece, i debiti di una persona giu¬ ridica sono per i suoi componenti debiti di un'altra persona distinta da essi, pei quali essi, nella loro sola qualità di soci, non sono te¬ nuti. Quando adunque lo Stato mediante una generale disposizione legislativa, o mediante una legge speciale esclude la responsabilità dei membri di una collettività per i debiti di questa, esso ha an¬ che attribuito a questa un patrimonio attivo e ne ha fatto un sog¬ getto attivo e passivo di diritti. La personalità giuridica di una collettività quindi apparisce anche dalla non responsabilità dei soci per i debiti della collettività. Quindi il Laband conclude: Le collettività, nelle quali il diritto positivo libera i componenti della responsabilità per le obbligazioni contratte per il raggiun¬ gimento degli scopi sociali, sono persone giuridiche; le collettività nelle quali i componenti come tali sono responsabili delle obbli¬ gazioni contratte per il conseguimento degli scopi sociali, sono semplici rapporti giuridici (5). Da questi principi sorge naturale la conseguenza che solo le società per azioni si possono chiamare persone giuridiche, mentre le altre società commerciali appartengono alla categoria giuridica delle semplici società. Ma una sola considerazione fa subito comprendere come la con¬ clusione che il Laband trae dalle sue premesse non sia stretta- mente logica. È vero infatti che non vi possono essere debiti sen¬ za un patrimonio e quindi senza una persona che ne sia proprie¬ taria, ma ciò non toglie che i debiti possano essere garantiti con una responsabilità sussidiaria di altri obbligati; per tal modo quello che si escute è il patrimonio della persona giuridica; ma la natura giu¬ ridica di questo patrimonio non cambia se i creditori possono, oltre (4) Laband, op . cit ., pag. 497. (5) Laband, op . cit ., pag. 502, 503. alia garanzia che loro viene da esso, assicurarsi anche in altro modo dei loro crediti (6). 2i. L'Unger invece comincia dal distinguere due specie di persone giuridiche: le universiUUes per sonar um (corporazioni) e le unìversitates honorum (fondazioni). Ma non tutte le universalità di persone sono persone giurìdiche* Tali sono soltanto le univer¬ salità di persane personificato. Nelle universalità di persone per¬ sonificate, costituenti cioè persone giurìdiche, la riunione di una pluralità di persone fisiche [naturali) appare sola come il sostrato del soggetto giuridico artificiale* Ma, anche prescindendo dalla personificazione, questo sostrato costituisce sempre una unità, e questa unità è effettiva e reale. La elevazione di questa unità reale ad unità artificiale (persona giuridica) è un fatto posteriore an¬ che storicamente ed avviene mediante una astrazione come dice Io ItfEKiNG, di cui solo una intelligenza giuridica progredita è ca¬ pace (7). Invece nelle universalità di persane non personificate si ha una unità collettiva la quale non è un'astrazione, nè come tale si libra sui membri della corporazione ma è identica con essi e solo con essi si realizza e vive. Non sorge quindi un nuovo sog¬ getto ideale, ma i soggetti riimiti in un'unica totalità sono e ri¬ mangono i soggetti; I ' universiias sono gli universi. Così, quando un reggimento, che è una unità tattica, marcia e combatte, mar¬ ciano e combattono i soldati, i quali lo compongono, c non già accanto o sopra di essi il Reggimento come soggetto ideale o come una grandezza astratta per sè stante. E che questa unità così for¬ mata sia naturale, talché essa ricomparisce sempre anche quando la progredita coscienza giuridica ha dato vita a quella astrazione che si chiama persona giuridica, ce lo dimostra il fatto che il pa¬ trimonio delle università personificate è considerato come patri- mmio comune (pecunia communi*, arca commitms, scrvns communis) e che 1 giuristi ed imperatori Romani trovano necessario di inse- (6) V, anche Ekkkkr, System de, hmtigen PandtkhnrtehH Weimar 1SB6. I. pag. 217; Boneui, U personalità giunrfica delle società fommeraah. Estratti dalla * m ' Koma - l88 ?- W I2 ' Eccu’s. thè U^idd^ndh.ktìUK ah PrettuspuHn. n-Ha f, fur das *«■ f*and. XXXII, W Uria litica «Mia teoria dd Eaba.s» c a punto di vista, de] diritto positivo tedesco (art. ng. 1 ± > del Cod. di toma gcrm.J ^1 trova in Aulm, Zur EnlmMu^hehn totd Vogmeh/t d< . <■ ihrk&ff inciti H^Hn, 1895. pag. 81-S3 , ( 7 ) Ìherino, Geht des tfrmschm Rechi*. I. pag, 202, n. 98. —v in a 1vwwwr _ ' IL DIRITTO VIGENTE 37 gnare ed ordinare che le cose, le quali appartengono alla uniersalità personificata non appartengono ai singoli componenti, e che i de¬ biti e crediti delle universalità personificate non sono debiti e crediti dei singoli loro membri (8). Dunque, secondo TUnger, per il diritto attuale bisogna distin¬ guere due specie di universalità di persone: le personificate e le non personificate, così come anche per le universitates honorum si distin¬ guono le personificate (pia causa, pium corpus), e le non personifi¬ cate (per es. la successione ah intestato) (9). Alla categoria delle uni¬ versalità di persone non personificate appartengono le società com¬ merciali in nome collettivo. La società commerciale in nome col¬ lettivo è dunque — secondo I’Unger — una totalità collettiva, la totalità dei soci. In conseguenza di questa unione di soci in un tutto reale e naturale, in una unità collettiva, una tale società è un corpus nel senso più ampio e non tecnico della parola (io). 22. Questa dottrina dell’UNGER fu dal Bonelli sottoposta ad una bella ed acuta critica, alla quale però non posso in ogni parte associarmi. Specialmente mi pare che la critica del Bonelli non colga giusto per ciò che riguarda la costruzione scientifica che FUN¬ GER ci dà delle universalità non personificate in confronto delle personificate. Per 1 Unger l’universalità è di per sè stessa una unità reale che diventa poi ideale, astratta, per mezzo della successiva personificazione. Il Bonelli sostiene che il contrario invece è vero, vale a dire che l’unità della universalità diventa reale solo mediante la personificazione. Evidentemente il Bonelli, nello studio di questa questione è stato di soverchio preoccupato da un’altra questione, la cui importanza certo per la soluzione della prima io non voglio di¬ sconoscere, ma che forse I’Unger non ebbe presente e a cui non volle alludere nella esposizione della sua dottrina. Intendo parlare della questione del fondamento e della natura della personalità giuridica. Il Bonelli, fautore convinto della teoria della realtà, e più special- mente del patrimonio destinato ad uno scopo ( Zweckvermògen) si e meravigliato di sentir chiamare reale l’unità della universalità non personificata, e ideale quella della universalità personificata. Ma il (8) Unger, Personengesammtheit und offerte Handelsgesellschaft, nei Ihering’s Jahrbiicher fiir die Dogmatik des heutigen Privatrechts, XXV, pag. 243, e seg. (9) Unger, Personengesammtheit und offene Handelgsesellschaft, pag. 248. (10) Unger, op. cit., pag. 251, 252. 38 LA PERSONALITÀ GIURIDICA fatto è che — sia pure (come crede il Bonellii l’unità della univer¬ salità personificata reale come quella della universalità non personi¬ ficata — l'importante è che sia reale anche quest ultima, per quanto l'unità sia, per così dire, meno progredita e meno perfetta di quella della universalità rivestente il carattere di persona giuridica. Quello invece che è certo — e su cui non mi sembra possa ca¬ dere questione — è che la teoria dell’ Unger serve più che a risol¬ vere, a spostare la questione della personalità giuridica delle società di commercio. Non mi spingerò fino al ripetere col Bonelli che il ragionamento dell' Unger non fa fare un sol passo alla questione che ci preoccupa, ma è un fatto che dire che le società commerciali sono delle universalità di persone non personificate, non è altro che alter- mare la mancanza del carattere di persone giuridiche in esse società. Ma questo è appunto ciò che si doveva dimostrare. La questione sta quindi proprio nel vedere se le società commerciali sono delle univer¬ salità di persone non personificate, o se, al contrario, sono delle uni¬ versalità di persone personificate. 23. Un’altra teoria è quella del patrimonio separato (Sonder- vermógen). Essa fu esposta dapprima dal Ròsler e dal Kuntzl, e quindi accolta dall’EHRENBERG, e, di recente, dal Franche (ii). L’Ehrenberg, occupandosi del fondamento giuridico della re¬ sponsabilità limitata dei soci di una società in accomandita, vuol dimostrare che tutte le obbligazioni contratte dalle società in ac¬ comandita, sono obbligazioni contratte dai singoli soci, e quindi sono obbligazioni personali dei soci. Particolarità di queste obbli¬ gazioni è però quella di non essere eseguibili su tutto il patrimonio del debitore, ma sopra una parte separata di questo patrimonio. Il debitore in altri termini separa dal suo patrimonio un oggetto 0 altra parte di esso, e solo su questo il creditore può far valere le sue ragioni (12). (11) Ròsler, nella Zeitschrift fiir das ges. Hand. IV, pag. 30; Kuntze, nella Zeit- schrift fùr das ges. Hand. VI, pag. 194; Ehrenberg, tìeschrdnkle Haftung des Schuld- ners nach See- und Handelsrecht, Jena, 1880, pag. 457 e segg.; Frankl, Koncurs der otfenen HandelsgeselUhaft, Prag, 1891, pag. 16, e anche Bekker, System des heutigen Pandektenrechts, I, pag. 147 e segg. e specialmente pag. 151. Questa teoria del patri¬ monio separato si trova anche accennata come spiegazione e completamento delle loro dottrine, negli scritti del Laband e, come vedremo, dell’UNGER. (12) Ehrenberg, op. cit., pag. 457 e seg. IL D1KITT0 VIGENTE 39 Anche 1 'Unger afferma che il patrimonio sociale è separato dal restante patrimonio dei soci, e che la sua disponibilità è sottratta agli scopi privati di ognuno di essi per essere destinata esclusiva- mente agli scopi della società (13}. 24, Veramente io non saprei come giustificare questa idea del patrimonio separato presso IT t nger il quale, in altro luogo (pag* 255) dichiara esplicitamente che le obbligazioni della società sono le obbligazioni dei singoli soci, nò posso credere che I'Ehrenbehg ci abbia voluto dare tutta la teoria delle società in accomandita, e, in genere, a responsabilità limitata, con quel suo principio delle ob¬ bligazioni ad eseguibilità limitata. Essa infatti non guarda che un lato solo del problema, fa limitazione alle responsabilità dei soci in alcune formè di società commerciali, mà lascia tutti gli altri airoscuro. E il fatto stesso che egli ha voluto costruire un'unica teoria della responsabilità limitata tanto per le società commerciali che per i armatore e per gli interessati al carico di una nave, dimostra quanto debba essere insufficiente la sua teoria. L'eseguibilità limitata al Son- dervirmogm ad esempio, per dime una, non spiega affatto l'esclu¬ sione dei creditori particolari del socio dal far valere 1 loro diritti sul patrimonio sociale (art, 85 del codice di commercio italiano) come non spiega la possibilità di un fallimento sociale senza il fal¬ limento dei singoli soci. Che se poi a questo patrimonio si assegnano come fanno altri scrittori creditori e debitori particolari, che non sono creditori e debitori dei socio, iì quale di questo patrimonio dovrebbe essere proprietàrio, vale a dire se al Sondervermogcn si assegnano diritti attivi e passivi distinti da quelli del socio, io non so che cosa gli manchi per essere addirittura persona giuridica. 25. Una costruzione assai ingegnosa è quella che di recente ha esposto 1 'Adler. Essa si basa tutta sull'elemento della solida¬ rietà, il quale, infiltratosi nella pura società romana, ne avrebbe modificato i principi in modo da creare al patrimonio sociale una immunità, prima di fatto e poi di diritto, contro le pretese dei cre¬ ditori particolari dei soci. Nella pura società romana, le obbligazioni s * dividono fra tutti i soci per quote virili (14). Ma, in seguito, ri Pretore comincia a dar facolt à a chi ha contrattato con uno dd soci P3) l ' ^GF. ti , Op. CÌL, p&g, 258, (14J Cosi Cftme è per la nnstia società civile; ari. 1727 cod, civ. 40 LA PERSONALITÀ GIURIDICA della società, di rivolgersi contro colui che ha la maggior parte nella società (]. 44 § de aedi!, t làido Big, XXII. i). e quindi, anche rontro qua¬ lunque dei soci della società ( 1 . 2 de ex ere. ad, Dtg. XI \ i\ c questo tu in plures adversarios distrìngatvr qui cnm fi«t> conlraxent (15), Nel diritto intermedio questa solidarietà si accentua, v da essa sorge la società commerciale del diritto vigente la quale è una comunione, ma ima comunione modificata. L'elemento modideatore, che sol¬ leva il patrimonio sodale al disopra ridir condizioni rii patrimonio comune è non già la forza interna di una coesi' me organica, ma la for¬ za esterna della pura solidarietà, la quale concede al creditore so¬ ciale, e solo ad esso, il diritto di escutere il patrimonio sociale an¬ cora in rii viso, e lo rende immune contro ogni pretesa del creditore particolare. Di qui sorge l'apparenza di una maggiore unità orga¬ nica {personalità giuridica) che V Adler respinge. Ma come avviene questa modificazione per opera del principio delle solidarietà/ Come avviene che dal patrimonio sodale sono esclusi i creditori parti¬ colari dei soci, ed esso diventa la garanzia esclusiva dei creditori sociali? Da una parte la solidarietà accorda direttamente questo privilegio, perchè libera i creditori del debito solidale, cioè t cre¬ ditori sociali dall'obbligo di escutere le quole patrimoniali dei suoi debitori, da un'altra la solidarietà promuove un ulteriore sviluppo di questo privilegio man mano die i bisogni del commercio lo ri¬ chiedono, per ovviare agli inconvenienti che altrimenti potrebbero sorgere nelle crisi delle società (ibi. 26. Per quanto sia ingegnosa e brillante questa teoria, che l'ApLER chiama della società modificata, mi sembro evidente che essa vuol troppo dedurre, ed esagera 1 importanza degli effetti pro¬ dotti dalla solidarietà, ai line di spiegare il diritto escili sivo dei cre¬ ditori sociali sul patrimonio sociale. Per quanto invero si faccia, il principio della solidarietà è sempre affatto insufficiente a dar la ragione della esclusione dei creditori particolari dei soci dal patri¬ monio sociale. Sta bene infatti che in forza della solidarietà, il ere- ditore sociale non ha più bisogno di escutere tutti i soci individual¬ mente, per farsi rimborsare da ognuno una quota virile del suo cre- ( 15 ) Adler. Zuy Eniwìkdungslckrn und DognwiiU dee 0 e Sei 1$ chdfi&vtz - L5ej> lia. 1895, pag. 5-2 S. (■!&} Adler, op< di., pag, 70 tr segg. V. anche Gouisea&iitiT, SytUm Man- deistech! s, Stuttgart, 18132, pag. ng. ìébéumi IL DIRITTO VIGENTE 41 dito, ma può pagarsi sul patrimonio posto in comune senza aver riguardo alla parte che in esso ha ognuno dei soci. Ma da questo, a quello che è veramente la caratteristica delle società commerciali, alla esistenza cioè di un patrimonio autonomo sottratto ai cre¬ ditori particolari dei soci, ci corre. E, del resto, se la solidarietà avesse la virtù di immunizzare la cosa comune dalle pretese dei creditori particolari dei condomini a favore di coloro che divennero credi¬ tori in occasione della cosa comune (creditori comuni) questa re¬ gola dovrebbe verificarsi dovunque sono rapporti di comunione u- niti a responsabilità solidale dei condomini. E, quindi, per dirne una, i creditori particolari dei comproprietari di una nave, i quali esercitano in comune [ industria marittima, dovrebbero essere e- sclusi dal far valere le loro ragioni sulla nave. Il vero è che volere attribuire alla solidarietà tali effetti è un voler porre nella con¬ seguenza più assai di quello che sia nelle premesse* 27. Un 'ultima teoria infine nega la personalità giuridica alle società commerciali perchè esse non costituiscono enti perpetui e pubblici (17). E questa la teoria del Pescatore, che trionfò in seno alla Commissione del Senato incaricata di esaminare il progetto di legge relativo alle società ed associazioni commerciali, e che Pa¬ lustre giureconsulto ribadisce nel libro; btlosofia e dottrine giu-ri- dichc. A dire il vero, quando ci si intenda bene sul significato delle parole, si finisce per persuadersi che questa teoria non disconosce, in fondo, la personalità giuridica delle società commerciali. Il Pe- scatobe infatti distingue gli enti giuridici in assoluti e relativi: as¬ soluti sarebbero quelli che rappresentano un interesse pubblico, perpetuo e personificano per conseguenza non solo la generazione vivente, ma anche le generazioni future* Lei generazione presente avrebbe sul patrimonio ridiente un semplice uso transeunte, non già la proprietà stabile ed esclusiva, E poiché il sistema positivo attuale non permette, per ragioni d'ordine pubblico, il formarsi della ma- ^ (17) App. Lutea, % 9 maggio 1878; Foro iteti.. 1878, i, 559, Cass. Torino, 7 marzo 1KB4, tri vr , Tor„ 1884, 497 , Casa* Torino, 3° pugno 1887, Foro Hai. 1887, r, 601 CaSS> 21 1894- 3731 Cesarci negli Annali della $iur ttaì., 1878, JH, ar* Pescato* a, Filosofia e Émim giuridiche. JJ. pag. 140 6 454 e ^ Giornate, delle leggi. 187.5, Ricci, Corsa di dir. civile. I, n. 3; Pacific i-Ma**oki p &L di dir. rii/., 1, n* 93. Ottolenghi. Dir comm., Il, p. r;o; Màt- tiholu. Dir. giud. riti,, II, pag. ày PiKaANTfowi, Ross, di dir. comm.. II, pag. t; Ro- tjìno nella Giur. itaL, r8y6. i, 566 42 LA PERSONALITÀ GIURIDICA nomorta, cioè il vincolo dei beni ad uso privato, questi enti asso¬ luti, non potrebbero sorgere che per fadempimento di un fine sociale perenne. La società commerciale invece è un ente giuridico relativo: essa sorge colla parvenza di una persona diversa dalle per¬ sone dei soci, con patrimonio, debiti e crediti propri. Questa par¬ venza varrebbe solo rispetto ai terzi, per ogni altro rispetto, n«, esse sono enti giuridici relativi non assoluti. (Tra. a questo etite giu¬ ridico, sia pure relativo, che ha patrimonio, crediti c debiti propri, che cosa manca per essere una persona giuridica? Persona non si¬ gnifica altro che soggetto di diritti: persona giuridica, corpus iw- idbctuale, in contrapposto a persona tisica, t appunto IVnte in (pian¬ to è capace dì diritti. La distinzione dunque del Pescatore t ri¬ solve tutta in quella fra persone puri diche di ragion pubblica {corpi morali) e persone giuridiche di diritto privato Forse non sempre le parole adoperate rispondono a questo concetto* ma mi pare che* nel complesso, non si possa vedere nel Pescatore un vero avver¬ sario della personalità giuridica delle società nanmerdab, quando si intende la frase persona giuridica nel senso di ente capace di di¬ ritti patrimoniali. 28. Siamo cosi giunti alla opinione che afferma assolutamente ed incondizionatamente la personalità giuridica delle società, che la afferma cioè sia verso i soci che verso i terzi e quindi intende per personalità giuridica non solo capacità di diritti, ma capacità erga crnnes, assoluta (18), Ma trovare tra i seguaci di questa dottrina trai Cass Torino, i 7 gennaio 1867, Giti*. Ter 1867, 113, Àpp Brucia, W mar» 1S&7, AnnaIh 1867. II, 517; App. Napoli, t 4 aprile rBS q, .-ir.rati. 1 rtr-nj. II. 317: *PP< Ancona, n marzo 1876, Annoti, tS 7 6. Jl, 4*7: Casa doma, ad marzo 1896. Toro ltAL lq77; rsMusuwt di diritto camme retale. Torino. 1 - 7 . 1. pag, 164. Tedeschi, sui corpi mortili. Torino, 1*77. n 4> piatta, nona delia abbi.. Ili* n. 157. Dottrina delie persone giuridiche - ■ oqri morali. VI, pag 334 e »&'■: TJeltjcs'oso, iUmUnto dn soa studiata >» < *«t*°* io ddla personalità giurìdica della società. Palermo. ,SS 5l purini ; Viveste. Trattato. I n. 269; Swfa, fi fallimmo delle società commerciati, Fimi», i &>?■ P a #‘ 4 ' Harg&ieri. n diruto Cùfnm itali nao. n. u 5 , e segg.. fjoNKLi.t nella l.rggt. *»&?■ , 317- ld. La personalità giuridica da hnn m hqmdatuìwt giudicai* nella Rivi- stanai, per le «««*« giuridiche, VII, pag. 3 e lfi g Sulla teoria genèttO* della **»■»- iuthlu gwnmp nella Ri». i taL sdmn giur [X ^ , _ v j,j. Appetì mi f , ddl - smefà wwwciztì, estratto dalla Rivela ihd per U sciente »r i.g^, paf>. 5, iu. Delle società di commercio irregolari r del toro falli*’n'nto. ^tratto dM'Artk. gìur . Bologna, 1897, pagl 6 ft Scgg .. Padda e Bensa. Nata alle IL DIRITTO VIGENTE 43 una teoria organica, un compiuto sistema giuridico, non è cosa fa¬ cile. Anche coloro che si sono diffusamente occupati dell’argomento non hanno fatto altro che mostrare come nelle società commer¬ ciali si riscontrassero effettivamente tutti i caratteri della perso¬ nalità giuridica; proprietà, crediti e debiti distinti da quelli dei soci, e quanto a costituire esse persone giuridiche anche rispetto ai soci, si contentano di affermarlo, dicendo che l’espressione dell'art. 77 del cod. di comm.: « Le società anzidette costituiscono, rispetto ai terzi, enti collettivi distinti dalle persone dei soci », si deve inten¬ dere in modo assoluto, perchè l’aggiunta rispetto ai terzi, è una frase senza importanza, che nulla toglie al concetto affermato del re¬ stante della espressione. Del resto, più preoccupati ad abbattere le obiezioni degli avversari, che a costruire per loro conto, i soste¬ nitori della personalità assoluta difettano, si può dire, di una co¬ struzione sistematica. Non posso però fare a meno di notare una obiezione che sorge spontanea contro la dottrina della personalità assoluta, a proposito delle società in nome collettivo. Se la sorte della società fosse del tutto indipendente, non avesse proprio nulla a che fare con quella dei singoli soci che la compongono, quando, mediante successive uscite ed entrate, avviene un mutamento di tutti i soci, in modo che ai vecchi se ne sostituiscono dei nuovi, la società antica dovrebbe permanere come persona giuridica. Invece ciò non è, come giustamente osserva 1 ’ Adler. Infatti che cosa è che resta in questo cambio? Il patrimonio? No certo, perchè quello conferito dagli antichi soci è sostituito da quello conferito dai nuovi. La ragione sociale? Neppure questa, perchè in essa devono figu¬ rare solo i nomi di coloro che attualmente sono soci (art. 105 cod. di comm.) La società stessa? Ma è questo appunto che cerchiamo di sapere. L unica cosa che resta e una responsabilità comune fra i vec¬ chi e i nuovi soci per i debiti antichi della società. Identica, neces¬ sariamente identica non resta dunque che una parte dei debiti. E ciò non basta per dire che la società è la stessa (19). Pandette del Windscheid, II, pag. 803 e segg.; Eccius, Die Handelsgesellschaften als Prozesspartei nella Zeitschrift fiir das ges. Hand., XXXII, pag. 1; Affolter, nell ’Archiv fiir biirgerliches Recht, V, pag. 1 e segg.; Windscheid, Lehrbuch des Pandektenrechts, § 407; KrOchmann, nei Gruchot's, Bcitr&ge, XXXVII, pag. 234 e segg. Così pure tutta la dottrina francese; v. Lyon Caen et Renault, Traiti, n. 105 e segg.; Vavasseur, Traiti des sociitis civiles et commerciales, I, n. 27. (19) Adler, op. cit., pag. 86. 44 Ì-A PERSONA UT X GIURIDICA 29> Fra i sostenitori della teoria della personalità assoluta, spe¬ ciale menzione merita il Kruchman s, il solo, che io mi sappia, il quale riannodandosi ad una teoria organica della personalità giu¬ ridica, abbia dato una base sistematica alla personalità giuridica delle società commerciali (20). Per il Krìichmann, il patrimonio di una società commerciale è sempre un patrimonio ad uno scopo {Zwt'ckvermògtti «\ come tale, una persona giuridica. Ora nelle società in nome collettivo il pa¬ trimonio sociale non sarebbe altro che un patrimonio ad uno scopo, e quindi una persona giuridica, la quale, insieme, alle altre perso¬ ne naturali comporrebbe La somma dii soci Li società in nome collettivo quindi consterebbe, secondo il Kkluhmann. di più per¬ sone fìsiche e di una persona giuridica, i] patrimonio sociale 1 7 te$ offm-e Handeìsgesellschaft hestcht am nukareren physischen und eitur turisti scimi Person , den GeseUschdftsvrrmogen) (211 Li- azioni del patrimonio e contro il patrimonio, il fallimenti del patrimonio so¬ ciale come talc 4 non si potrebbero spiegare senza la personificazione del patrimonio. Gli organi di questa persona giuridica sarebbero i soci della società e più specialmente: i soci amministratori. Essi avrebbero la rappresentanza della persona giuridica verso 1 terzi e verso il resto dei soci (22). La società in accomandita ha per il Krucumann una struttura analoga a quella della società in nome colici rivo: ^olo il patrimonio destinato allo scopo è fornito anche dai contributi di terzi, i soci accomandanti. Fra i soci responsabili senza limitazione esiste, ami- legamenti* * che nella società in nome collettivo, una società, e cosi pure fra essi e la persona giuridica, lo Zwukvimndgen. P* questo rapporto dì società è escluso il sodo accomandimi e. fra il quale ed ì soci accomandatari (i veri soci) nonché lo r ■ùkvermogen esiste Solo un rapporto contrattuale {23), (^0) tl Bonelli recentemente nel suo eccellente studio critico sul JWttfoiumto d f Uù * 0eieià Torino, iHy 7 {Estratto dalla Rivttta tini, per U seìmz* a pa^. 5 afferma, a proposito della personalità giuridica delle società commerciali, cui* personalità giuridira è lumia autonoma del palrimww Audi* egli qumdi. come *c HMASN , a , riferisce alla teoria del p%lnnmnio a uno scopo, di 1 ni altra volta ' ™- ,taL P e * U «««tó gtur voi. IX), *i cra mostrato valido difensore Ma una dimostrarne completa della sua tesi, egli non c, ha, sfortunatamente, ancora dito R Kuùchmasn. V&r&in, Vtrbindimg r Gcsdtschafi, Karpwahon nei Gkuciìot's JÈt r . ** *** £vl teterung de S iéutschen Rechi*. XXX VII {tSgil pag 2^ ftZ2 J KrCchwamn, op. di r , pag. a 3 ( h (23) KaUcHMAKN, D p, ni., pag. *41 . ' ■v- -Ji IL DIRITTO VIGENTE 45 Nelle società per azioni la cosa è ancora diversa. Il patrimonio delle società per azioni è tutto un patrimonio destinato ad uno scopo capace di diritti, vale a dire persona giuridica. Come tale, questa conclude contratti, acquista proprietà, agisce in giudizio. Questa persona giuridica però sta in rapporto di giuridica dipendenza con una determinata classe di persone, cioè gli azionisti. Essi sono cre¬ ditori della persona giuridica, ma creditori di una specie particolare, in forza cioè del possesso dell'azione. Ogni azione è un piccolo de¬ bito della persona giuridica, e l'azionista ha, in ragione di esso, un diritto dì obbligazione contro la persona giuridica (24), 30, Questa teoria, di cui ho dato le somme linee, ma che il Kru- CHMaNN sviluppa per molte pagine della sua monografia, mi pare evidentemente non meriti di essere citata che a titolo di curiosità perchè in nessun modo posso ad essa attribuire un serio valore scienti¬ fico. E non lo posso per più motivi. In primo luogo essa si basa tutta su quella teoria della perso¬ nalità giuridica che è la teoria dei patrimoni ad uno scopo [Zwcck- vermogen) la quale ha tanti e cosi autorevoli avversari nei campo stesso delia dottrina civilìstica, che non so quanto sia prudente il trasportarla senz'altro nel diritto commerciale per fame il capo¬ saldo di una teoria della personalità giuridica delle società di com¬ mercio. Poi la teoria stessa del Khlchmann più che una soluzione della questione è un bizzarro bistìccio in cui la questione finisce per restare insoluta. Il patrimonio conferito dai soci costituisce infatti nei suo sistema una persona giuridica, ma forma la società insieme coi soci stessi. Se poi questa nuova società costituisca o no persona giuridica (il che è appunto quello che si vorrebbe sapere) il Kruchmann non dice. § 2. — Costruzione del sistema. Sommario: 31 Duplice punto di vista da cui può essere studiato il problema-_32. A) Dal punto di vista razionale: La posizione de] creditori particolari dd soci rispetto al patrimonio sodale e 3 a personalità giuridica. — 33. La posizione dei creditori particolari dèi soci c la società-comunione. - M . Si conclude in favore della personalità limitata ai rapporti esterni. — 35. La personalità limitata e il con^ tratto sociale. Il diritto dei soci agli utili sociali, — 31V I] diritto dei soci (24) KrUCHMANR. op> cìt. r pag. 241 e segg, 46 LA PERSONALITÀ GIURIDICA alla divtsigjje. — 37, Risposta alte obi elioni — 38 II concetto di una per so natiti giuri dica reluliftì non ha nulla d J illogico — 39 B) Dal punte di Pista det diritte ptisittw: Cenni di legislazione comparata — 4 ° ^ diritto positivo italiano: l'art. 77 cod, di comm. c la parola Sùdttà nella legge commerciale- — 41 La personalità giutidica rispetto ai terzi. — Ai L*e- sclusione dei creditori particolari dal patrimonio sociale — 43- di flft e Ir ® — 44 La responsabilità illimitata nelle soc set, l m rv txie collettivo ed tu anco- mandila. e la personalità. — 45 La comunione nei rapporti interni L art So del e od, di tomm. — 46. Alcune obdftcktoi alla personalità limitata dal punto di vista positivo. L'art. 77. — La personalità e la «nitrazione da parte del v^io delle cose sociali. — 48. Le azioni del socio a contro il socio e la personalità giu¬ ridica. — 49. Alcune disposizioni del Cod. di commercio Identiche a quelle del codice civile. — 50. La proprietà delle cose coniente — S 1 - K-iassu&i*- d- L «* stema della. legge — 52. Ragioni die lo giustificano. — Conclusione 31. La questione della personalità giuridica delle società corri* merci ali può essere studiata sotto un duplice punto di vista: dal pun¬ to di vista cioè del diritto razionale e da quello del diritto positivo vigente. Dal punto di vista razionale il modo più facile e più sicuro di dirimere la controversia sarebbe quello di risalire all intima na 1UTE della personalità giuridica, e domandarsi nelle società commer¬ ciali si riscontrano le caratteristiche della persona giuridica? b kdto tale esame, la questione sarebbe bella e risolta. Ma tiriti sanno di quante e quali dìspute sia oggetto nal campo del diritto la questione dalla quale si dovrebbe far dipendere la nostra: laiche vai meglio non ingolfarsi in questa spinosa via, ma prendere invece alcuni dei caratteri più spiccati, alcune delle più importanti conseguenze delle personalità per vedere se esse si trovano nelle società commerciali. Dal punto di vista positivo la ricerca ha forse maggiore impor¬ tanza. Ed ha maggiore importanza perchè, qualunque siano le i- dee che si possano professare sopra 1intima natura dello persone giuridiche, questo è certo ad ogni modo: che esse non possono sus¬ sistere se non per il riconoscimento da parte dello Stato, ed entro i limiti del riconoscimento medesimo. Ciò premesso, esaminiamo il problema da ambedue i latri e prima, da quello del diritto razionale. 32. Se adunque non si vuole incappare nella difficile ed eterna questione della natura delle persone giuridiche, conviene far capo a quella che è la vera caratteristica delle società commerciali, { - che le differenzia assolutamente dalle società civili, vale a dire V escili- IL DIRITTO VIGENTE 47 sione dei creditori particolari dei soci dai patrimonio sociale. Dal punto di vista dd diritto razionale, questo fenomeno è di una im¬ portanza capitale. Perchè tutto infine si riduce a vedere se esso è compatibile col concetto della comunione pura o modificata, op¬ pure se è indispensabile, per dargli una base razionale, ammettere che esso si verifica perchè la società commerciale costituisce una per¬ sona giuridica. Vedemmo già come debba ritenersi fallito il tenta¬ tivo dell' Adler di spiegare questa esclusione colla influenza eser¬ citata sulla società-comunione dadi'elemento della solidarietà. E mi pare che, di fronte ai principi generali eli diritto, ogni tentativo di questo genere non possa avere die esito infelice 11 principio infatti che i beni del debitore sono la garantì a comune dei suoi creditori, sancito dall art. £949 COf l. civ. p e ribadito colla severa sanzione della revoca degli atti fraudolenti diretti a sottrarre ai creditori tutto o parte del patrimonio che costituisce la loro garanzia (art. 1235 cod, civ,), è per me un ostacolo insormontabile alla conciliazione della idea di società-comunione, colla esclusione dei creditori particolari dei soci dal patrimonio posto in comunione. Se infatti esso rimane m proprietà (sia pure comune prò indiviso) dei soci, è forza conclu¬ derne che i creditori particolari di questi debbono poter far valere su di esso i loro diritti. 33. Non mi dissimulo die a questa argomentazione sì potreb¬ bero opporre alcune obiezioni. Sì potrebbe dire infatti: se h vero che i beni del debitore sono la garanzia comune dei suoi creditori, e questi vi hanno tutti un eguale diritto, la legge stessa (art. 1949) aggiunge che è eccettuato il caso in cui fra i creditori vi siano cause legittime di prelazione. Ora per le società commerciali si può benis¬ simo ammettere che i creditori sociali, i creditori cioè che hanno contrattato con uno o più soci, nella loro qualità di soci, di compro¬ prietari de] patrimonio comune, abbiano un diritto di prelazione sul patrimonio comuni’ stesso. Tv d altra parte di questo diritto di pre¬ lazione 1 creditori particolari dei soci non si possono lagnane, perchè essi ne sono stati avvisati mediante la pubblicità che la società costi¬ tuendosi ha. dato alla sua esistenza, e che si è manifestata legalmente colla trascrizione ed affissione dell'atto costitutivo. Si può dire che qui si riproduca una posizione analoga a quella dei creditori chiro- grafari rispetto ai creditori privilegiati ed ipotecari. Anche questi come i creditori sociali acquistano una posizione privilegiata, ed anche rispetto ad essi., come rispetto ai creditori sociali, gli altri 4* LA PERSO NAUTA GIURIDICA creditori non possono lagnarsi, perchè sono stati avvisati mediante la pubblicazione dell'atto che ha dato luogo al privilegio. È questo l’unico punto di vista sotto il quale si potrebbe giusti¬ ficare il sistema della società-comunione per conciliarlo col fenomeno delia esclusione dal patrimonio comune dei creditori particolari dei soci. A dire il vero, non l'ho visto sostenuto da nessuno scrittore, ma ne tengo conto sia per la sua importanza, sìa perché quello che non è stato detto prima, può essere detto in appresso. Comunque sia, e certo che anche questa costruzione non .ul una crìtn •- un pò rigorosa. Paragonare infatti il diritto esclusivo dei creditori sociali sul patrimonio sociale al diritto di prelazione del creditore privile¬ giato od ipotecario, mi sembra assolutamente inesatta special- mente quando sì consideri che questi ultimi hanno un semplice di- fitto di prelazioni' sulla cosa, mentre i creditori sociali vi hanno diritto esclusivo, E non si deve poi dimenticare un'altra grave diffe¬ renza. Mentre infatti non sì possono concepire creditori chirografari che siano obbligati a rispettare un diritto di prelazione, sena» che vi sia un creditore che attualmente goda di questo diritto di prela- rione, ì creditori particolari dei soci sono esclusi (lai patrimonio sociale anche quando creditori sociali non vi siano, 0* in altri ter¬ mini, vi sono creditori obbligati a rispettare diritti maggiori, ed esclusi quindi in un certo modo dal far valere le loro ragioni sopra beni determinati, solo in quanto vi sono altri creditori che questo diritto maggiore su tali beni posseggono; invece i creditori partico¬ lari dei soci di una società commerciale sono esclusi da! patrimonio sociale non perchè vi siano altri creditori con diritti maggiori, ma perchè la società esiste: e t finché esiste, non possono far valere i loro diritti sui beni di essa, 34 ' Quindi la condizione dei creditori particolari dei soci non si spiega che ammettendo nella società una persona giuridica, con patrimonio suo, rispetto a] quale i creditori dei soci nulla possono pretenderai perchè in realtà essi non sono creditori. Ma, d'altra parte, per spiegare questa condizione di cose neppure è necessario ammet¬ tere che la società commerciale costituisca una persona giuridica in modo assoluto, in modo da escludere del tutto le persone dei soci ed fi contratto sociale che fra essi è intervenuto, in altri termini mi pare, sia di fronte alla questione della esclusione dei creditori particolari dal patrimonio sociale, sia f in genere, rispetto a tutto il complesso dei principi che regolano la nascita, la vita, il termine /1 mvHT» iirrvvwMvwv^ti^^ IL DIRITTO VIGENTE 49 delle società-commerciali, che il sistema che più risponde alla realtà obbiettiva delle cose è il sistema della personalità giuridica limitata ai rapporti esterni , per la quale, rispetto ai terzi, esiste e si afferma la società persona giuridica, mentre, rispetto ai soci, resta la società-co¬ munione. Terzi sono dunque in questo caso, tutti i non soci, e quindi per conseguenza tanto i creditori particolari dei soci che i creditori sociali. 35. Una prova molto convincente della logicità di questo siste¬ ma si ha quando si consideri che nelle società commerciali, a diffe¬ renza delle persone giuridiche assolute, abbiamo un elemento da cui non è possibile prescindere, vale a dire il contratto sociale. Se anche infatti si ammette che la legge ha concesso alle società commerciali la personalità, l’esistenza della personalità non toglie, nè lo potrebbe, che le conseguenze del contratto intervenuto fra le parti permangano. Per quel che riguarda i terzi dunque sta la legge: per quel che ri¬ guarda i soci sta il contratto. E che così sia, si ha fra l’altro una prova nel fatto che gli utili, i frutti cioè del capitale sociale non spet¬ tano — come potrebbe parere — alla società, ma ai soci. Nèi confronti tratti dal mondo biologico che il chiarissimo Bonelli ci appresta nel suo veramente ottimo lavoro sulla Personalità giuridica delle società di commercio, possono valere a distruggere questo fatto: che non si può parlare di personalità rispetto ai soci, quando le cose che anche di fronte ai soci dovrebbero figurare come proprietà del¬ l’ente sociale, fruttano non all’ente ma ai soci che non vi hanno al¬ cun diritto. Il Bonelli dice che « per essere una unità giuridica, la società non cessa di essere composta di soci; ciò riguarda la sua strut¬ tura interna, la quale è senza veruna influenza sulla nozione di per¬ sonalità. Ora nella qualità di socio è inerente il diritto ad un certo profitto sul fondo tenuto insieme ed accresciuto mercè le operazioni sociali. Ma questo diritto distrugge così poco l’unità personale della società, che si presenta anzi come un diritto verso le società, resa così nel termine di un rapporto di obbligazione verso lo stesso so¬ cio » (1). Ma mi permetto di osservare che, posto un diritto del socio verso la società ai frutti delle cose che sono in proprietà di questa, io non saprei davvero come qualificare questo diritto del socio, e questa proprietà della società. Alle società infatti di fronte al socio non si potrebbe attribuire che una specie di nuda proprietas, perchè (1) Bonelli, op, cit., pag. 21. 4. A. Rocco, Le società commerciali. 3 ° LA PERSONALITÀ GIURIDICA al socio è riconosciuto un vero diritto di esigere gli utili netti pro¬ dotti dall’esercizio sociale (2) Ma anche su questo diritto le dilli* colta non mancano. Che specie di diritto à? È un diritto reale di usu¬ frutto* o un diritto d'obbigazione? Da qualcuno si è voluto sostenere, in base all'art 418 cod. cìv. che il diritto dd socio al dividendo è un semplice diritto di credito e non già un diritto dipendente dalla comproprietà dd patrimonio sodale: ma che al contrario, gli utili spettano realmente alla società proprieraria, anche rispetto ai soci, dd capitale sociale* Mi sembra però che l ari. 418, sta nel suo spirito, che nei suoi precedenti, non implichi affatto questa conseguenza* Esso dice » Sono mobili per determinazione della legge i diritti, le obbligazioni e le azioni, anche ipotecarie, che hanno per oggetto somme di denaro, od effetti mobili, le azioni e le quote di partecipazione nulle società di commercio e d in d astri a, qua nimt qu e alle medes ivi < * oppa rU t : > ; ti n he n 1 tm. v u LON n. 3 ; Mmà e Van- «*" % Za ™" e ' lv ' P a K m n. io; Ribseiti, Foro ir,,/. ,s,jn, I, to g 5 . 52 LA PERSONALITÀ GIURIDICA 37, Al sistema della personalità giuridica limitata si rimpro¬ verano contraddizioni ed illogicità. Moti bisogna dimenticare — dicono gli avversari — che il LàBAND stesso, il quale non ammette la personalità giurìdica delle società commerciali non si perita di chiamare un non s&tiso la teoria che a fi erma la personalità al di fuori e la nega al di dentro ( 5 : che il GoldschMIDT chiama le so¬ cietà, secondo questa teoria, jttri stick* Pwomn dù in U'irkliikkrìt keine jvristischen Persontn simi (f> e che infine 1 Unger le grati¬ fica dd titolo di mezze figure Mititi odtf /a- ischfnftgnrtn) e le paragona ai centauri per essere metà società comunione.; r metà persone giuridiche [7), E il Giorgi di recente, rincarando hi esclama; « Bisogna persuadersene Mnn è dato di concepire una cul- lettività che sìa persona giuridica al di fuori e comunione a! di den¬ tro. La proprietà è un diritto assoluto adwrsits omnts. e chi è proprie* tario dì una cosa, è tale in faccia a tutti * (8 È questa certo l'obiezione più grave che si faccia alla t - » tm ! f Ha personalità limitata ai rappòrti esterni: ma essa non è forse altret¬ tanto decisiva. Checché infatti si pensi sulle questioni agitai > l ,< " ciabnente in Germania circa il concetto e la natura delle persone giuridiche (9), un punto, su cui la grandissima maggioranza ‘hgti scrittori è d accordo, e che non è disputabile nel diritto posisi di tutti gli Stati d*Europa, è questo che non può sussistere personalità giuridica senza lintervento diretto o indiretto, dello Mato (toh ( 5 ) Beco le parole dd Labwmj; * Dfeac VcrkmipfiiTig lugùcb unvrnsinbureT gensàt “ i9t eÈn AWsras; ein RechtvwhAltniss kann ne hi jmgUmh K<-, ^ aubscct scio; Eigenthum, Foidemogen tind Schuldcm kfinmn nu hx baici den empiimi MitgliedÈm, baid der Università* fcuttahtn. j* rmrhilcm man Jas Vcrbàlttti^ unir* den Mitglicdtìr odtr dai, Vertouitis /u Dritte* in .la» Auge- fasst: < Persoli kmn nacJi A usseri Rcchts-und Handlungsfàhiffkcit beiMtigcm. narh Tom n «****™“ ™ *’ LaBa ^u, Beitrtiga tur Dvpnatih dr.v HaniéligMit»*&*/*** n * ,,a ? r,hrhr d ! l Ur da$ gcsawmEt Bmàtfsrtckt, XXX, pag 4S2. Recensione al I^bsburg, UhrLuch da érevtsischtn Pnumnbi ■ nella Zni* schrift, XXV . pag. 409. - . h,i -' fjwii und off me Handt'hgadUcMt f n«t Jahrbiich# fùr dtt Dogmatik, XXV {1887), ,pag. Nello «m-s» senso I P ^ alìià mndirn deile woktà commrrciah, pag, ù c s*w S) Giorgi, La dottrina delle persone- giuridiche, VI. pag, 354. V anche y*'À ì$ 7 > gl; Vcdinc lin riassunto, cd una critica non sempre esalta 10 Giorgi io dottrina dell, persona giuridiche, I. pag. 33.54 l' N „ MlJ m , ]to ljrr;Vt , ma molto chiaro ad obbiettivo * trova nell'opera «centi*™ dd Cohack, tMu,h da frutteto* bur- S ’ ; ecfll& - Bitter Band, «rate Abteiìung, Jona, 1897 , pag 91-93' [tQ) L “*"*«!» dello Stato era richiesto anche nd diritto Komam', e co lo IL DIRITTO VIGENTE 53 Questo intervento può esplicarsi con una autorizzazione speciale data caso per caso, oppure con una autorizzazione generale, che sot¬ topone la personalità all'adempimento di determinate condizioni (ti). Ciò posto, e qualunque sia la natura di questo intervento, con- sista esso cioè nella vera e propria creazione da parte dello Stato, come sostengono il Giàntubco (12), il Gheroni (13), il Ramponi (14) oppure in una semplice autorizzazione, come credono il Glerke, Forster-Eccil-s {13). Fa oda e Bensa (16), è naturale che lo Stato, nel concedere 0 nel riconoscere la personalità giuridica, può ap¬ porvi delle condizioni, o delle limitazioni. Così la legge accorda la capacità ad avere diritti ad alcune persone giuridiche (comune, provincia, istituzioni pubbliche di beneficenza), ma ne restringe r esercizio richiedendo per cctiì atti una serie di autorizzazioni ed attestano parecchi passi; cosi la J, r pr Quad tmivscutnquà universi, Dig, Ili, 4 sta¬ biliva: t Ncqui soci eia s ncque tolltgiunt, ncque huinmodi corpus passim omnibus ha - t*f*i contatti tur. vani et tegibus, et senaiuse-omuttis, et Prittcipalibus t 'onstitutionibus ea res 1raércrtur ». Cfr «uiche la 1 . ì pr de. coli, vi enrporihus* big. XJLVII, 22, c LrEBE- kam, /.ut Gc&elnchic und Organisatuw dea rémiscken Vcreinwesms, Leipzig 1 , 1890, pag, 3S2, nonché Cmironi, Questioni di diritti • cimiti, Torino, rSgo. pag, 394. Nel di¬ ritto attuale scrittori appartenenti a tutte le scuole delta personalità affermano la necessità dell'intervento. Cfr. Savtgnv. System des hiutigtm ròmischen Rechi, Trad. Scialo? ,v, Torino, ì&Sti, li, pag. 277; Hqlder, Pandekltn, Freiburg, 1801 pag. 123; Regei^bercjeR, Ptiisdehien, Ltuprig, 1S93, 1 , pag. 306 e 344; Laurent, Principe^, I, pag. 370 c segg,, i.inRtji, La dottrina delle persane giunche. 1 , n. 24. pag, 46, li. 47 pag, HI; Monelli. Di una nuova teoria dèlia personalità giuridica, nella 2 £iu. Hai. per le scienze giur.. IX pag 330 e 331. il quale afferma che « il patrimonio è elevato ad unità autonoma, a institutum iuris. per virtù della destinazione ad esso impressa o in grana della volontà unificatrice che lo domina, salvo sempre il Suggello della legge t, e da ultimo J'Adda d Densa* Noie alle pandette del WiNiispttEiD, Torino, II. pag, Sta eseigg.; Cosack, Léltrbuch des dcutschen burgerlichen Rechiti, pag. P 3 . Ecco come spiega lo Zitelman, Begriff und West», dee Sùgennante* juristichen Persemeli, Létpzig. 1S73, pag. 64 esegg., la necessità di questo intervento; « La persona IKà. dice egli, è la facoltà di avere diritti. Questa facoltà non deriva dalla natura, che non crea rapporti ed istituti giuridici, ma dalla autorità dello Stato. Neppure Tuo- me per aè fc persona (cioè capace di diritti), ma il diritto riconosce come persone certe classi di uomini, e nc esclude albe, come gli schiavi », {11.I Cfr Padda l* Densa, II, pag. 81&, Laband, Ucitràge mr Dogmatìh dee Hau* déìsgè&tUschafUm. nella Zeit&chrijt. XXX, pag, 472. (ij) LtaNTurch, Sist. di dir. gw, italiano, Napoli 1892, I ji 32 (L3) Chironi, Questioni, I orino, 1890, pag. 392 e segg. (14) Ramponi, 'teoria generali- dette presunzioni r Torino, tSgo, pag. ->9. (1 5 ) G3.ERK.E, GcnossenschuftstJte-orie, Berlin, 1887, p aR , 15 e segg; Fuhster-Ec- cius, Prcussisches Priva (rechi, Berlin. 1892-93, IV, pag. G6p (tO) Padda e Bensa, II, pag 813 e segg. 54 LA PERSONALITÀ GIURIDICA approvazioni. Ora il solo fatto che per le società commerciali lo Stato all’art. 77 del cod. di comm. ha dichiarato che esse formano enti collettivi distinti dalle persone dei soci rispetto ai terzi , e che tutta la disciplina data dal legislatore alle società commerciali dimostra — come vedremo — che ai soli terzi esso ha voluto re¬ stringere il riconoscimento, dovrebbe bastare a persuaderci che non è possibile, senza violentare la legge, trovare un riconoscimento là dove lo Stato non lo ha voluto. La legge positiva ha dunque, an¬ che di fronte ai principii razionali, importanza decisiva. I UHM <• Bensa (17), negano che la frase rispetto ai terzi usata dal legisla¬ tore abbia alcuna importanza di fronte all'errore logico di quella costruzione che fa capo al carattere relativo delle personalità nella per¬ sona giuridica. Conviene dunque prima di ogni altra cosa vedere se realmente la teoria della personalità relativa urti contro il rigore logico, e meriti quelle aspre censure, di cui le sono stati prodighi scrittori italiani e tedeschi, come costruzione ibrida, come una vera con- tradictio in adiecto. V^Ui 3 • E necessario anzitutto tornare sopra un concetto, già avuto occasione di accennare, ma su cui giova insistere. E il concetto è questo: che personalità giuridica non vuol dir altro se non capacità di^ avere diritti, privati patrimoniali. Il che posto, io non vedo perchè debba essere illogico e contraddittorio l'immaginare una capacità ad avere diritti, non assoluta, ma limitata in qualche modo. con ciò si noti bene — non si distrugge affatto il concetto di personalità: non si fa che restringerne il contenuto. E come noi possiamo benissimo immaginare una personalità (cioè una capa- ad avere diritti) da cui siano eccettuate alcune categorie deter¬ minate di diritti, così possiamo immaginare anche una personalità, / ^ Ua e s * es P^ c Ei solo in confronto di certe persone e non in con- ronto di altre. Non si deve dimenticare che, come tutti gli altri PP ti sociali, anche il diritto non è e non può essere che un con- e 0 re ativo. esso nasce e vive nella società e presuppone, quindi, si nn C0I ! dlZ10ne necessa ria, altre persone (uomini o enti) verso cui appwT^ ar Valere ‘ ^ diritto in senso soggettivo, cioè come facultas ad alt ' ° n P resc * n dere da un corrispettivo dovere, che spetti _^° ggettl di diritto, persone fisiche o enti. L’escludere quindi (17) Op. cit. loc. cit. aWfViV i i lil ' ' 4 ; IL DIRITTO VIGENTE 55 una determinata classe di persone dalla sfera dei soggetti rispetto ai quali si può far valere un diritto, non distrugge affatto il con¬ cetto di personalità, perchè non toglie che verso tutte le altre persone si possano far valere. In altri termini, come non si rende illogico e contraddittorio il concetto di personalità nelle società commerciali se si nega loro la capacità ad avere quella determinata classe di di¬ ritti che si chiamano diritti di successione, così nulla di illogico si immette nello stesso concetto, se si eccettuano delle persone verso cui possono venire in rapporti giuridici, e far valere i loro diritti, i soci che la società stessa compongono. Tanto l’una come l’altra sono limitazioni che non mutano il concetto di personalità. Ma — si po¬ trebbe obiettare — questo va bene per i diritti di obbligazione, i quali non si possono esercitare che verso determinate persone. Si ca¬ pisce cioè, dato il sistema enunciato, come la società-ente non possa acquistare diritti di obbligazione rispetto ai soci. Ma per i diritti reali, i quali sono diritti assoluti, esperibili erga omnes, come si po¬ trebbe spiegare questa capacità ristretta? In particolare, che specie di proprietà sarebbe ad esempio, quella delle società commerciali, se potessero farla valere soltanto in confronto dei terzi e non già in con¬ fronto dei soci? Ora io comincio dal notare come non sia possibile trasportare senz’altro in questa materia certi rigidi concetti del diritto civile che mal rispondono al continuo evolversi, trasformarsi ed adattarsi del diritto commerciale. Ma, anche prescindendo da ciò, nello stesso campo del diritto civile questo concetto dell’assolutezza della pro¬ prietà, e in genere dei diritti reali, non è così rigido come vorrebbe farsi credere (18). Che anzi l’elemento sociale va ogni giorno scal¬ zando questo concetto dell’assolutezza del dominio, e vi sostitui¬ sce quello della elasticità per cui al proprietario si assegnano tutti quei diritti che sono compatibili colle disposizioni della legge e colla coesistenza delle proprietà. Ora è questo appunto un caso in cui la legge limita rispetto a certe determinate persone, l’esercizio del diritto di proprietà, e ciò non credo possa recare una alterazione al concetto di proprietà, e in genere, di diritto reale. Del resto la pro¬ prietà non può avere una sfera di applicazione più ampia delle per- (18) Anche nel diritto Romano, non mancano rapporti reali non del tutto asso¬ luti, cioè che non si possono far valere verso certe determinate persone. Cosi ad e- sempio il possessore di giusto titolo e in buona fede non può agire con la publiciana in retri actio contro chi ha un diritto più forte di lui, come il proprietario. 56 LA PERSONALITÀ GIURIDICA sonalità: ed ora appunto, dove c'è personalità r'ò proprietà, dove cessa la personalità, dove cioè cessa la capacità ad avere diritti, non si può pretendere che resti il diritto di proprietà. 39* - —~ luì , iiivuu ruiiia ai assurtici c ui linciai vi sia in questa costruzione della personalità limitata, riportiamoci a quanto già abbiamo avuto occasione più volte di ripetere circa la importanza decisiva della legge positiva, di fronte alla neces¬ sità dei riconoscimento da parte dello Stato di qualsiasi {Risona- lità giuridica. In Francia, la personalità giuridica delle società commerciati non è consacrata da alcun testo formali. ma la dottrina e la giuria- prudenza la deducono dal complesso delle disposizioni legislative in|. In Germania, la personalità giuridica è riconosciuta m modo asso¬ luto alle sole società anomimc e a quelle dette a responsabilità li - tmiaia t in modo relativo, alle società in nome collettivo ed in acco¬ mandita. Per le società anonime infatti provvede Tari. 213 (2io e nuovo testo) il quale dice: « La società anonima ha comi tale e per se stessa 1 suoi diritti e i suoi obblighi, essa può acquistare la proprietà di immobili ed altri diritti reali su immobili e stare ni giu¬ dizio come attrice e convenuta *. Nel codice del 1871 questa dispai- 4pcf U *ì tr ? va sotto la rubrica delle disposizioni generati. Nel nuovo ° eSSa è posta sotto & rubrica dei Rapporti giuridici della società * 5 ° ^ c ^ e imporla che anche rispetto ai soci essa debba c*s- 1 H COnsi ’ tra ^ a COmf - soggettò di diritti. Per le società in nome mi- *%***'* k cosa i^ece è multo diversi,. Infatti la Darla a ^ ma e 1 ro H del codice di commercio germanico, la quale Fn sei i r T ietà in nome «Pativo {offenc GeseUschaft) si divide nascenti dalla StelVlì! ^ dedkati a ’ dei raDTYr+i a , società. Ora il secondo capitolo tratta schafter untar S0C ’ l J ra loro (voti t lem ReChtvcrhaUniss t Ur Gese.ll - scTZ TrL e T eT .^.^- *> d.,1 nuovo testo) stabili- contrcdlo sociali An S0CI ‘ f ra sano regolali anzitutto dal __ ' 11 te ™ ^vece. intitolato: Dai rapporti giu- neiitls, avita et coni I! - IO S «:«re la personalità giuridica. Cfr. Casi-. 9 ■ ]0Un - * ‘SOL I. 73, con nota di M.v»al il diritto vigente 57 ridici delle società coi terzi (des Gesellschaft zudritten Personen) all’ar¬ ticolo in (124 del nuovo testo) stabilisce che la società in nome col¬ lettivo può sotto la sua ragione sociale acquistare diritti e contrarre obbligazioni, acquistare la proprietà di immobili ed altri diritti reali su immobili e stare in giudizio come attrice e come convenuta. Per le società in accomandita (Kommanditgesellschaft) valgono quanto ai rapporti tra soci le regole delle società in nome collettivo (art. 157-161). Dal che è facile convincersi che per le società in nome col¬ lettivo ed in accomandita il legislatore tedesco ha voluto appunto sancire il principio della personalità limitata, distinguendo molto chiaramente i rapporti fra soci, dai rapporti coi terzi (20). Questo è anche il sistema del codice federale svizzero delle ob¬ bligazioni (art. 557, 559, e 622). Invece il codice portoghese (art. 108) ed il rumeno (art. y8), sanciscono per tutte le società commer¬ ciali la personalità limitata ai rapporti esterni. Specialmente im¬ portante è il codice portoghese, il quale adotta addirittura la espres¬ sione persona giuridica e stabilisce: «Le società commerciali costi¬ tuiscono, rispetto ai terzi, una personalità giuridica distinta dagli associati ». La personalità assoluta è riconosciuta dalla legge belga (art. 2) e dal codice spagnolo (art. 116). La legge inglese del 1862 sulle società (Companies act) concede la personalità giuridica a tutte le società composte di più di sette soci, i cui statuti siano stati regi¬ strati nelle forme prescritte dalla legge. La registrazione non è ob¬ bligatoria che per le società bancarie composte di più di io soci, e per quelle aventi altro oggetto composte di più di 20 membri. Le società della prima specie, e quelle della seconda composte rispet¬ tivamente di io soci o meno, e di 20 soci o meno, possono, a loro scelta, o restare dei semplici partnerships senza personalità, o diven¬ tare delle compagnie incorporate {incorporated) godenti la personalità giuridicica. Dal fin qui detto risulta: a) che i legislatori (ad eccezione del francese) si sono occupati espressamente della personalità giuridica delle società commer¬ ciali. Il che dimostra ancora una volta che è proprio alla stregua del diritto positivo che noi dobbiamo principalmente studiare la que¬ stione; (20) Metto in guardia i lettori contro una traduzione del nuovo testo del codice germanico, di recente pubblicata a cura di L. Eusebio (Torino, 1897), nella quale si riscontrano frequenti inesattezze. 5 $ LA PERSONALITÀ GIURIDICA &) die le disposizioni delle leggi positive sono generalmente molto ciliare, e che le dispute dottrinali sono sfosso riuscite, più che a chiarire, a rendere oscuro e astruso il problema; (?) che i migliori codici e le migliori leggi (cito fra gli altri il co¬ dice germanico e le legge federale svizzera) sulle obbligazioni san¬ ciscono appunto il sistema della ]>ersonalità limitata. Ciò posto, vediamo quale sia il sistema accolto dal legislatore italiano. 40. Per il diritto italiano vigente la personalità limitata ai rapporti coi terzi, mi pare che emerga chiaramente da tutta la legge positiva. L'espressione più chiara e più evidente di questa condì* rione di cose, la troviamo nelFart, 77 del codice il quale dice «Le società amidette (cioè le società in nome collettivo, in ac¬ comandita e anonime) costituiscono, rispetto ai imi. enti col¬ letti vi distinti dalle persone dei soci *. Ma tutte - posso dire le disposizioni del codice la confermano, Per intendere però come ciò possa essere, gioverà premettere che il nostro legislatore ado¬ pera in tre sensi diversi la parola società, v che spe sso dal confon¬ dere I nno per l'altro in una particolare disposizione, dipendono idee e nozioni poco esatte. La parola società nel codice di com¬ mercio italiano (come del resto anche in quelli stranieri e spe¬ cialmente nel codice germanico) (21, viene assunta: i° nel senso di complesso dei soci, somma di soci, soci costituiti in universalità; 2 Ù nel senso di patrimonio conferito dai <01 i in forza del contratto, 0 formatosi e andato a costituire in forza del contratto un fondo comune e separato; 3° nel senso infine di persona giuridica, di enti- collettivo distinto dalle persone dei soci. 41. Vediamo dunque come rispetto ai terzi la società com¬ merciale costituisca una persona giuridica, nel sistema del nostro codice. {21) Guai in Krùchmass, Verem, Vurbmtìtmg, Gt wUschaft Carparaitùn aiti ***** Gruchot ; mvil il qu,l<- tpag z 3 „, die* . Wii s»r^« bei der Analysc rnuncr «leder «uf <1™ *om H. (, ». vOTemlclw Untili . c^dlMbait Z " WBh * <****«* Wort die Sunime der G«eU<,- rt..„ Gesell- IL DIRITTO VIGENTE 59 A questo proposito c’imbattiamo subito nell’articolo 78, il quale dice: « Il nuovo socio di una società già costituita risponde al pari degli altri, di tutte le obbligazioni contratte dalla società prima della sua ammissione, ancorché la ragione sociale sia mutata. « Il patto contrario non ha effetto rispetto ai terzi ». Ecco dunque che in forza di quest’articolo la società, rispetto ai terzi, è considerata come un ente affatto indipendente dai soci che gli hanno dato vita, il mutamento o l’aggiunta di uno dei quali non cambiano nulla della sua natura e struttura. Il nuovo socio si pone nelle stesse condizioni degli altri soci, colle medesime responsabilità e le stesse obbligazioni, come se fino dal princi¬ pio avesse fatto parte della società. Ora in questo isolamento della società dai soci, per cui la società non è più un vinculum inter certas personas, ma un ente a sé, non possiamo non vedere una affermazione ed una conseguenza della personalità (22). E questa affermazione è ribadita dal capo verso dell’articolo in cui è dichiarato nullo il patto contrario rispetto ai terzi. I soci po¬ tranno dunque bensì pattuire fra loro che la responsabilità per le obbligazioni assunte dalla società precedentemente all’entrata del nuovo socio non debba gravare sopra di questi, ma tal patto per altro avrà solo l’effetto di rendere gli altri soci obbligati a risar¬ cirlo del danno che potrà risentire per l’obbligo che ha assunto nell’aderire alla società; esso non potrà impedire ai terzi che sono diventati creditori della società prima che ne facesse parte il nuovo socio, di avere per garanzia del loro credito anche la quota o (se è un socio a responsabilità illimitata), il patrimonio stesso del socio. 42. Una nuova, importantissima conferma della personalità rispetto ai terzi troviamo nell’art. 85. L’art. 85, è senza dubbio, il più importante per la disciplina della personalità giuridica delle società commerciali. Esso infatti separa, rispetto ai terzi, il patri¬ monio della società dal patrimonio dei singoli soci, e lo costituisce (22) Anzi una teoria fa consistere appunto la differenza tra la società (contratto) e la corporazione (persona giuridica) in ciò, che mentre la società è un vinculum iuris inter certas personas, nella corporazione il sostrato è anche una pluralità di persone, ma non determinate nella loro individualità. Cfr. Christ, nella Zeitschrift fùr das ges. Hand, VI, pag. 429 e segg; Stobbe, Deutsches Privatrechl, I, pag. 363. 6 o LA PERSONALITÀ GIURIDICA a garanzia esclusiva dei creditori sociali. In forza di esso i credi¬ tori particolari del socio non possono, finché dura la società, far valere i loro diritti che sulla parte degli utili spettanti al socio se¬ condo il bilancio sociale, e sciolta la società, sulla quota ad esso spettante nella liquidazione. Qui i creditori particolari dei soci sono veri terzi, perchè, tutti coloro che non fanno parte della società, cioè tutti i non soci sono terzi a termini dell’art. 77 (v. in se¬ guito n. 52 e 54). Ebbene, rispetto ad essi il patrimonio confe¬ rito non è patrimonio dei soci, ma patrimonio di un ente auto¬ nomo, di una persona giuridica, la quale ha i suoi creditori, a cui appunto il patrimonio suo speciale è riservato. 43. Nello stesso senso si può citare l’art. 106. In questo articolo sono determinati i diritti dei creditori di una società in nome collettivo. Le loro obbligazioni, come dice il numero 1 dell’art. 76, sono garantite dalla responsabilità illimitata e solidaria di tutti i soci. Tuttavia essi non possono escutere i singoli soci prima di a- vere escussa la società. Rispetto ai terzi creditori della società, questa figura evidentemente come una persona giuridica, con pa¬ trimonio separato e in tutto distinta dai singoli soci a cui anzi si contrappone. Un ultima conferma di quanto sono venuto fin qui dicendo, mi pare si debba trovare nell’art. 118 il quale stabilisce: « L accomandante non può fare verun atto di amministrazione che produca diritti od obbligazioni alla società, nemmeno per pro¬ cura generale o speciale per una serie o classe di affari. Ogni atto contrario a questo divieto, lo rende responsabile senza limitazione e solidariamente verso i terzi per tute le obbligazioni della so¬ cietà. « Se la procura è speciale per un determinato affare, egli assume personalmente e solidariamente colla società le obbligazioni de¬ rivanti da esso ». In questo articolo si è voluto molto chiaramente distinguere 1 obbligazione del socio da quella della società; e si dice che il ter¬ zo ha, nel caso che il socio accomandante si ingerisca della am¬ ministrazione sociale, come obbligati: prima di tutto la società; e poi il socio. Si noti a questo proposito l’importanza della frase le¬ gislativa: se la procura è speciale p er un determinalo affare egli (il socio accomandante) assume personalmente... le obbligazioni denvanh da esso. Dal che si rileva assai facilmente che quando IL DIRITTO VIGENTE 6l JJOOOhMTL questa ingerenza del socio accomandante negli affari sociali non si verifica, egli non assume alcuna responsabilità personale. Vale a dire che il socio accomandante di una società in accomandita non è responsabile limitatamente sì, ma non personalmente di fronte ai terzi; nel caso normale la sola che risponda personalmente è la so¬ cietà. Non si può dubitare dunque che anche qui la società ci è rappresentata come una persona giuridica affatto distinta dalle persone dei soci, e ciò solo per i rapporti coi terzi. 44. Nè, per negare la personalità giuridica, anche di fronte ai terzi, delle società in nome collettivo, si può opporre — come fanno gli scrittori tedeschi — la responsabilità solidaria ed illimitata di tutti i soci per le obbligazioni sociali. Questa responsabilità non to¬ glie che anche l'ente società possa avere per conto suo debiti ed ob¬ bligazioni, ma li garantisce per mezzo della responsabilità indi¬ viduale e personale dei soci. Il principio che s'invoca come carat¬ teristica della personalità giuridica: si quid universitati debetur , sin- gulis non debetur, nec quod debet universitas singuli debent, non è che una regola generale, la quale non è per nulla infirmata dal fatto che, in qualità di garanti o fideiussori, i soci intervengano per rendere più sicura la condizione dei creditori sociali. Nel nostro diritto positivo poi questo carattere di garanti è ben chiaro spe¬ cialmente nel n. 1 dell art. 76 il quale dice che le società in nome collettivo sono quelle, in cui le obbligazioni sociali sono garantite dalla responsabilità illimitata e solidaria di tutti i soci , e nell’art. 106 il quale stabilisce che tuttavia i creditori della società non possano pretendere il pagamento dai singoli soci prima di avere esercitato fazione contro la società. Non si tratta dunque che di una respon¬ sabilità sussidiaria, di una specie particolare di fideiussione soli¬ dale nel senso che la solidalità si spiega solo nei rapporti interni fra confideiussori, non nei rapporti fra fideiussori e società, la quale anzi deve essere escussa prima (23). 45. Nei rapporti dunque coi terzi non v’ha dubbio che l’ente società apparisce come una persona giuridica con patrimonio e di- (23) Cfr. Unger, Personengesammlheil und offene Handelsgesellschaft, pag. 250 nota 21; Bekker, System des heutigen Pandektenreclits, I, pag. 216; Hahn, Kommentar zum Allgemeinen deutschen Handelsgesetzbuch, 4* ediz., Braunschweig, 1894, I, pag. 475, Fadda e Bensa, II, pag. 809. Ó2 LA PERSONALITÀ GIURIDICA ritti die non sono quelli dei soci Ed ogni volto che il legislatore vuol regolare i rapporti coi terzi, ed adopera la panda società, latto- pera appunto nel senso di ente collettivo, di persona giuridica. Nd rapporti invece tra soci la cosa è differente. Qui non ap¬ paiono che i soci; da una parte il socio singolo, dall'altra la col¬ lettività dei soci, J ttniversHas personarum formata dal complesso dei soci. Da una parte il patrimonio individuale del socio; dall'al¬ tra il patrimonio sodale comune prò indiviso. Talché non può negarsi che anche nei rapporti interni una certa unità vi sia; v'è ma è una unità formale, non materiale una unità, come dice bene IL.vger, artificiale, ideale, non reale Ed ogni volta che il legislatore disciplina i rapporti interni, c adopera la parola so- et età. 1 adopera nel senso: o del complesso dei soci costituenti 3‘uni¬ versalità, o del patrimonio comune prò indiviso 1241 E che cosi sia lo dimostra, mi pare, assai bene Vari, 86 del cod. dì comm, in cui è detto: « Il socio che ha conferito nella società uno 0 piu crediti non è liberato sino a che la società non abbia ottenuto il pagamento della somma per la quale ebbe luogo jl conferimento*. La società di cui parla qui il legislatore non è evidentemente la per- sona giuridica, ma il patrimonio sociale comune indiviso. È rsso che risulta dai condimenti fatti dai soci i- cosi deve intèndersi, altrimenti non si saprebbe davvero come spiegare la frase il socio che ha con- ferito nella società ecc. Conferire in una persona giuridica non è pos¬ sibile, quanto possibile invece e naturale è conferire in un patrimonio comune. 4 ■ Contro la personalità giuridica limitata ai rapporti «'sterni 0 , 1 ■_ a y° R ’ P ersonali1 à giuridica assoluta, si invocano pa- ret e ue sposizioni della legge positiva. Anzitutto-, si fa appello dia disposinone stessa delTart. 77 , in cui è detto che le società COI* Tremali costituiscono, rispetto ài terzi, enti collettivi distinti dalle persone dei soci, e da essa si deduce che se 1] legislatore parlò solo di rapporti eoi terzi, ciò fu perchè esso, nel definire le società eom- I n( ' n * tTUle conto che dei caràtteri che esse presentano nei sto ^ lr P ° r \ C03 - TeFZ1 l25 ' L ^ a me min sembra in verità che que- mf n 0 sul de] tutto persuasivo. Se infatti il legislatore « nel 99 * ,usno 1891 " lla il TfatUUo, I, n iU 9 . 5 IL DIRITTO VIGENTE 63 definire le società commerciali, non tenne conto che dei caratteri che esse presentano nei loro rapporti coi terzi » ciò vuol dire che anche quell'attributo proprio delle società commerciali che è la personalità giuridica, egli volle intenderlo ristretto ai soli terzi. E valga il vero, Se nel dare le definizione delle società di commer¬ cio il legislatore si limitò a parlare dei rapporti coi terzi, vuol dire che questi rapporti appunto costituiscono la differenza specifica per cui la specie società cmmrmdaM si differenzia dal genere società . Il che implica necessariamente che nei rappòrti intorni non vi sia alcuna differenza tra la semplice società (civile) e la società commèr¬ ci ale. 47. Nel senso della personalità assoluta si citano (26) gli artt. no e ni i quali sancirebbero indirettamente l’esclusiva proprietà del patrimonio sociale da parte della società anche rispetto ai soci, dichiarando reo di appropriazione indebita 0 di furto il socio che. to¬ glie anche una piccola parte dei fondi sociali. Premetto che anche se fosse punita come furto la sottrazione di cose postr in società, ciò non darebbe alcun diritto a ritenere che le cose siano di proprietà della società persona giuridica. Infatti il capoverso deipari, 402 coti penale stabilisce chiaramente che commette furto anche il proprietario, socio, o coerede sulle cose comuni o della eredità indivisa. Ad ogni modo, prescindendo da ciò, negli artt. no e in non mi pare siano sanciti altro che principi de¬ rivanti puramente e semplicemente dal contratto di società inter¬ venuto tra i soci, resi alquanto più rigorosi con sanzioni speciali richieste dalle esigenze del traffico mercantile, ma che non immu¬ tano nulla alla natura dei rapporti che sono destinati a garantire, b ari, ito infatti stabilisce che il socio, il quale senza il consenso scritto degli altri soci , impiega i capitali o le cose della società ad li¬ so o traffico proprio o di terzi, è obbligato a conferire alla società 3 vantaggi conseguiti, ecl a risarcire il danno, senza pregiudìzio del- I azione penale, se vi è luogo, t questa una conseguenza del contratto sociale. Se infatti t soci della società (nella specie, in nome collet¬ tivo), hanno con venuto di mettere in comune qualche, cosa, allo scopo di trarne lucro mediante l'esercìzio dell'industria commer¬ ciale. s’intende che impiegare i capitali o le cose della società ad uso o traffico proprio o dei terzi costituisce una vera e propria viu- (s6j Vi VA N TE, Op ClL, toc. dt. 6 4 LA PERSONALITÀ GIURIDICA lazione del contratto sociale. Questa violazione del contratto può in alcuni casi (quando per esempio la distrazione sia dolosa, o quando la quantità del tolto ecceda la parte spettante al colpevole (art. 402 cap. C. P.) costituire un vero e proprio reato; ed è perciò che la legge dice: senza pregiudizio dell'azione penale, se vi è luogo. Ed anche quando non costituisce un reato, il legislatore commerciale grava la mano sull’autore della distrazione, obbligandolo non solo al risarcimento del danno, come porterebbero i principi generali, ma anche al conferimento nella società dei vantaggi conseguiti. Alla stessa conclusione si deve venire esaminando la regola posta nell’art. in. In questo articolo è detto che nessun socio può sepa¬ rare dal fondo comune più di ciò che gli è stato assegnato per le sue spese particolari. Anche questa è una conseguenza del princi¬ pio che i contratti legalmente formati hanno forza di legge per co¬ loro che li hanno fatti; talché, anche se la parte separata rappre¬ sentasse il valore della cosa conferita, il socio deve risponderne, giacché egli, aderendo al contratto, si era impegnato a mantenere le cose in comune fino allo scioglimento della società. E se toglie dal fondo comune prima del tempo la sua parte: o, peggio, se toglie una quantità che eccede la sua parte, egli è tenuto a restituirla come se non avesse fatto o completato il versamento della sua quota so¬ ciale: di più la legge lo obbliga al risarcimento del danno (art. ili citato). In tutte e due queste disposizioni non mi sembra quindi che si possa riscontrare il concetto di un patrimonio della società ente autonomo, ma solo un obbligo contrattuale da parte dei soci di non toccare la quota messa in comune, obbligo rinforzato da speciali e più rigorose sanzioni. 48- Un altro argomento a favore della personalità assoluta anche rispetto ai soci si deduce da tutte quelle disposizioni del cod. di comm. in cui si sanciscono i diritti e i doveri reciproci del singolo socio rispetto agli altri consoci. E si dice: in tutti questi casi la so¬ cietà è proprio una persona giuridica. « La società — osserva il Vi- \ ante (28) può contrattare coi soci, citarli in giudizio presso la propria sede, impedire che altri ne piglino il posto, imporre ai dissenzienti i cambiamenti dello statuto sociale legittimamente votati dalla maggioranza, e in tutti questi contrasti la società a- (28) Op. cit., loc. cit. IL DIRITTO VIGENTE 65 gisce come un ente antonomo, valendosi anche dei fondi conferiti dal socio contro cui esercita i propri diritti. Di rincontro, la società può essere costretta dai soci, anche in giudizio, a pagare i dividendi scaduti, a rimborsarli delle spese e dei servigi prestati, a loro con¬ cedere la comunicazione e l’esibizione dei libri, la partecipazione alle assemblee generali ». Ora è vero che il socio ha diritti verso la società, e la società ha diritti verso il socio: è vero che tanto gli uni quanto gli altri si pos sono far valere in giudizio, ma in ambedue i casi la società non è contrapposta al socio come persona giuridica: essa non è altro che il complesso dei soci, la collettività dei soci considerata come uni- versalità. Gli art, 80, 81 e 83 infatti che disciplinano gli obblighi del socio per ciò che riguarda il conferimento delle quote promesse, o non parlano della società (art. 83) o, se ne parlano (art. 80) vi alludono come già dissi — intendendo la parola nel senso di patrimonio comune (29). Egualmente, gli obblighi e le responsabilità dei soci nelle società in nome collettivo (art. no e segg.) sono obblighi verso tutti 1 consoci, e non già verso un soggetto giuridico autonomo e distinto da essi. E che così sia lo dimostra il fatto che da tali obbli¬ ghi e responsabilità il socio è liberato quando vi sia il consenso deeli altri soci, espresso per iscritto (articolo no) (30) o in altro modo o anche tacito (art. 112) (31). Egualmente non è la società che im¬ pone ai dissenzienti la sua volontà, ma è la maggioranza che im¬ pone la sua alla minoranza (art. 163), come avviene anche in altri casi in cui non esiste certo personalità (art. 495, 840 cod. di comm. art. 678 cod. civ.) Non solo: ma pei casi più gravi, il socio dissen¬ ziente ha diritto di recedere dalla società, sciogliendo quindi il vin¬ colo contrattuale che lo legava agli altri consoci (art. 158). Questo (29) Dice 1 art. 80: . Il socio che ha conferito nella società uno o più crediti non e liberato sino a che la società non abbia ottenuto il pagamento della somma per la quale ebbe luogo il conferimento,. È vero che in questo articolo si allude alla società come creditrice {tino a che la società non abbia ottenuto il pagamento) ma la frase pre¬ cedente: il socio che ha conferito nella società, dimostra che si tratta evidentemente dei patrimonio sociale comune. (30) Cosi perchè il socio possa distrarre i capitali o le cose della società per im- piegarli ad uso o traffico proprio o di terzi. vy 66 ci, UWj u litre operazioni neno stesso commercio. A. Rocco, Le società commerciali. 66 LA PERSONALITÀ GIURIDICA per gli obblighi dei soci, considerati come singoli, di fronte agli altri consoci, considerati come universalità. Riguardo ai loro diritti deve dirsi allo stesso modo che non sono diritti verso la società persona giuridica, ma o verso gli altri soci, o, specialmente, verso gli ammi¬ nistratori della società: così, per ciò che riguarda la ispezione dei libri sociali (art. 142). Un’ultima prova che tutte queste azioni del socio e della società (complesso dei soci) nulla hanno di comune colla personalità giuridica della società è che — come ammette an¬ che il Vivante — esse debbono esercitarsi presso la sede della so¬ cietà, a termini dell’articolo 96 cod. proc. civile. L’art. 96 infatti regola la competenza per le azioni fra soci, stabilendo che l’azione tra soci si propone davanti l’autorità giudiziaria del luogo, in cui è il principale stabilimento della società. E davanti alla stessa au¬ torità giudiziaria si propongono le azioni tra soci, anche dopo lo scio¬ glimento e la liquidazione della società, per la divisione e per le obbli¬ gazioni che da essa derivano, purché proposte entro un biennio dalla divisione. Caso questo in cui è evidente che non si può parlare di personalità giuridica. 49 - In alcune disposizioni di legge si parla della società in ter¬ mini tali che una interpretazione superficiale potrebbe intendere nel senso della personalità assoluta, anche rispetto ai soci. Ma un esame un po attento ci persuade facilmente che questi articoli non sono che la riproduzione e l’applicazione alle società di commercio di regole che la legge sancisce già a proposito delle società civili. Così anzitutto l’art. 84. L’art. 84 stabilisce che il socio non può opporre a compensazione dei danni cagionati alla società per dolo, abuso di facoltà o colpa, i vantaggi che in qualunque modo le a- vesse procurati. In questo articolo si mettono di fronte, come sog¬ getti di un possibile rapporto obbligatorio, il socio e la società. Ma ce qui la società non è — come si potrebbe credere a prima vi- ■p j • , entx ^ridico collettivo, ma bensi il patrimonio comune. A n UeSt0 art 84 non è che la riproduzione, salvo poche Chp ,J' KK art ' 1714 del C0d ' civ " a quale per le società civili, rate m ” lamente ne ^ nostro diritto positivo non sono conside- m6 : persone giuridiche, nè rispetto ai terzi, e tanto meno ri- S°" r Stabillsce: <,Ciascun ° dei soci possa col nm , CagÌOnatÌ alla ™desima possa compensarli cogli utili tri affari ». è obbligato verso per sua colpa, senza procacciati colla sua industra in la che al- R IL DIRITTO VIGENTE In altro esempio tìpico ce lo porge l’art. 109 del cod, di com¬ mercio. In questo artìcolo è detto che * ciascun socio ha azione con¬ tro la società non solo per le somme sborsate oltre il capitale pro¬ messo a vantaggio di essa coll'interesse legale, ma anche per le obbligazioni contratte in buona fede per conto della società ». Nes¬ suna prova più chiara di una contrapposizione tra società persona giuridica e socio. In questo articolo è detto perfino che il socio ha azione contro le società. Eppure anche qui la società non è che il com¬ plesso dei soci, l'unmrsiias personarmn. costituita da tutti j soci Si metta infatti a confronto l’art. 109 col sno corrispondente 1716 del cod. civ. e si vedrà che nè in quello, nè in questo il legislatore ha mai inteso di darci una personificazione della società. Dice lari 1716: <1 Un socio ha azione contro la società non solo per la restiti! - zinne dei capitali sborsati in conto di essa, ma altresì per le obbliga zioni contratte di buona fede per gli affari sociali, e pei rischi insè- par abili alla sua amministrazione 68 LA PERSONALITÀ GIURIDICA la società un ente giuridico. Il legislatore prende la società m un momento assai anteriore alla sua costituzione, al suo elevamento a persona giuridica. La personalità (è noto) non si acquista che per mezzo di una dichiarazione speciale da parte dello Stato, o per mez¬ zo dell adempì mento di certe determinate condizioni che il legi- latore stabilisce per il riconoscimento della personalità. Per le so¬ cietà commerciali le condizioni sono le formalità indicate negli art. S7 e segg. del cod. di comm. Prima di queste formalità come ha bene dimostrato il Bo selli — esiste bensì il contratta di società, ma non esiste Venie giuridico (persona giudiziaria) società (32). Ora. per ritornare all'argomento, è certo che ìl legislatore, colle disposizioni degli art. 81 e 82 non ha inteso di prendere la società già legalmente costituita, già formante una persona giuridica per dichiarare gli effetti di questa costituzione rispetto al patrimonio, ma ha preso la società al momento in cui viene stipulato il contratto (ciò risulta molto chiaramente dalle parole dai contraenti dell'art. 81) ed ha dettato alcune norme d'indole puramente interpretativa per il caso in cui le convenzioni private tacessero su certe circostanze. E così, nell’art. 81 ha previsto il caso in cui i contraenti non aves¬ sero determinato il valore delle cose Conferite, e ha stabilito il modo con cui tale valore deve venire accertalo ncll art, 82 ha previsto il caso in cui le parti non avessero stabilito a qual Moto le cose confe¬ rite fossero poste in comune, ed ha stabilito si debba intender*' che sìa stata posta in comune la proprietà, Questo < non altro è il senso dell art. 82, come risulta ad esuberanza anche dai lavori preparatori- À proposito di che è bene notare che il Pescatore, che pure nell* 1 discussione circa la personalità giuridica, si era mostralo avversario della personalità stessa, esclamava, come la più naturale cosa nel mon¬ do. « Chi ha mai dubitato che quando un socio conferisce nella so¬ cietà la proprietà di una cosa, la società ne diventi proprietària? Chi ha mai dubitalo che quando un sodo conferisce nella società 1 uso di una cosa, la società non faccia che acquistare il diritto d'uso? ». Concludendo, mi pare evidente che il legislatore, coll art, 82, lungi dal voler decidere se le cose, conferite diventino proprietà della società ente, oppure passino a costituire proprietà comune prò rir- dvmo dei soci università*, non ha fatto altro che dare una norma . D * Ut soòktà ih irregolari e dd toro fallimento, dall Arck pur., Bologna, 1897. pag. r - e seg. IL DIRITTO VIGENTE frg per il caso in cui le convenzioni delle parti tacessero riguardo al ti¬ tolo del conferimento. 51. Riassumiamo in brevissime parole il sistema della legge. Appena che due o più persone hanno convenuto di mettere qualche cosa in comune al fine di dividerne il guadagno che ne potrà deri¬ vare mediante Teseremo del commercio, si ha il contratto di società commerciale (art. 1697, 1707, cod. civ.). In forza di questo contratto: i° le cose conferite divengono proprietà (salvo che sia convenuto al¬ trimenti) comune prò indiviso di tutti i soci. Vi è quindi un vero e proprio trapasso di proprietà nel senso che le cose, di proprietà esclusiva di un socio, divengano proprietà comune indivisa di tutti, dimodoché ognuno dei soci diventa comproprietario di tutta la cosa: 2 0 i soci si uniscono in una universitas personarum che afferma la sua unità nei soli rapporti interni tra soci fra i quali è intervenuto il contratto. Questa universitas si incarna nelle persone che nel con¬ tratto sociale sono dichiarate come i rappresentanti della società, ma questo solo di fronte ai soci che sono legati dal contratto. I terzi,' che al contratto non sono intevenuti, anche dopo la stipulazione non riconoscono che delle persone singole. Mediante poi Tadempimento dei requisiti di forma e di pubblicità prescritti dagli art. 87 e segg. del cod. di comm. sorge l’ente società, la persona giuridica, società. Ma sorge solo per far sparire le persone dei soci nei rapporti coi terzi. Nei rapporti fra i soci resta il contratto, con tutte le conseguenze ad esso inerenti (33). ( 33 ) Questo per le società in nome collettivo, in accomandita, anonime (art. 77), e per le associazioni di mutua assicurazione. Tutte queste costituiscono, per quanto in senso limitato, persone giuridiche. Non così le associazioni in partecipazione (art. 235). Si questiona se, cadute nello stato di liquidazione, le società continuino a vivere come persone giuridiche. Lo nega, ad esempio, il Delangle, Sociétés, pag. 681. Ma la opinione prevalente così in dottrina, come in giurisprudenza, è che, durante la liquidazione, la società continua ad esistere come ente giuridico. Varie dottrine si sono escogitate per spiegare questo fatto della società che sopravvive allo sciogli¬ mento. Così la teoria della finzione, per la quale la società vive come ente collettivo durante lo scioglimento per la sola finzione della legge (Renaud, Das Rechi der Com- manditgesellschaften, Leipzig 1881, pag. 521. Lyon Caen et Renault, Traile, II, n. 366): la teoria della nuova società allo scopo della liquidazione, per la quale fra gli antichi soci sorge una nuova società allo scopo di definire tutti i rapporti fatti sorgere dalla società commerciale disciolta (Behrend, Lehrbuch des Handelsrechts, § 81, n. 81, n. 16. Francken, Die Liquidation der offencn Handelsgesrellschaft, pag. 141 e segg.). È da preferirsi però 1 opinione dominante (almeno in Italia) la quale ritiene che la LA PERSONALITÀ GIURIDICA 52, Un’ultima osservazione, e poi ho finito. Dicendo che la personalità giuridica nelle società commerciali è limitata ai rap¬ porti esterni, e che quindi essa si afferma solo rispetto ai terzi non ho voluto certo sostenere anche che quella persona, indivi* dualmente determinata, la quale è intervenuta nel contratto so¬ ciale, non possa poi, per ciò solo, venire in rapporti coll ente giu¬ ridico società. Questo esiste: esiste per certi soli rapporti, ma esi¬ ste. E posto che esiste, non si vede ragione perche una persona, solo perchè raduna sopra dì sè anche la qualità giuridica di sono, non possa venire con esso in rapporti. Come dimostrerò meglio in seguito (V. n. 541, nel diritto non è la persona individualmente determinata che ha importanza; essa ha importanza, per la qua¬ lità giuridica che riveste. In genere non sono le fononi che ha di mira il diritto, ma i rapporti* Se finora, ho sempre parlato di terzi e di soci, è perchè ho voluto essere ossequiente alla legge, e nella legge trovare resistenza ed i limiti della personalità giuridica delle società commerciali. Ma un esame anche superficiale delle disperi- rioni della legge positiva, in cui si di sci pii nano le conseguenze data personalità giuridica delle società commerciali dimostra die ogni volta che essa l’ha ammessa, l'ha ammessa pei soli rapporti extra-sociali, mentre per rapporti sociali interni l'ha sempre negata (v. spemi- mente gli art. 85, 106, 1x8 cod. di comm., nel primo senso, e* gli art, 8o, 83, 86 cod. di comm, nel secondo), il significato quindi della parola terzo, è, rispetto alla personalità giurai tea molto ampio: - sso comprende tutti coloro i quali vengono colle società in rapporti non sociali, cioè non derivanti dal contratto sociale; sono soci invece società distolta seguita a vivere durante la liquidazione comr ente .l ste. ma con -So> po trasformato, cioè al solo scopo della liquidazione. V m : -n-r. Vivasi» trattato. II, a. f>88; Tar* inaili, bella tappresemela tutta totttJu*totrr dn contratti 1 orino, 1B9-2., pag, 307; Nani, nel Fora Hai., 1891, i. 330. Shawa. /.« liquidali"»* delle società' commerciali. Firenze 1891, n. si Casa. Firenze, io luglio 1H82, Arotai XV I. \, 266. Cass. Torino 29 settembre 1886, Qwr 7 or ifjKte 627. \pp. Torino a aprile T&90. Giur Tor. ìftpn. 498. Cass. Róma 11 novembre 1890, Foro Hat t Hgo. l 11O2. Ui scioglimento infetti non Segna la fare immuriiala della società, né » omo per sona giuridica rispetto ai terzi, n k come contratto fra i soci, Kwa ha il solo eifetti di impedire ogsn manifestazione nuova della attività sociale, limitando cioè la viti delia società alia sola liquidatone {art. itjt). Talché pili die un mutamento qnavft dl prjtrebbe trattasi di mia limitazione de»;, sfora d h,ìop delia società hciogl,mento p* me non vuol dire quindi In,- nnm.hal, di II, ..- nia di a,.,.,.ungono „ M „ a. U-I mine vero delia vita socsalir. mm IL DIRITTO VIGENTE 71 coloro i quali si trovano implicati nei rapporti sociali, ed in quanto fanno parte di questi rapporti sociali. So bene che nel diritto non c’è forse concetto più vario e mutevole che quello di terzo, e che nella stessa materia delle società commerciali la legge assume questa pa¬ rola in più sensi. Ma, in linea generale, si può ammettere che il con¬ cetto di terzo suppone: 1) un rapporto giuridico esistente tra due o più persone; 2) un diritto od un obbligo non derivante da questo rapporto. Quindi, avendo di mira il solo contratto sociale, dovremo dire che, dato il contratto sociale, terzo è chiunque non si presenta come titolare di un diritto o di un obbligo da esso derivante. Perciò è naturale che il concetto di terzo muti se, invece di aver riguardo al contratto sociale, si ha riguardo ad un altro rapporto giuridico, come il mandato degli amministratori. Ora la personalità giuridica affermata dalla legge, vale appunto rispetto alle persone che, dato il contratto sociale, si presentano nella qualità giuridica di terzi, ed in quanto si presentano nella qualità giuridica di terzi. Prova eloquente della giustezza di questa costruzione io trovo nell’arti¬ colo 872 cod. di comm. (di cui mi occuperò a lungo in seguito) il quale dichiara la competenza del tribunale del luogo, dove esiste una rappresentanza della società, per gli atti compiuti dal rap¬ presentante. Questa competenza vale solo rispetto ai terzi. Qui i terzi sono evidentemente anche i soci, in quanto hanno costituito uno speciale rapporto giuridico colla società, giacché, se fosse di¬ versamente, l’azionista di una società ferroviaria, che ha concluso un contratto di trasporto col capo di una stazione della società, dovrebbe — solo perchè azionista — essere privato del benefìcio della competenza speciale dell'art. 872. Ciò posto, si vede quanto sia logico il sistema della legge. La personalità delle società commerciali è necessariamente una per¬ sonalità sui generis, in quanto ha per base e per sostrato il con¬ tratto sociale, che dalla personalità non può essere distrutto. Certo, l'espressione usata dal legislatore, nell’art. 77, per esprimere questo concetto, poteva essere più precisa: ma ciò non toglie che essa sia, nella sostanza, giusta, e risponda allo svolgimento storico dell i- stituto, ed al necessario contemperamento delle due idee di per¬ sonalità giuridica e di contratto sociale. Ha TITOLO SECONDO LA RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO Capitolo Primo CONDIZIONE GIURIDICA DELLE SOCIETÀ COMMERCIALI NEL GIUDIZIO CIVILE $ 1 . Le società regolari Somwabio! 5J. La |wrw)«wliti giuridica e la conditlonn (lolle società commerciali nel uiudizi-' ' ivik j.| f i>m rrtt'i cfiurirticn di fnit- e di socio. - 55 Applicazione alla diaci pi tua giuridica delle società commerciali nel giudizio civile, — 5& Ca¬ pacità a stare in giudizio delti* società estere e sue fondamento legala nel diritto positivo Italiano. 57. Insuffli-irti za delLart^ 3 end. eiv Fondamento della capacità delle società s tram ore negli art i^oesegg ccid. di comm. 513. Le- gislazictiie comparata Siatemi liberali, 60 Sistemi restrittivi 53 La personalità giuridica limitata nelle società commer¬ ciali trova le sue applicazioni più importanti e più pratiche ap¬ punto nella questione circa il modo con cui la società si presenta nel giudizio civile. Per renderci ben conto della importanza, degli edotti, ed anche della necessità della personalllà giuridica nella questione, di cui ci occupiamo, vediamo anzitutto quale sarebbe, secondo la dottrina e la giurisprudenza, la condizione di una so¬ cietà qualunque, non personificata, A questo proposito noi tro¬ viamo subito una netta e spiccala distinzione tra i rapporti interni e gli esterni. Nei rapporti tra soci abbiamo — anche qui — il con¬ tratto sociale. Nel contratto sociale sono solitamente designati co¬ loro che rappresentano la società in tutti gli atti in genere della sua vita collettiva: se nel contratto nulla si dispone, soccorre la legge, la quale, con certe presunzioni, designa essa i rappresentanti della società {ari. 1723 n. 1 cod. civ,). Basta la designazione generica, basta il mandato ad amministrare, perche i soci, che sono tutti vincolati dal contratto, siano obbligati a riconoscere come legittimi rappresentanti dèlia società (cioè dei soci) nei giudizi soc udì. co¬ loro che sono destinati gene ri cameni e ad amm misi aria (i)- Rispetto (ij Cfr. Mattinolo, TrattaLo di diritto giudiziurin ciitìfe. V et ^ Ljrino ^ 4 * Rg. 64 « 65 in nota Torino 31 dicembre i8Hà. (nur. Taf. itìBy, 97 - as9 ' or!IK> 76 LA RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO ai terzi invece la posizione è molto divesa. Per essi la rappresen¬ tanza giudiziale di tutti i soci deve risultare da un espresso man¬ dato ad lites rilasciato da tutti i soci individualmente. Colla ele¬ vazione della società a persona giuridica che avviene? La condi¬ zione interna resta inalterata, perchè a regolarla bastava il con¬ tratto; rispetto ai terzi invece le cose mutano: il rappresentante della persona giuridica è la persona giuridica stessa che agisce: egli incarna la persona giuridica e di pieno diritto ne ha la rappresentanza giudiziale, salvo le espresse limitazioni del mandato. 54. Di qui la conseguenza che rispetto ai terzi, sta in giudizio la persona giuridica società, in persona del suo rappresentante: ri¬ spetto ai soci stanno in giudizio tutti i soci collettivamente rap¬ presentanti dalle persone a ciò designate nel contratto sociale. A questo proposito sarà bene precisare chi sia terzo e chi sia socio. Premetto (ed è del resto di tutta evidenza) che di regola terzo e socio non sono persone individualmente e fisicamente determinate, ma sono mere qualità giuridiche, talché può darsi benissimo che la stessa persona fisica (o anche giuridica, ma determinata nella sua individualità) riunisca in sè la qualità di socio o di terzo. La qualità di socio deriva dal vincolo giuridico creato dal contratto so¬ ciale, e si estende di tanto, quanto si estende il contratto sociale. Nel campo del diritto privato gli individui in tanto hanno im¬ portanza, in quanto si presentano in una qualità giuridica, e nulla vieta che sulla medesima testa si accumulino più qualità giuridi¬ che (2). anzi la molteplicità delle relazioni giuridiche fa di questo il caso normale, è normale infatti che una stessa persona assuma 9 aprile 1889. Giur. Tor. 1889, 671. App. Torino 25 giugno 1883; Giur. Tor. 1883, 967; App. Torino 1 febbraio 1889, Gmr. Tor. 1889, 328. (2) Non e raro anzi il caso che una medesima condizione di fatto investa lo stesso n ivi uo di più qualità giuridiche. Vedine un esempio nel capitano, che è, al tempo ,. ,°’ ^ ap P resentante dell armatore, degli interessati al carico e ha veste propria 6 ° re tecnico della nave, della quale può essere anche comproprietario. Cfr. questo punto l’interessante studio del Salman, Duplex persona im Handelsrecht nella Zettschnft fiir das Hand. XLI (l 8 93) . pag . 387 e segg. finn r C ° rte dl Cass> dl Flrenze n febbraio 1884, Poro il. 1884, 1, 335, è arrivata e di rrpH> •• 1 attrit)uire ai P ort atori di azioni privilegiate la doppia qualità di soci mi semhl°H kk C 1 verso 1 terzi: creditori verso gli altri soci o azionisti. La questione giuridico v ^ PCrChe S1 tratta di qualita diverse derivanti dallo stesso rapporto giuridico. V. la nota contraria del Gabba. SOCIETÀ COMMERCIALI NEL GIUDIZIO CIVILE 77 contemporaneamente !e qualità del socio, di erede, di locatario di conduttore, di mandante, di compratore, di venditore eoe» La qualità giuridica dipende adunque dal rapporto giuridico in forza del quale l'individuo (persona fisica o ente) si presenta come titolare di un diritto o di una obbigazione. La qualità giu¬ ridica di socio deriva quindi dal contratto sociale: socio è colui il quale si presenta come avente obblighi o diritti derivanti dal con* tratto sociale. Terzo, rispetto al contratto sociale, è colui che non si presenta nella qualità giuridica di socio. Ciò posto, è evidente che. uno stesso individuo h socio quando agisce od è obbligato in forza del contratto sociale: è tèrzo quando il titolo del suo diritta o delle sue obbliga/ioni dipende da un altro fatto o da un altro ne¬ gozio giuridico, È questo il senso normale e più importante in cui si può assu¬ mer e la parola socio e terzo, S un inde che ciò non esclude il con¬ cetto. dico cosi volgare, di socio, come colui che in genere, senza riguardo al rapporto controverso, è legato dal vìncolo sociale, e di terzo, come colui che a tale rapporto è estraneo. Ma si può dire che la importanza di questo secondo concetto di socio e di terzo è limi¬ tata a quelle sole norme che riguardano la condizione strettamente personale dell 1 individuo rispetto alla conoscenza degli atti interni della società, 0, in altri termini, tutte quelle regole dettate a favore di coloro che per non essere legati dal vincolo sociale, non hanno modo di aver sicura notizia degli atti interni della società, si intendono sta¬ bilite a favore dei terzi, in senso stretto, cioè di solo coloro che sono fuori completamente dai rapporti sociali (v. così ad es., art, 103 cod. di coirmi,). La parola terzo si può dunque intendere in due sensi: uno lato 0 normale (che è quello su cut la legge assume normalmente la parola), ed uno stretto od eccezionale. Lato senati terzo e chiunque si presenta come titolare dì un diritto o di una obbligazione non derivante dal contratto sociale: strido sensi* è chiunque, non solo si presenta come titolare di un diritto 0 di una obbligazione non derivante dal contratto sociale, ma al vìncolo sociale è del tutto estraneo, E conseguentemente la parola socio: socio nel primo caso è chiunque si presenta come titolare di un diritto od obbligo deri¬ vante dal contratto sociale: nel secondo caso chiunque è interve¬ nuto nel contratto sociale in genere. 7* LA RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO 55' Queste osservazioni preliminari, di cui converrà ricordarsi in tutto il seguito della trattazioni', perchè esse daranno modo di dissipare molti equivoci, sono particolarmente importami riguardo alla condizione giuridica delle società commerciali nel giudizio ci¬ vile. Ina volta die nulla vieta ad uno stesso indivìduo il quale ha assunto, per il contratto sociale, la qualità giuridica di socio, di stabilire coll’ente società altri rapporti giuridici, diventa natu¬ rale e logica la costruzione per cui, quando egli si presenta nella qualità dì socio, si trova di fronte tutti coloro che sono legati dal contratto sociale, e quando si presenta nella qualità di compra¬ tore, venditore, mutuante, locatore ecc., ed in genere di non so ciò (terzo), si trova di fronte la persona giuridica società (3). E medésimamente (come è naturale) si trovano di fronte la persona giuridica società coloro che non hanno mai assunto al qualità giu¬ ridica dì soci. Dal fin qui detto risulta che di vera capacità a stare in giudizio delle società commerciali non è possibile parlare. Nei rapporti interni non è la società, ma sono i soci riunii! m collettività che stanno in giudizio a mezzo dei rappresentanti sociali. Nei rapporti esterni abbiamo una persona giuridica, un subbietto ideale che 7 " Conic tale è incapace di stare in giudizio. Chi sta in giu- zio sono coloro realmente in cui essa > incarna; questi assu- ^7' ^° r ° c l u nhtà giuridica di rappresentanti del subietto !. ’ d ,’' £ _ l ' es ^ c di parti in causa, dimodoché tutto quanto essi fanno, ■ n ene atto dall ente società. Uni ridi la frase: capacità a stare ÌB gmcìjzio delle società comodali, deve essere intesa con molta .erezione; essa non significa altro, nei rapporti interni, che il di- rivVm iT 1 ^ lere m gludizio ^«attivamente, le azioni tic- o™ lT tmt0 S0ciale - e nei sporti estèrni, il diritto della lti i 8 nd,ca socleta - a<1 in giudizio pei- mezzo dei suoi li- gittimi rappresentanti. p ai temi In n^v 0 ^ 0 ^ Tt ^ ÌQ ^ società commerciale, rispetto ^ h a Gapac,ta * s tare in giudizio come tale, in persona dei resistenza di un ente s^ìl^onTi^ 4 ^ r,,nica r:hfJ ri «ca a conciliare de il contrattai sociale i' ent ^ ’ a to m «e(j«1},)e) che, al momento in cui ai ctinclu- «detà (ente) é'vincnlatl 7 “*“= Cnt “ **«1 ai p.^ dir. Che » nel quale essa non potè intèrven * '- 1 " ' Sinodico tome il contratto sociale dottrina della personalità «teolula^i ^ *■ “ ~ ia **-—« zzzt*° SOCIETÀ COMMERCIAI! NEL GIUDIZIO CIVILE 79 suoi legiltimi rappresentanti; rispetto ai soci sla in giudizio come collettività di soci non personificata, rappresentata dai rappre¬ sentanti sociali. 56. Quanto alle società straniere, la loro capacità a stare in giudizio m Italia era molto disputata, sotto l'impero del codice di commercio del 1865, il quale non aveva alcuna disposizione al ri¬ guardi' Si t ra perciò costretti a ricorrere itll'art 3 dei cod. civ\ se¬ condo il quale lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili at¬ tribuiti ai cittadini. La Corte d'Appello di Genova cosi ragionava: r ... l ari. 6 del titolo preliminare al cod. civ. dispone che lo stato e la capacità delle persone sono regolati dalla legge della nazione a cm esse appartengono. Nè rogge I'iihiczione rie■ il detto articolo ri¬ guarda esclusivamente le persone fisiche e non già gli enti morali; gì M hè quando la legge (cod dv. sarti 2 considera come persone an- dir i corpi morali legalmente ricniiosciuti ed al citato articolo dispone in termini generali, 497: App. Casate 4 luglio iSK,. F m ,tui. ,8g 4 , ( m { 6 ) L jpùEesj, che la società costituita Èri paese estero abbia in Italia la &^fJc del- 1 ammiiuBtraziope sociale, e quella delia sua «ripresa fuori dTulia, che recentemente li PtKEAV, Des Socistls comnUmaUs tn éroit intermtiional priw, Paris 1894 pag 189 rimproverava al legislatore italiano di non avere regolalo, è «*» P „,o probabile vernerai» nel fatto, Ad ogni modo la critica è, in principio, giusta. ,• segnala una lacuna che andrebbe colmata, (7) Questa disposinone la quale assoggetta alla legge ,1 altana anche per CIÒ che riguarda la forma e la validità detratto costitutivo, lo sor,età estere per il solo (atto che abbiano in Italia la loro sede principale c l'oggetto della loro impresa lu vivamente censurata dal Dasizi.l, La conditici ligai' iti tmitrs efrangerei tn Halli. ; cn, “ ia -' pag * 36 ' daI C'Afwru.*, Lo cuti,u t t„ dii di, co. Ila! . I. n. 7 o, dal V»uam. Corco di diritto commerci Il, n. 6y 7 . dal hlWEAO. Da* lucilie commercial ti 6» drott intimatimi firmi pag. lyi. come vessatoria e contraria ai trattati vigenti- La censura e (orse esagerata se s, pensi che [come vedremo; la mancanza di atto scritto e delle formalità non rende la società inesistente rame contratto, ma può valere lutto SOCIETÀ COMMERCIALI NEL GIUDIZIO CIVILE 8l diritti l’art. 230 ult. cap. stabilisce che le società estere le quali pon¬ gono in Italia la sede e l’oggetto principale della loro impresa, sono considerate come società nazionali. Riguardo a quelle che stabili¬ scono in Italia non la sede principale, ma una semplice sede secon¬ daria o rappresentanza, la legge nulla dice. Ma per via d’interpreta¬ zione è facile scorgere come il legislatore abbia voluto ammetterle ad acquistare e ad esercitare diritti ed azioni nel regno per mezzo delle persone che esse delegano a rappresentarle. E ciò per più motivi. In primo luogo perchè identica è la ra¬ gione della legge nel caso della società con sede principale e in quello della società con sede secondaria in Italia: in secondo luogo perchè altrimenti non si potrebbe capire quale portata avrebbe e quale effetto potrebbe produrre l’obbligo dell’adempimento delle stabilità e formalità. Infine, la frase della legge: « queste persone (cioè quelle che rappresentano la società estera con sede succursale nello Stato) hanno verso i terzi la responsabilità stabilita per gli amministra¬ tori delle società anonime » dimostra che il legislatore ha voluto ga¬ rantire con una responsabilità straordinaria e speciale coloro che contrattano con tali rappresentanti, e che non avrebbero altrimenti come obbligata che la società residente all’estero. Il che viene ad essere una indiretta conferma che la società è capace di aver diritti ed esercitare azioni in Italia a mezzo del suo rappresentante (8). 59. Anche nel diritto dei principali Stati di Europa e d’America vige lo stesso principio che nel nostro diritto: che cioè le società commerciali straniere, legalmente costituite secondo la lex loci hanno capacità di stare in giudizio. Nell’applicazione però di questo prin¬ cipio si sono delineati due sistemi: uno più liberale, simile a quello accolto dal nostro legislatore, ed uno più restrittivo. Al primo si¬ stema appartiene anzitutto la legislazione belga. Nel Belgio abbiamo al più a restringere i mezzi di prova di esso (cfr. art. 53 e 87, cod. di comm.). Quello che invece effettivamente produce tale mancanza è l’impossibilità di acquistare la personalità giuridica. Ma non si può, francamente, dar biasimo al legislatore di aver voluto sottoporre alle condizioni delle leggi italiane tale grave concessione a società che, avendo l'oggetto principale della loro impresa in Italia, si possono dire fondate appositamente per vivere ed operare in Italia, e quindi devono logicamente equipa¬ rarsi a società nazionali, almeno per quel che riguarda quella personalità giuridica, il riconoscimento della quale è un diritto esclusivo dello Stato. (8) Nello stesso senso Elena, Dei diritti della persona straniera secondo la legge italiana, Arch. giur. XLIX (1897), P a g- IX 7 - 6. A. Rocco, Le società commerciali. 82 U RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO l arL 328 della legge 18 maggio 1873, il quale stabilisce che Ir società anonime e le altre associazioni commerciali, industriali e finanziarie, costituite 0 aventi la loro sede in paese straniero, possono fare le loro operazioni e agire in giudizio nel Belgio. Inv- > per Kart 120 quando la sede principale è nel Belgio, la società deve adempiere alle forma¬ lità richieste dalla legge belga {u. Sulla stessa vìa sì sono posti i codia di commercio spagnudo (art. 15 ), messicano (art. 15 ), portoghese (art. 109 e mi), argen¬ tino (art. 285 e 2871. Anche la giurisprudenza tedr-a ,i fio , inglese e nord-americana (ir riconoscono alle società stranieri il diritto di comparire in giudizio come parti. Lo st* -so dicasi della giuri¬ sprudenza danese, olandese e del principato di Monaco ,12 . 60, In Francia non si è mai fatta questione della capacità a stare in giudizio delle società estere in nome collettivo ed in ac¬ comandi semplice. Essa fu sempre ammessa, deducendola dal pria- cipiij dì diritto intemazionale per il quale Io staiti e la capacità t t persone sono regolati dalla Ux natimis: «La loi dicono Caen et Renault - qui rècoimnit l < asiane- legale et la persomi té des sodetés est uno loi pensonndle par extviknce; elle creala perenne morale elle-mémei (13). Quanto alle società anonime, la legge 30 maggio 1857, fatta !. a ' ’ re ^ ì ^ socl 1 ' ' ^ ^ c -%he. conced e al le socie là di qu* f o paese f | * r,m c ‘ dì in giudizio UsUr ni jmfm con- ^ lane osi a c egèi francesi. Successivi trattati estero quieta con- a " tre nazioni. Ma dove non vi sia trattato, il sistema l oi R u '«*"**ti**a, IteHmxdb, xHHo, IV. f VI ^ 14 apriJc j • « JMcUprtte . SWxrv ^ n ^ wrtr :'::!. vn n ' -.. * 1V ™ J ^ ? Cm ' ™ W- ** « ***** ^ *** Jwrnal Ju droil tnferv M r ! l8 * * ” * ,V * ‘ ^ r< StreitfyegM 1 uus dem V ' *' *' 3 l - 7 - " *'■« < 4 * f *-'* v ‘ Ili) 17/ T ^ Wie.i r "-j • f „, S M m. 304, 30fi; Wm# pr ""' ! - ««i Sttafwit Hanno.-» 1*9* 1 PiutaU&i phia j ^ tra 1 "* on MHflùd #f tiiivs or privai ivtemahcmti Uim. •ma ,4 S. ,Ux ‘ w 440 e •** l8S+ ' P " B 35 “ *•" ( 13 ) L-YON CaJCN (Jt fi|£NAtJLT Trtiih’- 1 i a 489 Wntiimudttn Printer chU m, l, j“* 78fl C5e «g- ÌÌXK un(t ***** tonsjnerdtiltt, Paris iH % 2 I ' ^ n,JV *r ì&Sg, I, pag. 3^0 e ^.■ DmlojsoN , So&ètis pag. 154. n rÓ5 ' Con tra. perù Laukilnt, Droit civU in ter* fV. SOCIETÀ COMMERCIALI NEL GIUDIZIO CIVILE della legislazione francese è molto restrittivo: esso richiede per l'eser¬ cizio dei diritti e la capacità ad istituire giudizi in Francia, la pre¬ ventiva autorizzazione del governo francese [art. z della leggero maggio 18571 La dottrina e la giurisprudenza francese sono infatti concordi nel ritenere che tale disposizione della legge 30 maggio 1857 debba dirsi rimasta in vigore anche dopo la legge 24 luglio 1867 che abolì completamente il regime della autorizzazione pre- ventiva. (14) Egualmente restrittiva è la legislazione austriaca. L'ordinanza zq novembre 1865 stabilisce all’art. 1 che le società estere per azio¬ ni o in accomandila, eccettuate le società di assicurazione hanno capacità di agire e .li stare in giudizio in Austria, purché: a) siano costituite legalmente secondo la legge dello Stato d'origine; b) lo Stato a cui appartengono conceda eguali diritti alle società auslria- *?: " «<• *opf • Ml - società non siano contrari agii interessi na¬ zionali ed i suoi statuti non contengano disposizioni contrarie ai principi stabiliti dalla legislazione nazionale per la sicurezza del commercio; d) si assoggettino con deliberazione valida a termini dello Statuto, e, occorrendo, approvata dallo Stato a cui apparten- e" 1 -" «I "--tv.it. I. disposizioni diti, leggi aie,Irmeli,., spedal- niente cjuclle della presente ordinanza 115). La posteriore legge del 29 marzo 1873 concesse alte società di assicurazione gli stessi diritti elle alle altre società (ih). Quanto alle altre società commerciali, e, in genere, tutte le per¬ sone giuridiche estere, non esiste — come dice il Walkeh — nella legislazione austriaca alcuna disposizione che neghi alle società straniere il diritto di comparire in giudizio in Austria sia come at- tare che come convenuto (17), [T4Ì App Pittili 22 dicembre ìSqi, imo: pir. t 1893, z, j 57 ; Cass (ranche, M maggio Jmtrn, Utt Patiti*. tifrjti. 3. Un. md:a di Lyon Caen; App. Itouuu! 2-2 luglio 1896, fruirti. dii Potai* rn )7t 2. U5: PwmjUT, Dts stìùiéUs commerciate 1 en tinnì tuie™, privi 1 , Para. 194. 23- U dìspttóiKÌoùe del trattato deve essere espressa Lvon Caln Nota al.. SurViujb nella AY.w nritique de légisiution et jimspntdcncó. 18^(1, pag tyi. (15) Walkeh, Stmlfragm, pag. 59 fi6) Ctr. Anmtaàm de ligtslaUm étrangère, 1874, pag, 187, t&So, pag. 2Ó5, Pi- NAifu, Sofie'lés eammàrciates cn druii intani, privi, pag, 33, <17) WAt-kER, streitfrugen mts dem mter». Civilprtoesmchie, pag. 57 . 8 4 LA RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO Anche in Grecia (18), in Russia (19), in Svezia (20) vige il sistema dell’autorizzazione preventiva da parte dello Stato. §2 .Le società irregolari . Sommario: 61. Connessione della questione con quella della * ondinone giuridica delle società irregolari. — 62. Concetto delle società irregolari 63 La condizione giuridica delle società irregolari e le sanzioni legislative per il difetto di forma. — 64. Posizione della questione La società irregolare non esiste come persona giuridica. — 65. Teoria del Manara in favore della preesistenza della personalità alle formalità. — 66. Confutazione. Equivalenza dei due concetti di persona giuridica ed ente collettivo — 67. La legge non riconosce alle società irregolari la qualità di persor.* inalisi dell'art 77 in relazi ari 98090 cod. di comm. — 68. L’art. 98. 69 Lai t 99 ( onsiderazioni generali. — 70. L’art. 99. I lavori preparatori 71 ! .ut 9 I ., pgn> nalità delie società irregolari e gli art. 847 e 863 cod. di comtD 73. Teoria del Bonelli riguardo alla responsabilità dei soci, degli amministratori e dei pro¬ motori (art. 98). — 74. Confutazione. — 75. La responsabilità dell'art 98 è fondata sul fatto dell’operare: l’obbligo dei soci sul contratto sociale. — 76. Risulati. — 77. Applicazione alla condizione giuridica delle società irregolari nel giudizio civile. — 78. Applicazione alle società estere costituite irregolarmente in Italia 61. Dire quale è la condizione giuridica delle società irregolari nel giudizio civile, è lo stesso che decidere la gravissima questione della condizione giuridica in genere delle società di commercio ir¬ regolari. Trattare con quella diffusione che merita, da tutti i lati, la grave questione, non è qui possibile. Mi limiterò quindi a dire quanto è strettamente necessario per la qustione che ci preoccupa. 62. Società di commercio irregolare (meno esattamente, di fatto) è quella che non è legalmente costituita (art. 98 cod. di comm.) cioè quella che non è costituita nelle forme o nei modi degli art, 87, 90, 91, 93, 94 e 95 cod. di comm. Perchè una società sia legal¬ mente costituita devono concorrere — come bene osserva il Bo- nelli — due ordini di condizioni: i° un atto costitutivo in regola, (18) Euclidès, Condihon légale des sociétés étréngères en Grece nel Journ. du droit interri, prive, 1889, pag. 59 e segg. (19) Barkowski, Condition juridique des sociétés étrangères en llussie , nel Journ du droit intern. privé, 1891, pag. 712 e segg ; Lkhr, Eléments de droit civil russe, 1890, II, n. 1141 e 1142; Pinaeu op. cit., pag. 39. (20) Pineau, op. cit., pag. 41 SOCIETÀ COMMERCIALI NEL GIUDIZIO CIVILE 85 2° l’adempimento di alcune formalità dirette a dare pubblicità all’atto stesso (1). 63 - Ma, se questi requisiti di forma non vengono osservati, quali sono le sanzioni che la legge commina? È questo il punto es¬ senziale del grave problema, su cui dobbiamo portare tutta la no¬ stra attenzione. L’art. 42 del code de commerce del 1807 (conforme all’art. 55 della legge 24 luglio 1867) stabiliva: « Ces formalités seront obser- vées, a peine de nullité, à l’égard des intéressés, mais le defaut d’au- cune d’elles ne pourra étre opposé à des tiers par les associés ». Nel codice italiano del 1865, il concetto di nullità viene meglio chiarito e definito: per tale si spiega (come del resto l’intendevano anche coloro che prepararono il codice francese) nullità per l’avve¬ nire-. quindi, scioglimento della società. E l’art. 164 stabiliva: « Se nei termini come sopra fissati non furono adempiute tutte le formalità stabilite, e finché le stesse non saranno adempiute, può ciascun socio recedere dalla società, mediante una dichiarazione notificata per atto d’usciere. « In questo caso la società s’intende di diritto risolta dal giorno della notificazione. « La mancanza però delle dette formalità non può dai soci es¬ sere opposta ai terzi ». Il che voleva dire in sostanza che il socio poteva sciogliersi ri¬ spetto agli altri soci, dalle obbligazioni derivantegli dal contratto di società, ma rispetto ai terzi non lo poteva. Il codice del 1882, non volle mutare sostanzialmente quello che era oramai ius reception nella materia, vale a dire la nullità rela¬ tiva delle società commerciali irregolarmente costituite, o, meglio, il diritto di scioglimento spettante ai soci di tali società (solo di fronte agli altri soci), ma volle meglio determinare quali fossero la condizione giuridica e i diritti dei terzi che avevano avuto con esse rapporti. Donde nacquero gli art. 98 e 99 del vigente codice: Art. 98. « Sino a che non siano adempiute le formalità ordinate negli art. 87, 90, 91, 93, 94, e 95, la società non è legalmente costi¬ tuita. Sino alla legale costituzione della società, i soci, i promotori, gli amministratori, e tutti coloro che operano in nome di essa con- (1) Bonelli, Delle società di commercio irregolari e del loro fallimento, Arch. giur. LVIII, (1897). pag. 13 dell’estratto. BH senza limitazione ed in solido ™ T tutte , obbligazioni assunte *. p * Art. 99. , In mancanza del latto scritto o delle tmbbli™™ ordinate negl, articoli precedenti per le società in nome coUeUivo ed m accomandita semplice, ciascuno dei sud ha diritto dj iman, dare lo saoglimento della società. aon “ eSetU ddl ° sci °e |imcnt0 decorrono dal giorno della do- * U ”“ canza deMc addette formalità non può essere dai soci opposta ai terzi* j;I e ^r àÌn ~ ndÌta per anonime . sotto- SCTltt0n delle azioni possono chiedere di .--sere sciolti daJl'cbbìi to .. s - t-XttS daUa scadenza del ternane abilito ndl'an y, non -i', stato esc- guito li deposito dell'atto costitutivi, ivi ordinato . sorte da IZ J ^ * ri; * ssum ^ questioni rtiiitatetf M 6 90> " ' Vi “ r "' °' ,ini( ' m P«>I>-'sito dio,, nw- mcritmM..* * IMI>0 ancura di ,r:i,url - «m quelli completezza clic carattere ìm' C ’° < ' s<,r J 11 irebbe evidentemente dai limiti c dai iti altra acr- ? r< ^ lrlU ' avon> ‘ Riservandomi adunque di tornare m . r '° ne m interessante argomento, dirò ora brevissì- cuoa fa n nJ S ° ^ Utim<> * 4 lessano per la questione eh** ri preoc- sdente-r^ Uf 3datt ^ U8 ^“teremo qui trattan è là * 1 *^**™ irregolare esiste- li se esiste, come esiste- intorno all * " P ro l >e -^ J t ( * mina mare anzitutto ri già detto ...** Uì "- bisogno ir -. u ^ ptu vo * lt occasione di osservar*' - avendo spedale CS,M,?re °ì ìnft “ '' Tr riconosciuta) dd sug- ... * «»"■ osservati mi. U ° CommaafL ‘ a d esistere rie quando siano Prescrive M Tt ^ U1Slli ^ fornw r di pubblicità « he la legge stessa è invéce ! L ™° Carissimo «l insigne maestro ti Prof. Mah ARA si -. aamente dimostrato di contraria opinione, «Or bene ( 2 ; Vedine* oej dnttfi sudai 4i rjs * , * 1,1 1 1 l,NJru nasdwito i-mim fattr,.n* da] LVin pag 2J trrr 'r'-«*n e dei ( fir , faUitmrnto. 1 ■ -tmtó dollVIffA, gito. 1 6 ditti astrat in SOCIETÀ COMMERCIALI NEL GIUDIZIO CIVILE 87 dice egli in un recente acutissimo scritto — egli è certo che è stato sostenuto anche da autorevoli scrittori che questa qualità di enti collettivi distinti, rispetto ai terzi, dalle persone dei soci, non ispetta alle società commerciali irregolari ossìa non legalmente costituite; ma è certo del pari die una tale opinione non è assaiutissimamenle sostenibile sulla base della nostra legislazione positiva. In forza della qual legge la qualità che le società commerciali tutte hanno di enti collettivi distinti, rispetto ai terzi, dalle persone dei soci, non deve già ritenersi come un effetto della osservanza delle forma¬ li là prescritti’, sibbene come un effetto necessario, immanente, delio st r -*•' 1 contratto di società commerciale, quando, ben inteso, il con¬ tratto sia valido fra 1 contraenti » (3). Questa è la tesi, che il Manòvra appoggia con quattro validis¬ simi argomenti, che mi proverò di riassumere in breve: a) L'arti¬ colo 77, tilt. cap. attribuisce la qualità di enti collettivi distinti, rispetto ai terzi, dalle persone dei soci, a tolte le società commer¬ ciali senza distinzione. senza subordinare adatto questa qualità airadempimcnto rii formalità quali che siano; h) L'art. 99, cap. 2 0 , stabilisce che la mancanza di formalità non può essere dai soci op¬ posta ai terzi; dunque 1 terzi possono riconoscere le società commer¬ ciali come enti collettivi nonostante l'inadempimento delle forma¬ li) Mas am a. òr società anonime irregolari nel Dò. comm. JS97, iS. 13 Ma .vara fu il primo ». hr abbia ovttn affrontare con tanta nettezza e coerexizala grave questione, L'EiìMuha ad esempio, elio ebbe pure il mento ili avere per il primo trattato con qualche profonditi di indagini la questione delle società irregolari, parla sempre di est Sten ra gtuttfirra della si k rie là i.oinr sinonimo di personalità giuridica {Errerà, JM difetto di formuli té nelle sortela commerciati. D ir. comm., 1SS4, c Sfig,, v. più spe¬ cialmente pag 1*15, -09 a jio.i alla quale esistenza contrappone un'altra esistenza, che egli però respinge, della nocini à come semplice comunione (pag 296) Ma non sì domanda inai ila rhe n-sa dipenda questo stalo rb semplice comuninne. L'idea che la causa giuridica di naso Ma il contratte non gli si affaccia mai alla mente. Anche nd suo successivo lavoro: It falli meu te delle . . r lì commercio irregolari e la Corte di Cttssaxtetnr di Torino nel Dir corniti , 1S90, 7S5 c segg., egli contrappone resistenza dall'ente dia accoglie alla nullità delle società , ma non si ferma affatto a vedere se la società possa non essere nulla., ma non essere neppure persona giuridica. Ultimamente lo Sraffa, nel auo ottimo lavoro sul Fallimento ddte società commerciali, Firenze 1897, pag 50 e segg. si schietta decisamente fra j. fautori delia personalità giuridica delle so¬ cietà irregolari. Ma l'equivoco in cui egli cade è il solito, di assumere in un doppio senso {contratto e personalità giuridica) la frase esistenza dulìe società commerciali. Il Vivant» invece Trattato, I, n 303 col sito fine criterio intuisce esattamente la mancanza di personalità nelle società irregolari, per quanto poi nello conseguenze di questo princìpio non. si mostri sempre egualmente sicuro, (Vedi ad es, n. 305). ss LA RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO liti; e) L ari. 847 cod. di comm. ammette che |>os.sa esseri- dichia¬ rato il fallimento di una società in nome collettivo o di una società in accomandita semplice o per azioni, benché irregolari; d) Lari 863 suppone il fallimento di una società iti accomandita per azioni o di una società anonima, benché non sia stato neanche eseguito il deposito dell'atto costitutivo. 66. - Per entrare completamente nell'ordine di idee del chia¬ rissimo professore, non si deve dimenticare che egli non ammette nelle società commerciali vera personalità giuridica; egli le crede semplicemente enti collettivi distinti dalle persone dei soci. A me pare di avere sufficientemente dimostrato clic, limitando ai rap¬ porti coi terzi la personalità giuridica, non se ne distrugge affatto Il concetto. Ora. posto ciò da un lato, posto dall'altro che persona¬ lità giuridica non significa che capata* ad avere diritti patrimoniali, to non veggo quale differenza possa esservi — intendo differenza sostanziale - tra la persona giuridica e l'ente collettivo. Se il le¬ gislatore, all art. 77, ha chiamato le società commerciali enti cof- letlim e non già persone gviridicht è s,.|o perchè !. sprecone generica persona giuridica è soltanto rarissime volte usata dalla nostra legi¬ slazione I4). D'altra parte neppure poteva adoperare 1 ■ -pressione requentemente usata di corpo morale, essendo il corpo morale una persona gmridica di ragion pubblica, mentre la scici, tà ...mmcrdale E U ” a _Persona giuridica d'indole schiettamente privata (5;. 1 ^ dunque creare un contrapposto al corpo morale, e questo contrapposto £ stato 1 cnie coMcflivo. Sfiorii ambedue appari unenti alla j Persone pundicb Questo per ciò che riguarda la legislative* Che se poi guardiamo al loro mtrin- / C ^ n eni1 ^; ' ^ ^ rjrCJ va ^ ore ri ?onfermeremo nell opinione che pi C j. f ] hU f }S ^ nio persone di adoro che lo compongono c persona ■ k * ra S*W privata non sono che una sola e medesima cosa, Qua- m a ti a nota caratteristica della persona giuridica? Già lo dissi: e eh# quindi pfir dami personalità fossero necessarie la jsione persona giuridica fu dovuto appunto al falso nei Lavori preparatori, che persona giuridica e corpo siti e prestiti (art g). La espressione pttstmaltià 15 aprilr Bulle società di mutuo soccorso (art* ì i&BS Bulle Casse di risparmio. io mi sappia, è usata sardo dalla ìepge SOCIETÀ COMMERCIALI NEL GIUDIZIO CIVILE 89 quella di costituire un soggetto di diritti autonomo, cioè un soggetto capace di diritti propri, che appartengono a quel determinato sog¬ getto e non ad altri. Ciò posto, riscontriamo noi nelle società com¬ merciali queste capacità ad avere diritti (attivi e passivi) che non sono di altri che della società? Si, evidentemente. Basterebbe infatti solo a provarlo l’art. 85 cod. di comm. in cui si compendia la vera caratteristica della società commerciale, cioè il diritto esclusivo dei creditori sociali al patrimonio sociale. E se così è, perchè non dire addirittura che lente collettivo distinto dalle persone dei soci dell’art. 77 ult. cap. cod. di comm. e le persone giuridiche della scien¬ za sono una sola cosa? E se lo sono, continuerò io, come si può par¬ lare di personalità, prima che lo Stato, direttamente 0 indirettamente sia intervenuto a riconoscerla? 67. Questo in tesi generale Ma il Manara incalza col suo stringente e brillantissimo ragionamento: appunto, è la legge, la legge stessa che all’art. 77 cap. ult. riconosce la personalità a tutte le società commerciali senza distinguere tra regolari e non regolari. Ora è proprio questo che io non credo. L'art. 77 cap. ult. non si oc¬ cupa che delle sole società regolari, e ciò per la ragione che delle irregolari si occupano gli art. 98 e 99 cod. di comm. Quello dunque che si deve vedere è se nelle società commerciali degli art. 98 e 99 concorrano realmente i caratteri della personalità giuridica. Ve¬ diamo. 68. - L’art. 98 comincia col dichiarare che fino a quando non siano state osservate le norme prescritte dagli art. 87 e seguenti la società non è legalmente costituita. E prosegue dicendo che fino alla legale costituzione della società i soci ecc. sono illimitatamente e solidamente responsabili per le obbligazioni assunte in nome di essa. Ora queste due parti, di cui consta l’articolo, come sono ma¬ terialmente, così sono logicamente distinte: nè si creda che la se¬ conda sia una mera amplificazione o spiegazione della prima. Essa non ripete quanto è detto nella prima parte, ma ne trae alcune con¬ seguenze. Dicendo che la società non è legalmente costituita, l’art. 98 ha dichiarato solennemente che una società di commercio irregolare non esiste di fronte alla legge come società di commercio. Quindi, non è fornita di quelle qualità che la legge riconosce alle società commer¬ ciali, prima delle quali la personalità giuridica. Fatta questa dichia¬ razione, la legge si è preoccupata delle conseguenze che da essa de- go LA RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO rivano pei terzi creditori sociali. Donde la disposizione della seconda parte dell’articolo: fino alla legale costituzione della società, i soci, i promotori, gli amministratori, e tutti coloro che operano in nome di essa contraggono responsabilità senza limitazione ed in solido per tutte le obbligazioni assunte. Lasciamo in disparte per ora i soci, di cui dovremo occuparci in seguito, e fermiamoci sopra la frase: i promotori, gii amministratori e tutti coloro che operano in nome di essa (società). Tutti questi la legge ritiene responsabili personal¬ mente e senza limitazione. Perchè? Se la società irregolare costituisse persona giuridica, tutte queste categorie di persona come manda tari di un ente distinto non dovrebbero affatto rispondere personal¬ mente degli atti eseguiti entro i limiti del mandato (cfr. ad es. art. 122 cod. di comm.). L’avere il codice sancito la responsabilità per¬ sonale dei rappresentanti dimostra che manca appunto la responsa¬ bilità della società (ente). È questa una obbligazione ex-lege, non già una obbligazione ex-delicto, come vorrebbe il Bonklli (6): è un compenso che la legge ha voluto dare ai creditori sociali per il mancato diritto esclusivo sul patrimonio sociale, e non già un’azione di respon¬ sabilità contro gli amministratori negligenti (infatti l’art. 98 allude anche ai rappresentanti, institori, direttori di sedi, ecc.. a cui nessun obbligo incombe di provvedere alla costituzione legale della società). Per conseguenza, questa obbligazione personale ed illimitata del- 1 art. 98 ha la sua base e la sua ragione d'essere nella mancanza di personalità: altrimenti a che servirebbe la disposizione di quest’ar¬ ticolo? Sanzione dell obbligo di provvedere alle formalità non può dirsi, perchè esso ritiene responsabili anche coloro a cui tale obbligo non incombe. Dunque (come del resto ammettono tutti, ed anche il Manara) il presupposto naturale dell'art. 98 è la non esistenza di personalità. 69. E vengo all art. 99. Se per l’art. 98 il mio illustre maestro concede che esso disponga per il caso in cui la società non costitui¬ sce persona giuridica, l’art. 99 sembra a lui prova eloquente che anche e società irregolari costituiscono enti collettivi distinti dalle persone ei soci. L art. 99, cap. 2 0 , dicendo che la mancanza delle formalità non può essere dai soci opposta ai terzi, crede egli legittimo inferirne c e 1 terzi possono riconoscere la società come ente collettivo distinto e persone dei soci, nonostante l'inadempimento delle formalità. ( ) Bonelli. Delle società di commercio irregolari , ecc., pag. 58, num. 17. SOCIETÀ COMMERCIALI NEL GIUDIZIO CIVILE 91 Per conseguenza, l’art. 99 regola, per il Manara, un’ipotesi diversa da quella dell art. 98; l’art. 98 è destinato a determinare i diritti dei creditori sociali quando essi disconoscano la società (ente): mentre l’art. 99 è destinato a determinare i loro diritti quando la riconoscano. In quest'ultimo caso, la società esistendo come ente tal quale come una società regolare, i loro diritti sono gli stessi di quelli dei creditori di una società regolarmente costituita (7). Questa ingegnosissima costruzione (la sola veramente logica fra tutte quelle escogitate dai partigiani della teoria della esistenza come persona giuridica della società irregolare) non mi sembra tut¬ tavia che risponda, strettamente, alle disposizioni della legge (8). Premetto che il cap. 30 dell'art. 99 si riferisce solo alle società in nome collettivo ed in accomandita, come indica chiaramente la sua stessa posizione nel contesto dell’articolo. Onde per le so¬ cietà in accomandita per azioni ed anonime si dovrebbe conclu¬ dere che la personalità non preesiste alle formalità, e non sorge col solo contratto sociale. Ma anche per le società in nome collettivo ed in accomandita semplice, non mi pare che il capov. 2 0 possa avere il significato di un diritto che spetti ai terzi di riconoscere, a loro arbitrio, la società come ente collettivo. E neppure quindi mi pare possa trarsene la conseguenza che, se possono riconoscerla, è segno che la personalità preesiste alle formalità. Comincio anzitutto dal notare che non si può prendere isolato il 2° capoverso dell’art. 99, e dalla sua formula « La mancanza delle formalità non può essere dai soci opposta ai terzi » dedurre senz’altro: dunque i terzi possono riconoscere la società come ente collettivo. Si cadrebbe in quello stesso vizio che il Manara rimprovera al De- Rossi: « incivile est, nisi tota lege perspecta, una aliqua particula eius proposita, iudicare vel respondere » (9). Questo 2° capoverso bisogna interpretarlo avuto riguardo almeno a tutto l’articolo a cui appartiene. Analizziamo infatti la disposizione dell’art. 99. (7) Manara, nel Dir. comm., 1897, 39 e segg. (8) Questa teoria della scelta, che risale fino alla dottrina francese (v. Bonelli, op. cit.) fu sostenuta con grande vigoria dal Vivante, Trattato, I, n. 307. Essa era già stata accolta dallo Sraffa, Giurispr. ital., 1892, I, 1, 985 (v. anche il suo scritto posteriore: Creditori pari, dei soci e creditori sociali nelle società di comm. irregolari, Dir. comm., 1895, 814). (9) L. 24 de const. princ. Dig. I, 3. 92 LA RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO Avverto che, se per ciò che riguarda l’art. 98 è vera — almeno in gran parte — la osservazione del Manara che nessuna luce può trarsi dai lavori preparatori (io), per ciò che riguarda invece l’art. 99 il pensiero di coloro che prepararono la nostra legge commerciale si può forse con maggiore facilità afferrare. Per il che è però neces¬ saria una importante osservazione preliminare. La separazione fra i due concetti di ente collettivo distinto dalle persone dei soci, e di con¬ tratto di società commerciale era — bisogna confessarlo — tutt altro che chiara nella mente di coloro a cui si deve la nostra vigente legisla¬ zione commerciale. Per orizzontarci un po’ meglio è bene notare quali sono le principali conseguenze del solo contratto di società e quali quelle dell’esistenza del l’ente giuridico società. La responsabilità dei soci per gli atti di coloro che operano in nome della società, entro i limiti del mandato, è la principale conseguenza del contratto. Il di¬ ritto esclusivo dei creditori sociali al patrimonio sociale è la principale conseguenza della personalità giuridica. 70. Ciò posto, vediamo di seguire, alla meglio attraverso i la¬ vori preparatori, le intricate vicende deH'art. 99 e più particolar¬ mente del famoso capo verso 2° di esso. E noto che nelle discussioni avvenute al Senato nel 1874 e 1875 sopra il progetto di legge sulle società ed associazioni commerciali, presentato dal guardasigilli Vigliani, il concetto che si fece pre¬ valere, fu quello di ritenere i requisiti di forma e di pubblicità come essenziali per la validità del contratto sociale, dichiarando nulla anche tra i soci la società mancante dell'atto scritto e delle pubblicazioni (art. 17 del progetto senatorio) (11). Dichiarata nulla la società anche come contratto, quali conseguenze avrebbero dovuto derivarne di fronte ai terzi? Evidentemente i soci, i quali non avessero avuto rapporti giuridici diretti con i terzi, non avrebbero dovuto essere ritenuti responsabili, Invece l’art. 18 del progetto, come sanzione per 1 inadempimento delle formalità, volle aggiungere la respon¬ sabilità solidaria di tutti i soci, i quali però, aggiungeva l’articolo, non possono opporre in loro difesa gli atti non pubblicati. Strano sistema, il quale, mentre dichiara nullo un contratto, lo reputa va- (10) Manara: Considerazioni intorno la interpretazione dell'art. q 8 cod. di comm., nella Giurispr. Hai., 1896, I, 1, 26. ( 11 ) Lavori preparatori, I, p. 1049. Vedili anche in Castagnola e Gianzana Fonti e motivi, I, p. 389. lido colla clausola della responsabilità solidale ed illimitata, presunta dalla legge con una presunzione rum et de iure ! 1] progetto Mancini del 1877, invece, abbandonato il sistema della nullità assoluta (per quanto limitata ai terzi in quel curioso modo che abbiamo veduto) distìnse (ari, 97 dei progetto) fra le società in nome collettivo e in accomandita semplice, e le società in accomandita per azioni ed anonime. Quanto alle prime, ritornò alle disposizioni del codice Alberi ine. e del cod. italiano del 1865. accordando a ci asmi socio, in mancanza dell'atto scritto o delle pubblicazioni, il diritto di chiedere lo scioglimento della società, i cui effetti sarebbero decorsi dal giorno della domanda. Ma, mal¬ grado tali mancanze, esse dava diritto ai terzi di ritenere respon- sabili senza limitazione tutti 1 soci. Quanto alle società in accoman¬ dita e anonime, sancì che. fmo alTadempìmento delle prescrizioni rigar danti l'atto scritto < le pubblicazioni, esse non esistessero come tali, I sottoscrittori delle azioni avrebbero potuto, concorrendo de¬ terminate circostanze, chiedere di venir sciolti dalla obbligazione derivante dalle loro sottoscrizioni; e i promotori, gli amministra¬ tori e tutti coloro du avessero operato 0 contrattato per la società sarebbero rimasti obbligati solidariamentc ed illimitatamente (12). L'art. 97 del progetto Mancini passò integralmente nel testo definitivo approvato colla legge 2 aprile 1882, e ne divenne l’art. 98 dd seguente tenore: « In mancanza deiratto scritto, e delle pubblicazioni ordinate negli articoli precedenti per le società in nome collettivo ed in ac¬ comandita semplice, ciascuno dei soci ha diritto di domandare lo scioglimento della società, « Gli effetti dello scioglimento decorrono dal giorno della do- |M k manda, « Tale mancanza non può essere dai soci opposta ai terzi, i quali avendo contrattato con una società esistente di fatto, hanno di¬ ritto di ritenere responsabili senza limitazione tutti i soci, « Le società in accomandita per azioni, e le società anonime non esistono come tali,, se non siamo costituite per atto pubblico e fino a che non siano state adempiute le disposizioni degli artìcoli 90 e 93. Qualora poi, dopo tre mesi dalla scadenza del termine stabilito neh l’art 90, non sia stalo eseguito il deposito del Tatto costitutivo ivi (12) Jìtìas, Mancini, pafi. ifìjc seguènti. 94 LA RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO ordinato, i sottoscrittori delle azioni possono chiedere di essere sciolti dall obbligazione derivante dalle loro sottoscrizioni. « In ogni caso, i promotori, gli amministratori e tutti coloro che operano in nome di una società per la quale non siano state adem¬ piute le forme e le pubblicazioni prescritte, contraggono respon¬ sabilità personale e solidaria per tutte le obbligazioni assunte per la società ». Quando la Commissione di coordinamento prese in esame l'art. 99, parve ad essa probabilmente che il 2° ed il 4 0 capoverso conte¬ nessero una inutile ripetizione di quello che era già detto nell’ar¬ ticolo 95 del testo definitivo stesso, il quale cosi suonava: « Fino a che non siano avvenute le pubblicazioni ordinate negli articoli precedenti, la società non è legalmente costituita, e chiunque con¬ trae in nome di essa è tenuto solidariamente e senza limitazione per gli obblighi che assume ». Essa dunque tolse le due disposizioni contenute nei due cennati capoversi, e le fuse con quelle dell'art. 95 , che divenne l'art. 98 del codice, mentre l'art. 98 del testo de¬ finitivo ne divenne l’art. 99. Il concetto della Commissione coordi¬ natrice fu questo: completare le disposizioni dell’art. 95 (ora 98) specificando, col sussidio di quanto era detto nell’art. 98 (ora 99), quali fossero le persone che, contraendo in nome della società, re¬ stano solidariamente ed illimitatamente obbligate. Queste persone sono, per i due capoversi: i° i soci della società in nome collettivo ed in accomandita semplice; 2 0 i promotori, gli amministratori e tutti coloro che operano in nome di una società in accomandita per azioni 0 anonima. Ma non si accorgeva in tal modo la Commis- sione coordinatrice che essa svisava il senso dei due capo versi, per- c è in questi la responsabilità dei soci, dei promotori e degli ammi¬ nistratori non era affatto basata sul fatto d eli’ operare o del contrarre, come lo era invece la responsabilità dell'art. 95 del Testo definitivo, ma era basata, quanto ai soci, sulla loro qualità di soci di società in nome collettivo ed in accomandita semplice, quanto ai promo- on od amministratori sulla loro qualità di promotori od ammini- s ratori di società in accomandita per azioni od anonime (13). sio ^ ^ Tuttavia, dato 1 art. 95 (ora 98) così come fu modificato dalla Commis- ordinatrice, non mi pare vi possa essere dubbio che la responsabilità delle rsone nominate debba basarsi appunto dal fatto àe\Y operare. Sul fatto dell'ope- 1 ^ asata res P°nsabilità dell’art. 95 del Testo defitinivo e l’errore in cui in- se la Commissione incorporando nell’art. 95 il 2° e il 4 ° capoverso dell’art. 98 SOCIETÀ COMMERCIALI NEL GIUDIZIO CIVILE 95 Questa la storia legislativa dell'art. 99. Dalla quale risulta chia¬ ramente: a) che la disposizione per cui la mancanza di formalità non può essere dai soci opposta ai terzi si deve ritenere limitata alle sole società in nome collettivo ed in accomandita semplice; b) che la vera portata di questa espressione non si può cogliere che stu¬ diandola nella formula dell’art. 98 del Testo definitivo : « Tale man¬ canza non può essere dai soci opposta ai terzi, i quali, avendo contrat¬ tato con una società esistente di fatto, hanno diritto di ritenere respon¬ sabili senza limitazione tutti i soci ». Infatti la Commissione coordi¬ natrice non volle alterare la portata della frase: « Tale mancanza non può essere dai soci opposta ai terzi », trasportando il restante del capoverso ncll’art. 95 (ora 98): essa ritenne solo che il vero posto suo fosse nell'art. 95. Ora, se questo è vero, se è vero che il senso che aveva il 2° capoverso nell art. 98 del Testo definitivo era che i soci di una società in nome collettivo ed in accomandita semplice, dovevano ritenersi responsabili senza limitazione, anche se la so¬ cietà fosse stata irregolare e non potevano perciò opporre ai terzi la mancanza di formalità (14), questo resta anche il significato del 2 0 capoverso dell’art. 99 del codice vigente. I soci, quindi non po¬ tranno opporre ai terzi la mancanza di formalità per sottrarsi alle obbligazioni che loro derivano dalle loro qualità di soci. Ma da ciò si può dedurre che è a loro proibito opporre ai terzi la mancanza di formalità per sottrarsi alle conseguenze che derivano dalla esi¬ stenza dell’ente giuridico società? Mai più. Ed anzitutto i soci non hanno alcun interesse ad opporre l’inesistenza dell'ente giuridico società. Poco infatti deve a loro importare che i creditori sociali abbiano diritto esclusivo sugli apporti messi in comune, o che vi possano accedere anche i creditori particolari. Rispetto ai creditori particolari essi invece opporrebbero, se potessero, 1'esistenza del¬ l'ente società, perchè riuscirebbero così a sottrarre loro parte del proprio patrimonio. Ora, se tale interesse non c’è, se c’è anzi un del Testo definitivo non può togliere che l’attuale articolo 98 del codice debba inten¬ dersi come lo intese la Commissione, vale a dire nel senso che la responsabilità in esso sancita si basa solo sul fatto del Yoperare. In ciò concordo pienamente col Manara. (14) Per il socio in nome collettivo e per il socio accomandatario era questa una pura conseguenza della loro posizione nella società commerciale e l’irregolarità nulla aggiungeva alla loro responsabilità. Aggiungeva però, secondo l’art. 98 del Testo definitivo, alla responsabilità del socio accomandante, che, a causa dell’irrego¬ larità, restava responsabile illimitatamente. Il che non è più — come vedremo — nell’attuale art. 99. 96 LA RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO interesse opposto, perchè avrebbe il legislatore fatta una ipotesi che non si verificherà mai? Grande interesse avrebbero invece i soci a negare la validità del contratto, perchè così potrebbero esi¬ mersi dagli obblighi a cui per esso sono tenuti. Ed è questo appunto quello che vieta il legislatore. 71. Ma se i precedenti e lo spirito dell'art. 99 non bastassero ad appoggiare la mia tesi, io credo che ogni dubbio dovrebbe sparire davanti alla lettera ed alla disposizione materiale della legge. L’art. 99 comincia col dire che nelle società in nome collettivo ed in accomandita semplice, quando mancano le formalità, ogni socio ha diritto di chiedere lo scioglimento della società, e gli effetti dello scioglimento decorrono dal giorno della domanda. L'allusione al contratto sociale è qui evidente. Il diritto che il legislatore ha voluto conferire al socio di una società in nome collettivo e in ac¬ comandita semplice irregolare è stato quello di chiedere la risoluzione del contratto. La mancanza di formalità non rende il contratto nullo; lo rende solo risolubile, dimodoché il socio, dal giorno della domanda giudiziale, rimane liberato da ogni obbligazione che possa a lui de¬ rivare dal contratto. Dal giorno della domanda non ve più socio anzi non vi sono più soci. Ma se questa regola fosse assoluta, se essa cioè valesse anche rispetto ai terzi, ognuno vede che la mancanza di formalità ridonderebbe a tutto vantaggio dei soci. Invece questo non deve essere, e non è. Il legislatore ha avuto cura di aggiungere nel 2 0 capoverso dell’art. 99 che, malgrado lo scioglimento, i soci restano obbligati di fronte ai terzi per le obbligazioni assunte dai loro rappresentanti a tenore del contratto sociale. I soci quindi, dopo lo scioglimento non saranno obbligati a versare la parte non ancora conferita della loro quota per continuare l'esercizio del com¬ mercio della società, ma lo saranno, per soddisfare alle obbligazioni assunte dalla società prima dello scioglimento. Per le società in accomandita per azioni ed anonime le regole legislative sono invece diverse. Gli azionisti non possono chiedere lo scioglimento della società: possono solo, quando siano passati tre mesi dopo il termine di quindici giorni dalla data dello statuto o atto costitutivo, prescritto dall'art. 91 cod. di comm. per il de¬ posito in cancelleria, senza che il deposito sia avvenuto, chiedere di essere sciolti dalla obbligazione derivante dalla loro sottoscrizione. Anche qui si parla evidentemente di un obbligo contrattuale (l’ob- bligazione derivante dalla sottoscrizione), il che dimostra ancora una SOC Ili TÀ COMMERCIALI NEL GIUDIZIO CIVILE 97 volta die di rapporti contrattuali si occupa tutto Tart. 99* Soltanto che invece di chiedere la risoluzione del contratto, l'azionista di una società irregolare, ha solo il diritto di essere sciolto dalla sua obbligazione, E questo diritto per lui è assoluto: può farlo valere anche di fronte ai terzi, pei quali resta la garanzia del patrimonio già conferito (perchè il diritto dellazionista riguarda solo le obbli¬ gazioni assunte, e non si estende alla ripetizione del già pagato), dei rappresentanti della società e degli altri soci (sempre sin tende nei limiti della obbligazione derivante dalla sottoscrizione). Concludendo, I art, 99 presuppone di necessità resistenza e la validità del contratto sociale: ma di esso non c J è nulla, assoluta¬ mente nulla che alluda alia esistenza della società come persona giuridica. E con ciò credo di aver risposto tanto ai i° argomento dei Man ara desunto dall'art. 77 cod, di comm., quanto al 2 0 desunto del rari. 99. 72. Diciamo ora qualche cosa degli art. 847 e S63 cod. di comm., pure invocati dal Manàka in sostegno della sua tesi. L’argomento che d Man a ha vuol dedurre dall'art. 847 e così strettamente connesso alla interpretazione che egli dà del 2 Ù capov, dell'art. 99 che, combattuto quello, ci sembra di poterci dispen¬ sare dal combattere aneli- questo. I.'art. 847 si occupa del falli¬ mento della società in nome collettivo e in accomandita semplice. Il prof. Manara. richiamandosi al capov. 2 0 de* 11 ”art, 99 ne deduce die le società in nome collettivo < j d in accomandita semplice, anche irregolari, possono essere dichiarate in fallimento: ma il fallimento suppone un ente autonomo: dunque anche le società irregolari sono enti collettivi. Ma visto come per il 2 Q cap, dell art. 99 quello che i soci non possono opporre ai tersi è tl contratto sociale, e quindi quello che i terzi possono far valere è il solo contratto sociale P ne de¬ riva per logica conseguenza che ì terzi non potranno mai, per Tart. 99, far dichiarare il fallimento dell'ex sociale. Potranno bensì far dichiarare il fallimento dei soci, concorrendo, insieme ai creditori particolari, sul patrimonio di questi. E si potrà dare anche una pro¬ cedura di fallimento unitaria, con unica dichiarazione di fallimento, ma mai il fallimento della società come persona giuridica, come ente collettivo distinto dalle persone dei soci (15). (15) V, Bqnhlu, Ditte serietà di (.mutuerei» irregolari, pag 65 dell'estratto, C&ss, Tonno, ti febbraio 1889, Foro lini, x 889, I, 855. 7. A. Rtoco. Le Matti commerciali. 96 la rapprksentanza in giudizio interesse opposto, perchè avrebbe il legislatore fatta una ipotesi che non si verificherà inai? Grande interesse avrebbero invece i soci a negare la validità del contratto, perchè cosi potrebbero esi¬ mersi dagli obblighi a cui per esso sono tenuti. Ed è questo appunto quello che vieta il legislatore. yi. Ma se i precedenti e lo spirito dell'afri 99 non bastassero ad appoggiare la mia tesi, io credo che ogni dubbio dovrebbe sparire davanti alla lettera ed alla disposizione materiale della legge. Lari, gg comincia col dire che nelle società in nome collettivo ed in accomandita semplice, quando mancano le formalità, ogni socio ha diritto di chiedere lo sciogli mento della società, e gli effetti dello scioglimento decorrono dal giorno della domanda. L'allusione al contratto sociale è qui evidente. Il diritto che il legislatore ha voluto conferire al socio di una società in nome collettivo e in ac¬ comandita semplice irregolare è stato quello di chiedere la risoluzione del contratto. La mancanza di formalità non rende il contratto nullo; lo rende solo risolubile, dimodoché il socio, dal giorno della domanda giudiziale., rimane liberato da ogni obbligazione che possa a lui de¬ rivare dal contratto. Dal giorno della domanda non ve più socio anzi non vi sono più soci. Ma se questa regola fosse assoluta, se essa cioè valesse anche rispetto ai terzi, ognuno vede che la mancanza di formalità ridonderebbe a tutto vantaggio dei soci* Invece questo non deve essere, e non è. Il legislatore ha avuto cura di aggiungere nel 2 0 capo verso dell'art. 99 che, malgrado lo scioglimento, i soci restano obbligati di fronte ai terzi per le obbligazioni assunte dai loro rappresentanti a tenore del contratto sociale. I soci quindi, dopo lo scioglimento non saranno obbligati a versare la parte non ancora conferita della loro quota per continuare V esercizio del com¬ mercia della società, ma lo saranno, per soddisfare alle obbligazioni assunte dalla società prima dello scioglimento. Per le società in accomandita per azioni ed anonime le regole legislative sono invece diverse. Gli azionisti non possono chiedere lo scioglimento della società: possono solo, quando siano passati tre mesi dopo il termine di quìndici giorni dalla data dello statuto 0 att0 costitutivo, prescritto daU'art 91 cod. di comm. per il de¬ perito in cancelleria, senza che il deposito sia avvenuto, chiedere f i e ^ S£re sciolti dalla obbligazione derivante dalla loro sottoscrizione* Anelli qui si parla evidentemente di un obbligo contrattuale (l ob¬ lazione derivante dalla sottoscrizione ), il che dimostra, ancora una SOCIETÀ COMMERCIALI NEL GIUDIZIO CIVILE 97 volta che di rapporti contrattuali si occupa tutto l’art. 99. Soltanto che invece di chiedere la risoluzione del contratto, l'azionista di una società irregolare, ha solo il diritto di essere sciolto dalla sua obbligazione. E questo diritto per lui è assoluto: può farlo valere anche di fronte ai terzi, pei quali resta la garanzia del patrimonio già conferito (perchè il diritto dell'azionista riguarda solo le obbli¬ gazioni assunte, e non si estende alla ripetizione del già pagato), dei rappresentanti della società e degli altri soci (sempre s'intende nei limiti della obbligazione derivante dalla sottoscrizione). Concludendo, l'art. 99 presuppone di necessità l'esistenza e la validità del contratto sociale: ma di esso non c'è nulla, assoluta- mente nulla che alluda alla esistenza della società come persona giuridica. E con ciò credo di aver risposto tanto al io argomento del Manara desunto dall’art. 77 cod. di comm., quanto al 2 0 desunto dell'art. 99. 72. Diciamo ora qualche cosa degli art. 847 e 863 cod. di comm., pure invocati dal Manara in sostegno della sua tesi. L'argomento che il Manara vuol dedurre dall’art. 847 è così strettamente connesso alla interpretazione che egli dà del 2 0 capov. dell’art. 99 che, combattuto quello, ci sembra di poterci dispen¬ sare dal combattere anche questo. L’art. 847 si occupa del falli¬ mento della società in nome collettivo e in accomandita semplice. Il prof. Manara, richiamandosi al capov. 2 0 dell’art. 99 ne deduce che le società in nome collettivo ed in accomandita semplice, anche irregolari, possono essere dichiarate in fallimento: ma il fallimento suppone un ente autonomo: dunque anche le società irregolari sono enti collettivi. Ma visto come per il 2 0 cap. dell'art. 99 quello che i soci non possono opporre ai terzi è il contratto sociale, e quindi quello che i terzi possono far valere è il solo contratto sociale, ne de¬ riva per logica conseguenza che i terzi non potranno mai, per l'art. 99, far dichiarare il fallimento dell'ente sociale. Potranno bensì far dichiarare il fallimento dei soci, concorrendo, insieme ai creditori particolari, sul patrimonio di questi. E si potrà dare anche una pro¬ cedura di fallimento unitaria, con unica dichiarazione di fallimento, ma mai il fallimento della società come persona giuridica, come ente collettivo distinto dalle persone dei soci (15). (15) V. Bonelli, Delle società di commercio irregolari, pag. 65 dell’estratto. Cass. Torino, 6 febbraio 1889, Foro Ital., 1889, I, 855. 7 - A. Rocco, Le società commerciali. 9 8 LA RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO L'art. 863 poi, è vero, suppone espressamente il fallimento di una società anonima 0 in accomandita per azioni irregolare, ma da esso non si può indurre che la società esista come ente giuri¬ dico. Fallimento nel caso di una società irregolare può darsi — e lo abbiamo visto — ma come procedura, non già come concorso dei soli creditori sociali sul patrimonio sociale, ad esclusione dei creditori particolari dei soci. 73. Il Bonelli, invece, distingue molto nettamente e giusta¬ mente il contratto sociale dall 'ente società : il primo preesiste, per lui, alle formalità: il secondo non sorge che colle formalità. Nelle società irregolari quindi esiste per tutti, soci e terzi, il contratto di società : non esiste per alcuno, socio, 0 terzo, l’ente società. Per conseguenza: le azioni dei creditori sociali sono azioni contro i soci, sul patrimonio dei quali essi concorrono insieme ai creditori particolari, senza alcun diritto di preferenza: e contro i soci essi possono rivolgersi appunto in virtù del contratto sociale che li lega, e per il quale si sono obbli¬ gati a rispondere, entro i limiti più 0 meno larghi (secondo che trat¬ tasi di società in nome collettivo, in accomandita, o anonima) degli atri dei loro rappresentati (gerenti o amministratori). E questa la prima azione che spetta ai creditori sociali. Ma oltre a. ciò, essi possono, insieme a questa azione che deriva dal contratto, esercitare anche un azione in responsabilità contro tutti coloro che si presentano come costituenti la società, ossia il suo potere esecutivo, nelle società in cui si ha una tale distinzione. Chiunque si pre¬ senta cioè come membro costitutivo o come organo gestore di un ente società che non esiste, risponde in proprio: di qui l’azione da una parte contro tutti i soci che non si presentarono con una qualifica limitativa di questa generica qualità, dall’altra contro i promotori e gli amministratori delle anonime, contro tutti quelli che operano in nome della società. Tutti costoro sono tenuti personal¬ mente ed in solido per tutte le obbligazioni sociali (art. 98) (16) I soci dell’art. 98 sono dunque per il Bonelli coloro che si pre¬ sentarono di fronte ai terzi colla sola qualità di soci, senza altre qua¬ lche limitative della loro responsabilità. Lo scopo della legge — dice il Bonelli — è di tutelare la buona fede del terzo: se il contrat¬ to fu legalmente pubblicato, si presume che il terzo conosca le qua¬ lche limitative della responsabilità (accomandanti, azionisti). Ma (16) Bonelli, op. cit., pag. 58 e 59: v. specialmente pag. 48 e segg. numero 15. SOCIETÀ COMMERCIALI NEL GIUDIZIO CIVILE 99 se non fu pubblicato, il terzo ha diritto dì credere (salvo che gli sia fatto chiaramente capire il contrario) che la responsabilità dei soci sìa illimitata. Quando il terzo sì trova dì fronte ad un socio, la legge presume (fino a prova in contrario) che egli non conoscesse le qua¬ lifiche limitative della responsabilità di quello. Tocca al socio db mostrare clic il terzo conosceva la limitazione di responsabilità. Di qui la formula deJI’àrt. 98, quale avrebbe dovuto essere, per il Bo- nelli, affinchè la legge avesse espresso chiaramente il pensier suo: Fino alla legale costituzione della società, coloro che si presentano in faccia ai terzi senza qualìfiche limitative della propria responsa¬ bilità, i promotori, e gli amministratori delle società per azioni, e tutti coloro che, anche senza tali qualità, in nome della società, con- traggono responsabilità senza limitazione ed in solido per le obbli¬ gazioni sociali. (17). 74. Questa la ingegnosa interpretazione della seconda parte dell'art, 98, che il Bonelli contrappone alla interpretazione del Manàra. Ma il chiarissino Bonelli mi perdonerà se io, come ho a- pertamente accettato quella parte della sua geniale costruzione delle società irregolari, che rigurda la distinzione fra il contratto sociale e l'ente società, cosi altrettanto francamente dichiari che mi sembra affatto arbitraria la sua interpretazione delTart. 98 per ciò eh': riguarda la fraLse: i soci, ì promotori ecc . E comincio dal no¬ tare come la interpretazione del Bonelli abbia il gran torto di ag¬ giungere alla legge quello che la legge non dice. Uart 99 è gene¬ ralissimo: esso non distingue, usa la parola pure generalissima: i soci. Ma vi ha di più. La interpretazione del Bonelli urta anche contro il significato letterale delle parole. Per essere appunto ge¬ neralissima la espressione: i soci , è arbitrario attribuire ad essa il significato di soci responsabili senza limitazione , come se questi fos¬ sero ì soci per eccellenza e quelli a responsabilità limitata quasi una razza degenere ed anormale di associati. No, questo non è. È socio tanto il socio in nome collettivo, quanto raccomandante, quanto F azionista, E tanto il primo, come il secondo, come il terzo, rientrano nell'espressione larghissima dell’art. 98. 75. Adunque, è proprio sul fatto Adoperare che si basa la responsabilità delTart* 98 cod, di comm. (18). I soci che operano (17) Bonelli, op. cil-, pag. 50. (18) Questa, interpretazione fu per la prima volta data dalla Corte cTApp. di in nome della società, i promotori che operano in nome della so¬ cietà, gli amministratori che operano in nome della società, sono responsabili senza limitazione ed in solido per le obbligazioni assun- te {19). Questa interpretazione ha per sè. anzitutto, la lettera della legge. Grammaticalmente accettabilissima la chiama lo stesso Bonelli (pag, 47). Ha per sè i lavori preparatori. Vedemmo infatti come Tari. 95 del Testo definitivo (ora art. 98) facesse dipendere la obbligazio¬ ne sohdaria ed illimitata proprio dal fatto delToperare: <1 Fino a che non siano avvenute le pubblicazioni ordinate negli articoli pre¬ cedenti. la società non è legalmente costituita, e chiunque contrae in nome di essa è tenuto solidalmente per gli obblighi che assume# e che, intercalandovi il 2 0 ed il 4° capo verso dell'art., 98 (ora 99), la Commissione coordinatrice intese solo di specificare quali sono le persone che contraggono in nome della società, lasciando però intatto lo spirito delbartìcolo quale si trovava nel Testo definitivo, Ha per se infine tutto il sitema armonico c razionale per eccellenza. Infatti, posto i° che non esiste l'ente società, 2° che esiste ed è vali¬ do il estratto sociale, è naturale che l'art. 98 si occupi delle conse¬ guenze del primo fatto, mentre V art. 99 invece trae le legittime con¬ seguenze del secondo e le regola convenientemente. Non essendovi Venie società, scompare la garanzia esclusiva costituita a favore dei creditori sodali dal patrimonio sociale, onde è giusto che i terzi siano in qualche modo compensati del loro mancato diritto esclusivo colla responsabilità solidaria ed illimitata di tutti coloro che hanno ope¬ rato in nome di un ente inesistente. Ma, essendovi il contratto sociale, tutti coloro che vi hanno aderito sono tenuti a rispondere, entro i limiti del contrai Lo, delle Milano, 5 febbraio iEqz, jT/g«, dei Trib. Mi!... 1892, 388, ed in seguito esposta con somma precisione dei Maxara, Considerazioni, Giti*, ftn.f r 1896. I. 1, 21 e segg., fi da lui ri¬ badite nello scritto: Le società anonime {ftegoktri nel Dir, comm,, iSp7 e segg. L'ac¬ colse anche il De Rossi, -DiritM obblighi dei sottosprUtòn d'azioni nelle società ano¬ nime nella Temi Veneta, iSgb. pag. 333 c &egg. fio) Gli amministratori non operanti, in forza delle solidarietà che lega tutti gli amministratori, saranno anch'essi responsabili. V. Max ara, Le soc, anonime- ir¬ regolari., he. dt. r 1897, cfr. su questo punto Sraffa, 11 fallimento delle- soci-etti commer¬ ciali, pag. 182 e segg.; Bonelli, op. cit., pag. 47 e. seg. La censura mossa dal BoniélU al Magiara che così ammette implicitamente l'esistenza del contratto sociale, mentre nel sistema del Manara l'ipotesi dell'art. i>8 sarebbe quella del disconoscinienlo della società, è giusta, ma naturalmente non tocca la nostra teoria, della logicità della quale si viene cosi ad avere una nuova conferma, SOCIETÀ COMMERCIALI NEL GIUDIZIO CIVILE IOI obbligazioni assunte da coloro che li rappresentano. La sanzione che la legge stabilisce per la inosservanza delle forme, è, per le so¬ cietà in nome collettivo ed in accomandita semplice, esclusivamente interna e consiste nel diritto di chiedere Io scioglimento del contratto. Ma rispetto ai terzi., nessuno scioglimento si può opporre: le ob¬ bligazioni contratte devono essere completamente eseguite. Per le società in accomandita per azioni ed anonimie invece la sanzione della legge è più assoluta da un lato, meno assoluta dal¬ l'altro. È più assoluta in quanto che, date certe determinate con¬ dizioni, è ammesso lo scioglimento dalle obbligazioni assunte dagli azionisti, non solo di fronte ai soci, ma anche di fronte ai terzi. È meno assoluta però in quanto che il contratto non può venir risolto, ma possono solo gli azionisti, concorrendo certe condizioni, libe¬ rarsi dalle obbligazioni assunte colla sottoscrizione, e se hanno già versato qualche somma, questa resta a garantire le obbligazioni sociali-; Per conseguenza la obbligazione illimitata dei soci in nome collettivo ed accomandatari, la obbligazione limitata degli acco¬ mandanti e degli azionisti non dipende già del modo con cui i soci si sono manifestati ai terzi, ma dalle obbligazioni da essi assunte col contratto sociale, E che il contratto sociale resti perfettamente valido risulta ad esuberanza dall' art. 99, Prendiamo infatti le società in nome collettivo ed in accomandita semplice. Nei rapporti fra i soci il contratto è perfettamente valido prima dello scioglimento, a cominciare dal giorno della domanda, che non ob¬ bliga più i soci fra loro (arg, art. 99 principio e eap. i°) Nei rapporti coi terzi il contratto vincola sempre i soci, malgrado l'inosservanza delle formalità (arg. art. 99 cap. 2 0 ). Quanto alle, società in acco¬ mandita per azioni e anonime, il contratto anche deve dirsi, in linea generale, valido, salvo certe limitazioni. Se dopo tre mesi dalla sca¬ denza del termine stabilito ne IT art. 91 cod. di comm. non sia stato eseguito il deposito dell'atto costituito, i soci possono, è vero, li¬ berarsi dalle obbligazioni derivanti dalla sottoscrizione, ma intanto, i versamenti già fatti restano perfettamente a disposizione dei cre¬ ditori sociali, i quali vi concorrono, insieme coi creditori particolari degli azionisti: e se poi essi non si valgono della facoltà concessa loro dall'art. 99 ultimo cap. (e può darsi che se non ne valgano, ad es, per ottenere i dividendi) possono loro venir chiesti anche gli uh tenori versamenti, sui quali pure concorrono e creditori sociali e creditori particolari. 102 LA RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO 76, Concludendo, ecco, in brevissime parole, quale è il sistema che, a mio modo di vedere, scaturisce dagli art, 98 e 99. a) Fino a che le formalità non siano adempiute la persona giu¬ ridica società non esiste. Non esistendo la persona giuridica so- rietà, i creditori sociali non hanno alcun diritto esclusivo sul pa¬ trimonio sociale (so). In compenso però la legge accorda loro la garanzia solidaria ed illimitata di tutti coloro che si sono presentati a loro come rap¬ presentanti della società; per conseguenza, i soci operanti in nome della società, i promotori, gli amministratori operanti in nome della società, e chiunque altro in genere operi in nome della società resta responsabile senza limitazione ed in solido (art, 98 cod. di comm.), è) Malgrado Y inadempimento delle forni alita esiste però il con¬ tratto sociale. L'inadempimento produce soltanto, rispetto ad esso, alcune perniciose conseguenze. Nelle società in nome collettivo ed m accomandita semplice queste conseguenze consistono nel diritto accordato a ciascun socio di chiedere lo scioglimento del contratto con effetto dal giorno della domanda. Ma l'inadempimento al fine di ottenere lo scioglimento delle obbligazioni derivanti dal contratto non può essere opposto ai terzi creditori sociali. Nelle società in accomandita per azioni ed anonime le perni¬ ciose conseguenze consistono invece nel solo diritto concesso al so¬ cio (azionista), in certe circostanze, di sciogliersi dalle obbligazioni assunte coda sottoscrizione. L'inadempimento delle formalità, allo scopo di sciogliersi da tale obbligazione può essre opposto anche ai terzi (21). c ) Esistendo il contratto sociale, con questi soli effetti nocivi di cui alla lettera b), i soci sono tenuti ad osservare le obbligazioni p ^‘ 2Q } delineata questa condizione giuridica delle società irregolari rieSE ottimo lavoro del Galeotti, La co ndizione dei creditori nei fallimento della- società di fatto, Dir. comm., 1S92, pag. 451 e segg., e specialmente pag. 496, 499. e 508. * (£ij Tolte queste speciali conseguenze, fa condizione dei soci di una società irregolare, rispetto agli altri ‘J od. è uguale a quella dei soci di una società regolare, - ciò si capisce, una volta che Tunica differenza che passa tra ia prima e La seconda, è ohe I una non possiede, e l'altra possiede la personalità giuridica. Ma siccome tale personalità non ha effetto tra i soci, ne consegue die tra soci , la posizione rosta inal¬ terata, in questo senso anche lo Sa affa, nello scritto: Il fallimento di ima società a -comandila irregolare c le condizioni degli accomandanti nei Dir. cowitB. i 395 ' 33 ?. e ned opera più recente: // fallimento delle società commerciali, pag, 169 o segg- in osso assunte, e quindi sono responsabili, entro i limiti del con¬ tratto, delle obbligazioni assunte dai loro rappresentanti (gerenti, amministratori eco.). Per le società in nome collettivo ed in acco¬ mandita, questa obbligazione cessa, ottenuto lo scioglimento, a partire dal giorno della domanda rispetto ai soci. Rispetto ai terzi resta anche dopo lo scioglimento. Per le società in accomandita per azioni ed anonime, l’azionista può sciogliersi dalla obbligazione quando, dopo tre mesi e 15 giorni dall’atto costitutivo o statuto, non sia stato fatto il deposito in cancelleria (art, 99 cod, di comm.). Per conseguenza, rispetto ai creditori sociali: r° II socio in nome collettivo e raccomandatario sono illimi¬ tatamente responsabili; 2° 11 socio accomandante di una società in accomandita sem¬ plice è responsabile limitatamente alla sua quota; 3 0 II socio quotista o azionista di una società in accomandita per azioni e di un'anonima è responsabile limitatamente alla sua quota od azione, ma può liberarsi dalla obbligazione per la parte promessa, e non conferita, nei casi del cap. ult. art, 99 cod. di comm, (22), 77, Posto dunque come principio che nelle società irregolari rmle società non esiste, ma esiste il contratto sociale, avremo, rispetto alla loro condizione giuridica nel giudizio civile, le seguenti conse¬ guenze: а) Rispetto ai soci resta immutata la posizione delle società regolari. Ne in queste, nè in quelle l'ente collettivo, la persona giu¬ ridica esiste, e quindi le azioni sono esercitate da e contro tutti i soci uti singuli personalmente 0 a mezzo dei loro mandatari spe¬ ciali, б) Rispetto ai terzi non essendovi ente, tutte le azioni deb¬ bono medesimamente intentarsi da e contro tutti i soci conside- Ì22) A. queste calici usimi i arriva anche la giurisprudenza francese, sul riflesso che il oucitratta deve essere accettato o ripudiato per intero, e che i creditori non pos¬ sono esseri ammessi ad invocarlo per stabilire resistenza della società, e a fame astra¬ ine quando ss tratta di qualificarla. Quindi anche nelle società anonime irregolari l'obbligaci.:.me degli azionisti è limitata al versamento delle somme sottoscritte; Casa, francese, gennaio i# 93 ' Journ, alti Palati, 1 ^ 97 ' h 493 -^ 104 LA RAPPRESENTANZA L\ GIUDIZIO rati uii singoli, o a mezzo dei loro mandatari speciali. Non esiste quindi società, ma esistono dei soci; le azioni dunque spettano ai soci e contro i soci, non già alla società e contro la società (23). In una parola, la condizione giuridica di una società di com¬ mercio irregolare nel giudizio civile, è quella di una società civile salvo — come vedermi0 una più forte organizzazione della rap¬ presentanza. 78, Quello che si è detto finora delle società irregolari nazio¬ nali, vale anche per le società irregolari estere, per quelle società estere cioè, le quali non abbiano adempiuto alle formalità prescritte neirari 230 cod. di comm. Anche qui è a richiamarsi la distinzione fra il contrailo di società e la società persona giuridica. Perchè il contratto di società fatto all’estera sia valido ed abbia efficacia in Italia basta che esso risponda alle condizioni prescritte dall'art. 9 delle D% prel. al codice civile e non sia contrario alle leggi d'ordine pubblico vigenti nel regno. Quindi, quanto alla forma estrinseca, deve essere conforme a quello che dispone la legge del luogo in cui venne, concluso; quanto alla sostanza ed agii effetti delle obbligazioni deve essere regolato o dalla tex loci o, se i contraenti sono della stessa nazione, dalla U% nationis. Questi i presupposti ed il valore del contratto di società stipu¬ lato all'estero, comunque non redatto e pubblicato nelle forme dì cui alTart. 230 de] nostro cod. di comm. Ma per ciò che riguarda laltro carattere delle società commerciali, cioè la qualità di ente distinto dalie persone dei soci, esso non può essere spiegato in X- talìa senza l'adempimento delle formalità. Ed è questo appunto che stabilisce espiicitamente la nostra legge commerciale quando a l <±rt. 231 dice. k L inadempimento delle formalità prescritte nel- 1 articolo precedente produce, fra le società sopra indicate, le con¬ seguenze legali stabilite per le società nazionali eco. & Quindi le società estere che non hanno adempiuto alle forma- ita dell art. 230 cod. di comm, non possono figurare in giudizio . { 'tf) GQa * oraie A PP- Ge ™ va 3 i gennaio iSSi, Eco di gtw. comm.. iSSi, FS . _ c - JllJSO 12 riugno 1831, Ciaf Tor. t ifipì, 640, Contro App. Perugia 11 lugli* Vi. nm Veneto 1893, 389; Cass. Firenze 21 giugno 1894, Timi Vancia. 1S94. 373, Pure con fanne BoNfcu.i. \ di . p. 5 s. SOCIETÀ COMMERCIALI NEL GIUDIZIO CIVILE 105 come enti collettivi autonomi; possono solo comparire in giudizio, o direttamente o per mezzo di rappresentanti, ì soci considerati uti singuli, salvi gli effetti speciali del contratto di società, quando esso risponda alle condizioni volute dagli art, 7 e 12 delle Disp. prel al codice civile (24). (24) Co il forme Casa. Torino, 30 giugno 1887, Foro ittd. t 1887, 1. tìoi; App. Ge¬ nova 23 luglio i8S6, Foro ita!.. i 3 Stì r 1, 809; Ca.35. forino 13 settembre 1888, Dir. comm., 1888., 829. Contro: App. Venezia 13 giugno' 1893, Temi Veneta 1893, 354 - Ia quale decise che una Società, che ha omesso di uniformarsi alle preserialoni degli art. 230 e 91 cori- di comm. non ha perduto la capacità a stare iti giudizio, ma ha perduto sola i vantaggi riconosciuti dalla Legge alle società nazionali legalmente costituite, restando tutti gli amministratori e rappresentanti personalmente t solidalmente re¬ sponsabili. È questa, che trae La Corte di Venezia, una logica conseguenza della teoria della esistenza come persona giuridica delle società irregolari. * Capitolo Secondo ORGANIZZAZIONE DELLA RAPPRESENTANZA GIUDIZIALE § i. — Teoria generale Somuakiq: 79. Due torme di rappresentanza giudiziale. — 8r>. a) Rappresentanza gene¬ rica. Duplice carattere dei rappresentanti, — Si, Rappresentanza. generale e- spressa- — 82, Rappresentanza generale tacita. Pluralità di rappresentanti. — 83. Cessazione dall'ufficio del rappresentante. — 84 Rinuncia del rappre¬ sentali te: posizione della questione. — 85, Rinuncia del rappresentante: ef¬ fetto rispetto ai soci. — 85. Rinuncia del rappresentante: effetto rispetto ai terzi. — 87 Autorizzazione a stare in giudizio. - 88, b) Rappresentanza spinifica'. i principi, -— 89. Rappresentanza specifica: azione contro gli amministratori. — 90. Rappresentanza degli instltori della società preposti al suo commercio nelle sedi o stabilimenti, secondari: concentramento della rappresentanza, — 91. Continua lo stesso argomento, —92- Rappresentanza delle società ferroviarie: il direttore generale. — 93. Rappresentanza del capo-stazione. - 94. Rappre¬ sentanza del capo della stazione d'arrivo rispetto alla società, da cui dipende la stazione di partenza, e viceversa. — 95. Altri rappresentanti giudiziali delle società ferroviarie. 79. La rappresentanza giudiziale delle società di commercio può assumere due forme: o essere generica, stabilita cioè per tutte le azioni giudiziarie a cui la società possa andare incontro, sia come attrice che come convenuta: oppure specifica, diretta cioè a una o più de¬ terminate azioni. La rappresentanza generica è la regola, quella specifica l'eccezione. Ogni società, sia espressamente, sia tacita¬ mente, designa nel suo statuto od alto costitutivo a chi appartiene la rappresentanza in giudizio, e regola il modo con cui il rappresen¬ tante deve essere eletto. Questa è la sola forma di rappresentanza giudiziale che tanto i soci che 1 terzi sono obbligati a conoscere e a rispettare. Per i terzi infatti lo statuto 0 atto costitutivo è la legge della persona giuridica società: esso, debitamente approvato., tra¬ scritto e reso pubblico, l'accompagna per tutta la sua vita, ed ogni mutamento die si voglia apportarvi deve essere ugualmente appro- io8 LA RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO vato e pubblicato. Per i soci l’atto costitutivo e lo statuto è il con¬ tratto da cui sono vicendevolmente legati. Tanto gli uni quanto gli altri sono dunque obbligati, per diverse ragioni, a riconoscere come legittimi rappresentanti o dell’ente o della collettività dei soci coloro che furono eletti a rappresentare la società secondo le norme det¬ tate dallo statuto e nelle forme prescritte dal medesimo. Chiunque perciò, terzo o socio, voglia convenire in giudizio la società deve ci¬ tare coloro che a termini dello statuto o atto costitutivo sono i rap¬ presentanti della società, sia che si tratti di rappresentanza giu¬ diziale espressa, cioè espressamente disciplinata dallo statuto, op¬ pure di rappresentanza giudiziale tacita, cioè spettante in difetto di espressa disposizione, a coloro che hanno facoltà di amministra¬ re il patrimonio sociale. La rappresentanza specifica invece non è legalmente conosciuta da chi agisce in giudizio contro la società che col deposito in cancelleria del mandato conferito ai rappresen¬ tanti, salvo che essa sia dovuta alla natura stessa dell'azione, o alla persona da cui è intentata (v. in seguito n. 88 e 89). La rappresen¬ tanza giudiziale generica può essere espressa o tacita. Se nello sta¬ tuto o atto costitutivo è stabilita ed organizzata una rappresentanza apposita per i giudizi sociali, la rappresentanza giudiziale spetterà senz’altro a coloro che, in conformità dello statuto, vennero eletti a tale ufficio. Se invece nello statuto nulla si dispone al riguardo, la rappresentanza giudiziale spetta a coloro che vennero delegati ad amministrare la società. La rappresentanza giudiziale specifica si dà o per certe azioni determinate (p. es. l’azione in responsabilità contro gli ammini¬ stratori, di cui v. in seguito) 0 in riguardo alle persone dell’attore o convenuto, 0 in seguito a deliberazione apposita dei soci, o anche per disposizione espressa dello statuto (1). 80. Diciamo anzitutto della rappresentanza generica. Coloro a cui è devoluta la rappresentanza della società per tutti in genere i giudizi sociali, sia in forza di una disposizione espressa che di una disposizione tacita dello statuto, hanno un duplice ca- (1) Così in qualche statuto è detto che il Consiglio nominerà volta per volta il rappresentante giudiziale della società. Cfr. di recente statuto della Fratellanza jacchini in Torino, Boll, della società per azioni, 1897, fase. XXXIX. In questo caso la rappresentanza di coloro che vengono nominati volta per volta è una rappresentanza specifica basata sullo statuto. ORGANIZZAZIONE DELLA RAPPRESENTANZA GIUDIZIALE 109 rattere; di fronte ai terzi rappresentano la persona giuridica so¬ cietà: di fronte ai soci rappresentano la collettività dei soci (2). Né questa distinzione è — come potrebbe sembrare — puramente teorica; essa, al contrario, ha una notevole importanza pratica. Di fronte ai terzi infatti la società è legalmente rappresentata quando i rappresentanti agiscono nei limiti dei loro poteri: se essi adunque stanno in giudizio a nome della società, perchè la loro rappresen¬ tanza sia valida di fronte ai terzi basta che siano adempiute quelle condizioni a cui lo statuto subordina le loro facoltà. Se, ad esempio lo statuto richiede, perchè il direttore di una società anonima possa stare in giudizio, l'autorizzazione del Consiglio d’amministrazione e questa autorizzazione vi è stata, i terzi lo debbono riconoscere come legittimo rappresentante della società, e non potranno opporre quei difetti neiradempimento delle condizioni della rappresentanza, che sono inerenti al lato interno del mandato (così nel caso in cui la deliberazione non sia stata presa regolarmente dal Consiglio). « Questa conseguenza — dice il Vivante — è inerente al sistema della legge che non obbliga la società a pubblicare le norme im¬ posta dal suo statuto o dal suo regolamento per la adunanza del Consiglio, e non permette ai terzi di esaminare i processi verbali » (3). Ciò avviene inoltre, aggiungo io, perchè il terzo, trovandosi di fronte l’ente società, ha obbligo di accertarsi solo che esiste il mandato, e che il mandatario operi nei limiti del medesimo, e non già anche che il mandato sia conferito con quelle forme, e in quei modi che l’ente società stabilì a sè stesso per garantirsi contro i possibili abusi degli organi in cui risiede la manifestazione della volontà sociale. E viceversa, il direttore non potrà opporre, in questo caso, la sua mancanza di veste a rappresentare la società. Diversamente è invece quanto ai rapporti tra società e soci, vale a dire tra la collettività dei soci e il socio singolo: essi, come dice benissimo il Vivante, « sono regolati dal contratto sociale : qui non è decisiva la forma esteriore della rappresentanza, ma il suo fonda- (2) Salvo quindi speciali disposizioni dello statuto o atto costitutivo, la rap¬ presentanza giudiziale conferita genericamente comprende tanto le azioni prò socio, che le azioni contro i terzi. Se, ad esempio, la rappresentanza in giudizio è devoluta dallo statuto al direttore della società, è questi e non già altri che rappresenta la so¬ cietà (collettività dei soci) anche di fronte ai soci singoli, e non è necessario l’intervento di altre persone, come il presidente del Consiglio d’amministrazione, o il Presidente dell'Assemblea. V. App. Catania 9 maggio 1891, Foro ital., 1891, 1, 163. (3) Vivante, Trattato , I, n. 482. no LA SAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO mento materiale» (4). Quando alcuno si presenta infatti come socio come titolare cioè, di diritti ed obblighi derivanti dal contratto so¬ ciale, la rappresentanza della società deve essere disciplinata stret¬ tamente secondo il contratto medesimo, il quale lega tutti 1 soci: onde anche il tato interno del mandato assume grande importanza Quindi i soci possono opporre (e devono subire) tutte le eccezioni riguardanti anche il Iato interno del mandato, riguardanti, ad. es ■ la regolarità delle deliberazioni del Consiglio d amministrazione elle autorizza a stare in giudizio ecc. ecc. Si. Quanto alla rappresentanza giudiziale espressamente di¬ sciplinata dagli statuti, nulla quaestio. È interessante però vedere quale sia, nella pratica degli statuti delle società, la organizzazione di questa rappresentanza giudiziale espressa. Ordinariamente essa viene dagli statuti devoluta al Consiglio d'amministrazione (5), anzi, più spesso, al presidente del Consìglio d'amministrazione (6), Qualche volta il presidente ha bisogno ddl'autorizzazione del Con¬ siglio (7) 0 ha la rappresentanza iti unione al direttore (8), Frequente è la rappresentanza del direttore {9) 0 deir am ministrai ore dele¬ gato (io)* Caratteristica è la distinzione della rappresentanza che si riscontra in qualche statuto, in cui di fronte ai terzi è dele¬ gato a rappresentare la società il direttore o Tarn mi nitratore Uì Vivasi tk , Trattalo, I. n, 483. (5) V, fra. i più recenti statuti: Conp. Trinacrìs. per l'estrazione dell'agro essenza di Limono in Palermo, Bou. fieli? soc. -per àz. , 1807. XXX; Coup, fra Lavoranti muratori 0 (i afììni in Sampierdarena, Boli i&gj. XXX,. Consorzio agrario coop. di Marino, BoiL, iS 97t XXXI. (6) V. da ultimo i seguenti statuti; Unione costruttrice operaia di Alighieri, Boìi r 1897, XXX; Cassa rurale cattolica di 5 . Maurizio in Rocca forte, Boli. 1 Scj 7 , XXX, Coop, tra i cavatori di pietra di Maligno. Ball. 1897, XXXIII; Coop. di Con¬ sumo in Zibdlo {Parma!. Boll,, 1897, XXXTII: Coop, tra i lavoranti in paglia di Sesto Fiorentino, Boti.. 1897, XXXIII; Magazzino coop, di Mori tecastei Io (Alessandria), Boli., 1897, XXXIII; Società anonima fra esercenti per l'esazione del dazio consumo ut Possano, 1807, XL; Società elettrica di Vastone, Boll., 1897, XLI; Anonima monzese d'elettricità, Boll., 1897, XLflJ, (7) Coop. tra operai muratori in Macerata, Boll., 1897, XXX, (S) Calzificio italiano in Pertugila, Boli, 1897, XXX. (9j Così, ad e$., 1 Agricola, società coop. di consumo in Róma, Boli , 1S97, XXXI. Banca di sconti e depositi di Ostimi, Boli, 1897, XXXIX. (ioi Società coop. Principessa Élenà in Roma, Boli , 1897, XXX; Coop. fra fabbri romani in Roma, Boli, 1897, XXXVI. ORGANIZZAZIONE DELLA R AP PR E SE NTA NZA GIUDIZIALE III delegato; di fronte ai soci il presidente del Consiglio d'ammini¬ strazione (n). Se i rappresentanti designati a rappresentare la società in giu¬ dizio sono piò, essi non potranno agire che congiuntamente, do¬ vendosi considerare costituiti dalla volontà sociale, in collegio, È al collegio e non ai singoli die realmente si è voluto conferire la rap¬ presentanza. 82* Quando nello statuto o atto costitutivo non vi sia alcuna disposizione circa la rappresentanza giudiziale della società, questa spetta alle persone delegate all P ani mi nistrazione, anzi piò preci¬ samente, ai soci o amministratori aventi la firma sociale (arg* art. 375 cod. di comm.). Se le persone delegate all'amministrazione sono piò, si potrebbe dubitare, se la rappresentanza in giudizio spetti a tutti i rappre¬ sentanti congiuntamente, oppure se ognuno possa, separatamente dagli altri, agire ed essere convenuto in giudizio in nome della società* Bisogna distinguere a questo proposito la società in nome collet¬ tivo ed in accomandita semplice, dalle società in accomandita per azioni ed anonime. Nelle società in nome collettivo, la responsabilità illimitata dei soci, il loro piccolo numero, il loro diretto interesse all 1 azienda so¬ dale, hanno consigliato il legislatore a concedere, nel silenzio del¬ l'atto esecutivo, la facoltà di rappresentare la società a tutti i soci, in modo che ognuno di essi può fare separatamente tutti gli atti di amministrazione ed anche quindi rappresentare la società in giudizio (art. 1721, 1723 § i° cod. dv*. art. 107 cod* di comm.) (12). Cosi pure pei soci accomandatari (ai quali è riservata l'amministra- zio ne) nelle società in accomandita semplice (art, 116 doc. di comm.). Nelle società in accomandita per azioni ed anonime la cosa è alquanto diversa. Anzitutto co Tari* Sg, m 8* il quale prescrive che l’atto costitutivo o lo statuto deve esprimere quale tra gli. am¬ ministratori ha la firma sodale* È quindi molto difficile che uno statu¬ to non indichi chi ha la firma sociale (e per conseguenza non dica im¬ plicitamente a chi spetta la rappresentanza giudiziale), giacché, se ciò accadesse, dovrebbe il tribunale negare la trascrizione ed (11) V. ad >) e di nomina provvisoria 0 definitiva (art. 125 n. 2: a In caso di morte o impedimento fìsico, la nomina prov¬ visoria viene fatta dai sindaca, ma l'assemblea generale deve essere convocata d'urgenza per la nomina definitiva»),, nella ipotesi della rinuncia di amministratore unico usa la frase generica: deve essere convocata l assemblea generale. Con che ha voluto dire evidentemente che l assemblea generale viene adunata non solo per la nomina del nuovo amministratore., ma anche per il ricevimento della rinunzia del vecchio, 86, Se si tratta invece dì persone., che sono del tutto estranee al mandato (terzi rispetto al mandato, terzi strido sensu rispetto alle società) non sempre la sola rinuncia e la notificazione bastano. Bastano nelle società in nome collettivo ed in accomandita sem¬ plice (23), Non bastano per le società in accomandita per azioni ed anonime, per le quali il legislatore ha stabilito un apposito regime di pubblicità riguardo alla nomina degli amministratori (annota¬ zione sul registro delle società, articolo 139 codice, di commercio). E chiaro che i terzi, i quali sono stati avvertiti della nomina dei rappresentanti della società, devono continuare a ritenerli in fun¬ zione fino a contrario avviso {24). Questo contrario avviso d'altra parte non può consistere che nella annotazione della nomina dei nuovi amministratori, giacché i terzi, rispetto ai quali la società (^3) Sarebbe pero opportuno che una disposiziono legislativa, provvedesse a. rendere avvisati 1 terzi delia nomina e della cessazione ddl J ufficio anche dei rappre¬ sentanti di queste società. I24) V iv ante , Trattato , II, n, 462; Moiit, L' amministrazione , ecc,, I, n. 30. nò LA RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO esiste solo come persona giuridica, hanno diritto che essa sia sempre incarnata nei suoi rappresentanti, dei quali non si può quindi indu¬ giare la nomina, senza sottarre ad essi il diritto di far valere in giu¬ dizio le loro ragioni contro la società. Per conseguenza, tutti gli atti di procedura fatti in confronto del rappresentante dimissionario, la cui rinunzia sia stata anche accettata, ma che non sia stata fatta ancora conoscere al terzo mediante la pubblicazione della nomina del successore, si devono ritenere perfettamente validi, salvo, s’in¬ tende, la riassunzione d’istanza. 87. Salvo contraria disposizione dello statuto o dell’atto costi¬ tutivo, gli amministratori che rappresentano in giudizio la società, non hanno alcun bisogno di autorizzazione speciale per stare in giudizio volta per volta (25). E nel caso stesso in cui lo statuto pre¬ scriva che la rappresentanza e devoluta ad uno degli amministra¬ tori, o al direttore, ma che occorre l’autorizzazione del Consiglio d’Amministrazione, questa autorizzazione si deve intendere come necessaria allo scopo di promuovere la lite, e sostenere la difesa come convenuto, ma non per attribuire all amministratore o direttore la rappresentanza agli effetti della citazione da intimarsi (26). 88. Non sempre però la società commerciale è rappresentata in giudizio da coloro che la rappresentano nei rapporti giuridici ordinari, 0 da coloro che dallo statuto od atto costitutivo sono in¬ vestiti della rappresentanza giudiziale. Oltre alla rappresentanza generale (espressa o tacita) può darsi anche una rappresentanza speciale , la quale può dipendere 0 dalla sola volontà dei soci, o dalla particolare natura dell’azione e della parte contraria. Vi è dunque anzitutto rappresentanza speciale quando i soci eleggono un appo¬ sito rappresentante della società per un determinato giudizio (v. però rispetto ai terzi, retro, al n. 80). Vi è poi di diritto quando vi sia opposizione d’interesse fra la società e coloro che dovrebbero rappresentarla, 0 peggio, quando l’azione sia intentata dalla società contro di essi, 0 da essi contro la società. In tal caso la rappresentanza spetta in primo luogo ai sindaci (cfr. articolo 152, n. 1, cod. di com- (25) Lyon et Renault, II, n. 259 e 819; Vavasseur, Traité des sociétés civiles et comm., I, n. 164; Troplong, Sociétés, n. 691; Cass. Roma, 21 febbraio 1879, Legge, 1879, I, 243; Cass. Torino, 16 dicembre 1883, Giur. Tor., 1884, 161, e nota. (26) App. Genova, 4 febbraio 1884, Eco di giur. comm., 1884, 195. Cfr. retro, n. 80. ORGANIZZAZIONE DELLA RAPPRESENTANZA GIUDIZIALE II7 mercio) (27): e, se anche i sindaci sono interessati o figurano nel giu¬ dizio, e gli statuti o atti costitutivi non dispongono al riguardo, potranno i soci designare caso per caso un rappresentante della società. Ciò avverrà di regola quando la società si fa attrice contro coloro che dovrebbero normalmente rappresentarla. Se invece essa è convenuta, trova luogo la disposizione del n. 3 dell’art. 136 cod. proc. civ.: « Se manchi la persona che deve rappresentare o assistere il convenuto, o la medesima abbia interesse opposto a quello del convenuto, e non vi sia chi la supplisca, il presidente della Corte o del Tribunale, il pretore o il conciliatore davanti a cui è portata la causa, nomina sull’istanza dell’attore un curatore speciale al convenuto ». 89. Un’applicazione assai interessante di questi principi ab¬ biamo nel caso dell’azione in responsabilità promossa contro gli amministratori di società anonime, su cui convien fermarsi un mo¬ mento per chiarire alcuni concetti dubbi e tuttavia controversi in dottrina ed in giurisprudenza. Il carattere giuridico degli amministratori di tali società è senza dubbio — come già dissi — quello di mandatari: mandatari ad un tempo dei soci costituiti in universalità e della persona giuridica società. Mandatari dei soci per ciò che riguarda l’esecuzione del contratto sociale nei rapporti interni: mandatari della società per¬ sona giuridica per tutto ciò che riguarda l’esercizio del commercio sociale. La responsabilità a cui essi possono andare incontro è natural¬ mente duplice; contrattuale rispetto ai loro mandanti per il dolo o la colpa commessi nella esecuzione del mandato; extracontrat¬ tuale rispetto ai terzi, per il dolo e la colpa commessi fuori del man¬ dato. La responsabilità degli amministratori per il dolo e la colpa commessi fuori del mandato deriva dalla legge: e quindi anzitutto, dalla regola generale posta dall’art. 1151 cod. civ. e poi, più specifi¬ camente, dalle disposizioni dell’art. 147 cod. di comm. Rispetto alla società (persona giuridica) ed ai soci la responsabilità degli am¬ ministratori è sempre contrattuale e deriva dal mandato ricevuto. Essi quindi rispondono sia del dolo che della colpa, commessi nella esecuzione del mandato (art. 1746 cod. civ.) (28): coll’avvertenza, (27) Vivante, Trattato, I, n. 452. (28) A torto quindi il Mori, L’amministrazione, ecc., I, n. 125, parla di respon¬ sabilità extracontrattuale verso la società, per abuso di mandato. Quando — come egli dice — l’atto illecito è commesso fuori della sfera del mandato, non in esecuzione, LA KÀFFBESENT.ANZÀ IN GIUDIZIO it8 quanto alla colpa, che la responsabilità è più o meno rigorosa,, se¬ condo che il mandato è, o non, gratuito. Ad ogni modo, l'art. 147 cod. di commercio la dipendere la colpa e la responsabilità dalla sola inosservanza in genere, dei doveri imposti agli amministratori dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto. Ciò premesso, la questione, che ha molto affaticato la dottrina e la giuri sprudenza j di vedere cioè a chi spetti 1 azione contrattuale (mandati) di responsabilità, se all'assemblea o ai singoli soci mi sem¬ bra debba essere abbastanza chiaramente risolta. Mandanti degli amministratovi sono, ad un tempo, la persona giuridica società, ed i soci. Sì noti bene però, non i soci uii singulti individualmente, ma i soci costituiti in universalità, in collegio: gli amministratori sono quindi i rappresentanti della collettività dei soci: collettività che per quanto risulti dal complesso dei singoli non e lo stesso che i singoli soci presi isolatamente; essa ha una volontà propria, che è la risultante della volontà dei singoli, ma non è la volontà dei singoli; è invece la volontà della maggioranza obbligatoria anche per la minoranza (art, 163 cod. di comm.)* Per quel che riguarda dunque gli amministratori come rappresentanti della collettività dei soci (nei rapporti interni) ben può dirsi che l'azione in responsabilità spetta alla collettività dei soci, cioè all'assemblea generale. Per quel che riguarda poi gli amministratori come mandatari della società persona giuridica, l'azione in responsabilità spetta naturalmente alla persona giuridica. Ma ogni persona giurìdica deve avere un organo deliberativo che rappresenta la sua volontà: ora per la società anonima questo organo deliberativo è l’assemblea generale, aha quale spetta decidere se e come debba essere intentata l'azione in responsabilità. In conclusione, per quel duplice carattere di per¬ sona giuridica e di collettività non personificata, che abbiamo ri¬ scontrato nella società commerciale, si può dire che nell’assemblea della società anonima risieda tanto la volontà collettiva dei soci, che la volontà dell 1 ente sociale. Come organo della volontà collet¬ tiva dei soci, ad essa spetta decidere sull'azione in responsabilità contro gli amministratori per quella parte del mandato di essi che si riferisce ai rapporti sociali interni: come organo deliberante della persona giuridica società, essa decide sull'esercizio e sul modo di esercizio della stessa azione per quella parte del mandato che si ma in abuso del mandato, la responsabilità relativa resta sempre contrattuale e non diventa per ciò extracontrattuale, ORGANIZZAZIONE DELLA RAPPRESENTANZA GIUDIZIALE Iig riferisce ai rapporti esterni. Talché, da qualunque lato si guardi la questione, è nell’assemblea generale, organo integratore ed armoniz¬ zatore, che risiede, in definitiva, il diritto di decidere il se ed il come Fazione di responsabilità debba essere intentata. Ad essa, organo della volontà collettiva dei soci, e della volontà della persona giu¬ ridica società, che ha conferito il mandato, spetta il chiederne conto agli amministratori. Non è il socio singolo che ha conferito il mandato, ma hassemblea: sarebbe strano che chi non ha conferito il mandato, potesse poi esercitare le azioni che ne derivano (29). Quanto alla rappresentanza simultanea delle società (ente) e della collettività dei soci per il giudizio di responsabilità, l’articolo 152 dà una regola generale, devolvendola ai sindaci. Ma se i sni¬ daci risultano incompatibili a tale ufficio, deciderà l’assemblea stessa caso per caso, a chi l’incarico debba affidarsi. In tutti i modi, è alla sola assemblea, e non ai soci singoli che compete il diritto di promuo¬ vere l'azione in responsabilità contro gli amministratori (30). (29) Quindi tanto nella teoria che nega la personalità giuridica delle società commerciali, quanto in quella che l’ammette, sia assolutamente, che limitatamente, la conclusione, rispetto alla questione che ci preoccupa, deve essere sempre la stessa. (30) V. per l’azione collettiva la ben motivata sentenza della Corte d’Appello di Milano 18 giugno 1889, Foro ital., 1889, I, 911 e nota; App. Torino 23 dicembre 1890, Giur. Tor., 1891, 100; Cass. Torino, 31 dicembre 1890, Foro ital., 1891, 1, 256; App. Torino 9 febbraio 1891, Giur. Tor., 1891, 241; App. Torino 20 febbraio 1897, Giur. Tor., 1897, 504. V. anche Marghieri nel Comment. di Verona, p. 313; Otto- lenghi, Il cod. di comm., II, p. 534; Franchi, Manuale di dir. comm., I, p. 106; Chi- roni, Colpa extracontrattuale, I, n. 68 e soprattutto Vivante, I, n. 549. Per l’azione individuale v. invece: Bolaffio, nella Riv. ital. per le scienze giuridiche, X, p. 78; Danieli nel Dir. comm., 1884, 453; Vidari nel Fir. comm., 1891, 465; Mori, L’ammi¬ nistrazione, ecc., I, n. 141. Nel senso del testo concordi la dottrina e la giurispr. tedesca, Entsch., XIX, p. 178; Ring, Das Reichsgesetz betreffend die Kommanditgesellsch. und die Aktiengesellsch., II, p. 520, 652; Hergenhahn, Der Vorstand der Aktiengesellschaft, Leipzig, 1893, p. 338, il quale nota giustamente che se un dubbio poteva esservi in Ger¬ mania prima della legge 18 luglio 1884, questo scomparve dopo le disp. degli art. 204, 226, 241 sostituiti da questa legge agli antichi del cod. generale del 1871. La giurispr. francese è invece prevalente in favore dell’azione individuale: v. App. Bourges, 15 aprile 1891, Journ. du Palais, 1894, I, 330; Cass. frane., 19 marzo 1894, Journ. du Palais, 1896, 1, 261; App. Parigi 6 febbraio 1896, Journ. du Palais, 1897; 2, 132. Si noti però che in Francia c’è la disposizione degli art. 17 e 39 della legge 24 luglio 1867, la quale permette agli azionisti rappresentanti almeno il ventesimo del capitale sociale di incaricare uno o più mandatari di sostenere l’azione in responsabilità contro i ge¬ renti e membri del consiglio di sorveglianza. V. tuttavia per l’azione collettiva Cass. francese, 12 agosto 1889, Journ. du Palais, 1892, 1, 349. Quando specialmente sia in¬ tervenuto un voto dell’assemblea che scarichi l’amministratore da ogni responsabilità, la giurisprudenza francese dichiara inammissibile l’azione individuale: Cass. francese gtx Anche coloro che rappresentano la società fuori della sede centrale, nelle succursali, o altrove, hanno facoltà di stare in giu¬ dizio per essa (art, 375 cod. di coirmi.) per le obbligazioni dipendenti dagli atti intrapresi nell'esercizio del commercio a cui sono preposti. Essi, essendo veri insti tori {art, 367 coch di cornivi.} e la loro facoltà di rappresentare in giudizio derivando da questa qualità (art. 375 cod. comm.) non hanno alcun bisogno, per rappresentare la società in giudizio, di esibire il mandato giacché questo può essere anche conferito tacitamente (art. 369, 370 cod. dì comm.: v. in seguito, ri. 91). S'intende che tale facoltà, appunto perchè facoltà, non esclude che invece per le stesse azioni possa stare in giudizio il rappresen¬ tante generale della società. Quindi i terzi potranno convenire in giudizio, invece del rappresentante preposto allo stabilimento se¬ condario o alla succursale, il rappresentante generale della società, e alla sua volta il rappresentante generale può stare in giudizio contro i terzi per le stesse azioni. Che la rappresentanza dì cui all:'art. 375 non tolga la rappresen¬ tanza generale della società risiedente nel direttore o negli ammini¬ stratori, è certo. Dubbio è. invece se una espressa disposizione del¬ l'atto costitutivo 0 dello statuto possa derogare all'articolo 375 cod, di conim. stabilendo che la rappresentanza di essa in giudizio risieda nel solo direttore generale, o, in genere, in certe persone de¬ terminate soltanto. Intanto certo è che la disposizione dell'art. 375, il quale concede allestitore di promuovere azioni ed essere con¬ venuto in giudizio per le obbligazioni dipendenti dall'esercizio del commercio a cui è preposto, non è una disposizione d'ordine pub¬ blico, Essa infatti fu stabilita al solo scopo rii facilitare la risoluzione delle controversie dipendenti da affari conclusi dal rappresentante generale molte volte in luoghi lontanissimi dalla residenza del suo preponente (31). E neppure può dirsi che tale regola sia una pura con¬ seguenza del mandato, perché noi possiamo benissimo immaginare un mandatario anche generale senza facoltà di rappresentare in giu¬ dizio il mandante. Non sì tratta, in questo caso, che di una agevola¬ zione di più concessa dalla legge per favorire il traffico mercantile, 9 luglio iSSS, Sirey, rSSg, T. 361; App, Lione. 28 gennaio 1890 J óurn , du Palaìs, 1893, 2. 52. (31) Pagani nel Commento di Castagnola e Gianzana sulfart 375 n. 71. p. 3S7; Parodi, fazioni dì dir. commerciale. Genova. 1857, 1 , p. 96-97. W ORGANIZZAZIONE DELLA RAPPRESENTANZA GIUDIZIALE 121 e non già dunque, di un naturale negotii. Posto ora il principio vigente nel nostro diritto, che il mandato pubblico deli’institore può essere limitato, sempre che la limitazione non sia contraria all’indole del mandato o albordine pubblico (32), ne deriva che una limitazione per la quale all’institore venga sottratta la capacità di rappresentare in giudizio il mandante, è perfettamente lecita (33). 91. Questo il principio. La cui applicazione però alle società commerciali presenta qualche difficoltà. Infatti l’art. 92 cod. di comm. stabilisce che se la società istituisce una o più rappresentanze fuori della giurisdizione del tribunale ove si trova la sua sede, o quella degli altri stabilimenti sociali, il mandato conferito al rappre¬ sentante deve essere depositato, trascritto ed affisso presso il tri¬ bunale di commercio nella cui giurisdizione è istituita la rappresentan¬ za. Il che vuol dire, in altri termini, che l’estensione e i limiti del mandato conferito al rappresentante di una società devono essere fatti sempre conoscere in quei modi speciali di cui all’art. 92 cod. di comm. (34), non basta quindi che lo statuto sociale, o l’atto costi¬ tutivo abbiano escluso i rappresentanti dalla facoltà di stare in giudizio per la società: è necessario inoltre che tale esclusione risulti espressamente dal mandato. Alla questione posta quindi mi pare sia da rispondere negativa- mente, ma non già nel senso che la società non può concentrare nel solo direttore o in altra persona la sua rappresentanza giudi¬ ziale, bensì nel senso che tale deroga all’art. 375 deve risultare da una dichiarazione espressa del mandato e non già dal solo statuto o atto costitutivo. Nè con questa soluzione si disconoscono i diritti dei terzi, i quali hanno contrattato col rappresentante, e che fida¬ vano nel disposto della legge per poter convenire il medesimo in caso che sorgessero controversie circa i rapporti giuridici con esso (32) Vivante, Trattato, I, n. 230 e 233. (33) Il Perrone, La garentia dei terzi in materia commerciale, Napoli, 1896, p. 388 a torto ritiene la disposizione dell’art. 375 una garentia pei terzi, mentre essa è diretta ad agevolare, tanto per la società che pei terzi, la risoluzione delle controversie dipendenti da certi rapporti contrattuali. (34; Ciò non è punto in contraddizione con quanto abbiamo detto più sopra (n. 90) che il mandato deU’institore di una società commerciale può essere anche con¬ ferito tacitamente. In questo mandato si devono distinguere due elementi: il fatto del conferimento, che può essere anche tacito (art. 369, 370 cod. di comm.) e il conte¬ nuto del mandato che deve essere sempre espressamente manifestato (art. 92 cod. di comm.). 22j£v I22 la rappresentanza in giudizio costituiti. I terzi infatti, mediante la trascrizione ed affissione del mandato (art. 92) erano stati avvertiti delle limitazioni appostevi, e non se ne possono per conseguenza lagnare (35). 92 Particolare importanza presenta lo studio della rappre¬ sentanza giudiziale delle società ferroviarie. In forza della legge 27 aprile 1885, di regola tale rappresentanza spetta al direttore generale. >. • ; r'ì È 1 93. Una rappresentanza eccezionale è però attribuita limita¬ tamente alle azioni derivanti dal contratto di trasporto, all'agente ferroviario preposto alla stazione di partenza o di arrivo (art. 872 cod. di comm.). Dico una rappresentanza eccezionale perchè il capo stazione non può, a rigore, dirsi un institore che, a termini dell’art. 375 abbia facoltà di promuovere azioni ed essere convenuto in giu¬ dizio in nome del preponente, per le obbligazioni dipendenti dagli atti da lui intrapresi nell’esercizio del commercio al quale è preposto. Il capo stazione non è infatti preposto al commercio della società: egli ha funzioni assai più limitate: ed è più tosto un semplice impie¬ gato che un vero institore. Egli non può far altro che vendere i bi¬ glietti consegnatigli dalla amministrazione per il prezzo da questa stabilito, e assumere il trasporto delle merci alle condizioni prescritte dalla amministrazione: neppure si può dire che il trasporto sia da lui o sotto la sua sorveglianza e responsabilità eseguito: da lui non dipende che il principio della esecuzione del contratto (3Ò) • Ciò posto, è solo per una ragione di opportunità che la legge ha attribuito al capo stazione questa rappresentanza della società. Ecco in quali termini il capoverso dell’art. 872 stabilisce questa rappresentanza: «Le azioni derivanti dal contratto di trasporto possono proporsi dinanzi all’autorità giudiziaria del luogo in cui risiede un rappresentante del vettore, e, se si tratti di strade ferrate, dinanzi all’autorità giudiziaria del luogo dove trovasi la stazione di partenza o quella di arrivo. A tale effetto le disposizioni dell’art. 872 si applicano all’agente ferroviario preposto alla stazione ». 94. La espressione non molto chiara di questo articolo può lasciar adito a qualche dubbio. Nella prima parte infatti del capo- :: : ... ..... ,. ORGANIZZAZIONE DELLA RAPPRESENTANZA GIUDIZIALE 123 % verso è stabilita, per le azioni derivanti dal contratto di trasporto, la competenza dell'autorità giudiziaria del luogo ove il vettore ha un rappresentante. Per le azioni derivanti dal contratto di trasporto per ferrovia è competente il tribunale della stazione di partenza e di quella di arrivo. La seconda parte del capoverso equipara i capi delle stazioni, agli effetti della rappresentanza in giudizio, agli insti- tori, di cui all’art. 375. Ora si potrebbe dubitare che il solo fatto di essere capo della stazione di partenza o di arrivo basti ad attri¬ buire la rappresentanza giudiziale di tutte le società che sono inter¬ venute nel trasporto, e che quindi il capo della stazione di arrivo, benché dipendente da altre società, possa essere legalmente conve¬ nuto ed agire in giudizio (art. 375) anche in nome della società che ha concluso il contratto di trasporto alla stazione di partenza: e viceversa, che il capo della stazione di partenza possa essere citato in nome della società da cui dipende la stazione di arrivo. Ma questo — come sostiene anche il Gasca — non ha voluto il legislatore. Debbo però notare come non sia da accogliersi la in¬ terpretazione che il citato scrittore vorrebbe dare all’art. 872, per confortare la sua opinione. Per il Gasca il legislatore, dopo aver detto che l’azione, se si tratta di strade ferrate, può proporsi dinanzi all’autorità giudiziaria del luogo dove trovasi la stazione di partenza o quella di arrivo, ha voluto, nella 2 a parte del capoverso delTart. 872, dare la spiegazione, la giustificazione di questa regola: « a questo effetto le disposizioni dell’art. 375 si applicano all’agente ferroviario preposto alla stazione ». La frase a questo effetto per il Gasca si ri¬ ferisce al modo con cui il legislatore ha ottenuto lo scopo di stabilire la competenza del tribunale della stazione di partenza e di arrivo; il mezzo adottato sarebbe stato quello di considerare il capostazione come un institore della società. Questo dimostra — per il Gasca — che il capo-stazione deve essere dipendente dalla Compagnia smessa (37). Pur concordando — come già dissi — nelle conclusioni col Gasca, non posso aderire senz’altro alle ragioni a cui egli s’appoggia per giungervi. Noto anzitutto che la conclusione del Gasca non risponde rigorosamente alle premesse. Non trattandosi infatti che di una finzione di legge per cui il capo-stazione sarebbe ritenuto institore al solo scopo di radicare la competenza, non si vede perchè esso do¬ vrebbe essere un dipendente della Compagnia. La verità è invece che il legislatore nella seconda parte del capoverso ha voluto soltanto Gk _ (37) Gasca, Il codice ferroviario, II, p. 951. ........ . ; .... ... . ... 124 LA RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO stabilire le conseguenze, rispetto alla rappresentanza in giudizio, della competenza speciale stabilita nella prima parte: a questo effet¬ to le disposizioni dell’art. 375 si applicano all’agente ferroviario preposto alla stazione. Vale a dire che l’agente ferroviario preposto al¬ la stazione può al pari dell’institore, promuovere azioni ed essere con¬ venuto in giudizio in nome del preponente. Ora chi può essere il pre¬ ponente? La società da cui il capo-stazione dipende, evidentemente; giacché la legge dice: l’agente ferroviario preposto alla stazione. Egli certo non può essere preposto che dalle società di cui è un impiegato. 95. Oltre al direttore generale (per tutte le azioni giudiziarie sia attive che passive della società) ed ai capi delle stazioni di par¬ tenza e di arrivo (per le sole azioni derivanti dal contratto di tra¬ sporto), conformemente a quanto dicemmo più sopra (n. 90) per le società tutte in genere, ogni altra persona la quale abbia veste giuridica di institore della società ferroviaria, è investita della rappre¬ sentanza giudiziale della medesima, limitatamente alle obbligazioni derivanti dal commercio a cui è preposta. Il decidere quando questa qualità di institore concorra, è questione di mero fatto, e dipende dal vedere quali sono, caso per caso, i poteri conferiti al rappresen¬ tante (38). Come regola generale però può dirsi che i funzionari di¬ pendenti dalle società, a cui sono affidate funzioni tecniche, in modo che il rapporto giuridico intercedente tra essi e la società risulti più una locazione d’opera che un mandato, non si possono dire facoltiz- zati a rappresentare in giudizio la società (39). §2 .Le società in liquidazione. Sommario: 96. Rappresentanza delle società commerciali durante la liquidazione. — 97. Quando incominci la rappresentanza dei liquidatori. — 98. Periodo inter¬ medio tra lo scioglimento e la regolare costituzione dell’ufficio dei liquidatori. — 99. Conseguenze della rappresentanza dei liquidatori rispetto agli antichi (38) Cfr. Casilli, r\.e\Y Ann. critico di giurispr. pratica, 1896, II, no. È irrile¬ vante quindi che l’impiegato della società sia anche gerarchicamente di grado supe¬ riore a quello di capo stazione, come ad es.: un direttore di trasporti, un ispettore, ecc. Questi non potranno rappresentare in giudizio la società: App. Bologna 29 dicembre 1885, Dir. comm., 1885, 306. (39) Così l'ingegnere capo di reparto incaricato della direzione di determinati lavori. Cass. Napoli, 27 gennaio 1893, Foro ital., 1894, I, 80; e neppure il direttore di un ufficio di costruzioni: Cass. Roma, 4 maggio 1894, Foro ital., 1894, 1, 656. I fTrfttiTH OKG A NIZZÀZ IONE DELLA BAPPHE SENTAMI A GIUDIZIALE 125 amiuirnstratód, — 100. Caso di più liquidatori. — 101, Effetti del fallimento di uno o più soci sulla rappresentanza dei liquidatori — 102. Nelle società in nome collettivo ed in accomandita semplice e nelle società in accomandita per azioni ed anonime. — 103. Eapprcsentanaa della società nel giudizio in cui s'im¬ pugna la messa in liquidazione della società. — 104. Da rappresentanza in giudizio spedate durante la liquidazione. Una decisione della Corte d‘Appello di Roma. — 105. Soluzione della questione. 106. Critica della sentenza. — 107. La rap¬ presentanza degli agenti della società nelle singole sedi o succursali non cessa per la messa in liquidazione, e non cessa neppure il mandato alle liti conferito prima di essa. 96. Nelle società in liquidazione la rappresentanza in giudizio spetta naturalmente ai liquidatori (art. 198 cod. di co mm,)< La so¬ cietà in liquidazione continuando ad esistere come persona giuridica (v. pag. 78, n. 51, nota 33), la posizione dei liquidatori è identica a quella degli amministratori; essi rappresentano nei rapporti coi terzi l’ente società: nei rapporti sociali la collettività dei soci: sono quindi, come gli amministratori, mandatari dell'uno e dell'altra (art. 205 cod. di comm.). 97. La rappresentanza dei liquidatori non incomincia se non dopo la pubblicazione deiratto di liquidazione (art, 198 cod, di comm.). Nel caso però di scioglimento antìcipi-rio, è necessario, rispetto ai terzi (1) che passi un mese dall'atto di scioglimento (art, 103 cod. di comm.)* Fino a che non sia pubblicato Tatto di liquidazione, nel primo caso, tino a. che non sia trascorso il termine di un mese, nel secondo, rispetto ai terzi figurano ancora come rappresentanti della società, gli amministratori antichi. Questi però possono chiedere di essere messi fuori causa, e i liquidatori possono intervenirvi. Gli amministratori devono avvertire i liquidatori delle azioni esercitate in loro confronto contro la società (2). 98. Nel periodo intermedio tra lo scioglimento della società e la regolare costituzione dell'ufficio dei liquidatori, chi rappresenta la società in giudizio? Se la società è convenuta, non v’ha dubbio che gh amministra¬ tori devono stare in giudizio per la società. E che non vi sia dub- {1] Qui il concetto di terzo si deve intendere striata sensn. trattandosi di una regola dipendente direttamente dalla conoscenza person-ak che altri può avere degli atti interni de 3 la società (v, n. 54}, (■2] Sraffa, La liquidazione, dette socuià commerciali, Firenze, T.S91, n. 51. 126 LA KAPPHZSEKTANZA IN GIUDIZIO bìo mi pare risulti chiaramente dalle disposizioni dell'arte 197 § 3 eod. di comm. in cui è stabilito: « Finche la nomina non sia stata fatta ed accettata, gli amministratori sono depositari dei beni so- ci ali e devono provvedere agli affari urgenti ». Ora il difendersi in giudizio è evidentemente un affare urgente, la cui procrastinazione può recare incalcolabili danni alla società. Per coloro poi che non conoscono il fatto della liquidazione, per essere estranei completamen¬ te alla società (terzi in senso stretto), c’è una ragione anche più forte per decidere nel senso più su accennato. Anche se la nomina dei liquidatori sia stata fatta ed accettata, essi non hanno alcun dovere di essere informati della esistenza dello stato di liquidazione finche non sia stato pubblicato Tatto di nomina dei liquidatori (art. 197 § 3). Invece, qualora si tratti di azioni che la società deve intentare, o di atti giudiziali da proseguire, la rappresentanza degli ammini¬ stratori è limitata dagli art. 197 § 3 ai soli affari urgenti (4). Ma se, malgrado questo divieto, essi intenteranno azioni o faranno atti giudiziari ciò non porterà affatto come conseguenza la nullità degli aiti fatti a loro nome, ma solo la responsabilità illimitata e solidaria degli amministratori verso la società (5). 99. Posto il principio, che la società in liquidazione continua ad esistere come persona giuridica, ma solo con scopo trasformato e con rappresentanza mutata, ne segue di conseguenza che la rap¬ presentanza esclusiva della società spetta ai liquidatori e questi non possono agire contro gli antichi amministratori come rappre¬ sentanti della società. Giustamente quindi decise la Corte d'Appello di Parigi che i liquidatori non possono citare in giudizio gli antichi amministratori di essa, affinché questi sentano, come tali, dichia¬ rare nulla una deliberazione presa dalTassemblea prima della liqui¬ dazione (6). Per la stessa ragione, nel periodo della liquidazione, le azioni in responsabilità contro gli antichi amministratori, devono (3) Vivai*te. Trattato. II, n. 705. (4) Gli amministratori potranno interporre appello: Cass. Firenze, 27 aprii* 1SS5, Dir . comm., 1885. 536. (5) VrvÀNTE, II, n. 705. Ctr anche Taetupahi, Della rappresentanza, n. 362, Sraffa, La Liquidazione delle soc. comm., n. 44, {6] App, Parigi 23 dicembre 1088 , Remte dès sociétés, TS89. 189, citalo da Sraffa, ORGANIZZAZIONE DELLA RAPPRESENTANZA GIUDIZIALE 127 essere esercitate dai liquidatori, nelle cui mani è concentrata, la rappresentanza della società (7). 100. Quando i liquidatori siano più, può sorgere questione sul modo con cui debba provvedersi alla rappresentanza giudiziale della società. In tal caso sono da distinguere quattro ipotesi prin¬ cipali: a) Sono stati nominati più liquidatori senza alcuna designa¬ zione di funzioni o del modo con cui devono agire. L'art. 205 del cod. di comm. stabilendo che i liquidatori sono sottoposti alle re¬ gole del mandato, rinvia alla disposizione dell’art. 364, per il quale, se più mandatari sono designati nello stesso atto e non è dichiarato che debbano operare congiuntamente, essi si reputano incaricati di operare l'uno in mancanza dell'altro secondo l'ordine nel quale il loro nome è indicato nell’atto di nomina. Questa disposizione di legge che fu detta arbitaria e lesiva della intenzione del mandante, a me sembra assai opportuna in materia di società commerciali in liquidazione, specie per ciò che riguarda la rappresentanza in giudizio. Coloro che vogliono infatti, convenire in giudizio la società in liquida¬ zione, nell’assoluto silenzio dell’atto costitutivo o dello statuto e dell’atto di nomina dei liquidatori, hanno diritto di sapere in nome di chi debbono intentare le azioni giudiziarie contro di essa. E, in forza del disposto combinato degli art. 205 e 364 cod. di comm., essi lo potranno assai facilmente, consultando l’atto di nomina: si rivol¬ geranno quindi anzitutto al primo nominato: in mancanza al secondo, e via di seguito (8). b) Sono stati nominati più liquidatori con mandato collettivo. datori, ma nel collegio, il quale, nelle sue determinazioni, delibera a maggioranza. Se questo non può essere completato per mancanza di accettazione da parte di alcuno dei nominati, la rappresentanza risiederà nel restante dei liquidatori, purché costituiscano la maggio¬ ranza (art. 364 § 2 cod. di comm.). Egualmente se per morte, falli¬ mento, rinuncia, revoca, viene a mancare alcuno dei liquidatori (7) Conformi Cass. francese 29 luglio e 12 agosto 1889, Revue des sociétés, p. 500 e 568; Sraffa, n. 57; Vivante, I, n. 551. (8) La dottrina francese invece, in caso di silenzio dello statuto o dell atto co¬ stitutivo. e dell'atto di nomina, reputa che i liquidatori non possono agire che congiun¬ tamente. V. Lyon Caen et Renault, II, n. 394. Conforme al testo Vivante, II, 1, n. 701. 128 LA RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO dopo la nomina, credo che la rappresentanza continui a risiedere nel resto dei liquidatori. Il caso è perfettamente analogo al precedente, e come il precedente, mi pare debba essere compreso nella ipotesi del § 2 dell’art. 364: « Se è dichiarato che i mandatari debbano ope¬ rare congiuntamente, e il mandato non viene accettato da tutti, quelli che accettano si reputano autorizzati ad eseguirlo, qualora costituiscano la maggioranza dei nominati ». c) Sono stati nominati più liquidatori con facoltà di fare cia¬ scuno separatamente tutti gli atti della liquidazione. Ognuno sepa¬ ratamente potrà rappresentare la società, attrice o convenuta. d) Sono stati nominati più liquidatori con funzioni distinte. È il caso dei magistri divisis officiis del diritto romano (1. 1 § 13 de exerc. ad. Dig. XIV, 1). In questo caso ognuno rappresenterà in giu¬ dizio la società per ciò che riguarda le operazioni della liquidazione a lui affidate (arg. art. 375 cod. comm.). 101. Dicemmo che il carattere giuridico dei liquidatori è quello di mandatari: mandatari ad un tempo dell’ente società e della col¬ lettività dei soci. Ciò posto, potrebbe domandarsi se, in caso di falli¬ mento di uno o più soci, debba venir meno il mandato dei liquidatori. La questione si è di recente presentata alla Cassazione di Torino, la quale con sentenza 9 novembre 1896 (9) decise che il fallimento di uno dei soci della società in liquidazione non produce la cessazione da parte del liquidatore della rappresentanza della società. Ecco come ragiona la Corte: « Infatti il liquidatore non è un mandatario della società e tanto meno dei soci. Egli è più che un semplice manda¬ tario, perchè secondo la economia del nostro codice, in lui si trasfon¬ dono l’esercizio dei diritti tutti degli associati come formanti l’ente collettivo disciolto, non che i poteri degli amministratori. Perciò l’art. 205 cod. di comm. deve essere inteso con una prudente discre¬ zione, e le regole del mandato gli si devono applicare congrua congruis referendo ». Il ragionamento della Suprema Corte torinese non mi pare possa essere approvato: dire infatti che il liquidatore non è un mandatario della società e tanto meno dei soci non è punto esatto: bensì il con¬ trario è vero: egli è un mandatario tanto della società che dei soci. Sarà un mandatario sui generis , con poteri molto estesi, ma il rapporto giuridico che lo lega alle società ed ai soci è indubbiamente quello (9) Foro ital., 1896, I, 709. ORGANIZZAZIONE DELLA RAPPRESENTANZA GIUDIZIALE I2p del mandato. E il dover poi le regole generali del mandato essere ap¬ plicate ed adattate a questo tipo specialissimo di mandato non vuol dire che esse debbano invece essere, del tutto messe da parte. Ad altri principi bisogna dunque ricorrere per risolvere la que¬ stione. Considerando la società come sola persona giuridica, il dubbio sarebbe presto dissipato. II fallimento di un socio non produce in alcun caso il fallimento della società: dunque, non c'è ragione che esso debba produrre la revoca dei mandati conferiti dalla società. Ma non si deve dimenticare elle nella società ci sono alcuni rapporti (quelli sociali) per cui non si può ricorrere al concetto di personalità, e per i quali i rappresentanti della società sono effettivamente i rap¬ presentanti dei soci (io). Per questi il dubbio e possibile, e sarebbe grave addirittura nella teoria che nega assolutamente alle società commerciali il carattere di persona giuridica. Per risolvere la questione conviene premettere una osservazione circa la revoca del mandato per fallimento del mandante. Quale è la ragione per cui lo stato di fallimento del mandante produce di pieno diritto l'estinzione del mandato (art. 1756 cod. ciy.)? È presto: detto: nel mandato il mandante non fa altro che porre il mandatario in sua vece dichiarando che intenderà fatto da se stesso tutto quello che sarà fatto dal mandatario. E questa rappresentanza dura finché dura nel mandante la volontà di essere rappresentato e la capacità a voler essere rappresentato. Ma, diventato esso incapace per falli¬ mento, il mandato si deve naturalmente estinguere ipso jure. 102. Ciò premesso, è necessario distinguere tra liquidatori di società in nome collettivo e in accomandita semplice e liquidatori di società in accomandita per azioni ed anonime. Riguardo alle prime la legge richiede per la nomina il voto unanime dei soci (art. 197 cod. di coirmi,). Qui la volontà collettiva dei soci, e dell'ente giuridico, società che conferì il mandato e dalla cui permanenza esso dipende per espressa disposizione di legge, deve consìstere nel consenso unanime dei soci e non è altro che la somma delle volontà dei sìngoli Per conseguenza, il fallimento anche di un solo socio produrrà 1 estinzione del mandato. Riguardo alle seconde invece basta il voto della maggioranza dei soci rappresentanti almeno la {10} Da questa categorìa sono esclusi gli institeli, preposti alle sedi secondarie, il mandato dei quali non si riferisce mai a rapporti sociali ma solo all'escremo del commerciò, alla parto esterna della vita sociale. 9, À. Rocco, Le società commerciali. •■ ' •' 1 130 LA RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO metà del capitale sociale {art. 2IQ cap, cod* di coirmi,). Qui la vo¬ lontà collettiva e quella della persona giuridica società si esplicano colla volontà della sola maggioranza rappresentante almeno la metà del capitale sociale. Finché dunque la maggioranza dei soci, o, almeno un numero di soci tale che rappresenti la metà del capitale sociale, cada in fallimento, in modo che i soci restanti siano la minoranza o rappresentino meno della metà del capitale (caso rarissimo, per non dire impossibile a verificarsi in pratica), il mandato dei liquidatori non si estingue. La ragione del decidere sta qui, come si vede, nel diverso modo con cui deve essere organizzata quella che ò ad un tempo volontà collettiva dei soci e volontà dell'ente giuridico società. Siccome da essa dipende il conferimento ed il mantenimento del mandato, diventando difettosa agli scopi del mandato tale organizzazione, deve venir meno il mandato medesimo. 103. Si potrebbe dubitare se, nel giudizio in cui s'impugna la deliberazione con cui la società fu messa in liquidazione, abbiano a rappresentare la società gli amministratori cessati, oppure i liqui¬ datori. Ma è chiaro che solo ai liquidatori deve essere devoluta la rappresentanza. Non si può infatti opporre che sarebbe una petizione di principio il ritenere la rappresentanza legale della società nelle persone di coloro che traggono i loro poteri dalhatto che si vuole disconoscere. Ed invero: il ragionamento si potrebbe ritorcere, di¬ cendo che neppure si può ammettere che la rappresentanza abbia a risiedere negli amministratori, una volta che è controverso se i loro ■« poteri siano o no cessati. II fatto è che fino a quando la deliberazione non venga annullata, essa costituisce lo stato di diritto, da cui si * deve prender norma per stabilire quali siano le persone contro cui si deve agire in rappresentanza della società che si vuol chiamare in giudizio. Del resto formale nel senso citato mi sembra il disposto dell art. 163 comma 2, tfÀlle deliberazioni manifestamente contrarie al- 1 atto costitutivo, allo statuto 0 alla legge, può essere fatta opposi¬ zione da ogni socio, e il presidente del tribunale fili commercio, scn- mssMM»y i ^wass& 9 . ORGANIZZAZIONE DELLA RAPPRESENTANZA GIUDIZIALE 131 sentiti gli amministratori ed i sindaci. Concorrendo queste condizioni, il presidente del tribunale può ordinare la sospensione della delibe¬ razione. Ma se queste condizioni non concorrono, o se, anche con¬ correndo, il presidente non crede opportuno emanare il provvedi¬ mento sospensivo, la deliberazione ha effetto immediato (n). 104. I liquidatori hanno esclusivamente la rappresentanza in giudizio della società, oppure i soci possono nominare, per deter¬ minati rapporti e giudizi, persone specialmente delegate, ad esclusione dei liquidatori, a rappresentare in giudizio la società? La questione si è, di recente, presentata alla Corte d’appello di Roma, la quale la decise nel senso che i soci possono nominare spe¬ ciali loro rappresentanti in giudizio, all’infuori dei liquidatori. « Du¬ rante lo stato di liquidazione di una società commerciale — dice la Corte — la rappresentanza sociale, per le operazioni della liqui¬ dazione, è demandata ai liquidatori. Per tutto il resto però, soprav¬ vivendo 1 ente come forma unificatrice dei singoli, la rappresentanza giuridica della società risiede nell’assemblea generale, che è la società stessa organicamente costituita ed agente. Quindi l’assemblea degli azionisti, avente la rappresentanza giuridica delle società, può le¬ gittimamente conferire ad una speciale commissione il mandato di rappresentarla dinanzi ai tribunali e cosi rappresentare i soci azionisti uti sodi. « Siffatta commissione ha legittima veste per stare in giudizio onde difendere i diritti della società in liquidazione, cioè dell’ente collettivo, e con essa i diritti degli azionisti uti sodi. Infatti, ai sensi della legge, e giusta gli insegnamenti della dottrina e della giurispru¬ denza, lo scioglimento delle società commerciali non può conside¬ rarsi come termine della vita sociale. Lo stato di liquidazione fa venir meno i fini pei quali si erano associati, preclude loro la intrapresa di nuove operazioni di commercio, ma non scioglie il rapporto so¬ ciale, perchè la liquidazione è una modificazione dell’esistenza della società, non l’annichilimento della medesima. Allora soltanto che lo stato di liquidazione sia esaurito, le società cessano di esistere. Durante questo stato, per le operazioni della liquidazione, la rappre¬ sentanza sociale è demandata ai liquidatori. Per tutto il resto, la rappresentanza risiede nell’assemblea generale (12) ». (11) Conforme al testo, App. Roma, 18 aprile 1896, Temi Romana. 1986, 328. (12) App. Roma, 8 giugno 1895, Legge, 1895, 2, 140. 132 LA RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO 105, Vedemmo che, durante il periodo normale, di vita delie società, questa rappresentanza spedale è possibile (v. retro numero 88). La ratio dubitandi dunque in tema di società in liquidazione non può derivare che dall art. 193, codice di comm., il quale dice; (1 Pubblicato Tatto legale di liquidazione, nessuna azione in favore della società o contro di essa può essere esercitata, se non in nome dei liquidatori e contro di essi », Sì noti però che questa disposizione deve essere posta in correlazione con altre disposizioni. L'art. 203 infatti, stabilendo i poteri dei liquidatori ed includendovi la facoltà di stare in giudizio ed essere convenuto nell'interesse della liquidazione in ogni istanza civile 0 penale, vi appone la condizione; * salve le mag¬ giori 0 minori facoltà ricevute dm soci Da questo articolo risulta che si può benissimo concepire come, mentre ad alcune persone siano affidate le operazioni della liqui¬ dazione in senso stretto, la facoltà di rappresentare in giudizio la società sia devoluta ad altri. Per conseguenza, alla questione posta si deve rispondere nel senso che la facoltà di rappresentare in giu¬ dizio la società può essere affidata benissimo, sia in tutto che in parte, ad altre persone diverse da quelle incaricate delle vere e proprie operazioni di stralcio. Ma ben si comprende (ed è in questo modo che si coordina la disposizione dell'articolo 203 con quella de IT art. 193) come anche queste persone non siano che liquidatori: con incarichi spedali e determinati, ma liquidatori. Liquidatore è infatti la persona incaricata di procedere alle operazioni della liquidatone, le quali com¬ prendono dì necessità anche la facoltà di agire in giudizio, ed esservi convenuti. Senza di questa facoltà anzi — dice bene il Sraffa — le altre sarebbero tamquam non essent (13). La nomina di queste persone più specialmente incaricate della rappresentanza in giudizio può essere fatta sia nello statuto o atto costitutivo, 0 nell 1 atto di nomina dei liquidatori, sia anche con atto posteriore. In tal caso però questo atto deve essere pubblicato se¬ condo il disposto dell'art. iqj § 4 cod. di comm. 106. La Corte di Roma adunque, pur venendo a conclusioni esatte (14), è caduta in un grave errore, nella motivazione. Questo (13) Sraffa, La Hquidà ^ one , n. 49. (14) Stì il principio della Corte di Roma è esatto in linea generale, nella fatti- bpteie non irti pare che avrebbe, dovuto trovare applicazione. Si trattava infatti del diritto degli azionisti della Banca Romana di essere pagati della somma di lire 450 Xtì'IWffl.ì ORGANIZZAZIONE DELLA RAPPRESENTANZA GIUDIZIALE I33 errore dipende dolila confusione che essa fa riguardo alla condi¬ zione della società in liquidazione. È vero infatti che essa ammette che l'ente società sopravviva allo scioglimento e duri per tutto il periodo della liquidazione, ma poi viene a parlare dell'assemblea generale rappresentante generale della società, in contrapposto ai liquidatori, rappresentanti della società per ciò che riguarda, la li¬ quidazione: « Durante questo stato, per le operazioni della liquida¬ zione, la rappresentanza sociale è demandata ai liquidatori. Per tutto il resto, la rappresentanza risiede nell'assemblea generale». Concetto questo manifestamente erroneo, perchè la società in liquidazione non esiste — come già vedemmo — che allo scopo della liquidazione, e quindi, tolte le operazioni della liquidazione demandate ai liquida¬ tori, non saprei quali altre operazioni potrebbero restare, per le quali si darebbe questa ipotetica rappresentanza dell'assemblea generale. 107. Gli agenti della società che la rappresentano nelle sin¬ gole sedi secondarie, o succursali continuano nella facoltà di rap- presentare in giudizio anche dopo lo scioglimento e l'incomincia- mento della liquidazione? Senza dubbio. E vero infatti che, a ter¬ mini delTart. 1757, cod. civ. il mandato si estingue per la morte del mandante, a cui si può equiparare la fine delie società commer¬ ciali, ma, dato che la società per la messa in liquidazione non finisce, ma muta solo lo scopo, ne deriva logicamente che i. rapporti giuridici anteriormente costituiti, e quindi anche i mandati, debbono rimanere tuttavia in vigore (15). Egualmente deve dirsi che la sopravvenienza dello stato di li¬ quidazione non estingue il mandato alle liti già conferito dalla so¬ cietà, La società in liquidazione continuando ad esistere come persona giuridica, non è il caso di parlare neppur qui di estinzione del man¬ dato per morte del mandante (efr, art. 1757 cod, civ.) (16). promessa, dille banche che poi si Iuserò formando la Banca d’Italia: questo diritto veniva esercitato per mezzo di rappresentanti dalLassemblea degli azionisti. Era questo un diritto degli azionisti 1 #ti singult, e non già della società: la sommissione delegata a rappresentarli non si poteva, come ha latto la Corte, dire rappresentante della persona giuridica società: v. Ridolfi, nella Legge, 1895, 2, 149 ss. (T5) App. Venezia, 31 marzo 1881, Temi Venata, r88i, rBg; Trib, Geonva, 30 marzo 1893, Legga, 1895, II, qj. fi6) V. nel senso del testo, App. Venezia, 31 marzo 1S81, Temi Venata, 1881, 189 {già citata.} e la bella nota del Busatti, Faro Hai., 1892:, I, 973, (v. specialmente col. 975}; Vtvanite, Trattata, II, 1, n. 710. Contro, Cass. Napoli 27 luglio 189T, e 13 maggio 1892, Fora ita 1892, 1, 973 e 977. 134 LA RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO Piuttosto tanto nel caso degli institori che in quello dei man¬ datari alle liti potrebbe dubitarsi se il mandato debba dirsi estinto per cambiamento di stato del mandante. Che la società, cadendo in liquidazione, cambi stato, è indubitabile: basterebbe per con¬ vincersene, riflettere al profondo mutamento di scopo che essa su¬ bisce. Ma non ogni mutamento di stato estingue di per sè solo il mandato; lo estingue certamente quel mutamento in seguito al quale il mandante diventa incapace a fare quel determinato atto che forma oggetto del mandato. Se invece la capacità del mandante a com¬ piere tale atto o tale serie di atti persiste, non v’è alcuna ragione per ritenere che il mandato debba venir meno. Ora il mutamento di stato che la società subisce colla messa in liquidazione, se toglie la capacità di fare nuove operazioni, non toglie certamente la ca¬ pacità a continuare quelle incominciate, ed a stare in giudizio per queste. Per quel che rigurda dunque le operazioni già incominciate, il mandato degli institori non si estinguerà: e non si estinguerà neppure il mandato che ha per oggetto la rappresentanza speciale in giudizio relativamente a quelle operazioni (17). § 3. — Le società irregolari Sommario: 108. Rappresentanza in giudizio delle società irregolari. Principi generali. — 109. La rappresentanza rispetto a coloro che non intervennero (terzi strido sensu) e rispetto a coloro che intervennero nel contratto sociale. — no. Rap¬ presentanza in giudizio delle società irregolari in liquidazione. 108. Speciale interesse presenta, per quel che rigurda la rap¬ presentanza in giudizio, la posizione delle società irregolari. Quando è che una società deve ritenersi irregolare, dicemmo, e dicemmo pure che in tal caso, benché non esista, nè rispetto ai terzi, e tanto meno rispetto ai soci, l'ente società, la persona giuridica società, esiste invece il contratto di società. Non esistendo l’ente società, in compenso della mancata azione contro la società (ente), col relativo diritto esclusivo sul suo pa¬ trimonio, la legge ha accordato ai creditori sociali una azione verso coloro, soci, promotori, amministratori, che hanno operato in nome (17) Per la rappresentanza in giudizio delle società irregolari in liquidazione, v. in seguito (n. iio). ORGANIZZAZIONE DELLA RAPPRESENTANZA GIUDIZIALE della società (art. 98 cod. di comm.). Ma, poiché esiste un contratto sociale, in forza del quale la rappresentanza è devoluta a queste persone, esse si devono ritenere avere operato in nome di tutti i soci. A seconda poi che si tratta di società in nome collettivo, o in accomandita, o anonima, e di soci illimitatamente o limitatamente responsabili, i creditori sociali potranno pretendere, illimitatamente o limitatamente alla quota conferita o promessa, il soddisfacimento del loro credito. E poiché il contratto sociale esiste, a prescindere dalle formalità di cui agli articoli 87 e seguenti, è naturale che — come dice l’art. 99 — i soci non possano opporre ai terzi la man¬ canza di queste formalità. Nelle società irregolari adunque si può dire che coloro i quali dallo statuto o atto costitutivo, benché irregolare o non pubblicato, o per accordi in altro modo espressi dai soci, o anche tacitamente furono delegati a rappresentare la società (complesso dei soci) vin¬ colano i soci mandanti, e li rappresentano in giudizio per modo, che la sentenza contro essi ottenuta si può eseguire contro i soci, in quella misura, che la responsabilità da essi assunta nel contratto sociale comporta. 109. È questa la teoria esposta recentemente in modo chiaro e brillante dal dottissimo Bonelli, e che a me pare sia da acco¬ gliere pienamente. Invece credo sia da accogliere con molte riserve la affermazione sua che, a cagione della speciale importanza della rappresentanza sociale nelle società irregolari, si può dire che tutte 0 quasi tutte le norme procedurali che valgono per le società regolari, restano applicabili alle società irregolari (1). Per la rappresentanza in giudizio infatti di fronte a coloro che sono del tutto estranei al contratto sociale (terzi strido sensu) mi pare che la posizione delle società irregolari differisce alquanto da quella delle società rego¬ larmente costituite. Non esistendo in quelle uno statuto o atto co¬ stitutivo regolarmente redatto e pubblicato, e quindi regolarmente noto a coloro che non vi intervennero, questi non sono obbligati a citare in giudizio coloro che a tale ufficio furono più specialmente delegati (come sarebbe invece nelle società regolari) e neppure possono essere convenuti da essi, salvo che vi sia un mandato speciale espresso dei soci; ma hanno diritto di convenire invece quelle persone, colle quali vennero in rapporti giuridici in rappresentanza della società, (1) Bonelli, op . cit ., n. 21. X^6 LA RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO e da queste sole possono essere convenuti. 0, in altri termini, gli estranei alla società non sono obbligati a riconoscere altra rappre¬ sentanza della società, che quella derivante re ipsa, dal fatto di avere agito in nome della società: che se poi i soci vogliono essere da altri rappresentati in giudizio, devono far esibire dal loro speciale rap¬ presentante un mandato speciale. Questo rispetto a coloro che sono estranei del tutto al rapporto sociale. Rispetto a coloro invece che nel contratto sono intervenuti, la posizione delle società irregolari, è sì, identica a quella delle rego¬ lari, perchè tanto nelle mie che nelle altre esiste il contratto, re¬ golatore di tutti i rapporti. Un'ultima osservazione. La rappresentanza in giudizio delle so¬ cietà irregolari, mentre è obbligatoria per coloro che sono vincolati dal contratto, nel senso che questi non possono far valere i loro di¬ ritti collettivi verso i terzi che per mezzo della rappresentanza isti¬ tuita nel contratto: non è obbligatoria per gli estranei al contratto (terzi strido sensu) nel senso, che questi possono bensì convenire i rappresentanti per i diritti che essi vantano contro i soci, ma pos¬ sono anche, a loro talento, azionare i singoli soci individualmente. no. Alle società irregolari in liquidazione, sarà applicabile il disposto deir ari. 198 § 1, il quale stabilisce che, pubblicato Tatto legale di liquidazione, nessuna azione in favore della società o contro di essa può essere esercitata, se non in nome dei liquidatori o contro di essi? Posto che alle società irregolari si debbano applicare, di re¬ gola, le norme stabilite dalla legge per la liquidazione delle società commerciali in genere (2), io non vedo difficoltà a che la disposi¬ zione dell'art, 198 trovi la sua applicazione anche in tema di società irregolari, Lo Sraffa è di opinione contraria, perchè —dice egli — non è concepibile che la società irregolare (la quale non riveste i caratteri di società commerciale avente personalità giuridica oppo¬ nibile ai terzi) possa cominciare ad esistere come avente personalità opponibile ai terzi per il fatto ed al momento della liquidazione, che cioè cominci ad esistere come ente a sè, di fronte ai terzi solo perchè è cominciato per lei il momento di prepararsi a finire anche rispetto ai soci {3). D'accordo che la società irregolare non ORGANIZZAZIONE DELLA RAPPRESENTANZA GIUDIZIALE 137 riveste personalità giuridica, anzi che non la riveste in nessun modo, e a nessuno possa opporla, ma da ciò non deriva che i liquidatori non possono essere considerati come esclusivi rappresentanti in giu¬ dizio dei soci. Sarà una rappresentanza dei soli soci, invece che rap¬ presentanza della società, ma questa mi pare non sia una ragione sufficiente per disapplicare l’art. 198 cod. di comm. nel caso di so¬ cietà irregolari in liquidazione. TITOLO TERZO IL GIUDIZIO Capitolo Primo LA COMPETENZA § i. - La competenza per territorio e per valore Sommario: ih, La personalità, limitata e la competenza per territorio. — m. n) Cawi' péténza per territorio rispètto ni ferxi- Azioni della società contro i terzi. — 113. A- 2 inni dei terzi contro la società, — 114. Competenza dell'articolo go § 3 cod. prqc- civ. — 115. Competenza delTart. 873 cod. di cornili. — nò. Alla compe¬ tenza dell'art, 872 si pmù derogare? — 117. La competenza dell'art. 872 e la li¬ quidazione. Ufi. La competenza dell'art. 872 e U fallimento — 119. La com¬ petenza delPari. 872 e la moratoria. — 120. Competenza dell'art. 91 cod. proc. eiv, — 121.1 b) Competenza per territorio tra séwì (art. 96 eod. proc. civ.). Condi¬ zioni perchè si dia la competenza dell'art. 96, — 122. La competenza dell'art. qd e le mutue assicuratrici 123, Competenza territoriale nel caso in cui sia contro¬ versa l'esistenza stessa delle società o la qualità di socio. — 124, Giurisdizione dei tribunali italiani per le società straniere. — 123, La competenza per valore. Valore della causa quando sia controversa l'esistenza della società o La qualità di socio. iti. Co mpjitetvza per territorio. — Rispetto alla compe¬ tenza, il sistema della personalità giuridica limitala, il quale e real¬ mente il solo che risponda ad un concetto scientifico e allo stesso tempio armonizzi con tutte le disposizioni della legge positiva, as¬ sume una speciale importanza. La figura tradizionale delle società commerciali, persone giuridiche nei rapporti coi terzi, contratto nei rapporti sociali, si presentò alla mente del legislatore non solo quan¬ do si trattò di disciplinare il diritto materiale delle società, ma anche il diritto formale che ad esse si riferisce, vale a dire il modo di far valére in giudizio le azioni che dalla loro esistenza e dalla loro vita derivano. La competenza di cui è qui parola, è, in modo speciale, la com¬ petenza per territorio. Infatti il nostro codice di procedura civile ha chiaramente distinto in materia di società., la competenza per territorio rispetto ai terzi, dalla competenza rispetto ai soci. Rispetto ai terzi, cioè per le azioni non sociali, abbiamo molteplici 142 IL GIUDIZIO competenze. Riservandomi dì dirne in seguito paratamente, noto per ora quella generale de II'art. 90 § 3 cod, proc, civ. e quella del¬ ibar L 872 cod, di comm., per azioni dei terzi contro la società; quella degli art. 93 e 90 cod, proc. civ. per le azioni della società contro i terzij e infine quella dell'articolo 91 cod. proc. civ. per le azioni tanto della società contro i terzi, die dei terzi contro le società* Rispetto ai soci cioè per le azioni sociali abbiamo invece la sola competenza dell'art. 96 cod. proc. civ. Sulla enorme, importanza procedurale della distinzione tra rap¬ porti coi terzi e rapporti tra soci, non c'è quindi bisogno d J insistere. Per i primi, molteplici competenze, per i secondi, competenza ri¬ stretta al tribunale del luogo ove è il principale stabilimento della società (art. 96 cod. proc. civ.). Rispetto ai terzi (pei rapporti non sociali; infatti la necessità di facilitare i giudìzi, ha suggerito al le¬ gislatore la moltiplicazione della competenza: rispetto ai soci (cioè pei rapporti sociali) invece la necessità che le azioni derivanti dal contratto sociale siano proposte nel luogo dove il contratto mede¬ simo ha la sua esecuzione, almeno in modo principale, dove sono i libri e i registri sociali, impongono Facce ultamente della compe¬ tenza. Tutto ciò dimostra che la distinzione tra rapporti interni ed esterni, lungi dall'essere una costruzione arbitraria, risponde a tutto il sistema della legge positiva. Ciò posto, vediamo un pò più da vicino le regole riguardanti am¬ bedue queste specie principalissime di competenza. 112. À) Competenza per territòrio rispetto ai terzi , La società essendo nei rapporti coi terzi una persona giuridica, devono seguirsi i principi! generali della competenza territoriale, m quanto siano applicabili, per la speciale natura di una delle parti. Quanto alle azioni della società contro i terzi, nulla quaestio; l'azione reale immobiliare deve essere esercitata al forum rei silos (art. 93 cod. proc. civ.): razione reale mobiliare e l'azione perso¬ nale deve essere esercitata al foro del domicilio 0 della residenza del convenuto (art, 90 § 2). Nessuna questione quindi anche per le azioni reali immobiliari dei terzi contro la società. Ma riguardo alle azioni reali mobiliari e personali dei terzi contro la società, come dovrà determinarsi il domicilio della società? 113, 11 legislatore ci dà, all‘art, 90 § 3, un criterio assai sicuro: esso stabilisce che razione personale e l'azione reale sui beni nio- LA COMPETENZA I43 bili contro una società si propongono davanti l’autorità giudiziaria del luogo in cui è la sede dell’amministrazione o si trova uno degli stabilimenti sociali con un rappresentante della società (1). E l’art. 872 cod. di comm., completando la disposizione dell'art. 90 cod. proc. civ., per riguardo agli speciali bisogni del commercio, aggiunge per le società commerciali che le azioni reali sopra beni mobili de¬ rivanti da atti intrapresi per conto di una società nazionale ed e- stera dal suo institore o rappresentante fuori della sede sociale, possono proporsi dai terzi dinanzi all’autorità giudiziaria del luogo ove si esercita il commercio, o risiede l’institore o il rappresentante. Da questi due articoli si può desumere che, quanto alle azioni esercitate dai terzi contro le società commerciali, il legislatore ha stabilito tre categorie di luoghi ove la competenza può radicarsi: due per tutte le azioni in genere che si possono esercitare contro la società, ed una per le azioni dipendenti da atti intrapresi dal rappresentante in quel determinato luogo. 114. a) Per tutte le azioni in genere che i terzi possono inten¬ tare contro la società, competente è: anzitutto, il tribunale del luogo ove è la sede dell’amministrazione sociale: poi, il tribunale del luogo ove si trova uno degli stabilimenti sociali con un rappresentante della società (2). Che cosa è la sede delhamministrazione? che cosa è lo stabili¬ mento? A dire il vero, la nostra legislazione non è molto chiara nel determinare i concetti di sede della società, di sede dell’amministra¬ zione, di stabilimento, di principale stabilimento. L’art. 90 cod. proc. civ. parla di sede dell’amministrazione sociale e di stabilimento so¬ ciale: l’art. 220 cod. di comm. di sede e oggetto principale della im¬ presa: l’art. 846 cod. di comm. di sede semplicemente: infine l’art. 96 cod. proc. civ. di principale stabilimento. Vediamo dunque, giacché se ne porge il destro, di fissare questi vari concetti. (1) La regola vale tanto per le società civili che per le società commerciali. Il concetto del legislatore è stato quello di aver riguardo alla rappresentanza della so¬ cietà, il che posto, si comprende come abbia stabilito una norma unica così per le une che per le altre. Se infatti nelle società commerciali l’ente giuridico personificato nei suoi rappresentanti deve avere una sede, che corrisponde al domicilio ed alla re¬ sidenza della persona fisica, nelle società civili era anche necessario stabilire un luogo unico dove potessero essere convenuti i soci componenti la società. (2) Endemann, Der deutsche Civilprozess, Berlin, 1888, I, p. 258. 144 IL GIUDIZIO Sede sociale, sede dell'amministrazione sociale, è il luogo dove è l’esercizio effettivo dell’industria sociale (3). Perchè vi sia l’esercizio effettivo non è necessario che ivi sia anche Voggetto di tale esercizio. La distinzione è forse sottile, ma pure è fondata: l’oggetto di un’industria può essere in un luogo, e in un altro possono effettivamente centralizzarsi tutti gli atti che all’esercizio di quella industria si riferiscono (4). Così una compa¬ gnia di navigazione può avere la sua sede a Parigi, dove effettiva¬ mente si centralizzano tutti gli atti che si riferiscono all’esercizio dell’industria marittima, e far navigare altrove i suoi bastimenti. Una prova della giustezza di questa distinzione abbiamo nel- l’art. 230 cod. di comm., in cui è richiesto, perchè le società estere siano assoggetate in tutto alle disposizioni della legge italiana, che abbiano in Italia la loro sede, e l’oggetto principale della loro im¬ presa; vale a dire che sia in Italia non solo il luogo dove si centra¬ lizza l’attività sociale, ma anche dove è l’oggetto dell’industria. Il luogo, dove è l’esercizio effettivo dell’industria sociale, inteso così in largo senso, è anche quello del 'principale stabilimento. Per conseguenza le espressioni: sede della società: sede dell’ammini¬ strazione: luogo del principale stabilimento, sono equivalenti. La società infatti, sia come collettività, che come persona giuridica, (3) Ivi sarà la direzione, normalmente anche il Consiglio d’amministrazione, saranno tenuti i libri sociali, ecc. Cfr. Civilprozessordnung germ. § 19; J urisdiktionsnorm austriaca del i° agosto 1895, § 75. È questo il luogo dove « koncentrist sich die Wirk- samkeit der Korporation », come dice con frase energica il Wach, Handbuch des deut- schen Civilprozessrechts, Leipzig, 1885, I, p. 404, nota 21. V. anche Endemann, Der deutsche Civilprozess, Berlin, 1878, I, p. 258; Wetzell, System des ordentlichen Civil- prozess, 3 a ediz., Leipzig, 1878, p. 490; Helmann, Lehrbuch des deutschen Civilprozess¬ rechts fiir den akademischen und praktischen Gebrauch, Miinchen, 1885, I, p. 102; Ring, Das Reichsgesetz betreffend die Kommanditgesellschaften, ecc.,I,p. 185; Gareis u. Fuchs- berger, Das allg. deutsche Handelsgesetsbuch, 1891, Berlin, p. 397 e 424. (4) Vivante, Trattato, I, n. 290; Cass. francese 2 febbraio 1881, Le Droit del 2 febbraio 1881; Cass. frane. 30 gennaio 1882, Journ. du Palais 1882, I, 362; Sraffa, Il fallimento delle società commerciali, p. 61. Non si confonda però il luogo dove si centralizzano gli affari sociali, con il luogo, dove avvengono alcuni atti puramente interni della vita sociale, come la riunione dei soci, ecc. È questo un elemento affatto irrilevante, giacché dipende dal puro arbitrio delle società. Cfr. Wach, Handbuch des deutschen Civilprozessrechts, p. 404, nota 21; Helmann, Lehrbuch des deutschen Civil¬ prozessrechts, I, p. 102 ss. Quindi il fallimento di una società che tenga all'estero le riunioni dei soci, ma abbia in Italia il centro della sua attività, deve essere pronunciato dai tribunali italiani, perchè è in Italia la sua sede effettiva. V. Sraffa, Il fallimento, ecc., p. 60 e 61. LA COMPETENZA 145 si concreta in una amministrazione: questa amministrazione, dove la vita sociale si centralizza, è naturalmente il principale stabili¬ mento sociale, perchè da esso dipende tutta l'attività sociale. La sede sociale, la sede dell’amministrazione sociale, il prin¬ cipale stabilimento è per la società commerciale quello che per le persone fìsiche e singole è il domicilio o la residenza. Essa risulta anzitutto dalle indicazioni dell’atto costitutivo o dello statuto (art. 88, n. 2; 89, n. 1 cod. di comm.). Ma, in virtù del principio: plus valet quod agitur quam quod simulate concipitur , se in realtà il centro degli affari sociali è diverso da quello indicato dall’atto costitutivo o statuto, è ad esso soltanto che si deve aver riguardo (5). 114. Mi resta ora a stabilire che cosa sia lo stabilimento , e in che cosa differisce dalla semplice rappresentanza . Certo, il decidere quando si ha uno stabilimento, o quando una rappresentanza, è questione più di fatto che di diritto: ma ad ogni modo come criterio distintivo si può dire che gli stabilimenti sono i pochi e i principalissimi centri di attività sociale, da cui poi la vita sociale si irradia nelle rappresentanze: che dallo stabilimento di¬ pendono direttamente le rappresentanze, le quali solo a mezzo di quello sono in comunicazione colla sede contrale: che nello stabi¬ limento si esplica per lo più la parte industriale dell’attività sociale, mentre quella commerciale si esplica piuttosto nelle rappresentanze, ecc. ecc. (6). Inteso in questo senso lo stabilimento, se ne deduce che il tri¬ bunale del luogo ove esso ha sede è competente a conoscere di qua¬ lunque azione in generale venga intentata contro la società da un terzo (7). Non mi sembra quindi possa accogliersi l’opinione del Mor- tara che questa parte dell’art. 90 sia stata abrogata dall’art. 872 (5) Vavasseur, Sociétés civiles et commerciales, II, n. 250; Cass. frane. 5 di¬ cembre 1877, Sirey, 1878, 220; Cass. frane. 1° dicembre 1884, Dalloz pér., 1885, I, 372; Cass. frane. 4 agosto 1885, Revue des sociétés, 1886, 78; Cass. frane. 25 febbraio 1895, Journ. du Palais, 1896, I, 180. Anche la società naturalmente può eleggere domicilio in luogo diverso da quello della sede, e determinare così una nuova competenza (cod. civ. art. 19, cod. proc. civ., art. 40). V. la Civilprozessordnung germ. § 19, ult. cap., la disposizione della quale non fu toccata dalla legge 18 luglio 1884; v. Ring, Das Reichsgesetz betvefjend, ecc., I, p. 290. (6) Sul concetto di stabilimento v. Cass. Napoli, 9 marzo 1869, Giur. ital., 1869, b L 174- (7) App. Napoli, 30 aprile 1868, Giur. ital., 1868, I, 2, 346. io. A. Rocco, Le società commerciali. - 146 IL GIUDIZIO cod. di comm. (8). L’art. 872 infatti riguarda solo quelle azioni che derivano da atti compiuti dal rappresentante della società nei luoghi ove la società esercita il commercio,0 risiede l’institore o il rappre¬ sentante. Invece l’ultima parte del § 3 dell’art. 90 c. p. c., riguarda tutte le azioni in genere che si possono esercitare contro la società, anche non dipendenti da atti compiuti dal rappresentante che la società ha nello stabilimento sociale. È vero quindi che la disposizione dell’art. 872 è, in un certo senso più ampia di quella dell’art. 90. in quanto che parla degli atti com¬ piuti àdlY institore 0 rappresentante fuori della sede sociale, sembrando quindi comprendere anche gli atti compiuti dal rappresentante preposto ad uno stabilimento sociale. Ma in un altro senso invece è più ristretta, in quanto che parla solo di obbligazioni dipendenti da atti del rappresentante, mentre l’art. 90 contempla tutte le azioni che si possono intentare contro la società. E che questa sia l’inter¬ pretazione da darsi all’art. 90 cod. proc. civ., risulta dalla dicitura stessa dell’articolo: per esso basta, allo scopo di radicare la compe¬ tenza, che l’azione sia esercitata davanti all’autorità giudiziaria del luogo ove si trova uno degù stabilimenti sociali con un rappresen¬ tante della società. Ma non dice minimamente che dai fatti di questo rappresentante deve dipendere l’azione. 115. b) Per le azioni dipendenti da atti intrapresi per conto di una società commerciale dal suo institore o rappresentante fuori della sede sociale è competente tanto l’autorità giudiziaria del luogo dove il commercio è esercitato che quella del luogo, dove risiede l’institore o rappresentante. La duplice competenza si deduce, sia dalla lettera della legge, che adopera l’alternativa 0 (dove si eser¬ cita il commercio 0 risiede Vinstitore, ecc.) sia dalla ragione stessa delle cose, potendo darsi benissimo il caso in cui l’institore risieda in un luogo e eserciti il commercio anche in un luogo diverso (per es. a mezzo di suoi rappresentanti od agenti particolari). S’intende che gli atti dell’institore o rappresentante, per dar luogo alla competenza speciale dell’art. 872, devono essere com¬ piuti nell’esercizio del commercio a cui è preposto (art. 375 e 376 cod. di comm.) (9) e che per conseguenza l’azione deve avere per (8) Mortara, Manuale della procedura civile, I (2 a ediz.), Torino, 1898, n. 166. (9) App. Casale, io aprile 1891, Temi Genov., 1891, 216. LA COMPETENZA 147 oggetto un rapporto extra-sociale o, in altri termini, deve essere intentata da chi si presenta nella qualità giuridica di terzo (io). La formula stessa poi usata dalla legge «Le azioni personali e le azioni reali sopra beni mobili derivanti da atti intrapresi per conto di una società nazionale od estera dal suo institore o rappresentante fuori della sede sociale possono proporsi ecc. » dimostra che la com¬ petenza speciale da essa stabilita lo è a esclusivo favore dei terzi, i quali possono o no, valersene. Quindi giustamente decise la Corte d’Appello di Genova che Fazione può essere dai terzi proposta anche davanti all’autorità giudiziaria del luogo dove èia sede centrale (11). Per le società ferroviarie il legislatore ha stabilito, limitata- mente alle azioni derivanti dal contratto di trasporto, una compe¬ tenza eccezionale: quella cioè dell’autorità giudiziaria del luogo della stazione di partenza e di arrivo (12). 116. Alla competenza stabilita dall’art. 872 si può derogare? Certo, ma solo col concorso del consenso espresso o almeno tacito di coloro a cui favore la competenza speciale fu stabilita, non già per atto della volontà della società, la quale, ad esempio, nello sta¬ tuto sociale dichiari doversi tutte le azioni contro di essa proporre alla sede sociale. Il consenso tacito si può ammettere nel caso di azioni contrattuali, che i terzi intentano alla società giacché si può dire che essi, contrattando colla società, abbiano tacitamente ade¬ rito allo statuto. Se si tratta invece di azioni extra-contrattuali, il consenso del terzo a derogare alla competenza non c’è evidente¬ mente, nè espresso, nè tacito, e si devono osservare le regole che la legge ha stabilito (13). Terzo, nel senso dell’art. 872 è chiunque deriva le sue ragioni creditorie da atti compiuti dall’institore: quindi, non l’institore stesso: la competenza speciale si fonda ad un tempo nella qualità giuridica delle persone e sulla natura dell’azione (14). (io) Cass. Torino, 13 settembre 1894, Giur. tor., 1894, 798. (n) App. Genova, 2 febbraio 1894, Temi gen., 1894, 116 e noia. (12) Cfr. App. Firenze, 16 luglio 1889, Foro ital., 1890, i, 250 con nota del Mar¬ chesini. (13) La Corte d App. di Bologna, 19 aprile 1889, Foro ital., 1889, I, 817, ammise la derogabilità per volontà della società, senza alcuna eccezione. Nel senso del testo invece la giurisprudenza francese, Cass. 25 febbraio 1895, Journ. du Palais, 1895, I, 180. (14) In questo senso anche la giurisprudenza francese, benché manchi in quella legislazione una disposizione corrispondente al nostro art. 872: Cass. frane. 22 maggio 148 IL GIUDIZIO 117. La competenza dell'art. S72 vien meno quando la so¬ cietà si scioglie ed è posta in liquidazione? In tesi generale è, senza dubbio da rispondersi che no. E ciò per un duplice motivo. Anzi¬ tutto l'art. 19S § 4 cod. di canini. dichiara che continuano ad essere applicabili alle società in liquidazione le norme stabilite per le so¬ cietà esistenti, che non siano incompatibili colla liquidazione e salve le disposizioni generali. Ora la società in liquidazione, con¬ tinuando ad esistere sia come contratto che come persona giuridica, è chiaro che le ragioni, che hanno indotto il legislatore a stabilire la competenza speciale dell*art. 872 per le società durante il periodo della loro vita normale, debbono valere anche per le società in li¬ quidazione. Il fatto poi che la legge non ha stabilito nessuna regola speciale a questo riguardo per le società in liquidazione, mostra che ad esse sono benissimo applicabili le disposizioni dell'art. 87 Un altro argomento a favore di questa opinione, la quale del resto, è anche accolta dalla giurisprudenza (15), si può dedurre da ciò che ho detto più sopra a proposito dell'influenza dello scioglimento delle società e del passaggio allo stato di liquidazione sulla rappre¬ sentanza in giudizio degli agenti della società fuori della sede cen¬ trale. Dissi che il fatto della liquidazione non estingue il mandato di questi agenti: neppure quindi c'è ragione per cui debba venir meno la competenza della autorità giudiziaria del luogo ove questi rap¬ presentanti operano o hanno domicilio. 118. Se il passaggio della società allo stato di liquidazione non toglie la competenza dell'autorità giudiziaria del luogo ove risiede un rappresentante della società, o dove il commercio è esercitato, per gli atti compiuti dal rappresentante nell'esercizio del commercio a cui è preposto {art. 872 cod, di comm.) e tanto meno toglie la com¬ petenza deir autorità giudiziaria del luogo dove è uno degli stabi¬ limenti sociali (art. 90 ult. cap. cod. proc. civ.), diversamente è a dirsi nel caso in cui la società cada in istato di fallimento. Lari. 846 cod. di comm. infatti stabilisce che il fallimento di una società commerciale è dichiarato dal tribunale del luogo in cui la società ha la sua sede, e Fart. 685 aggiunge che il tribunale, da cui viene dichiarato il fallimento, è investito dell'intera procedura del falli- 1S54, Si-rety, 1854, I, 696; 3 gennaio 1870, Sirey. 1873, I, 60; 28 maggio 1S77, Siny t 1879. 1, 452; App. Algeri 2 marzo 1896, Jawv. du Palai*, 1896, 249. {15) CU Trib, Genova, 30 maggio 1895, Legge. 189^, FI, 91. LA COMPETENZA 149 mento, e conosce di tutte le azioni che ne derivano. L'importanza di questa disposizione di legge consìste appunto in dò che per essa tutte le azioni commerciali, nelle quali la società fallita avrebbe figurato come convenuta, si debbono proporre in confronto del cu¬ ratore al tribunale del luogo dove è la sede sociale (16). Si tratta quindi proprio .di una deroga alla competenza stabilita dall 1 art. 90 cod. proc. civ, riguardo agli stabilimenti sociali, e dall'art. 872 cod, di comm. riguardo al luogo dove risiede un rappresentante 0 dove è esercitato per mezzo di questi il commercio della società. Circa la competenza dell'art. 872 non v'ha, dubbio: ma neppure credo vi sia dubbio riguardo alla competenza deirautorità giudiziaria del luogo ove è uno degli stabilimenti sociali. La sede delle società infatti è solo il luogo dove si trova il centro delTamministrazione della società, la competenza deirautorità giudiziaria del quale nella pro¬ cedura di fallimento assorbe tutte le altre. Tutte le azioni giudi¬ ziarie quindi, posteriori alla dichiarazione di fallimento, che i terzi vogliono intentare contro la società, debbono essere proposte da¬ vanti al tribunale della sede sociale, investito della procedura di fallimento. 119. Alcune difficoltà presenta invece la questione della in¬ fluenza della moratoria sulla competenza. La questione è generale, ma assume una particolare importanza riguardo alle società commer¬ ciali, per la molteplicità dei fori competenti riguardo alle azioni che contro di esse si possono esercitare. Posto infatti — come, si ritiene in generale (17} — che la domanda di moratoria deve presentarsi al Tribunale del luogo che sarebbe competente per pronunciare il fallimento (18), sorge il dubbio, se lo stesso Tribunale sia investito (ró) BofiAtnc). Bel 'fctUUmn-tó net Commento di Castagnola c Gian zana, n. 24, (17) A sgoli, La moratoria e il concordalo pt&v&ntivo, Milano, 1896, n 72; Tartu¬ far!, La moratoria, Roma, 1895, n. 15. (18) Pèr la moratoria posteriore al fallimento non mi pare possa esservi dubbia sulla giuste22a di questa, soluzione. Infatti la moratoria, non essendo in tal casa che un episodio u un incidente dulia procedura dì fallimento, è naturale che per ottenere rammissione ai debba ricorrere al Tribunale che è Investito di natta ta procedura di fallimento. Può dirsi quindi che Pipctesi rientri nella disposizione delLart. 6S5 cod, di comm, Qualche dubbio può elevarsi invece sulla moratoria anterióre al fallimento, per la quale non si può invocare che l‘analogia delle disposizioni del fallimento. Sa¬ rebbe stato ad ogni modo opportuno clic il legislatore avesse dato esplicitamente alla questione, la soluzione accolta dalla dottrina. . ■ . : - - ■ eie, società). Una soluzione decisiva con credo possa esser data in questa materia: mi pare invece die occorra distinguere; se si tratta di azioni riguardanti direttamente l'istituto della moratoria, cioè dì azioni che nascono dalle norme die la legge sancisce per la concessione, il mantenimento e la chiusura della moratoria, competente sarà il Tribunale da cui la moratoria stessa fu concessa. Se invece sì tratti di azioni aventi altro oggetto che non l'osservanza delle regole poste dalia legge per Tistituto della moratoria, la competenza sarà rego¬ lata secondo i principi! generali (rg). 120. È applicabile alle società la competenza dell'arte 91 cod. proc. rivi? Senza dubbio. Nè si dica che per le società dispone esclu¬ sivamente Fari 90 ult. cap. cod. proc. civ. Infatti gli art. go e 91 hanno due obiettivi completamente diversi: tl primo regola la com¬ petenza per territorio avendo riguardo alle 'persone] il secondo in¬ vece regola la competenza per territorio avendo riguardo al luogo dove la obbligazione fu contratta 0 deve eseguirsi, e dove fu pro¬ messa o deve eseguirsi la consegna delle merci. Sarebbe poi strano che la regola dcibarL 91, che ha speciale importanza per le materie commerciali, dovesse soffrire un'eccezione appunto per le società commerciali, che sono tanta parte del commercio odierno (20). S'intende che la competenza deli'art. 91 cod. proc. civ. vale anche per le azioni che si possono intentare contro una società com¬ merciale 0 contro i soci di essa dopo lo scioglimento e anche dopo la divisione, perchè - come bene osserva la Cassazione di Torino — (19) La questione è stata agitata specialmetìfc a proposito delle azioni clic pos^ sono intentare i creditori del morato dissenziente nell'accordo amichevole dell'ari,, 825 cod- dì comm. Per la competenza esclusiva del Tribunale della moratoria in ogni caso si sono pronunciati: App. Genova, 27 luglio 1895, Foro itttl ., 1895, 1. 11 55 * F. Scialoia, nel Ftifo ita!.. 1894, 1, 672. Por la osservanza in ogni caso delle regole generali della competenza si è pronunciato invece Mortara, nella Gtur . Hai .. 1 894, IV. zt ] 1895, 1, 574, e Manuale, T, (2* édiz.), p. 129, nota. Nel senso del testo cfr. Ti'lb. Mi¬ lano, 16 aprile 1895, Giut . ito !., 1895, F. a, 253; Zigngni, L ‘ art . S25 del cod . iti cova *»-. nel Foro iial>, 1894, fase. VE, p. 32 dell'estratto. (20) App. Milano, 2 3 febbraio 1882, Moti-, dei TriF, 1SS2, 519: App. Venezia, 11 marzo 1SS9, Tenti Veneta 1889, .112. Così pure la giurisprudenza francese, rispetto allarL 420 del codice di procedura civile francese. V. da ultimo Cass. frane,, 9 maggio *894. Jottrn. du Palaia, 1 895, i, 36, e le sentenze ivi richiamate. IJJ LA COMPETENZA 151 la natura di un'azione deve desumersi dal fatto giuridico da cui è nata, e non può variare per effetto di circostanze sopravvenute (21), e- zi, B) Competenza per territorio fra soci. Della importanza, rispetto alla personalità giuridica, della competenza speciale stabilita dall 1 art. 96 cod. proc. civ. per le azioni tra soci, dissi a suo tempo. Ecco ora quello diedi spone barri 96: «L'azione tra soci si propone da¬ vanti bau tonta giudiziaria del luogo in cut è il principale stabilimento della società. Si propongono davanti le stesse autorità giudiziarie le azioni tra soci, anche dopo lo scioglimento e la liquidazione delle società, per la divisione, e per le obbligazioni clic da esse derivano, purché proposte entro un biennio dalla divisione », Il fondamento della competenza stabilita in questo articolo è analogo al principio da cui dipende reiezione di domicilio. Per le azioni derivanti dal con¬ tratto sociale la legge presume, con una presunzione mris t che ì soci, nello stipulare il contratto di società, abbiano eletto domicilio nel luogo, del principale stabilimento della società (22). Condizioni necessarie perchè si dia la competenza del)'art. 96 cod. proc, civ. sono quindi; a) che l'azione sia proposta tra soci. Le azioni, di cui parla il legislatore, sotto la denominazione gene¬ rica di azioni tra soci, sono tanto quelle proposte da un socio contro un altro socio individualmente, che come quelle proposte da mi socio contro gli altri soci come colici ti vi tà, che infine quelle proposte dalla collettività contro il socio singolo. Solamente, l’azione deve, in ogni caso, avere il suo fondamento nel contratto sociale 0 dada legge, in quanto disciplina i rapporti derivanti dal contratto sociale. La competenza delhart. 96 si dà per tutti coloro che si presentano come soci., ossia come titolari di un diritto o di un obbligo derivante dal contratto sociale. Per conseguenza, il terzo non socio che garan¬ tisce con obbligazione solidale il debito di uno dei soci verso l'altro, non è soggetto alla competenza dell'art. 96 cod. proc. eiv, (23). Lo è invece il surrogato del socio contro cui sì agisce per far dichiarar (21) Cassv Torino, io settembre 1895, Temi gen., 18.95, bog, Contro., ma. erronea,- mente. App. Genova 21 Luglio £894, Tenti gen., 1894, 550, ratinata dalia Cassazione di Torino calta sentenza citata, (22) "Relazione Pisaneli*!, in Guzzere, Commento al cod, di proc. civile, Verona, ,883-1896, T, p. 334 * (23) App. Torino, 6 dicembre 18S1, Giitr. t&V-, iS72, 87. IL GIUDIZIO *52 nulla la surroga, perchè Ino a che non siva decisa la questione, il surro¬ gato si deve ritenere come socio {24)» Da tutto ciò risulta evidente che la competenza deir art. 96 si stabilisce solo in forza del contratto sodale. Adunque un socio, chia¬ mato in giudizio davanti al tribunale del luogo dove è il principale stabilimento della società non potrà, per sottrarsi alla competenza di esso, eccepire che la società non è regolarmente costituita, a ter¬ mini degli art. 87 ss, cod. di comm,, mediante la formazione di un atto costitutivo in regola e la pubblicazione di esso nei modi di legge. Basterà per radicare la competenza del tribunale del principale sta¬ bilimento, l’esistenza del contratto dì società. b) che razione sia proposta durante la vita normale della so¬ cietà, 0 anche dopo lo scioglimento, e perfino dopo la divisione, pur¬ ché entro un biennio da questa. Se dopo lo scioglimento siano passati piu di due anni, ma la di¬ visione non sia ancora avvenuta, le azioni fra soci debbono ancora proporsi davanti all autorità giudiziaria del luogo del principale stabilimento,, perchè, fino a che non è avvenuta la divisione, perman¬ gono le ragioni per cui il legislatore stabilì la presunzione di elezione dì domicilio contenuta nell*art, 96 cod. procedura civile. Infatti, il luogo ove l'industria sociale si centralizzò, è anche quello dove le questioni relative alla divisione trovano con maggior facilità gli eie- menti per una giusta risoluzione (25). Il tribunale competente a giudicare delle azioni tra soci è quello del principale stabilimento della società. Il principale stabilimento dell art, 90 cod. proc, civ. è — come abbiamo visto precisamente lo stesso che la sede della amministrazione sociale dell’art, 06 (v. retro n - 113)* 122, La competenza delTarri 96 cod. proc civ, si applica anche alle mutue assicuratrici, per le azioni di risarcimento intentate dai soci, benché il contratto con cui il socio accedeva alla mutua sìa stato stipulato altrove. Deve applicarsi la competenza dell'art. 96 cod* proc. civ. e non quella denari. 872 cod. di comm., perchè l atri 872 parla solamente delle azioni proposte da terzi per atti intrapresi per (24J Àpp. Torino, 15 aprile 1871, &iur. ìt.. r, n 903 ss., dai Castellari. La competenza per connessione, Milano, 1S96. p. 359 ss., deve, nel caso concreto, applicarsi la regola in questione. Infatti oc elione in questo caso è proposta non formalmente perchè il giudice decida Sa controversia sulla esistenza 0 meno del vincolo sociale, ma al solo scopo di respingere c domande dell'attore, II giudice però dovrà in ogni caso esaminare recezione, non decidere la controversia. (iSJ Matti molo, II, n . 705 (nota}. (*9) Conforme Cass. Torino, 17 marzo 1887, Giur. tot., 18S7, 250. _ LA COMPETENZA 1 55 stranieri, si applichino anche alle società straniere, è chiaro. Sia in¬ fatti che si considerino come collettività non personificate di soci, sia che si considerino come enti giuridici, è evidente che esse rien¬ trano nella categoria degli stranieri, di cui alle citate disposizioni del codice di rito. Alle quali ri avvicinando quelle degli art. 90 e 96 eod. proc. civ. e 872 cod, di comm. risulta chiaro il sistema seguente: A ) La società costituita in paese estero ha noi regno la sua sede (30), in questo caso i tribunali italiani, e fra i tribunali italiani, quelli della sede, sono competenti a conoscere di tutte le azioni intentate contro la società (art. 90 cod* proc. civ,). B) La società costituita in paese estero ha in Italia uno stabili¬ mento, In questo caso i tribunali italiani (e più precisamente, quello dello stabilimento) sono competenti a giudicare {art, 90 c.p.c.) di tutte azioni non derivanti dal contratto sociale (salvo cioè le azioni fra soci, riservate dall'art, 96 cod. proc. civ. al tribunale della sede o stabilimento principale). C) La società costituita in paese estero ha in Italia una rappre¬ sentanza, In questo caso sono competenti i tribunali italiani e più specialmente quello del luogo dove si esercita il commercio o risiede il rappresentante, limitatamente agli atti compiuti dal rappresen¬ tante (art. 872 coti di comm.) (31). D) La società costituita all'estero non ha in Italia nè sede, nè stabilimento, nè rappresentanza, oppure, anche se ha rappresentanza, si tratta di azioni non derivanti da atti del rappresentante. In questo caso i tribunali italiani sono competenti (art. 105 cod. proc. civ.); a) se si tratta di azioni su beni immobili o mobili esistenti nel regno; (30) Sili, concetti di sede, stabilimento, rappresentanze. v. retro, t numeri 113 e 114. (31) Di fronte al preciso disposta dell'arl £74 end- di coirmi, non mi sembra si possa decidere diversamente, Invece là dottrina è la giurisprudenza francese riten¬ gono generalmente (estendendo molto il concetto di stabilimento) e he il tribunale del luogo ove una società straniera ha una semplice rappresentanza è competenti.- a giu¬ dicare di tutte le azioni, anche dipendenti da atti non compiuti dal rappresentante. V. Casa. francese, 20 agosto 1875, Sirey, 1&7Ó, 1 , 121; Casti francese, 4 marzo 1885, Sìrey, TBS5, 1, 169; App. Lyon, 29 marzo i8j£b Jouvn, des sociétis, 1S80. 302; App. NinieÈj 31 luglio 1885, Sirey, 1885, 2 t tSo; Trib. di comm. della Senna, 26 marzo J SS7, Gaiette dii Palais , 18S7 , n, del 20 luglio, Lyon Cakm et Renault, Traitt, I. n. 40Ó: Pineali, Des sociélés commerciale^ m droit interri atìmuU privi, Paris, 1894, p. 51 - V., tuttavia, App. Aix, 16 gennaio 1883; Journ. de droit intera, privi, 1883, 173, IL GIUDIZIO 5 ) se si tratta di obbligazioni derivanti da contratti o fatti seguiti nel regno, o che debbono avere esecuzione nel regno; c) ogni qualvolta la legge del paese, a cui la società appar¬ tiene, dichiara competenti ì suoi tribunali, per decidere delle azioni intentate contro società italiane. Nella giurisdizione italiana è competente anzitutto il tribunale del luogo ove è stabilito che debba esser eseguito il contratto: quando questo luogo non sia designato, è competente il tribunale del do¬ micilio e della residenza dell'attore (art, 106 cod. prroc, civ.). I2 5 - Competenza per valore. La questione che a questo pro¬ posito più di frequente si presenta nei giudizi delle società com¬ merciali, è quella di stabilire quale è il valore della causa, quando la somma domandata dipende da questioni che investono resistenza stessa della società o la qualità di socio di alcuna delle parti. Secondo alcuni, la causa deve ritenersi di valore indeterminato, e deve quindi pronunciarsi in ogni caso, anche quando la domanda sia inferiore alle 1500 lire, la competenza del tribunale (32}, Secondo altri invece si deve aver riguardo a tutto il fondo sociale, se viene in contestazione resistenza della società, e a tutta la quota del socio, se è la qualità di socio in alcuna delle parti che viene impugnata (33). Secondo altri infine non si deve tener conto che della somma doman¬ data (34), La opinione che in questi casi ritiene la causa di valore inde¬ terminato è da rigettarsi. Lart. 81 infatti del end, proc. civ. sta- bilisce:. “ “à di fare S tahLc 7 cheZl I T' dedU “ gÌÌ r ;,li arL mi «d. civ., ,1 quale prende die gli atti XoH' ,n termini generali non coni- qui è fuori di Z ^“Astrazione. L'art. x 74 i infatti del mandato non è ZmandatZ ^ SI , VP8&mo applicare le re S ole regole che il cod di ' / ° avde cPlJ SJ deve ricorrere, ma alle merciale ddfi'inst^ "Zmi^pì 37 ° J ' Stabllisce per U “andato coin¬ cidi'art 3 y 0 eod di ' " ‘ 1 e a me che anche stando al disposto " 7 d - * n ® possano gii amministratori, senza J.4) Troploug, Sociéiéì, n. r w , Arbitrat] necessari prima e rìm " i T - * ' na £ ravi opposizioni fette agii p. 33 , ss. * d0p0 11 Od 1807 . efr. R,v,r.,. v , gMui (5} Cfr. Vjvante, Trattato 1 n - VlDAKi, Corso, l n r n ' rla J artufari, Ozila fàpptesEntàma, ***** *• M,; Tit>. l1 ' TROPLONG ' LA COMPETENZA IÓI espressa facoltà loro conferita, stipulare compromessi. E valga il vero. Per Tari. 370 il mandato degli amministratori di società in nome collettivo ed in accomandita si deve presumere esteso a tutti gli atti appartenenti e necessari airesercizio del commercio per il quale la società fu costituita (6). Ora gli atti necessari al commercio, di cui parla l'art. 370, sono gli atti che hanno direttamene per oggetto ^esercizio del commercio della società, e non ogni atto in genere che potrebbe essere utile all'esercizio di un'azienda qualunque. Per conseguenza se l'oggetto della società, è la compra-vendita tir merci, gli amministratori potranno, sentendo, vendere le merci a loro af¬ fidate, perchè l'atto di alienazione ha direttamente per oggetto l'esercizio sociale, ma il far compromessi non ha nulla a vedere col¬ l'esercizio del commercio. Per quanto il compromesso sia un mezzo onde por termine alle questioni, e sia anche preferibile, nel commer¬ cio, alle lentezze ed agli intoppi del procedimento ordinario, ciò non basta per renderlo un atto appartenente e necessario alTesercizio del commercio. Se dunque dall J art. 370 l'amministratore, di una società in nome collettivo 0 in accomandita non può trarre il potere di sti¬ pulare compromessi, ne deriva che nessuna disposizione di legge glielo conferisce, anzi che l'articolo 1741 cqd. riva gitelo vieta espressa- mente (7). Nelle società anonime la norma restrittiva stabilita dal cod, di comm, all'art. 122 per cui gli amministratori non possono fare altre operazioni che quelle espressamente menzionate nell'atto costitutivo, dimostra agevolmente come, nel silenzio dell'atto costitutivo, agli amministratori non spetti in alcun modo il diritto di fare compro¬ messi (8). Passata la società allo stato di liquidazione, i liquidatori possono liberamente far compromessi (art. 203 n, 6 cod. di comm.). S 1 intende che questi compromessi non possono avere altro oggetto (6} V. gli autori citati nella nota precedente, [7) Thopcong, Sodéiés. n. 690; Potuteti. Sùcictes. n, 6S: Delangle, Sociétvs, n. 1.48 e 151. Contro: Pardessus, Dreni comm^rc-ial. IV. n. 1014, Borsari, II cod. ìtal. di proc. civ. annotato, J. p. 58; G-a kg iti lo, Il cod. di proc. dir., I, p, tk», Amar, Dd giu¬ dizi arbitrali, n 49, Galdi. Comm. al cod. di. prò*:, civ , I, n. 81: Chauveac sur Carré, Lois de ia proc. cn>. . Quest. 3251; C uzze ri, Il codice italiana di proc . cu 1 ., \, p, 77; Les- sona, Arhitramenio no IVEnciclopedia giuridica, n. 1 S. p. 585, eli cui non riesco però ad atterrar- bene Ir distinzione fra società in nome collettiva e società in accomandita. ( 8 ) Lesiona, op. cit. toc. ciL; Amar, op. cit.,\ Borsari, op. di. toc. die, Cuzzeki, op. cit., loc , di. 11. A. Rocce., Le società commercili. IÓ 2 IL GIUDIZIO che quello il quale costituisce oramai il solo fine della società, cioè la liquidazione (9). 130. Veduto per tal modo quali sono i poteri degli ammini¬ stratori di società commerciali rispetto al compromesso, passiamo ad alcune questioni che possono sorgere: a) sulla portata della clau¬ sola compromissoria contenuta in molti statuti ed atti costitutivi di società commerciali; b) sulle persone che possono essere nominate arbitri; c) sui poteri degli arbitri in caso di scioglimento della società. a) Il patto compromissorio inserito negli statuti e negli atti costitutivi non ha naturalmente effetto che tra coloro che interven¬ nero 0 aderirono al contratto sociale, e per le questioni inerenti al contratto medesimo. Ordinariamente è formulato nel senso che al giudizio degli ar¬ bitri sono devolute le questioni sociali (io). Ciò posto, tutte quelle questioni in cui è dubbio se l'attore o il convenuto agisce o è citato in giudizio come socio, e in tale sua qualità, in qual modo dovranno risolversi? L’unico criterio sicuro è per me quello di vedere se il ti¬ tolo da cui dipende l’azione è il contratto di società, o anche la legge, nelle disposizioni riguardanti i rapporti tra soci. Per conseguenza le questioni relative all’esclusione di un socio per un fatto delittuoso commesso a danno della società rientrano nella clausola compromis¬ soria (11), e vi rientrano anche le questioni relative al valore di una surrogazione (12). Le questioni che riguardano invece l’esistenza o la validità del contratto non rientrano nella clausola compromissoria, e ciò per la ragione, ben rilevata dal Mattirolo, che la clausola compro¬ missoria presuppone di necessità un altro contratto a cui è annessa e da cui dipende (13): è un patto addetto al contratto: non si può (9) App. Milano, n giugno 1888, Dir. comm., 1888, 853; Sraffa, La liquidazione delle società commerciali, n. 75. (10) È questa evidentemente una clausola compromissoria e non un compro¬ messo. Egualmente sarebbe clausola compromissoria e non compromesso il patto corso tra i componenti di una società in liquidazione, di far decidere da arbitri le questioni relative alla gestione sociale: v. App. Venezia, 13 dicembre 1889, Temi Veneta, 1890, 17 con nota del Mortara. (11) App. Genova, 24 febbraio 1893, Giurista, 1893, 107. (12) App. Torino, 15 aprile 1871, Giur. ital., 1871, I, 2, 261. (13) Mattirolo, Trattato di dir. giudiziario civile, I, n. 748. 41 '* 1 ÉJaSsiMn ,S ii -V Lìftafcl LA COMFE-TENZA 163 quindi nello stesso tempo impugnare il contratto ed eseguirne una partCj per la contraddizione che col consente (14)* 131. b) Quanto alle persone che possono essere nominate ar¬ bitri, sorge un forte dubbio riguardo alla nomina ad arbitri di coloro che rappresentano la società, come il Consiglio d'arnmini si razione e i liquidatori. La giurisprudenza è scissa sull'argomento, avendo la Corte di Cassazione di Firenze, con sentenza 23 febbràio 1871 deciso che è valida la clausola compromissoria inserita in uno statuto sociale, con cui si deferisce a! Consiglio d‘a mulini strazione la cognizione delle controversie sulla ammissibilità 0 l'esclusione di un socio (15), e. la Corte d'Appello di Genova, con sentenza io giugno 1892 ha dichia¬ rato non potere il liquidatore di una società commerciale assumere anche la qualità di arbitro (16), Il Maurizi, in una nota alla citata sentenza della Cassazione fiorentina, rileva come la ttiHo dubtiundt derivi principalmente da due ragioni: i° che nessuno jus sibi dice-re potisi, e che se la società può decidere in cose di amministrazione, non può arrogarsi il potere giudiziario in cose che non sono affatto amministrative; 2 0 che la legge, vietando ai singoli cittadini, di giudicare nelle cause proprie, ha lasciato apèrte due sole vie per la decisione delle controversie giudiziarie; quella dei tribunali e giudici investiti di pubblico uffizio, e quella di arbitri eleggibili sì dalle stesse parti, ma nei modi e colle condizioni stabilite dalla legge. Malgrado ciò, il Maurizi creda che una clausola compromissoria di tal fatta sia valida, « Per vero dire, soggiunge, egli infatti, trattandosi di società di commercio, queste due difficoltà non sono forse insuperabili, II commercio si regola con leggi ed usi spedali, e se l'uso di far decidere a questo modo le contro¬ versie tra soci esiste, esso probabilmente potrà valere. Le leggi regola¬ trici del compromesso in materia civile per fermo non ostano agli usi contrari del commerciò, e per ciò che riguarda la massima d' or¬ dine pubblico: neffio stài pi$ di-cere potasi, essa non sembra violata. {14} Cass, Firenze, 20 giugno 6710, 1, n. 1B0; Trib Torino, 2.2 febbraio 186S, Oiur. ittr., rSóS, 252.; App. Milano, 2,4 gennaio 1893, Giurista, 1893, 61. {T5} Cass, Firenze, 23 febbraio 1871, LPgga, 1871. J. 303. V. anche App, Turino, 3 aprile 1888, Giur. (or.. 1888, 370, che decise perfino avere il liquidatore di una so¬ cietà commerciale nominato arbitro diritto a separata, tassatone eli onorari. (16) App. Genova, io giugno 1892, Giurista, 18.92, 3.02. 164 IL GIUDIZIO in quanto che lo statuto è accettato liberamente dai soci che si ag¬ gregano alla società, e d’altro canto se il potere di giudicare tra soci è dalla società delegato ad un Consiglio, o non vi sarà pericolo che i membri di questo prevarichino per interesse personale (come acca¬ drà se questi membri sono eletti fuori del seno della società) o il peri¬ colo sarà bastantemente remoto, in quanto gli azionisti che fanno parte del detto Consiglio non hanno un interesse esclusivamente personale nelle questioni sociali decise» (17). Per me credo che la questione non possa essere decisa in modo assoluto. Premetto che ad ogni modo le ragioni addotte dal Mau¬ rizi a sostegno della opinione che ritiene valida la clausola com¬ promissoria sono tutt’altro che decisive. Infatti in questa materia gli usi commerciali non possono derogare al principio: nemo ius sibi dicere potest, giacché non è questo un principio di diritto civile, a cui gli usi commerciali possano fare eccezione, ma un principio di diritto giudiziario, il quale vale tanto per la materia civile, che per la commerciale, ed è per di più d’ordine pubblico. Ciò posto, io credo occorra distinguere il caso in cui gli amministratori o liquidatori siano estranei al contratto sociale, oppure siano vincolati anch’essi dal contratto sociale e si presentino oltre che nella qualità di ammini¬ stratori, anche nella qualità giuridica di soci. Nel primo caso il vero punto della questione consiste nel vedere se realmente i terzi amministratori e liquidatori di una società com¬ merciale. facendo da arbitri nelle questioni sociali, giudichino in causa propria. Intanto, non essendovi rispetto ai soci, la persona giuridica società, di cui gli amministratori o i liquidatori siano rap¬ presentanti, non può dirsi che, nel caso in cui il socio singolo si trovi di fronte alla società, questa sia giudice in causa propria. Invece, essendo gli amministratori 0 liquidatori, rispetto ai soci, i rappresen¬ tanti di tutti i soci collettivamente si può dire che qui ci troviamo di fronte ad una condizione speciale di cose. Abbiamo un rappresen¬ tante di più persone che è nominato arbitro in questioni che insorgono tra le medesime. Ma in questa posizione io non vedo alcuna viola¬ zione del principio: nemo ius sibi dicere potest , perchè il rappresentante, nel momento in cui decide come arbitro delle controversie sorte tra gli associati, cessa di essere loro rappresentante per diventare un terzo qualunque. Perche bisogna intendersi anche sulla portata di questa rappresentanza degli amministratori: essa ha per oggetto solo l’eser- ( 17 ) Maurizi, nella Legge, loc. cit. LA COMPETENZA tizio del commercio della società, e non già la decisione delle contro¬ versie che possono insorgere tra i soci. Quando il rappresentante (amministratore 0 liquidatore) assume le funzioni di arbitro, cessa per ciò solo di essere rappresentante. Sé invece gli amili ini strato ri 0 liquidatori sono soci, essi, spo¬ gliati anche del carattere di rappresentanti della collettività dei soci, resteranno sempre soci, e come tali, se giudicassero delle que¬ stioni sociali, violerebbero il principio nenie ius sibi dicere palesi. 132. Circa i poteri degli arbitri, in caso di scioglimento della società, fu sostenuto che gli arbitri incaricati di pronunciare sullo scioglimento di una società commerciale sono autorizzati altresì a provvedere alla nomina degli stralciar! (iS). Questa opinione non mi pare da accogliersi. Altra cosa è infatti lo scioglimento della società, altra la nomina dei liquidatori; i soci possono benissimo non essere d'accordo sul primo, e voler far decidere la questione da arbitri, ma possono, decisa questa, essere perfettamente d 1 accordo sulla nomina degli stralci ari. E, siccome per barri 197 cod, di comm., la nomina per mezzo detriautorità giudiziaria non è fatta, che nel caso in cni i soci non siano d J accordo, se gli arbitri sono incaricati soltanto di pronunciare sullo scioglimento della società, non si può dire Che essi debbono decidere anche sulla nomina dei liquidatori. A ciò si aggiunga che ogni giudizio arbitrale presupponendo di necessità una controversia (19), e il fatto della controversia sullo scioglimento non importando la controversia sulla nomina dei liquidatori, ne de¬ riva che non è possibile che gli arbitri incaricati di decidere sullo scioglimento, pronunzino anche sulla nomina. Si ricade quindi nelle disposizioni generali del barri 197 corri di comm. (iB) App. Genova. 4 dicembre 1893, Temi genovese, 1894, 13; App. Genova, 26 febbraio 1897: Gazzetta giudi*, di Genova, 1S97, 69. (19) Mortala, Manuali della, procedura civile ., II (1* ediz., Torino, 1SS9}, n. 1037. ka ytvtfroy.■ iv Capitolo Secondo COSTITUZIONE ED ISTRUZIONE DEL GIUDIZIO § i. - La citazione. Sommario: 133. A) Forma dell’atto di citazione. Indicazione del nome del rappresen¬ tante nelle citazioni delle società commerciali: posizione della questione. — 134. a) Teoria assoluta nel senso della non necessità della indicazione del rap¬ presentante e sua confutazione. — 135. b) Teorie intermedie: 1) teoria del Mat- tirolo. — 136. Confutazione della teoria del Mattirolo. — 137. 2) Teoria della Corte d’Appello di Milano. Critica generale di ambedue le teorie. — 138. c) Teoria assoluta nel senso della necessità della indicazione del rappresentante. Caso della società collettiva dei soci. — 139. Caso della società persona giuridica. Chi è parte nei giudizi delle società commerciali: gli art. 133 n. 3 e 134 n. 1 cod. proc. civ. — 140. La necessità della indicazione del rappresentante risulta dai precedenti storici e dalla natura stessa della citazione e dal sistema della legge. — 141. Società convenuta. Carattere storico e razionale della citazione. — 142. Il sistema della legge. — 143. Società attrice. La necessità della indicazione del rappresentante risulta egualmente dalla natura e dallo scopo della citazione.— 144. Chi è il rappresentante che deve essere indicato. — 145. Come deve essere indicato il rappresentante. — 146. Indicazione del rappresentante nell’atto d’ap¬ pello. — 147. B) Notificazione della citazione. — 148. Nullità della citazione. 133. Il n. 3 dell’art. 133 e il n. 1 dell’art. 134 cod. proc. civ. richiedono che la citazione, sia essa fatta per semplice biglietto o per atto formale, contenga l’indicazione del nome e cognome del¬ l’attore e del convenuto. Ora, se la citazione è fatta ad istanza di una società commerciale, o contro di essa, come si potrà ubbidire al precetto della legge? L’importanza della questione deriva sia dalla sua intrinseca natura, che dalle gravi sanzioni comminate dal legisla¬ tore nel numero 2 dell’art. 145 cod. proc. civ., per il caso in cui nella citazione manchi una delle indicazioni prescritte dagli art. 133 e 134. Infatti: il precisare chi sono le parti che devono comparire nel giu¬ dizio è della maggiore importanza, anzi è essenziale per la costituzione del medesimo. L’incertezza delle persone, fra cui la controversia si agita, rende impossibile la definizione di essa da parte del magistrato, e può dar luogo ad innumerevoli questioni e litigi, senza contare che i6 8 IL GIUDIZIO diverrebbe illusoria l’autorità della cosa giudicata. In secondo luogo l’art. 145 n. 2 stabilisce che la citazione è nulla... se per la inosser¬ vanza delle altre norme stabilite dagli art. 133 e 134 vi sia incertezza assoluta sulle persone. Come si vede, l’importanza teorica e pratica della questione è considerevole. Del che fanno fede i numerosi e contraddittori giudi¬ cati dei tribunali, e i vari responsi della dottrina. Premetto che ri¬ guardo alla notificazione della citazione ad una società commerciale non v’è questione. Tutti infatti sono d’accordo nel ritenere che nella relazione dell’usciere attestante la fatta consegna dell’atto di cita¬ zione, deve essere indicato non solo la denominazione della società, ma anche il nome e cognome di chi la rappresenta in giudizio (1). Le discrepanze cominciano quando si tratti di decidere se nel- 1 atto di citazione in senso stretto, fatto sia ad istanza che contro una società commerciale deve essere indicato, oltre alla società, colla ragione sociale, se in nome collettivo ed in accomandita, 0 col nome speciale assunto, se anonima, anche il nome e cognome dell amministratore o dell’altra persona che la rappresenta in giu¬ dizio. Divido le varie dottrine sorte al riguardo in tre categorie, ognuna delle quali comprende varie teorie secondarie, modificazione di una delle tre principali. 134. A) Teoria assoluta nel senso della non necessità della indica¬ zione del rappresentante. E questa si può dire — la communis opinio , almeno in giuri¬ sprudenza (2). Gli argomenti sopra cui si fonda sono 1 seguenti. An- (1) In questo senso è unanime la giurisprudenza. V. ad es. da ultimo App. Ge¬ nova 16 maggio 1897, Procedura, 1897, 302; App. Genova 28 ottobre 1897, Procedura, 1897. 783- (2) Garsonnet, Traile de la procedure civile, II, p. 140; Cass. Torino, 4 luglio 1 77 . Giur. tor., 1877, 657; Cass. Roma, 13 novembre 1882, Temi Romana, 1883, 86; ass. Roma, 13 maggio 1887, Corte Suprema di Roma, XII, 300; Cass. Torino, 13 lu- f 10 1892, Giur. tor., 1892, 550 con nota adesiva; Cass. Torino, 21 febbraio 1894; Mon. mi ., 1894, 464, Cass. forino, 13 marzo 1896, Giur. tor., 1896, 304; Cass. Torino, 24 novembre 1896; Giur. tor., 1896, 807; App. Genova, 26 marzo 1897, Procedura, 97 . 3 ° * 1 2 * * * 6 - • anche G. Giribaldi, nella Gazz. giud. di Genova, 1897, 41 ss. In questo 6 P reva l en te giurisprudenza francese: Cass. francese, 11 agosto 1880, l8 c 82 ' x ' I76; 2 3 novembre 1880, Journ. du Palaie, 1881, 1, 1051; 28 giugno 1893. ire y , 1 95, i, 260; I5 gennaio 1896, Journ. du Palais, 1896, 1 77. V. però contro App. Poitiers, 18 luglio 1894. Journ. du Palaie, 1896, 1, 77. COSTITUZIONE ED ISTRUZIONE DEL GIUDIZIO 169 zi tutto ■ si dice — nessuna disposizione del codice di procedura ci¬ vile esige che nella parte della citazione contenente la evocai ori a in giudizio di una società commerciale si descrivano il nome ed il cognome della persona fisica che la rappresenta (3). Si dice in secondo luogo che, posto che nessuna disposizione speciale alla citazione fatta ad istanza o contro di una società commerciale esiste nel codice di procedura, si dovranno per analogia applicare i principi vigenti per le persone tisiche, e, come per questa la indicazione si fa espri¬ mendone il nome e cognome, così per le società di commercio si fa esprìmendone la legittima denominazione {4). Ancora si nota che la persona del rappresenante è affatto estranea alla in ùis vocatìo, perchè la persona da citare è l’ente sociale, identificato colla sna speciale de¬ nominazione. Infine si osserva che Fari. 145 cod. proc, civ. commina la nullità della citazione solo quando vi sia incertezza sulla persona dell'attore o del convenuto, mentre nessuno vorrà mai sostenere che vi sia incertezza sulla designazione di una società commerciale, indicata colla sua denominazione, senza quella della persona che la rappresenta (5}. Queste ragioni non reggono, sìa di fronte al testo della legge, che di fronte ai principi che governano l'istituto della citazione. Ed infatti: dire che la legge non ha espressamente dichiarato che nelle citazioni fatte a società commerciali o da società commerciali, deve essere indicato il nome, t cognome del rappresentante, non è risolvere la questione, perchè questa consiste appunto nel ricercare se la legge, agli art, 133 e 134 cod. proc. civ., ha voluto che tale in¬ dicazione fosse data, prescrivendo che la citazione deve contenere il nome e cognome deir attore, 0 del convenuto. Senza fondamento quindi si palesa anche la seconda obiezione; essendo evidente che non è un risolvere la questione circa l'applicazione della disposizione degli art. 133 e 134 cod. proc, civ,, riguardanti le persone dell'attore o del convenuto, ma uno spostarla assai stranamente, il decidere che gli articoli citati, i quali valgono per le persone fisiche, si possono ap¬ plicare anche alla società. Ma appunto se per le sole persone fìsiche tale disposizione fosse sancita, noi volevamo sapere! È vero poi che convenuto od attore è sempre la società commerciale e non il rap¬ isi Cass. Turino, 13 luglio 1892, Giur, tur,, 1892, 550; Caas. Torino, 3 settembre 1896, Giur. ter., 1896, 630; Cass. Torino, 13 marzo 1896. Giur. tor., 1896, 304. (4) Nota della Giur. tor., 1892, 530. (5I Casa, Torino. 14 novembre iSgó, Giur. tor,, iSgó, S07. 170 IL GIUDIZIO presentante, ina ciò non importa che il nome del rappresentante non debba essere indicato nella citazione, perchè anche chi non ha l'am¬ ministrazione dei suoi beni è citato nella persona del suo rappresen¬ tante (art, 136 cod, proc. civ.), benché non il rappresentante, ma l'incapace sia il convenuto. Alla ultima obiezione si può anche ri¬ spondere facilmente. Infatti, farri 145 cod. proc. civ. commina la nullità, non quando vi sia incertezza sulla persona dell'attore 0 del convenuto, ma iu genere quando vi sia incertezza sulle- persone. Ora, posto che la società commerciale deve essere indicata non solo còl suo nome, ma anche con quello della persona che la rappresenta, è chiaro che, mancando f indicazione di quest 1 ultima, si ha appunto quella incertezza sulle persone, che per Tari. 145 è causa dì nullità. 135, B) Teorie intermedie t Queste teorie distinguono il caso in. cui la società commerciale sia attrice, da quello in cui sia convenuta: ma. mentre alcuni richiedono l'indicazione, del rappresentante solo nel primo caso, altri la richiedono solo nei secondo* La prima teoria è sostenuta molto autorevolmente dal Mattirolo: la seconda fu di recente emessa dalla Corte d'Appello di Milano (6), fi) Il Mattirolo dice: « Se l'ente (società commerciale) è at¬ tore t il convenuto ha diritto di sapere se l'attore è legalmente rap¬ presentato, se cioè la citazione è stata fatta da chi ha la legittima potestà di istituire il giudizio in nome dell'ente. Ora egli è manifesto che se nei!atto è detto soltanto che la citazione si fa ad istanza del comune A , della provincia B, dell'opera pia C, il convenuto non ha modo, dall'atto che gli viene notificato, di avere la detta cognizione... Ma poiché — da un lato la rappresentanza è inerente all ufficio, an¬ ziché allindivi dualità fisica a cui l'ufficio spetta e. d'altro canto, l'art. 145 del cod, proc. civ* dispone che l’atto di citazione non è nullo per mancanza di indicazione dei nomi delle parti, salvo quando vi sia assoluta incertezza sulle persone che devono stare in causa — crediamo bastare che il rappresentante dell'ente attore sia designato nell atto di citazione con la sola indicazione dell'ufficio che esso ri¬ veste, ossia della qualità in forza di cui promuove il giudizio », Se invece la società è convenuta, il Mattirolo richiede bensì 1 indicazione del rappresentante per la notificazione, ma non per la citazione* « La persona da citarsi — dice egli è l'ente, onde nel sistema razionale secondo cui l'atto di citazione consta di due (6) 1 dicembre 189 5 . Procedura, 1897, COSTITUZIONE ED ISTRUZIONE DEL GIUDIZIO 171 parti, l’una opera dell’attore (libello), l'altra dell’usciere (notifica¬ zione del libello), basterà che l’attore diriga la citazione all’ente, designandolo colla denominazione, ossia col titolo che gli è proprio: è questo il nome del convenuto, richiesto dall’articolo 134 cod. proc. civ., e l’ente convenuto deve sapere come e da chi debba farsi rappre¬ sentare in giudizio » (7). 136. D’accordo col Mattirolo che nella notificazione il nome del rappresentante è sempre necessario: d’accordo con lui che è necessario nella citazione quando la società è attrice, ma non mi sem¬ bra che possa farsi una differenza sostanziale nel caso in cui la so¬ cietà è convenuta. La ragione del mio dissenso dipende da ciò che non credo decisivo il punto di vista da cui è partito il Mattirolo, sia per richiedere la indicazione del rappresentante nella citazione quando la società è attrice, che per non richiederla quando la società è, invece, convenuta. La ratio decidendi per il Mattirolo è la neces¬ sità che le parti, fra cui si istituisce il giudizio, conoscano reciproca¬ mente, e ciò dal solo atto di citazione, la loro rispettiva condizione giuridica nel giudizio che si va ad iniziare. Il che posto, il chiaro pro¬ cedurista ne deduce che, quando la società è attrice, deve il convenuto sapere, dalla sola citazione, se questa è fatta da chi realmente ha po¬ testà di rappresentare in giudizio la società: mentre se la società è convenuta, l’attore non deve preoccuparsi di chi sarà il rappresen¬ tante di essa nel giudizio che s’inizia colla citazione: è cosa questa che riguarda esclusivamente la società convenuta. Dissi che il punto di partenza adottato dal Mattirolo non mi sembrava decisivo, e in questa opinione mi confermano i seguenti motivi. È vero infatti che dall’atto di citazione il convenuto deve poter trarre gli elementi per giudicare se egli è legalmente citato, ma da ciò non deriva che quando la società è attrice, il convenuto abbia diritto di pretendere che essa inserisca nella citazione la men¬ zione della persona che la rappresenta, mentre invece la stessa società, quando alla sua volta è convenuta, non può pretendere di essere ci¬ tata colla indicazione dei suoi rappresentanti. Ed invero: siccome la società ha costituito alcune persone a suoi legittimi rappresentanti, e tali persone, per mezzo della pubblicità che accompagna ogni atto della vita sociale, sono note a tutti, così ha diritto di venir citata in persona di questi suoi rappresentanti, nè basta che a questi sia no- (7) Mattirolo, Trattato di diritto giudiziario civile, lì, p. 109. 1 J 2 IL GIUDIZIO tifteata, cioè consegnata La citazione. Quindi i motivi che stanno per la enunciazione delle persone dei rappresentanti nel caso di so¬ cietà attrice, stanno anche nel caso di società convenuta onde il cri¬ terio adottato dal Mattirolo non può logicamente, condurre alla distinzione tra l'uno e l'altro caso. 137. b) Minor fondamento ancora ha la opinione della Corte di Milano che vorrebbe ristretto l'obbligo della indicazione dei rap¬ presentanti al solo caso della società convenuta. È certo infatti che il caso della società attrice è molto interessante per la indicazione dei rappresentanti, giacché la necessità per il convenuto dì conoscere se egli è legalmente citato dai legittimi rappresentanti della società, è abbastanza evidente, e non meno evidente pel diritto della società convenuta, di essere citata in persona dei suoi legittimi rappresen¬ tanti. In breve, tutti questi sistemi intermedi hanno il difetto comune di non essere fondati sopra un rigoroso principio giuridico, ma sopra un criterio di opportunità di cui si potrà tener conto in una futura revisione della nostra legge processuale, ma che non risponde ad una costruzione scientifica del sistema dei legislatore vagente in questa materia. Non si deve dimenticare che la questione di cui qui ci occu¬ piamo riguarda il vedere se, fra le persone la cui indicazione deve figurare nella citazione, c la incertezza sulle quali produce il diritto di nullità dell'atto (art, 145 cod. proc. civ.) ci sono le persone dei rappresentanti di una società commercia le. Su questo punto, e ragio¬ nevolmente, convergono le loro ricerche i fautori della terza dottrina, di cui diremo brevemente alcune cose. 138. c) Teoria assoluta nel senso della necessità della indicazione del rappresentante. Questa opinione che. ha seguito molto autore¬ vole in dottrina, è meno diffusa in giurisprudenza, benché alcuni re¬ centi giudicati r abbiano abbracciata (8). Neppure per i segnaci di (8) V i n questo senso:, Borsari, II cod. di proc . aìv annotato, sull 'articolo 134 CUZ.ZJLRI, Commento, sull 'art. 134, Mortasa, Manuale, I, (2» ediz.), n ,214 e 216 nota Cass. Roma, 3 febbraio 1883, Temi romana, 1883, 125; Cass. Napoli.. 1 dicembre IS85 Legge, 18ES6. 1, 408. Cass. Torino, 6 maggio 1887; Ciur. ter., 1887, 623; Casa. Firenze 4 febbraio 1889, Giur. tòt., 1889. 448; Cass. Roma, 17 giugno 1892, Légge, 1892, * OiS; Àppi Milano, 23 gennaio rg 95j Màn. trib. mil., 1895, 2.48; Cas*. Torino r8 fingi* 1*97, Procedura, 1897, 587; App. Genova, 31 agosto 1897; Procedura, 1897, 771; App Genova, 17 settembre 1897, Procedura, 1897, 775. Nella giurisprudenza francese App. Portiera, rg luglio 1895. Jaum, du Palaie, 1896, i, 77. COSTITUZIONE ED ISTRUZIONE DEL GIUDIZIO x 73 essa può dirsi esservi accordo perfetto, perchè da alcuni si sostiene la necessità della indicazione del nome e cognome del rappresen¬ tante, da altri invece si ritiene bastare l’indicazione della sua qua¬ lità. Di ciò parleremo in appresso. Vediamo ora anzitutto quale sia il fondamento razionale e positivo della dottrina, alla quale ade¬ risco nel modo più incondizionato. Noto anzitutto, come non possa esservi questione nei casi in cui la società non è chiamata, nè chiami altri in giudizio, come ente ma come collettività dei soci. In questo caso abbiamo più persone rappresentate da altre, ed è evidente che il nome del mandatario deve figurare nella citazione (9). 139. Più complicato è il caso di citazione riguardante la so¬ cietà persona giuridica. La società, come ente astratto, non può trarre altri, o essere tratta da altri in giudizio che per mezzo dei suoi rappresentanti, nei quali vive e s’incarna. È vero dunque che la persona fisica non è, come tale, nella sua individualità privata, l’attore o il convenuto, ma è senza alcun dubbio l’attore o il conve¬ nuto, in quanto rappresenta la società. Per quanto possa sembrare ardita questa affermazione, è certo che un ente astratto, il quale comparisce in giudizio, si difende, domanda, non è concepibile; è concepibile solo una persona fisica che comparisca, domandi o si difenda, in qualità di rappresentante di un tale ente, o, meglio, come incarnazione vivente della persona giuridica (io). Quindi, l’attore o il convenuto, nei giudizi di una società commerciale, è il rappresen¬ tante della società, nella sua qualità di rappresentante. E così che sia, mi pare che risulti assai chiaramente dalla disposizione dell’art. 332 cod. proc. civ. Quest’articolo dispone che si fa luogo alla riassunzione d’istanza « quando, prima della scadenza del termine per comparire, avvenga la morte o il cambiamento di stato di una delle parti 0 la cessazione dall’ufficio per cui doveva comparire in giudizio, ecc. ». (9) Mattirolo, Trattato di diritto giudiziario civile, II, n. 109. (10) La dottrina tedesca ritiene in genere che le persone giuridiche non sono capaci a stare in giudizio: v. Wach, Lehrbuch des deutschen Civilprozessrechts, I, p. 540 e 541; Ring, Das Reichsgesetz, ecc., Il, p. 529, il quale dice che la società per azioni è capace ad essere parte, ma non è capace a stare in giudizio. L’espressione però non può dirsi molto felice, in quanto che il concetto di parte implica appunto quello di capacità a stare in giudizio. Il vero è che chi sta in giudizio come parte in luogo della società è il rappresentante. Esplicitamente in questo senso la Civilprozessordnung austriaca, § 373 cap. 2. ‘V 174 IL GIUDIZIO Dunque, chi comparisce in giudizio in virtù di una qualità, di un uf¬ ficio, da cui è rivestito, è vera parte in causa: è egli stesso attore o convenuto, tanto che la cessazione di tale sua qualità dà luogo alla riassunzione d’istanza, come vi dà luogo la morte o il cangiamento di stato di una delle parti (v. pure art. 333 e 334 codice proc. civ.). Ciò posto, ne consegue evidentemente che il nome del rappre¬ sentante di una società commerciale deve figurare nell’atto di ci¬ tazione. Essendo questi, nella sua qualità di rappresentante, attore o convenuto nella controversia che si va ad iniziare, la necessità della indicazione della sua persona risulta dagli articoli 133 n. 3 e 134 n. 1, cod. proc. civ. 140. Abbiamo dunque un testo di legge, che interpretato retta- mente, risulta formale a favore della opinione che ritiene necessaria 1 indicazione del rappresentante nelle citazioni delle società commer¬ ciali. Ma, inoltre, stanno a favore di essa i precedenti storici, la na¬ tura e lo scopo della citazione, e tutto il complesso del sistema della legge positiva. 141. Facciamo prima l’ipotesi della società convenuta. Scopo della citazione è — e in ciò tutti i trattatisti sono d’accordo — quello di chiamare in giudizio una persona per ottenere da essa, o in di¬ fetto, dal giudice, la ricognizione di un diritto controverso o ina¬ dempiuto (11). Per l’antico diritto romano la procedura della legis actio si iniziava appunto colla in ius vocatio, coll’invito cioè che l’at¬ tore faceva al convenuto di andare insieme dinanzi al magistrato; se questi rifiutava d andarci, l’attore faceva ciò constatare dai suoi testimoni, e se indugiava o fuggiva, poteva mettergli le mani addosso e trascinarlo in giudizio colla forza. Le XII tavole dicevano: « Si in ius vocat, ito: ni it, antestamino. Igitur eum capito. Si calvitur, pe- demve struit, manum endoiacito ». Se il convenuto non poteva re¬ carsi davanti al giudice perchè vecchio o ammalato, l’attore doveva fornirgli la cavalcatura: « Si morbus aevitasve vitium escit, qui in ius vocabit, iumentum dato » (12). Il carattere storico e razionale dunque della citazione è quello di un invito a comparire personalmente in giudizio: donde la conseguenza che esso deve esser fatto alla persona, ^ ^ Mattirolo, II, n. 92, Viti, Istiiuzioni di diritto giudiziario civile, I, (12) Cfr. Cogliolo, Storia del diritto privato romano, Firenze, 1889, I, p. 212. COSTITUZIONE ED ISTRUZIONE DEL GIUDIZIO 175 la quale deve poi comparire, vale a dire al rappresentante che com¬ parisce in giudizio per l’ente. Nè perchè lo scopo della citazione sia raggiunto, basta che essa sia consegnata materialmente (notificata) a chi rappresenta l’ente. La notificazione è infatti opera materiale dell’usciere, e — come bene osserva il Mortara — non entrando nell’uffìzio di lui di certificare le qualità e le funzioni degli individui con cui il ministero suo lo pone a contatto, non è lecito assumere a prova indiscutibile l’implicita osservazione che egli verrebbe a porre in essere, che cioè è veramente il rappresentante della società quella persona a cui notificò la citazione (13). 142. Del resto, il sistema qui propugnato è anche quello della legge. Questa infatti all’art. 137 cod. proc. civ. stabilisce che la ci¬ tazione è notificata per le società di commercio a chi le rappresenta come socio o come amministratore dello stabilimento sociale. La legge parla, è vero, solo di notificazione, ma evidentemente ha voluto alludere alla vera e propria vocatio in ius della citazione. Che così sia lo dimostra un razionale coordinamento dei vari articoli che ri¬ guardano la citazione. Infatti, la regola generale è posta dall’art. 134, il quale stabi¬ lisce che la citazione deve contenere il nome, cognome, residenza, dimora o domicilio del convenuto. È questa l’ipotesi più comune, quella cioè in cui il convenuto sia una persona fisica. Ma vi sono casi in cui o la persona da citarsi non abbia l’am¬ ministrazione dei suoi beni, o questa sia limitata, o manchi chi deve rappresentare la persona. Per questi casi provvede l’art. 136 cod. proc. civ. Vi sono poi casi in cui il convenuto è una società di com¬ mercio, o una determinata unione di persone. Per questi provvede l’art. 137. Infine, convenuto può essere il comune, o altro corpo mo¬ rale, o una delle amministrazioni dello stato. Ed in quest’ultimo caso provvede l’art. 138. In tutti questi casi, contemplati dagli articoli 136, 137 e 138 cod. proc. civ., benché (e non molto esattamente) il legislatore ado¬ peri senza distinzione le frasi o di citazione del convenuto o di noti¬ ficazione, evidentemente ha voluto riferirsi alla in ius vocatio in senso stretto, ha voluto cioè statuire sul punto, a chi debba essere diretta la citazione, allorché il convenuto si trovi in quelle condizioni spe- (13) Mortara, Manuale della procedura civile, I, n. 216. IL GIUDIZIO ciali, e non in quelle generali di persona fisica sui iuris come è pre¬ veduto dall’art. 134 cod. proc. civ. Sono invece gli art. 135, 137, 140 e seguenti cod. proc. civ., che più propriamente riguardano la notificazione materiale dell'atto, opera diretta dell'usciere (14). Prova eloquentissima della giustezza di questa interpretazione io trovo poi nel n, 3 dell' art. 145 cod. proc. civ. , il quale dichiara nulla la citazione tm si ansi violate le norme stabilite dagli articoli 135, 136. 137, 138, 139 e 140 riguardo alla persona che deve essere citata e a quella a cui deve essere consegnata la copia ». La distinzione si riferisce evidentemente alle due specie di norme degli artìcoli 135-140, e cioè, quanto alle persone che de¬ vono essere citato, agli articoli 136, 137 e 138 (15): quanto alle persone a cui deve essere consegnata la copia, agli articoli 135, 139 e 140. Un ultima osservazione. Quand'anche l'art, 137'non'alludesse che alla semplice e materiale consegna della citazione., esso costi¬ tuirebbe sempre una conferma della opinione che il nome del rappre¬ sentante deve essere indicato nelle citazioni delle società commer¬ ciali, Per 1 art. 135 infatti la citazione deve essere noli ficaia alla per¬ sona del convenuto: e dovendo la citazione per le società di commercio essere notificata a chi le rappresenta come socio a come un am mini¬ strai ore dello stabilimento sociale, ne deriva che chi la rappresenta è considerato dalla legge come il convenuto, e, come tale, il suo nome deve figurare nella citazione (art. 134 n, 1). 143^ Se la società è attrice, la necessità che il convenuto sappia chi sia la persona da cui la società è rappresentata, risulta evidente da un doppio ordine di considerazioni, attinenti anch esse alla na¬ tura ed allo scopo della citazione. Infatti, quando manchi nella ci¬ tazione I indicazione della persona fisica che rappresenta la società,, , COnVenu *° non sa è citato, da chi cioè è invitato a comparire m giudi zìe. j, perchè la società in tanto agisce, in quanto agisce per lei . uo rappiesentante. E non sapendo chi sia il rappresentante, non può il convenuto sapere se egli è legalmente citato, se è citato cioè da persona che realmente rappresenta la società, ed ha potere di con¬ venirlo m giudizio in nome di essa. COSTITUZIONE ED ISTRUZIONE DEL GIUDIZIO 177 144. Concludendo, si può dire che tanto la lettera che lo spirito della legge richiedono che la citazione, la quale riguarda, sia come attrice, che come convenuta, una società commerciale, deve conte¬ nete l'indicazione della persona da cui questa è rappresentata. La rappresentanza di cui qui si parla è, nel caso della società convenuta, la rappresentanza generica espressa (16) o tacita (17): nel caso della società attrice., se c'è rappresentante specifico s è il nome di questo che deve essere indicato. In applicazione di questi principi, non basta che la citazione sia fatta e notificata ad un socio o amministratore qualunque, ma deve essere fatta a quello che rappresenta la società (18), Se i rappresentanti sono piò, bisogna distinguere: per le società in nome collettivo cd in accomandita, basta che la citazione contenga il nome di un solo rappresentante, giacché ognuno di essi può fare separatamente: tutti gii atti di amministrazione* (V. retro numero 82); e basta quindi che ad un solo di essi sia notificata (ig): per le società anonime invece la citazione deve contenere ì nomi di tutti ed essere notificata in tante copie, quanti sono i rappresentanti (20). 145. Dicemmo che la citazione riguardante una società com¬ merciale deve contenere l'indicazione della persona da cui essa è rappresentata. Conviene ora precisare meglio questo concetto, e stabilire in qual modo l'indicazione deve essere fatta, se cioè colla enunciazione del nome e cognome, oppure solo con quella della qua¬ lità in forza della quale spetta alla persona indicata la rappresentanza giudiziale della società. Di regola, io credo che rindicazione debba farsi, come richie¬ dono gli art. 133 e 134 cod. proc. civ,, colla designazione del nome (16) V. n. Si Nel caso tu cui nello statuto sociale sìa indicata la persona, alla quali- è 1']evoluta la rappresentanza giudiziale, dovrà la citazione essere ad essa fatta e notificata, perchè prevalente nella designazione del rapprese sitante è sempre lo statuto sociale: Cass. Roma, 23 settembre. iB8o, Foro. Hai., 1S&1, j. 127: Trib. di comm. di Bologna, 17 aprile- Rii 1. giro . di. Bologna, 1SS2, 233. (17) QuesGullima risulta o dallo statuto, 0 se statuto non t-'ó, 0 non è pubbli¬ cato, dal fatto di compiere, col con senso anello tacito, dei siici, atti in nome della so¬ cietà. (18) Gass. Palermo, 11 luglio iBBi, Giur. ttal,, iBSr, I, 1, 625, (icj) Trib- di comm. di Torino, 25 novembre 1B73. Giur. tor 1874, 12Ù. (*0) App. Genova. 22 aprile 1890, Temi genovese, 1890, 229. Per il diritto ger- manico basta invece in ogni caso che le notificazioni siano fatte ad un solo dei rappre¬ sentanti: C. P. O. § t 57 u]t - cap EÌWSJltóANN, "Civiipfoxrss, p. 531; Ring, Das lieichs- gesetz, ecc., p- 531: HiìPGEKwaIìk, Der Vorstaud, ecc.. p. 49. 12. A, Rocco, Le società eotnmèrciaU, 178 IL GIUDIZIO e cognome . Il rappresentante infatti, come ho già avuto occasione di notare, figura come il vero convenuto e il vero attore nei giudizi della società, e, come tale, egli deve essere indicato nella citazione col nome e cognome (art. 133 e 134 cod. proc. civ.). Inoltre, non sem¬ pre la rappresentanza in giudizio è, quanto alle società commerciali (come sarebbe invece per certi enti morali di carattere pubblico, co¬ muni, provincie, opere pie) legata ad una carica , ad una qualità sociale, ma può avvenire anche (per essere esse enti e collettività di puro diritto privato) che per volontà dei soci sia delegata ad un’altra persona, a cui nessuna altra qualifica è inerente. In questo caso è chiaro che non si potrebbe in alcun modo supplire colla indicazione della carica a quella del nome e cognome. Questo, in tesi generale. Ove però, colla sola indicazione della qualifica, si potesse chiaramente individuare il rappresentante della società, dovrebbe la citazione dichiararsi valida, a termini dell’art. 145 n. 2 cod. proc. civ. Il giu¬ dizio sull’esistenza di questa condizione di fatto è riservato natu¬ ralmente all’apprezzamento incensurabile dei giudici del merito. 146. Come è noto, la citazione in senso proprio, è l’atto in¬ troduttivo del giudizio, ma con atto di citazione deve essere proposto anche l’appello principale (art. 486 cod. proc. civ.). Di conseguenza, anche 1 atto d’appello deve contenere, oltre alla indicazione della società, quella della persona che la rappresenta. Tuttavia, un dubbio è sorto nel caso in cui in tutto il corso precedente della causa, la società si sia da sè stessa qualificata nella citazione e negli atti in generale col solo titolo, senza indicazione alcuna dei suoi rappre¬ sentanti. In tal caso si è detto che un altro elemento doveva ritenersi so¬ pravvenuto, in forza del quale l’atto d’appello è perfettamente va¬ lido, anche senza l’indicazione del nome del rappresentante. E ciò in virtù del principio: in iudicio quasi contrahitur: sicut in stipnla- tione, ita in iudicio contrahitur (21). « È ben vero — diceva di recente la Corte d Appello di Genova — che l'art. 136, senza far distinzione, prescrive doversi per la società di commercio la citazione notificare a chi la rappresenta come socio od amministratore: ma quando una ditta, dopo la introduzione di un giudizio contro di lei promosso, essa stessa, a sua volta, facendosi attrice, sottace il suo rappresen¬ tante, e sotto la semplice denominazione sociale fa sì che riceve la ( 2I ) 1 > 3 . § 1 de peculio, Dig. XIV, 3. COSTITUZIONE ED ISTRUZIONE DEL GIUDIZIO 179 notificazione degli atti giudiziali, e solo in appello, per liberarsi dal gravame avversario, ne pretende la irr ice vibri! tà per mancata indi¬ cazione del socio 0 amministratore che la rappresenta, non si rende più logicamente applicabile la citata disposizione di legge, che con¬ templa l'atto introduttivo del giudizio; e 3'art. 486 che vi si riferisce deve rettamente essere inteso nel senso, che le società di commercio saranno citate in appello in persona del loro rappresentante, sempre quando una tale indicazione appaia dagli atti della causa di primo grado & (22). Non posso in alcun modo consentire nel ragionamento della Corte genovese, il quale fa una poco logica applicazione del prin¬ cipio che pure. — nella prima parte della sentenza — essa ammette esplicitamente, circa la necessità della indicazione del rappresentante nelle citazioni delle società commerciali. Anzitutto la soluzione della Corte è — a mio parere in aperta contraddizione con quanto dispone J/art, 57 cod. proc. civ. Questo articolo stabilisce i casi in cui la nullità di un atto non può essere efficacemente opposta. Ciò^avviene: 1} quando la violazione o remis¬ sione delle formalità stabilite dalla legge a favore di una delle parti, viene opposta dall'al tra; 2) quando la parte, 0 chi agisce per essa, vi abbia dato causa; 3) quando essa vi abbia espressamente o ta¬ citamente rinunziato (23), Questi i tre soli casi, tassativamente indi¬ cati dalla legge, nei quali la nullità non può essere opposta: in tutti gli altri la nullità deve potersi liberamente eccepire. Al che non ostando la legge, neppure può ostare il quasi contratto giudiziale. È vero infatti che - come nota il Mattirolo — per l’intima analogia che corre tra i contratti e 1 giudizi, in iudicio quasi contrahiiur (24); ma, non mi paro che. nel caso concreto, tale principio possa trovare una giusta ed utile applicazione. In che cosa consisterebbe infatti, secondo la Corte di Genova, il vincolo quasi contrattuale creato dal giudizio, quando durante il corso di esso, la parte che avrebbe dovuto esser citata colla in¬ fa 2) Àpp. Genova, 31 agosto 1897, Pweedun i, 1B97, 771. Conforme. Àpp. Genova, 17 settembre 1^97, Procedura, 1897. 775, (23) Il caso ddl'art. 190 cod. proe. civ. in cui c detto che le nullità della citazione sono sanate colla comparizione dd citato è un vero 6 proprio caso di rinunzia tacita, perchè l'atto di comparire è incompatibile colla volontà di conservare il diritto a_d a_- sbone di nullità. Certo per una svista l'illustre Matti bolo. Trattalo di dir ► giudi*, civ., II, n. 275, chiama il caso dclTart, lqo, un caso di yinutizia presunta. (24) Matti rolo, op. cìt., II. n, 69, nota 3. i8g IL GIUDIZIO dicazione, è comparsa sempre, sia come attrice che come convenuta, senza tale indicazione? Evidentemente consisterebbe uell'essersi essa tacitamente obbltgata, verso l'altra parte, a riconoscere come validi gli atti di procedura, fatti in suo confronto, senza l'indicazione della persona fisica che la rappresenta. Ora io nego assolutamente che il quasi contratto giudiziale possa riguardare il caso in esame, ila volontà infatti deila società di non valersi del diritto di eccepire le nullità derivanti dai difetti di forma dell’atto d’appello si vorrebbe dedurre, i) dall essersi essa stessa indicata sèmpre senza il nome del suo rappresentante; 2) dal non avere eccepito la nullità degli atti intimatile senza una tale indicazione. Ma, quanto al primo caso, mi sembra pericoloso inferire dal fatto che la società ha violato la légge a danno altrui, una volontà a voler permettere che altri violi la legge a danno suo. Quanto al secondo l'unica volontà che la società ha legalmente dimostrato è quella di rinunzia al diritto che avrebbe avuto, di far dichiare nullo l'atto non contenente l'indicazione del rappresentante (art. 100 cod. proc. civ.J e non già quello di rinunzia al dintto di opporre la nullità di lutti gli atti egualmente difettosi che la controparte potesse intimarle durante lo svolgimento ulteriore della lite. La volontà quindi di obbligarsi a non eccepire le nullità derivanti da quel tale difetto di forma, è tutt'altro che dimostrata. Ora nei giudizi, come nei contratti, il vincolo giuridico non sorge che riguardo a quc.H'oggeUo sopra il quale apparisce che le parti ab¬ biano voluto accordarsi (art. 1138 cod. civ.) {25). 147. La notificazione della citazione ad una società commer¬ ciale si fa consegnandone una copia personalmente a chi la rap¬ presenta come socio o cóme amministratore dello stabilimento so- ciale (articoli r35 e 137, n. 1 cod. proc. civ.). È questa la forma di noti cazione per eccellenza, la quale dà la certezza assoluta che l’atto sia pervenuto nelle mani di chi doveva riceverlo. Ma non sempre una tal forma di notificazione è — nella pratica — possibile. Onde il legislatore ha saviamente stabilito che. se la citazione non si possa notificare alla persona del rappresentante della società deve notifi- carsi alia casa in cui risiede l'amministrazione delia società. 0, in detto, nella casa in cui il rappresentante ha la sua residenza. Quanto ‘J*/. te ”‘" ra Sul “1““* eonttatt " ttiodiriafc è v. Sskka, Il fuasi- ÉBf* «****« Ma 1,1, netta Ctunspr «al. IV, » » e P u di recente La rosa. La emtntaeitm ? della lite . Catania. 1697. •_■ ■ ' ■ ■ ■■ ■■■ COSTITUZIONE ED ISTRUZIONE DEL GIUDIZIO I§I alle persone a cui, in questi casi, deve essere consegnata la citazione, Valgono i prìncipi generali (art. 139 e segg. cod. proc. civ,). Se la società è in liquidazione, continuando essa ad esistere, deve la citazione essere notificata, prima che alla residenza dei li¬ quidatori, a quella dell Piumini strazione della società (26). 148, ÌSulhià. Se la citazione è fatta da chi non aveva facoltà di rappresentare la società, o a chi non aveva tale facoltà, essa deve dichiararsi nulla. Scopo ultimo della citazione è quello di procurare al giudizio il contraddittorio delle parti (27), ma il citare e l'essere citato in nome di un altro, non avendo facoltà di rappresentarlo > non può condurre mai allo scopo di dar luogo ad un giudizio contraddittorio. Anzi in questo caso la citazione, meglio che nulla, si dovrà dire inesistente, come quella che manca del suo primo e naturale elemento: Tessere fatta a chi o ad istanza di chi poteva legalmente esserlo (28). § 2 . - L'intervento in causa. Sommario: 149. Intervento elei sodo ndle cause della società, Opinione negativa delio SraJtpa e del Sabbatici. — 150. Distinzione da farsi fra cause vertenti tra [a società ente e i terzi, e càuse vertenti tra la società collettività dei soci e il socio singolo come tale {per rapporti sociali), — 151. Quanto alle prime nel socio non solo la qualità rii terzo, ma anche l'interesse diretto ad intervenire {art. 201 cod proc, civ.) — 152 Intervento di un socio nel giudizi della società contro terzi [cioè per rapporti non sociali) dopo lo scioglimento e la messa in liquidazione, 153, Intervento della società nelle cause del socio, 149, Riguardo alTintervento in causa si deve distinguere: se si tratta dell intervento di un socio nelle cause della società, ovvero delTintervento della società nelle cause di un socio. Circa rintervento del socio nelle cause della società, Topinione prevalente è che esso non sia ammissibile, « Per ammettere Tin¬ tervento — dice lo Sraffa — è necessario che la causa sia vertente fra altre persone (art. 201 codice di procedura civile); e non basta (s'6) App. Genova, 22 aprile 1890, Temi genovese, 1890, 299. (27) Moktara, M&WU& 1 &, ì, n. 203. [28) MonjAfcA, Mummie, I, n. ±16, n, 3; Mattinolo, Trattata, II. n. 67; App. Bologna. 20 dicembre 1885, Foro ttaì,, *886, 1. 447; Cass, Torino, zi febbraio, 1896, Giur. far., 1896 . 293 - IL GIUDIZIO l82 che rinterveniente vi abbia interesse; ora non ci sembra che il so¬ cio sia terzo quando è in causa la società, bensì, sia già virtualmente parte in causa, e vi agisca per mezzo di legittima rappresentan¬ za (1) 15, Il chiarissimo prof. Sraffa dunque nega che la società sia un'altra persona rispetto al socio. Invece il prof* Sabbàtini nega anche che il socio abbia un interesse diretto ad intervenire nella controver¬ sia. Egli realmente non parla dì società, ma di qualunque colletti- vita od ente morale in genere; onde la sua opinione deve necessaria¬ mente estendersi alle società commerciali. * Allorquando una cor¬ porazione - dice l'egregio procedurista, - un ente collettivo qual¬ siasi, è attore o convenuto in un giudizio, esso deve esservi legal¬ mente rappresentato, e poiché la rappresentanza di un corpo mo¬ rale si estende a tutte le persone che ne fanno parte; poiché queste, o per legge 0 per volontà propria (2), hanno affidato ad altri la tu¬ tela dei loro diritti comuni, non possono più avere un interesse di¬ retto nella controversia, per quanto effettivamente sia per arrecar loro danno la sentenza profferenda. L'individuo, Io si sa bene, spa¬ risce di fronte all'ente (3), » Quindi, delle due condizioni che, a termini dell'art. 201 cod. proc. civ,, sono necessarie perchè possa darsi Tintervento volontario, e cioè; a) l'interesse diretto nellinterveniente; b) la lite vertente tra altre persone, nessuna concorrerebbe nel caso dell’intervento di un socio nella causa della società, 150. Non posso consentire in questa opinione, almeno nei ter¬ mini assoluti con cui è formulata dai chiarissimi professori Sraffa e Sabbatiki. a ì Essendo la società commerciale, rispetto ai terzi, una per¬ sona giuridica distinta dai soci, è evidente che non i soci, ma l'ente società, e rappresentato nei giudizi coi terzi. Il socio quindi non può dirsi virtualmente parte in causa, perchè egli è perfettamente estraneo alla controversia. È vero che, in questo caso, il suo iute- p) Su affa, La liquidazione, n. 54, Wacw. Uandbuch dea deuischm Civìlpf&^Ls- rzchts.. r, p. 530. App. Vescia, 30 gm K no i&6$. A natali, 1B70, 2 291 Per ] 'intervènto 4 ,i S ,,cio invece; Kccius, Die Stellung de, offen HcmdtlsgesdluhaU aia Prepariti. nella Zeihchtijt fu, das gca. Hand., XXXÌJ (iS 8 f>), p. i(> e I? , (2) Qui si allude evidentemente alle società commerciali. (3) Sabbatici, Su ('intervento m causa, Torino, tSSi, p. 39 e 4 «, COSTITUZIONE ED ISTRUZIONE DEL GIUDIZIO 1 % resse è identico a quello della società, ma ciò non basta per dire che egli è rappresentato in giudizio da chi rappresenta la società. Diversamente è a dirsi delle controversie che la società, come collettività di soci, può avere con uno o più soci, nella loro qualità di soci, cioè in dipendenza del contratto soci ale. In questo caso sì, il socio è non solo virtualmente, ma direttamente rappresentato in giudizio dalla rappresentanza sociale, tanto che — come vedre¬ mo - la sentenza pronunziata contro la società, fa stato anche rispetto al socio. Questi dunque non potrà di regola intervenire nella controversia. Dico di regola, cioè nel caso in cui il socio voglia intervenire ad adiuvandum i diritti della società. Se invece anch'egli vuole insorgere contro la società, al pari del socio ribelle, potrà liberamente farlo, perchè col fatto del dissenso egli si pone in oppo¬ sizione col restante dei soci, e cessa quindi di essere rappresentato in giudizio dai rappresentanti della società (4), 151, b) Ora, posto che nei rapporti coi terzi (non sociali) i soci non sono rappresentati in giudizio dai rappresentanti della società, ne deriva logicamente che essi hanno un interesse diretto ad inter¬ venire. Il socio non ha, come crede il Sabbatici, diritti comuni colla società: costituendo questa una individualità distinta da quella dei soci, avrà anche diritti distinti dai diritti dei soci. Si potrà quindi parlare di diri Iti dipendenti da un eguale interesse, non di diritti comuni, nel senso di diritti che appartengono contemporaneamen- ( 4 ) Il Ring invece» Das Rmtegmfe bzireftend die Komtnandi^MUthafUn àuf Abitimi und die A ktiengesdiKchaften, Burlili. 1892, 93, II, p. concede 1 alTàziomsta di una società anonima, il diritto d'intervenire sia. ad adìuvandum che ad in}H-ngmdum i diritti della società, nel giudizio intentato da. un socio per impugnare una delibera¬ zióne deli'assemblea generate, ed anche nel giudizio intentato nella società contro un Bircio (II» p, 49 1 ) ■ Ma più esattami sembrala diatinzioun accennata nel testo. In quale è del rèsto fatta multo licite dello stesso Ring., I, p. ino a proposito dei giudizi inten¬ tati dalla collettività degli accomandanti di una società per azioni contro i.l socio re¬ sponsabile illimitatamente. Da die Konimandil:istengesapjmtheit no hi. Juristische Pénsort, ja iricjit tiri mal selbstàndfg ìm Sinne dés art, 1 n H. G. B., sondern. mir zum Zwecke dm Ausìibimg und Verfolgung gewisser Recbte organisti* Ì 9 t, erhcbt durfch dem Aiiffichtsrath feder Kommandist gegen die perso olich haftendett Geriscila (ter Klage. Hiéraus folgt: emé Interventi^ des Lin zeinko nim indi £in ten auf Svitai dcr per-stìnlidi hnitcnden Gcsdlscliafter ist mutui rissi g, weit der Kommanditist ntdit zu- gleich klagen und dem JJekEagten beìtreten kanm eine IniervenHan auf Smtm der Klàgèr. ist unt&las&ig, we# der Kommandiiisi nìcht sieh selbst beitmen hann *, IL GIUDIZIO 1S4 te al sodo ed alla società. Ma se i diritti della società non sono anche diritti del socio, ciò non toglie che il socio abbia non solo interessi, ma diritti che dipendono da quelli della società, e che sono con questi strettamente connessi. Così noi sappiamo che nelle società in nome collettivo le obbligazioni sociali sono garantite dalla responsabilità illimitata e soliclaria di tutti i soci, che nelle società in accomandita le obbligazioni sociali sono garantite dalla responsabilità illimitata e sohdaria di uno 0 più soci accomandatari, e dalla responsabilità dì uno o più soci accomandanti limitata ad una somma determinata, ed infine che nelle società anonime le obbligazioni sociali sono garan¬ tite limitatamente ad un determinato capitale, ed ogni socio è obbli¬ gato per la sua quota od azione (art. 76 m 1°, 2 0 e 30 cod. di comm,), Ora come si vorrà dire che isoci,i quali rispondono delle obbligazioni dell'ente giuridico società, non sono interessati direttamente nelle controversie della società? Tutto quello che è stato detto finora delTintervento vol&ntdviù di un socio nel giudizio della società, vale anche per l'intervento coatto, e per 1 intervento ordinato dal giudice, perchè il socio, nella lite vertente tra la società ed un terzo, è alla sua volta un vero terzo (art. 203 e 205 cod. proc. civ.), 152- Debbo ora notare un grave errore in cui è caduto il Tri¬ bunale di commercio di Venezia, decidendo, con sentenza x° luglio ibh 6 , che il socio non può intervenire nel giudizio iniziato 0 pro¬ seguito dal liquidatore della società, dopo lo scioglimento e la messa in liquidazione di questa. Sentiamo come ragiona la sentenza ci¬ tata; « ... principio fondamentale dell’istituto della liquidazione, emergente dall art. 198, è che con Y assunzione dell'ufficio da parte dei liquidatori cessi l’ingerenza dei soci nelle operazioni sociali, principio confermato dalle facoltà che la legge riserva ai soci durante la liquidazione e dopo di essa con gli articoli 199, zoo, 201, 208, L intervento del socio contraddirebbe a questo principio, mentre sotto forma di far valere interessi peculiari e specifici, il socio non può rientrare ad una parte nell esercizio delle azioni sociali, che la e gb e vuole affidata al liquidatore, unico rappresentante della società ■ ei soci* N e ad avviso diverso può condurre la circostanza che ti atti di azioni già iniziate al tempo della deliberata liquidazione, mentre per queste il liquidatore ha secondo sua scienza e conscienza, aco ta, o di proseguire in giudizio, nel qual caso egli solo rap¬ presenta la società: 0 di convenire nelle medesime, comprendendo MflìMH - f - 1 '■ v i COSTITUZIONE ED ISTRUZIÓNE DEL GIUDIZIO 185 13 risultato della convenzione della liquidazione, nel qual caso al socio 0 soci che si ritenessero gravati spetteranno a suo tempo le azioni dì cui all'art. 208, se e come di ragione $ (5). L'errore del Tribunale di commercio di Vene zia è manifesto; esso confonde l'intervento in causa del socio colla rappresentanza in giudizio della società. La rappresentanza in giudizio spetta, è vero, esclusivamente, ai liquidatori, in forza dell'art. 19S cod. di comm. Ma questo non toglie che altri, non come rappresentante, ma come terzo, possa intervenire nella lite. Se la società è rappresentata dal liquidatore e solo dal liquidatore, è questa una ragióne di più, per ammettere che il socio, il quale non è rappresentato dal liquidatóre, possa intervenire nel giudizio da questi iniziato o proseguito. Mi fa meraviglia quindi che il chiarissimo prof. Seaffa, il quale ha cosi bene dimostrato la permanenza della personalità giuridica della società durante la liquidazione, riporti ed approvi una sentenza che, dichiarando non potere i. soci intervenire nei giudizi della società per essere questa rappresentata esclusivamente dai liquidatori, viene in definitiva, a stabilire che i liquidatori sono i rappresentanti dei soci, e non dell'ente giuridico società. 153. Diciamo infine qualche cosa dell’intervento della società nelle cause del socio. Che in questo caso vi sia il giudizio vertente tra altre persone (art. 201 cod. proc. cìv.J e la qualità di terzo nel- 1 J interveniente (art. 203 e 205 stesso codice), non mi pare si possa revocare in dubbio. Per darsi poi l'intervento volontario, non basta un interesse generico, còme quello avente per tscopo d'impedire la formazione di un precedente o di una giurisprudenza contraria agli interessi della società, ma occorre un interesse diretto (6), Così ad esempio la società potrà intervenire in tutti i giudizi contro il socio intentati, da cui possa derivare una diminuzione dei patrimonio di questi, mettendosi in pericolo le quote non ancora conferite. § 3. — La prova Sommario: 1^4, A) A mfnissibiliìà. dei vari mezzi di prova in generale, I requisiti di forma e di pubblicità sono necessari per resistenza 0 )a prova delle società com¬ merciali? — 155. Distintone tra l’ente società ed il contratto sociale: sono iveccs- {5) Trìb. di comm, di Venèzia, 1 SugJit> 18S6, Tenti veneta, tSSÒ, 534 (6) Sahbatini L‘intervento in causa, pag. 40 e 41. i8ó IL GIUDIZIO sari per l'esistenza dell 1 ente, non sono necessari per l'esistenza del contratto — T5Ó- Ma quanto al contratto, l'atto scritto almeno sarà necessario? e neces¬ sario ad probationem 0 ad substanliamì Opinione del MattjR-OLO. — 3.37. Con¬ futazione. — 158, Soluzione della questiono: l’atto scritto è necessario ad prò- bationcni- — 159. Ma la prova testimoniale è ammessa sdo nei limiti del codice civile. — 160. Lo stesso è per le associ azioni commerciali. — 161, Lo stesso è per alcuni fati! (mutazione, recesso, esclusione dei soci, ecc.) pur cui la legge richiede l’atto scrìtto. — 162. B) Fórmaziùne (folla prava. Prova scritta: i libri sociali — 163. Prova testimoniale.. — 164. Giuramento? capacità del rappresentante a deferire 0 accettare il giuramento. — 165, Giuramento; fatti compiuti non dal rappresentante attuale, ma dal predecessore. - i6d. Confessioni ed interrogatorio, X54- A) Ammissibilità dei vari mezzi di prova in generale* Per il diritto romano il contratto di società non era legato ad al¬ cuna forma: Soeietatem coire et re et verbis et per nuncium posse nos , rfubium non est (i). Lo stesso dicasi per le società del diritto civile odierno (art. 1707 cod* civ.j, Quanto alle società commerciali invece, negli articoli 87 e segg. cod, di coirai, sono prescritte alcune forme, che possono far nascere gravi dubbi rispetto alla prova. Queste forme consistono: a) nell'atto scritto per le società in nome collettivo ed in acco¬ mandita semplice, e nell'atto pubblico per le società in accoman¬ dita per azioni e anonime (art, 87 cod. di comm,); b) in certe in¬ dicazioni tassativamente volute dalla legge nell'atto costitutivo delle società in nome collettivo ed in accomandita semplice, e nello sta¬ tuto 0 atto costitutivo delle società in accomandita per azioni o ano¬ nime (art, 88 e 89 cod. di comm.); c) nel àegòsdto, trascrizione ed affissione dell'atto costitutivo per le società in nome collettivo ed in accomandila semplice, dello statuto e deìFatto costitutivo per le società in accomandita per azioni ed anonime, nelle forme, pure tas¬ sativamente indicate dalla legge (art. 90 e 91 cod, di comm.). Non ho bisogno di insistere sulla estrema importanza di queste disposizioni di legge rispetto alla questione della prova delle società commerciali. Se la prova infatti è la dimostrazione della esistenza di un fallo giuridico (nel senso più ampio e comprensivo) è naturale che la questione della prova delle società commerciali dipenda dalla soluzione dell altra questione: quando è che la società commerciale sorge? Perchè la prova delle società commerciali ne presuppone la esistenza^ Qui però la questione si complica singolarmente. Ogni entità giuridica si compone di alcuni elementi naturali o essenziali. (t) L 4 pr. prò socio, Dig. XVII, 2. _ "■ - ■; ■■■ ■•- . -- COSTITUZIONE ED ISTRUZIONE DEL GIUDIZIO 187 la mancanza di un solo dei quali fa venir meno l'entità stessa e la rende inesistente. Agli elementi però formanti una determinata entità qualche volta il legislatore nega ogni efficacia giuridica quando manchino certi requisiti da esso stesso stabiliti. Questa mancanza rende l’entità giuridica che ne è affetta non inesistente, ma nulla. Infine altre volte il legislatore prescrive che gli elementi necessari per 1’esistenza di una determinata entità giuridica siano accompa¬ gnati da alcune formalità, la cui mancanza non rende l’entità me¬ desima nè inesistente, nè nulla, ma produce soltanto alcuni perni¬ ciosi effetti, specie riguardo alla limitazione della prova. Fatte queste necessarie distinzioni, le regole poste dagli art. 87 e segg. cod. di comm. possono far sorgere le seguenti questioni: a) L’adempimento delle formalità prescritte dal legislatore co¬ stituisce uno degli elementi essenziali per l’esistenza delle società commerciali? b) E se non lo costituisce, sarà almeno necessario per la va¬ lidità delle società medesime? c) Oppure la portata dell’inadempimento si limita a restrin¬ gere in qualche modo la prova delle società in questione? 0, in altri termini, quando concorrono i requisiti che il diritto civile richiede per il contratto di società, quando concorra Vobietto com¬ merciale che dicemmo necessario per la commercialità dell’ente so¬ ciale (v. num. 2 e 3), ma non siamo stati osservati i requisiti pre¬ scritti dagli art. 87 e segg. del cod. di comm., la società in tal modo formata, dovrà dirsi una società commerciale inesistente, oppure nulla, oppure suscettibile di essere provata solo con determinati mezzi di prova? 155. Come si vede la questione è strettamente connessa col¬ l’altra questione, di cui ci siamo a lungo occupati, della condizione giuridica delle società irregolari (num. 61 e segg.). E tenendo pre¬ senti i principii allora stabiliti, anche la questione relativa alla prova delle società commerciali ci riuscirà di non difficile soluzione. L’ente giuridico società — dicemmo — non esiste, se il contratto sociale non è redatto regolarmente e regolarmente pubblicato. Esso non potrà quindi esser provato che mediante la pubblicazione re¬ golare dell’atto costitutivo o dello statuto in regola. Diversamente è a dirsi del contratto sociale. Esso preesiste — come abbiamo veduto — alle formalità, e — come abbiamo pure veduto — le formalità non sono neppure necessarie alla sua validità. i88 IL GIUDIZIO 156. Ma se per la validità del contratto l’adempimento di tutte le formalità non è richiesto, sarà richiesto l'atto scritto? E se l atto scritto manca, ne deriverà di conseguenza che la società non potrà altrimenti provarsi (l'atto scritto sarà perciò necessario ad substa* ham) oppure essa potrà anche altrimenti provarsi, ma con qualche limitazione riguardo alla prova testimoniale (l’atto scritto sarà cioè necessario ad frobationem) ? Queste questioni si propone, colla consueta lucidità, i3 Matti- ROI.o, e le risolve distinguendo ì rapporti tra i soci e soci, e i rap¬ porti tra soci e terzi (cioè fra coloro che intervennero e coloro che non intervennero nel contratto sociale): a) Riguardo ai rapporti tra soci e soci egli ancora distingue. Si vuol provare la convenzione sociale per fame dichiarare la vali¬ dità e obbligare i soci alla esecuzione? Ed allora l atto scritto è in¬ dispensabile perchè senza lo scritto il contratto non esiste, cioè lo scritto è richiesto ad substantiam per il contratto. Si vuole invece provare solo il fatto della società o comunione allo scopo principale 1 ottenere lo scioglimento? Ed allora qualunque mezzo di prova 51 e ^ e amiT| attere, anche la testimoniale, senza limitazione, non essendo applicabile Farri 53 cod. di comm.; perchè il codice stesso non richiede alcuno scritto per la prova del fatto della società, j Riguardo ai rapporti tra soci e terzi, il M attiro lo distingue. I terzi potranno provare l'esistenza della società in tutti i modi, in erza dell ai t. 99 cap. cod. dì comm. I soci invece possono prò- esistenza della società in tutti i modi, quando i terzi, per avere con essa contrattato, ne avevano notizia. Ma se non si tratti di rap¬ porti contrattuali, e non consta che i terzi conoscessero l'esistenza a società, i soci non potranno provare l'esistenza che mediante la prova dell'adempimento di tutte le formalità (2). I 57 - , r"; ™ mi pare che risponda alla consueta nuf ita d idee dell illustre procedurista. L'equivoco fondamentale pero — e giustizia confessarlo — non è dovuto a lui, bensì alla im- perfetta ed inesatta analisi che prima del Vi vìnte, del Manaea _ ° NELLI s * era f at ta delle società irregolari e dalla quale non l Un^mità^d^T^^ ^ aitc ^ e 8 valentissimo professore del- T m ho bisogno qui di richiamare la. notissima distinzione tra m MATTIE0L0 ' T ™ U * i0 * erario chi». II, n . 4I3 e 4I3 . COSTITUZIONE ED ISTRUZIONE DEL GIUDIZIO xSq fatto giuridico, atto giuridico, negozio giuridico e contratto. Il con- cotto di contratto rientra, certo, sotto la generale categorìa dei fatti giuridici. Il contratto e un fatto giuridico qualificato, dipendente cioè dall'accordo di due e più volontà dirette alla costituzione di un rapporto giuridico lecito. Questa qualifica opera naturalmente solo nei riguardi delle persone, che intervennero ai contratto: rispetto ai terzi il contratto, come contratto, è res ìnier alias: essi non hanno di fronte die il fatto giuridico. Ma per coloro i quali costituirono il rap¬ porto contrattuale (nella specie, soci), il fatto giuridico è, e resta qualificato. Quindi pei soci, la società è un fatto giuridico contrat¬ tuale e tale deve sempre restare. La loro stessa qualità di soci pre¬ suppone il contratto, e non è concepibile l'esistenza di una forma inferiore di società che sarebbe la società semplice fatto. Siccome la qualifica da contrattuale non ha effetto che tra i contraenti, e non pei terzi, cosi il fatto giuridico contrattuale pei terzi si presenta come un fatto giuridico qualunque. Ma fra i contraenti, il fatto giu¬ ridico contrattuale è sempre contrattuale, È un vero assurdo Vimma¬ ginare un fatto giuridico contrattuale come la società (contratto) che pei contraenti si presenta come non contrattuale. Vedemmo che la so¬ cietà anche irregolare esiste come contratto: ora, se esiste come con¬ tratto, fra i soci è sempre contratto e non può essere, a seconda che faccia comodo, vero centrato, o semplice fatto giuridico. Egualmente non saprei quale potrebbe essere la base della di¬ stinzione per cui 1 terzi possono sempre provare in tutti i modi il contratto sodale, come lo possono anche i soci di fronte ai terzi, quando i terzi ne conoscevano resistenza, mentre non Io possono i soci di fronte ai terzi, quando i terzi non conoscevano resistenza della società. Il far dipendere l'ammissibilità o meno degli altri mezzi di prova (alTinfuori dello scritto regolarmente redatto e pub¬ blicato) dalla conoscenza o meno che avevano i terzi del fatto giu¬ ridico (nella specie, contratto di società)., che si tratta ora di pro¬ vare, come non ha alcun fondamento nella legge, cosi non l'ha nem¬ meno nella logica giuridica. Sta bene che i terzi ignoravano, e le¬ galmente ignoravano, resistenza del contratto di società, ma l'igno- ranza di un fatto giuridico non può togliere che esso, intanto, esista, ed esistendo, possa esser provato, 158 Ciò posto, vediamo, sulla scorta dei principi già Stabiliti, quale sia il sistema probatorio sancito dal nostro legislatore, riguardo al contratto di società commerciale. IC)0 IL GIUDIZIO L'art 87 cod. di comm. dichiara espressamente che il contrattò di società deve essere fatto per iscrìtto< Donde la questione, se io scrit¬ to per le società commerciali sia richiesto ad probazione™ o ad sub - stantia™. Porre la questione è risolverla, specialmente se si richiama alla mente la disposizione dell’art 53 cod. dì comm., il quale sta¬ bilisce che, quando il codice commerciale richiede la prova per b scritto, non può ammettersi la prova per testimoni, fuorché nei casi in cui è permessa, secondo il codice civile. Questo e non altro e il valore delle regole che il legislatore sancisce, quando richiede puramente che un dato atto deve essere fatto per iscritto, senza ag¬ giungere speciali sanzioni di nullità. Infatti, quando la legge esige una determinata forma ad substantìam actm, lo dice espressamente fes. art. 1314 cod. civ.j art. 44 ult. cap.; art. 254 e 522 cod. di coirmi.) comminando la nullità per la inosservanza delle forme. Invece, nulla di tutto ciò per le società commerciali. La legge non dichiara affatto nulli i contratti di società non redatti in iscritto. Si limita a stabilire, agli art. 98 e 99 cod. di comm,, alcune sanzioni (respon¬ sabilità di chi agisce in nome della società: diritto di chiedere la ri¬ soluzione del contratto, fra soci, nude società in nome collettivo ed jn accomandita semplice: diritto di scioglersi dalle obbligazioni nelle accomandite per azioni ed anonime). Ma, nonostante queste sanzioni, il contratto esiste, ed è valido. Nò come sostiene. FEii- rlka si può ammettere che Io scritto sia richiesto ad suÒstantimn pei le società in accomandita per azioni ed anonime (3). Infatti, come nessuna sanzione di nullità è contenuta neU’art 87 e negli articoli 98 e 99 cod, di comm., cosi nessuna è sancita dagli art. 128 e 136 stesso codice, che si occupano della costituzione delle società anonime (4). r 59 . Tanfo adunque per le società in nome collettivo, che per qi^c c m accomandita e anonime, ratto scritto è richiesto ad pro- _ Dim ° dl mi*, società commerciali . Dir cùmm. I&S4, m, tè-ealf ::r * ?OTr L * distin **° nc P e, ' ù ^II'Errera floi'. cit.J fra co$Uhtsiù*e ri nrO d S0C ^ ' nùn può dir ^ sostanzi al men te intatta, in quanto ebe essa eoi> de]la . ■ ^ he ° ecOrF0 fare, tra esistenza delia società contratto ed esistenza dentario dì Vm IT ( ™ fto StesSfJ 5Cnso ^'Errerà, Bolaffi 0 nel Coi»- veruna, 1. numero 205 t 345). rad di' '■° I ’ ft>rme Maxara Cons,derapimi infarto la interpretazioni: ddl'art. 98 tiitìTZ'T'J <,C "'“ tr ' ,tto ! Vivaxtc. TraUato, I. n. 3M; Vh,A* Z t ****** ,V - « um™™ MAXARA rt*** «► ^ ai ' l897 ' l - 2 ™ ™do davvero attentissimo. COSTITUZIONE ED ISTRUZIONE DEL GIUDEO 191 baiìonem. Applicando Farri 53 p dovremo dire che la prova testimo¬ niale non è ammessa, riguardo ad esse, che nei limiti in cui è ammessa dal codice civaie. L'illustre Vivante crede invece che neppure ad probationem sia richiesto, latto scritto per le società commerciali, ma che le uniche sanzioni della mancanza debbano rintracciarsi nelle regole severissime degli art. 98 e 99 cod. di comm. (5). « No¬ nostante il diletto della scrittura dice l'illustre commercialista i soci possono provare l'uno contro l'altro l'esistenza della so¬ cietà con ogni specie di prova. Possono provarla anche con testi¬ moni, sebbene manchi ogni principio di prova scritta. Qui la san¬ zione pel difetto della scrittura non consiste, come pur vorrebbe la regola generale, nella limitazione della prova testimoniale ma nel diritto conceduto ad ogni sodo di chiedere lo scioglimento della società: questa sanzione più rigorosa esclude la prima. Lo si argo¬ menta da ciò, che a tenore della legge (art, 99) la società esiste di fronte aì terzi, benché manchi la scrittura, e non è concepibile re¬ sistenza di obbligazioni sociali senza un contratto di società, come non è concepìbile 1 effètto senza la causa. Lo si argomenta ancora da ciò, che la legge dà diritto ad ogni socio di chiedere lo sciogli¬ mento della società costituita senza scrittura, e quindi presuppone la sua esistenza, perchè non si può sciogliere se non ciò che esiste. Infine, se la mancanza della scrittura impedisse la domanda di scio¬ glimento, si metterebbero i soci nell’impossibilità di esercitare quel diritto appunto quando, pel difetto di ogni documento, interessa (5) Cf3 - Trattato, I, n. 306 r 393, Conforme: Trib. Sassari 17 ottobre 1895, Gìur, Sarda, 1895, 397- App. Genova, 3 marzo 1897, Gazzella giudiziaria di Genova, 1897, 77. V. anche App. Mitano, 29 dicembre 1890. Mon, Trib. Mit ., 1891, 15-2. perchè la prova di una società irregolare non è prova rii un contratto, ni ri di un fatto: " Se vero che il contratto di società deve risultare dallo scritto, e che, ciò stante, non può essere provato con testimoni quando non concorrono le condizioni dal codice richieste per l'ammissione della prova orate, è anche vero del pari, che nei rapporti dei soci fra loro, come dei tersa, ì'esistenza, di una semplice associamone dì fatto può sempre accertarsi con ogni mozzo ammesso della legge generale; trattandosi di quegli effetti, diritti ed obbligazioni che, indipendentemente dalla legale costituzióne della società lxan.no origine, e pei soci, e pei terzi, appunto da uno stato dì fatto, e non da una vera e propria convenzione alla quale soltanto potrebbe riferirsi il disposto dell'art. 53 cod. di colimi, e 1341 cod, civ. c L'errore è manifesto e dipende dal non aver con¬ siderato che per ì som il fatto- della società è inscindibile dal contratto dì società. Nello stesso equivoco è caduto il Mori, L r amministrasi ani della società anonima, li, n. 613, le cui inesatte deduzioni del resto dipendono dalle idee poco chiare òhe egli ha della condizione gì is lidie a delle società irregolari 192 IL GIUDIZIO più che mai all'ordinamento giuridico che scomparisca una società che è causa di turbamento ». Ho voluto riportare integralmente il — come sempre — geniale ragionamento del Vivante, per porre maggiormente in evidenza il grave equivoco in cui esso s’involge. I tre argomenti su cui il Vj. vante appoggia la sua tesi, e che possono riassumersi in breve: i° nell’esistenza delle società di fronte ai terzi desunta dal 2 0 cap dell’art. 99; 2 0 nell’esistenza della società anche fra soci desunta dal principio dell’art. 99 (e per le società in accomandita per azioni e anonime potrebbe ripetersi lo stesso per l’art. 99 3 0 cap.); 3 0 nella necessita di provare 1 esistenza della società per poterne provocare lo scioglimento; questi tre argomenti ripeto, non possono riuscire nell intento voluto dal Vivante che a mezzo di uno scambio evi¬ dentissimo di termini. E per scorgerlo basta riflettere che altro è 1 esistenza e la validità di un rapporto giuridico, altro è la sua prova. Dal limitare, a termini dell’art. 1341 cod. civ. la prova testimoniale del contratto di società, non ne deriva che il contratto stesso sia inesistente , o sia nullo o che sia impossibile provarlo, quando la prova testimoniale sia vietata. Esso non solo esiste ed è valido, ma può essere provato con tutti gli altri mezzi di prova che la legge ammette: interrogatorio, confessione, giuramento. Anche quando adunque il contratto di società non possa esser provato con testimoni, esso esiste ed è valido, e può essere provato cogli altri mezzi di prova; 1 soci quindi possono benissimo valersi del diritto di chiedere lo scioglimento della società (6) Concludendo, il contratto di società può essere dai soci provato con tutti i mezzi di prova, ed anche quindi colla prova testimo- niale (7), ma ciò solo nei casi in cui la prova testimoniale è ammessa (6) V. la bella dimostrazione del Manara, scritto cit., pag. 708, e specialmente pag. 711-713. Giustamente il mio illustre maestro nota che nel sistema combattuto nel testo si verrebbe a riconoscere in materia commerciale qualche sosa di simile alle antiche sociétés taisibles, che il nostro legislatore, sull’esempio di quello francese ordinanza di Moulins in poi, ha inteso per gravi e fondatissime ragioni di esclu- (7) n questo senso la prevalente giurisprudenza: App. Venezia, 6 luglio 1886, eta ’ 4 12 » con nota adesiva di Errerà; Cass. Torino, 14 giugno 1886 vur. or., 1886, 414; Cass. Roma, 6 settembre 1887, Foro ital., 1887, 1, 995; Cass. ZC ' 16 febbraio l888 > Legge, 1888, 1. 549; App. Catania, 18 giugno 1892, Cons. 92, 365, App. Venezia, 2 giugno 1893, Temi Veneta, 1893, 587; Cass. Fi- enze, 9 luglio 1894, Legge, 1894, II, 620; App. Torino, 2 luglio 1895, Gw. Tor., 95, 5 7, ‘ CaSS ‘ T ° rÌno ' *7 lu S b ° i 8 96, Foro ital., 1896, 1, 1097; App. Genova, 21 COSTITUZIONE ED ISTRUZIONE DEL GIUDIZIO 193 dalla legge (8). Ho detto dai soci. Dai terzi infatti estranei al con¬ tratto il contratto di società può essere provato in tutti i modi, e anche con testimoni illimitatamente. L’art. 1341 cod. civ. si rife¬ risce invero alle sole convenzioni. Ora — come dice giustamente il Mattirolo — la convenzione non è tale, fuorché per rispetto ai contraenti, mentre per coloro che alla medesima rimasero estranei, essa riveste la natura di un semplice fatto, suscettibile perciò di prova testimoniale illimitatamente (9). A ciò si aggiunge, per le società in nome collettivo ed in accomandita semplice, la espressa dichiara¬ zione della legge (art. 99 cap. 2), la quale dice che la mancanza di formalità non può essere dai soci opposta ai terzi (io). 160. Quello che è stato detto finora delle società commerciali, vale egualmente bene per le associazioni. Infatti l’art. 238 cod. di comm. stabilisce che Y associazione in partecipazione è esente dalle formalità stabilite per le società, ma deve essere provata per iscritto. È chiaro che il legislatore ha richiesto lo scritto ad probationem, se si consideri che nessuna sanzione è aggiunta dalla legge a questa disposizione. Per conseguenza, le associazioni in partecipazione si potranno provare con ogni mezzo di prova, ed anche con testimoni, aprile 1897, Temi genovese, 1897, 249; Cass. Firenze, 18 luglio 1987, Foro ital., 1897, 1, 1043. Conforme anche la più autorevole dotrina italiana e straniera: Manara, Giurspr. ital., 1897 I, 2, 705; Bolaffio, nel Commentario di Verona, I, n. 305; De- langle, Sociétés, n. 509 e segg.; Lyon CAENoet Renault, Traité, II, n. 171 e 172. — V. tuttavia contro: App. Casale, 21 aprile 1883, Giur. casalese, 1883, 167; Legge belga del 1873, art. 4; Namur, Le code de commerce belge révisè, Bruxelles, 1884, II, n. 816. (8) App. Genova, 30 luglio 1889, Dir. comm., 1889, 895; Cass. Firenze 9 luglio 1894, 851; App. Napoli, 24 aprile 1895, Dir. comm., 1895, 341; App. Genova, 19 feb¬ braio 1897, Temi genovese, 1897, 145. Fra gli scrittori consulta, oltre la lodata nota del Manara, il Delangle, Commentaire sur les sociétés commerciales, Bruxelles, 1843 n. 509 e segg.; Lyon Caen et Renault, Traité, II, n...i7i e 172; Bolaffio, nel Commentario di Verona, I, n. 305. La giurisprudenza francese ammette la prova te¬ stimoniale contro od in aggiunta dell’atto scritto, purché vi sia un principio di prova per iscritto: App. Parigi, 26 gennaio 1883, Cass. francese, 4 novembre 1885, Sirey, 1888, 1, 365; App. Angers 24 febbraio 1894, Journ. du Palais, 1896, 2, 243. V. in seguito, le sentenze citate alla nota 11. (9) Mattirolo, II, n. 336. V. anche n. 339 e 344 e la giurisprudenza ivi citata. (10) V. da ultimo, Cass. Palermo, 30 dicembre 1895, Circ. giuridico, 1896, 129; Cass. Roma, 9 giugno 1896, Corte Suprema, 1896, II, 333; Manara, scritto citato, Giurispr. ital., 1897 I, 2, 716. 13. A. Rocco, Le società commerciali. 194 IL GIUDIZIO ma a termini dell art. 53 cod r di cornili, la prova testimoniale è am messa solo nei casi in cui l'ammette la legge civile (11). Lo stesso è a dirsi per le associazioni di mutua assicurazione (art.' 53 240 cod di comm.), 161. Al pari dello statuto od atto costitutivo, anche la mu- tallone, il recesso o l'esclusione dei soci, i cambiamenti della ragion sociale, della sede o dell'oggetto della società, o dei soci che hanno la firma sociale, la riduzione, t'aumento o la reintegrazione del ca¬ pitale, lo scioglimento anteriore al termine stabilito nel contratto, la fusione con altre società, e la prorogazione oltre il termine suddette devono, nelle società in nome collettivo ed in accomandita semplice risultare da espressa dichiarazione o deliberazione dei soci, e gii atti relativi devono essere depositati, trascritti, affissi, e pubblicati. -Nelle società in accomandita per azioni ed anonime, gli atti suddetti, e, m genere, tutti i cambiamenti introdotti nelle disposizioni dall'atto costitutivo, devono egualmente essere presi con deliberazione legale, depositati, trascritti (dietro autorizzazione del tribunale), affissi e pubblicati (art. 96 cod, di comm,). Ora si domanda: queste formalità sono richieste ad frobalionem o ad substanham? Quindi, se mancano, potrà essere data la prova di questi atti in altro modo? ha risposta affermativa non mi sem- u bia, La legge infatti non commina nullità per il difetto di queste forme. Per conseguenza, se si tratta di rapporti tra soci e soci trattandosi di provare un contratto o un fatto contrattuale, conse¬ guenza del contratto, dovrà ammettersi ogni specie di prova, ed anche a testimoniale, ma colle limitazioni di cui all'art. 53 cod. di comm. Si tratta invece.di rapporti dei soci o della società con estranei - cieta (terzi) lispetlo ai quali la mutazione, il recesso, lo sciogli¬ mento, ecc ., sono semplici fatti e non contratti 0 fatti contrattuali, Foro Hat N n 415 C 4l6, V; la hella nota del BOLArnO, rlV ’ ™aè l'atto egli ad sa- iz maeeio iSa± ri , • SDC,azi1ini - Una at ™ sentenza dèi Tribunale di Sass'ait, Rnma ^7 «licamW rCVl 1 ^ dC " 1 C8SS ' COSTITUZIONE ED ISTRUZIONE DEL GIUDIZIO IQ 5 potrà Io scioglimento, il recesso, ccc., essere da essi provato con ogni mezzo di prova, compresa la testimoniale, senza limitazione (12). 162. B) Formazione della prova. Veduto così della aMmìs- stbihta dei vani mezzi di prova, in generale, rispetto alle società com- mereiai], parliamo ora della formazione della prova. . ... a ) Prova scritta. Importanza speciale hanno a questo riguardo 1 libri di commercio, pei quali la legge (art. 27 cod. di commi sta¬ bilisce che ne può essere domandata la comunicazione, quando si tratti di affari di società, cioè quando si disputi sul contratto sociale. La comunicazione può essere domandata dai soci, anche quando abbiano cessato di far parte della società, dagli eredi dei soci, ma non dal creditore o dal cessionario, e dal socio del sodo (13), Al socio e equiparato rassodato in partecipazione, perchè nei rapporti interni 1 associazione in partecipazione è una vera società (14). Di fronte ai terzi (estranei al contratto sociale) il socio essendo sempre un soggetto di diritti diverso dalla società, i libri della so¬ cietà non si possono considerare come libri suoi; essi quindi non faranno prova nè in suo favore, nè contro di lui (art. 44, 48 e 50 cod. di comm,) (15), 163. b) Prom testimoniate. Tutte le questioni che possono sor^ gere a questo proposito riguardano la capacità a testimoniare nei giudizi delle società commerciali: a) dei soci; h) degli amministratori che non rappresentano la società in giudizio, È noto il principio: nullus idoneus testis in re sua ìnldligilw (I, io de teslihus. Dìg. XXII r 5), vale a dire che non si può essere ad un tempo parte e testimóne nella stessa causa; principio ovvio, che, sebbene non sancito espres¬ samente dal nostro legislatore di rito, pure discende direttamente dalla natura stessa della prova testimoniale (16). Ciò posto, si vede {12) V. per Eo scioglimento, conforma Casa. Tonno, 5 dicembre 1870, Giur. Tor. 1,871 56. e dì recente la buona sentenza detta Cass. Firenze, 4 luglio 1895, Dir. comm. 1895, 720 Contro Cass- Torino. 5 aprilo 1892, legge, rSgs, II, 4 8, - Per il recesso cfi. Napoli Cass, 6 maggio 1890, Foro Hai., 1B90, i, 1759. rii) Cfr. Vivant e. t. n. 191; Castagnola, nel iémmMiò di Castagnola e Già- z asa, 1. n. 2SS e segg.: Lessona. Teoria delle pròve itti diritto giudiziario civile ita¬ liano, Firenze 1895, II, n 04 r. (14) Lessona, op, cit |o,e. cit. Contro Vivente, op, di. loc, cit. fi 5 ) Contro, ma con deduzione poco esatta. App. Genova, it dicembre 1896, Foro ital. i&qj, 1 , 286. fi6) Cfr, Mortasa. Manuale, I. (2* cdi*.), n, 360; Mattirólp, II, n. e 593, IL GIUDIZIO come la difficoltà dipende dal decìdere se 1 soci di ima società com¬ merciale, e gli amministratori che non compariscono in giudizio, sono, realmente, parti in causa. Diciamo prima dei soci. Non mi pare a questo proposito neces¬ sario far la distinzione, espressamente accennata dal Mortasa, ed implicitamente dal Mattirqlo (17), fra società in nome collet¬ tivo ed in accomandita semplice, e società in accomandita per azioni ed anonime, e dedurne, come fanno i due chiarissimi scrittori, che i soci delle prime sono parti in causa, e non possono essere sentiti come testimoni, mentre 1 soci delle seconde non lo sono, e possono quindi essere ammessi a testimoniare. Una distinzione di questo genere mi sembra arbitraria nel nostro diritto positivo, perchè tanto le società in nome collettivo, che in accomandita, ed anonime, come pure le associazioni di mutua assicurazione costituiscono tutte, ri¬ spetto ai terzi, enti collettivi distinti dalle persone dei soci (art, 77, cap. ult.; art, 239 cod. di comm.). Piuttosto, in conformità a quanto credo di aver dimostrato nella prima parte di questo lavoro, la di¬ stinzione da. farsi è tra rapporti interni tra soci (sociali) e rapporti esterni coi terzi (extra-sociali). Nei giudizi riguardanti rapporti so¬ ciali, non è l'ente collettivo che comparisce, ma tutti i soci come col¬ lettività sono rappresentati in causa: essi quindi non potranno es¬ sere sentiti come testimoni (18). Nei rapporti coi terzi invece sorge 1 ente giuridico società: è la persona giuridica società che viene rap¬ presentata in causa: i soci possono quindi perfettamente essere chia¬ mati a testimoniare: soltanto la loro testimonianza sarà sospetta, e il giudice 1 apprezzerà per quello che vale (art. 237 cod, proc. civ.) (19). \ erti amo ora agli amministratori 0 gerenti di una società com¬ merciale non comparsi in causa. Una autorevole schiera di scrittori, fiancheggiata da molti giu¬ dicati, ritiene che gli amministratori di una società commerciale, e, in genere, i membri del Consiglio direttivo di una persona giu- (17} Moti tara, op, cit. loc, cit; Mayttirqlo, il, n. 78 7. (18) Contro Àpp. Genova.. 4 spoeto 1876, Annali, iSS 7 , JI, 55l die ammise i suigoU membri eli una aviazione di mutua assicurarne a testimoniare in una causa tra il Consiglio direttivo ed un altro assodato per azione sociale di risarci¬ mento. (19) Contro Reflazione della Gi wr. 7 V„ ,tìy 4i So,- IV*™, Handbuck tfw pr.Qg&ssrechli, I, pag. 530. A favore invece della idoneità a test irti 00 lire c so., 2 n nel .e cause della società, 1 si tutti i casi, Hccius, nella ZzitscWkjt [tir dm ££- sammts Handelsreckt, XXXII i&86). pag . l? _ COSTITUZIONE ED ISTRUZIONE DEL GIUDIZIO ndica o corpo morale, non possono essere uditi come testimoni nei giudizi di questi enti. Essi sono considerati come parte in causa, perche deliberando sulla lite da promuoversi o sostenersi, e dirigen¬ done l'andamento, agiscono per conto e nell'interesse dell’ente, e si può dire che siano coloro in cui realmente l’ente si personifica, mentre chi lo rappresenta più direttamente in giudizio, non fa che eseguire le deliberazioni di quelli. In ogni modo però l’esclusione degli am¬ ministratori dall’ufficio di testimoni non toglierebbe che essi potes¬ sero e dovessero attestare in giudizio la verità dei fatti di cui fossero a cognizione. E ciò si otterrebbe per mezzo dell'interrogatorio. L'in¬ terroga torio sarebbe diretto all'ente, e per le risposte verrebbe ap¬ positamente delegato l'amministratore personalmente informato dei latti (20). Questa opinione non mi sembra affatto accettabile almeno per le società commerciali. A prescindere dalla considerazione che altro è l'assumere la qualità di parte in causa, altro è partecipare alle deliberazioni riguardanti la lite, per le società commerciali non sem¬ pre è vero che gli amministratori abbiano ingerenza nelle delibera¬ zioni circa l'andamento delle liti. Molte volte negli statuti la rappre¬ sentanza m giudizio È conferita senza restrizioni nè limitazioni ad una o piu persone, le quali non hanno bisogno dì autorizzazioni nè di deliberazioni per iniziare 0 condurre una lite. Altre volte la parte deliberativa è riservata non al consiglio d’amministrazione, ma ai soci. Ed allora si dovrebbero per questa circostanza escludere asso¬ lutamente anche i soci dai testimoniare. Ma la verità è che - con¬ viene ripeterlo - il solo fatto di deliberare intórno alla iite non basta per conferire veste di parte in causa, c giustificare così l’esclusione dal diritto e dal dovere di prestare testimonianza in giudizio (21). p) MATTJRqLO. {i* edizione) II. num. 40S — V. anche Pescatore, La logica del diritto. I, pag- 150. e la giurisprudenza citata da Maturo lo, 4“ edizione II, n. 784: Direzione della Giurisprudenza Tùf ., 1894, 801. (ar) Mortaha, Manuale. I, u. 360; Maturolo, II, (4* edili.), n. 786; Cabbr- LuTro, di procedura civile del Cuzzeri, 1884 5S7: App. Milano, 12 ot¬ tobre 1876, Mm. Triti. Mi!. 1876. 12Ó2: Casa. Torino, 21 maggio 1878, Legge 1878, I, 672. Casi, Torino, 1 6 ottobre 1894, Gim. Tor. 1894, Sol : e nella dottrina tedesca Rixti, tias RtìchhEgEstiz bel re ffend ecc II, pag. 7.31; Petbrsen und Pjìojmann, Gf- Sf^ btiwflmd die. KommanditgeseRsckaftw axtf Aktien die Aktìengeeelhcha.-jtcn r Lei- zig 1890. pag, 480. Contro però Hbrgemhàh*, Ber Varsttwd 'iter AhtiengeseHs- zhaft, pag. 53; * perchè anche- quei membri della direzione, ì quali non conducono IL GIUDIZIO 198 164. c) Giuramento. Il giuramento deve essere deferito 0 ri ferito al rappresentante della società in giudizio, e da esso egualmente' deferito, riferito o prestato. Il Wach invece crede che, per le società in nome collettivo, il deferimento o il riferimento debbano essere fatti non al rappresentante o dal rappresentante, bensì a tutti i soci e da tutti i soci singolarmente {22). Il Wach parte dal presupposto che la società in nome collettivo non sia persona giuridica, e che nei giudizi di essa, siano i soci uti singuli che compariscono a mezzo dei loro rappresentanti. Ma questa opinione, anche dal punto di vista del Wach, deve respingersi. Intanto, è evidente che, ammet¬ tendo la personalità giuridica delle società commerciali, deve con- c udersi che, essendo 1 soci del tutto estranei al giudizio della società non possono in alcun modo prestare o far prestare il giuramento il quale può essere deferito o prestato solo dalla parte. Ma, dato anche che 1 rappresentanti in giudizio della società rappresentino non ente, ma 1 soci, da ciò non deriva che il giuramento non possa essere da essi 0 ad essi deferito e prestato. Il fatto che essi sono de¬ legati a rappresentare i soci dà diritto a coloro, che stanno in giudizio contro la società, di deferire o riferire ad essi, e non ai singoli soci il giuramento, e, viceversa, dà diritto ai soci di far deferire o prestare da essi il giuramento, senza deferirlo o prestarlo personalmente ed individualmente. Ciò posto, la prima questione che si può presentare, riguarda capacita del rappresentante della società commerciale a deferire o riferire o accettare il giuramento decisorio. Il Lessona, partendo dal principio che per deferire o accettare 1 giuramento basta la sola capacità a stare in giudizio e non è ne¬ cessaria la capacità di disporre, ne conclude che colui, il quale rappre- società T^rT S< i mpre ' a qualità di rappresentanti legali della parte, cioè della starei; l“ t ,°n ^ la P°“* siano chiamati a pre¬ che la stessa oers ° * n Gumdlcament e e processualmente è incompatibile ram nt Tossa ancT ^ " S “‘ quale P tó a « essere deferitoli giu- Chlpol essIreTef -IT “ teSti “ l’errore consiste nel credere Contro anche la o l glUmmento aI ra PPresentante non comparso in giudizio. xvii P a; 3 T P xx T? glurisprude " 2a tad — a**. <« al., Il, pag. 400; cembre 1884 in Sentieri’ s % Archiv !L SpeCialmente le sentenze del Reichsgericht 22 di- chenschrift. 1892, pag. 180 ' Pag ' 364 ’ e 8 febbraio 1892, in Juristische Wo- (22) Wach, Handbuch des deutschen Civilprozessrcchts, 1 pag. 53 x. COSTITUZIONE ED ISTRUZIONE DEL GIUDIZIO IQ 9 senta in giudizio la società, può, per questa sola sua qualità, defe¬ rire od accettare il giuramento decisorio (23). La questione, da cui Yegregio procedurista fa dipendere quella del giuramento dei rappresentanti delle società commerciali, è fra le più gravi che si possono immaginare, perchè riflette, in fondo, la natura stessa del giuramento. Posto, come egli fa, che il giura¬ mento non è una transazione, nè ha analogia colla transazione, ma è un semplice mezzo di prova, diventa naturale e logico che la facoltà di deferirlo o accettarlo si faccia dipendere dal solo fatto della rap¬ presentanza in giudizio. Ma un duplice ordine di considerazioni mi persuade a preferire un altro punto di partenza per giungere alla soluzione del problema che ci preoccupa. Il primo riguarda la gra¬ vità stessa della questione fondamentale, che tiene fortemente diviso il campo della dottrina civilistica, non senza però una manifesta prevalenza della opinione che ravvisa nel giuramento qualche cosa di analogo alla transazione (24). Il secondo riguarda il fatto che, qualunque sia l’opinione che si professi sopra la natura del giura¬ mento, e sulla necessità, o meno, che chi lo deferisce o accetta abbia la capacità di disporre, è questa una regola generale alla quale per il principio: in universo iure generi per speciem derogatur, farebbero in ogni modo eccezione le speciali disposizioni che il codice di com¬ mercio stabilisce quanto alle facoltà dei rappresentanti di società commerciali. Per il che miglior partito mi sembra, anziché far capo a principii generali, controversi e difficili, vedere se sia possibile, in base alla nostra legge positiva commerciale, la ricostruzione di un sistema logico sulla facoltà di deferire o accettare il giuramento de¬ cisorio dei rappresentanti di società commerciali. Secondo i principi del nostro diritto commerciale, tre ipotesi pos¬ sono darsi: o gli statuti 0 atti costitutivi dispongono espressamente, quanto alla facoltà di deferire e accettare giuramenti, o gli statuti nulla dispongono circa questa facoltà specifica, ma dispongono e- spressamente sulla rappresentanza in giudizio in generale; o infine non dispongono nulla nè per la rappresentanza in giudizio, nè per il giuramento. (23) Lessona, Teoria delle prove, Firenze 1895, II, n. 171. (24) Cfr. Toullier, V. n. 365, 375, 377; Laurent, XX, n. 130, 231, 234 e 239; Bonnier, Preuves, n. 348 e 416; Aubry e Rau, VI, pag. 348; Mancini, Pisanelli e Scialoia, III, n. 103; Moisè Vitalevi, Il giuramento litis decisorio, Torino, 1883, pag. 9 e segg.; Mattirolo, II, n. 792 e segg. Contro Lessona, II, n. 125; Enrico, nell'Annuario della procedura civile del Cuzzeri, 1887, 375. 200 IL GIUDIZIO Esaminiamo paratamente tutte le tre ipotesi. i a ipotesi. In questa prima ipotesi, è evidente che dovrà starsi anzitutto alla volontà dei soci, che ha dato vita al contratto sociale. È regola generale infatti che, per determinare le facoltà dei rappre¬ sentanti di società commerciali, si deve prima di tutto aver riguardo allo statuto o atto costitutivo (25). 2 a ipotesi. In questa seconda ipotesi si tratta di un vero man¬ dato ad litem, il quale deve essere interpretato: il decidere quindi se la facoltà di deferire ed accettare giuramenti vi sia compresa, è una questione di fatto (26). Si avverta però che dal non essere il giu¬ ramento espressamente menzionato nel mandato, non si può senz’al¬ tro dedurre che esso sia escluso dal medesimo, perchè la stessa facoltà può risultare da altre espressioni (per es.: delego Tizio a rappresen¬ tarmi in giudizio per la tale questione e lo autorizzo a sostenere le mie ragioni con ogni mezzo di prova ammesso dalla legge). Se le persone delegate hanno facoltà di obbligare la società, per giudicare delle loro facoltà in ordine al giuramento devesi avere riguardo, nel silenzio del mandato alle liti, alle disposizioni generali della legge che concernano i loro poteri (v. in seguito). 3 a ipotesi. In quest’ultima ipotesi, bisogna distinguere: a) Se si tratta di società in nome collettivo ed in accomandita, i poteri degli amministratori, che rappresentano in giudizio la società sono i più estesi: essi possono, per conseguenza, anche deferire ed ac¬ cettare il giuramento decisorio nel modo più ampio (27). b) Se invece si tratta di società anonima, il silenzio dello sta¬ tuto o atto costitutivo impedirà agli amministratori di deferire 0 riferire giuramenti (cod. di comm., art. 122). (25) V. per le società in nome collettivo, Vivante, I, n. 320 (« i poteri degli am¬ ministratori non hanno altri limiti che quelli segnati dall’oggetto della società, e quindi possono compiere salvo le clausole restrittive del contratto, tutte le operazioni che servono a quell’esercizio»!: per le società in accomandita Vivante, I, n. 336 (« gli accomandatari possono dunque trattare gli affari sociali, nei limiti del contratto »): per le anonime cod. di comm. art. 22 e Vivante, I, n. 481. (26) Cfr. Lessona, Prove, II, n. 156. (27) Moisè Vitalevi, Il giuramento litisdecisorio, Torino, 1883, pag. 24. Ma una limitazione apposta al contratto sociale per le transazioni, non autorizzerebbe a ritenere limitata anche la facoltà di deferire o accettare giuramenti. I poteri degli amministratori di società in nome collettivo e in accomandita sono determinati dalla l e gge, colle limitazioni che ai soci piace stabilire, ma queste sono sempre di stretta interpretazione, V. contro M. Vitalevi, op. e loc. cit. COSTITUZIONE ED ISTRUZIONE DEL GIUDIZIO 2 OI Per i liquidatori di società commerciali, invece deve ritenersi che essi siano autorizzati a deferire, riferire o prestare giuramenti, nel modo più ampio (28). 165. Potrà il giuramento essere deferito, riferito o prestato sopra un fatto compiuto non dal rappresentante attuale della società, ma da un predecessore? Comincio anzitutto dairescludere che il giuramento possa es¬ sere deferito o accettato dalla persona che antecedentemente rap¬ presentava la società, ed in genere, da chiunque non sia l'attuale rappresentante in giudizio della società. Infatti — come osserva ottimamente il Lessona — 1) il giuramento si presta solo da chi è parte in causa; 2) il far prestare giuramento da un estraneo equi¬ vale all'autorizzare implicitamente quell 'turare in alterius animam , che è assolutamente escluso dal diritto moderno; 3) perchè il far giu¬ rare chi non rappresenta la società, toglie al giuramento la decisorietà, per difetto di capacità nel giurante (29). (28) Sraffa, La liquidazione, n. 53; Lessona, Teoria delle prove, II, n. 504. Tutte queste questioni non sono possibili in Germania, dove la Civilprozessordnung § 435, stabilisce espressamente che, quando una parte non è capace a stare in giudizio, il deferimento o il riferimento del giuramento si fa soltanto al suo legale rappresen¬ tante. Nella dottrina cfr. fra gli altri, Endemann, Ber deulsche Civilprozess, Berlin, 1879, II, pag. 347; Hergenhahn, Der Vorsland der Aktiengesellschaft, Berlin, 1893, pag. 50. Lo stesso è a dirsi nel nuovo diritto processuale austriaco, dove la Civilpro¬ zessordnung del i° agosto 1895, dopo aver stabilito al § 373, che riguardo all’esame (Vernehmung ) delle parti, i legali rappresentanti di società commerciali si devono considerare come parti, parla, al § 377 dell'esame giurato (eidliche Vernehmung), il quale non essendo, per il diritto austriaco, che una specie particolare di esame delle parti (è compreso, insieme all’esame non giurato, sotto lo stesso titolo) va sottoposto naturalmente alle regole generali riguardanti l’esame delle parti, e, quindi, anche a quelle del § 373- (29) In questo senso concordi la dottrina e la giurisprudenza: App. Genova, 6 febbraio 1875, Giurispr. comm. 1875, 1, 11; Cass. Torino, 27 agosto 1890, Mon. Trib. Mil., 1891, 39; App. Genova, 22 dicembre 1892. Giurista 1893. n; Cass. To¬ rino, 28 novembre 1893, Mon. Trib. Mil., 1894, 83, che conferma la precedente;; Lessona, Prove, II, n. 173; Sraffa, La liquidazione, n. 53; Endemann, Der deut- sche Civilprozess, II, pag. 347: « Daraus, dass die Zu-oder Zuriickschiebung nur an den gesetzlichen Vetreser stattfindet, folgt von selbst, dass kein A nderer als er den von ihm angenommenen oder an ihn zuruckgeschobenen Eid abzuleisten hat ». Nello stesso senso Ring, Das Reichsgesetz ecc. II, pag. 529; Hergenhahn, Der Vorstand der Aktiengesellschaft : « Dienigen Vorstands mitglieder, welche zur Zeit der Eideslei- stung die Mitglieder des Vorstandes sind, haben den Eid namen der Gesellschaft zu leisten ». Arg. anche Civilprozessorddnung germanica § 435, n. 1; Civilprozessordnung austriaca § 373. 202 IL GIUDIZIO Ma, anche restringendoci all 'attuale rappresentante in giudizio della società, può da lui essere deferito, riferito o prestato il giu¬ ramento solo sopra un fatto proprio di lui, o sopra la semplice no¬ tizia che egli abbia di un fatto, e non già sopra un fatto dei suoi predecessori (art. 1365 cod. civ.). È questo un principio così ovvio che non vi insisto, non potendosi evidentemente opporre la iden¬ tificazione della persona del rappresentante colla società rappre¬ sentata, e la continuità della rapprsentanza. Infatti il valore e la base stessa del giuramento stanno nella coscienza individuale e personale del giurante, onde, riguardo ad esso, deve di necessità venir meno quella che è pur sempre una finzione giuridica, cioè la personificazione della società nei suoi rappresentanti e la continuità della rappresentanza: nel giuramento l'oggetto di esso, sia fatto, sia notizia, deve essere sempre personale al giurante (30). In correlazione a questi principi, qualora i rappresentanti in giudizio della società siano più, bisogna distinguere: se. i fatti su eoi il giuramento è deferito sono propri di tutti, tutti devono giu¬ rare: se invece sono propri di alcuni soli di essi, e allora, soltanto quello a cui i fatti sono propri, giura. Gli altri, se è il caso, potranno giurare sulla notizia di questo fatto (31), 166. Confessione ed interrogatorio. Quanto alla confessione, conformemente alle disposizioni deli'art. 1361 cod. civ,, essa non può essere validamente fatta dal rappresentanti- della società com¬ merciale, che nel caso in cui egli abbia facoltà di disporre della cosa che è oggetto della contraversia (32). Anche a questo proposito, si dovrà aver riguardo anzitutto alle disposizioni dello statuto 0 atto costitutivo: nel silenzio di questo, il rappresentante della società in nome collettivo ed in accomandita (30}, "V. Sraffa, La liquidazione, n. 53; Lesiona, Prove, II. n, 172; End f, man n. Civtlprg&gfài II, pag. 349, e sopratutto il Wach, Handbuch dei deutichen CivilpeQr x£&$recbts, 1, pug. 5612, nota. 21, ( 33 ) Civilprosessordnung germanica § 43Ó; Emukmann, Per deutiche Cioilpru- xess. It. pag. 349; Mekgenhahn, Dar tfopstunH ece., pag. 31, WilmoWsei e 1 .EW, Cvmiwntar zum Civilpi-ozessovdnung, Berlin 1892, pagina 61S; Ring, Dai Rùieksge- Set * - :cc ■ ti, pag. 530, Petersen e Pf.chmann. Gssetz betreffnid die KerittnaMéìige- seìisch-aften auf AkUen wnd die A IrttengezEllschaftcn , Leipzig 1M90, pag. 479. (3-2) I J er conseguenza la eoniesskiiie fatta da un socio non rappresentante non pregiudica gli altri. Casa. Torino, io ottobre 1885, Mm, Trìb. Mif.. 1885 1024. a nep¬ pure potrebbe pregiudicarli a ragione della solidarietà* Lessqna, Prove, I. n. 4JV- COSTITUZIONE ED ISTRUZIONE DEL GIUDIZIO potrà sempre confessare: non lo potrà invece il rappresentante di una società anonima, e ciò per le differenze che corrono tra i poteri che la legge accorda al primo e nega al secondo. Un dubbio potrebbe sorgere riguardo alla confessione giudi¬ ziale del rappresentante di una società di commercio. L'art. 1356 cod. civ. definisce la confessione giudiziale come la dichiarazione che la parte 0 il suo procuratore speciale fa dinanzi a un giudice an¬ corché incompetente. Di qui il dubbio che per la efficacia della con¬ fessione giudiziale del rappresentante di una società commerciale, sia sempre necessario mandato speciale ; si potrebbe infatti soste¬ nere che parte in causa essendo la società commerciale, e non po¬ tendo essa fare la confessione altrimenti che per mezzo di rappre¬ sentante, dovesse il rappresentante, a termini dell'art. 1356, aver bisogno di una procura speciale. Questa opinione però, che la più autorevole dottrina e giurisprudenza respingono anche riguardo ai mandati generali ad negotia delle persone singole e fisiche (33), è ancor meno ammissibile per le società commerciali. Infatti il rappre¬ sentante di una società commerciale, non è tanto mandatario della parte, quanto è parte egli stesso, nella sua qualità di rappresentante. È quello che stabilisce esplicitamente, appunto a proposito dell’in- terrogatorio, il nuovo regolamento di procedura austriaco, al § 373, quando dice: « venn der Rechtsstreit von einer... Gesellschaft, einer Genossenschaft, einer Gemeinde, einem Vereine, oder sonst von einem nicht zu den physischen Personen gehòrigen Rechtssubiekte gefuhrt wird, dessen gesetzliche Vertreter in Bezug auf die Verneh- mung (sind) als Partei zu behandeln ». Del resto, che in materia di confessione ed interrogatorio di società commerciale l’espressione di « parte » usata dal legislatore debba riferirsi al suo legittimo rappre¬ sentante, è dimostrato anche dalTart. 218, cod. proc. civ., il quale stabilisce che le risposte agli interrogatori debbono essere fatte dalla parte in persona. Ora, se si interpretasse l’art. 218 a quel modo che vorrebbero i miei contraddittori, ne conseguirebbe che l’interrogatorio non potrebbe mai essere dedotto alla società commerciale in quanto è persona giuridica, e, in genere, agli enti morali, perchè tanto l’una (33) Cfr. Mattirolo, II, n. 700, nota 1; Aubry e Rau VI, pag. 377; Lessona Prove, I, n. 414. (34) Cfr. Pescatore, Logica del diritto, pag. 162 e segg.; Mattirolo, II, n. 626 e segg.; Cuzzeri, sull’art. 216, nota io; e sopratutto le belle osservazioni del Castel¬ lari, Interrogatorio delle parti, Milano 1896, pagine no e in. m 4 IL GIUDIZIO che gli altri non potrebbero mai rispondere personalmente, Se, di fronte al diritto materiale, la persona del cui diritto si controverte, è la so¬ cietà e non il suo rappresentante, perchè a quella e non a questi appartiene il diritto, processualmente è parte il rappresentante, perchè il giudizio, in quanto la società è persona giuridica, non può essere costituito che in suo nome (34). L’unico punto importante è dunque la capacità di disporre. Quando questa capacità c'è, sarebbe assurdo — come nota giustamente il Mattirolo — il volere come necessaria per la validità della confessione, una procura speciale, che non si ri¬ chiederebbe per qualsiasi altro atto di alienazione o disponibilità (35). Quanto all’interrogatorio dedotto al rappresentante di una società commerciale, bisogna distinguere; o esso è diretto ad ottenere una confessione, ed allora il rappresentante vi potrà legittimamente rispondere, e le risposte di lui avranno pieno valore probatorio, quando egli abbia facoltà di fare confessioni, secondo quanto fu detto pre¬ cedentemente. 0 è diretto ad ottenere semplici attestazioni , ed allora il rappresentante potrà in tutti i casi dare valida risposta (36}. (35) Matttrolq, II, n. 700. (36) Mattirolo, II r n. 700 e 781. Capitolo Terzo LÀ SENTENZA, LA « RES JUDICATA » E LA IMPUGNAZIONE DELLA SENTENZA fi- Autorità rispetto ai soci della sentenza pronunciata contro la società Sommario : 167, La personalità limitata e l'anturi Là rispetto ai soci della sentenza pro¬ nunciata contro la società. - 168, A ) La sentenza pronunciata contro la società persona giuridica., cioè che ha per oggetto la dichiarazione di un diritto non so¬ ciale, iion costituisce re's juditala in rapporto ai sìngoli soci, i principi. — iòq.. lì sistema della legge: duplice fondamento detta obbligazione, del socio, — 170 Non vi può essere cosà giudicata nè per l'obbligazione contrattuale di conferire la quota promesso, nè per robbligàzione legale solidario. ed illimitata dei soci in nome collettivo cd accomandatari. — 171, L'art. roti cod. dì comm. — 172. Il creditore della società die ha ottenuto sentenza contro la società deve inoltre escu¬ tere, prima che quello del socio, il patrimonio sodale — 173. B) Invece la. sentenza, pronunciata in favore di un socio come kite, cioè che ha per oggetto la dichia- ruzione di un diritto sociale, fa stato contri.? gli altri soci. Azione del socio per impugnare la validità delle deliberazioni deH'as&emblea generale. — 174. La sentenza pronunciata, in questo caso fa stato contro i soci anche quando con essa sì dichiara la validità della deliberazione. Ma ciò non perché il socio ohe ha pro¬ posto l'azione rappresenti tutti i dissidenti. — T75. Beasi perchè tutti i soci non dissidenti sono rappresentati dai rappresentanti sociali, — 176. Confutazione delle obiezioni- 177. Non si disconoscono gli inconvenienti di questo sistema, minori perb di quelli del sistema combattuto — 1 78, Società irregolari. 167, Dai principi costituenti i caposaldi della presente trat¬ tazione, che cioè la società commerciale è ente collettivo (persona giuridica) nei rapporti coi terzi; è invece semplice contratto nei rap¬ porti fra i soci, derivano importanti conseguenze anche rispetto alle autorità della sentenza pronunciata in confronto della società, rispetto ai singoli soci. Nella qual questione vedremo che le disposi¬ zioni della legge positiva costituiscono altrettanti corollari dei prin¬ cipi fondamentali accennati. Cominciamo anzitutto dal distinguere nettamente la sentenza pronunziata a favore di terzi, dalla sentenza pronunciata a favore dei soci. Non ho bisogno di avvertire che terzi sono ritenuti tutti 20 Ó IL GIUDIZIO coloro che non si presentano nella qualità di soci, e soci tutti coloro che agiscono in tale loro qualità , cioè in virtù del contratto sodale 168. A) La sentenza pronunziata contro la società non costi¬ tuisce res judicata in rapporto ai singoli soci. La ragione fondamentale, che deve condurre necessariamente a questa conclusione, è la seguente. La società commerciale costi¬ tuisce, in questo caso, un ente collettivo (persona giuridica) distinto dalle persone dei soci. Il che vuol dire che la società è un soggetto di diritti autonomi, che non sono diritti dei soci. Quindi chi rappre¬ senta in giudizio la società, rappresenta lente (persona giuridica) non rappresenta il socio: questo è affatto estraneo al giudizio della società. La sentenza pronunziata contro la società non può costituire cosa giudicata rispetto al singolo socio, come non lo può neppure a favore dei socio quella pronunziata a favore della società, per la ragione semplicissima che il socio nè direttamente, nè indiretta¬ mente è parte in causa nel giudizio della società (i): manca quindi, perche vi sia cosa giudicata, l'eadem conditio pe.rsonarum dell'art. 1351 cod. civ. Questa verità altrettanto semplice quanto intuitiva disconobbe la Corte di Genova, nella sua sentenza 2 marzo 18S5 attenuando essere « innegabile che nelle società godenti di personalità, il gerente e il mandatario di tutti i singoli i soci dei quali essa è costi¬ tuita e li rappresenta in tutti gli atti attinenti all'ente sociale » ( 3 ). -Nelle società senza personalità il rappresentante della società c e il rappresentante dei soci: mentre in quelle che costituì- scorro persone giuridiche, chi può essere se non la persona giuridica, quella che. è rappresentata in giudizio? (3). Questi principi mi sembrano dì tutta evidenza, perchè scatu- cono grettamente dal fatto che, nei rapporti coi terzi, ì rappre- . entanti della società, sono i rappresentanti temente e non dei soci: tuttavia essi risultano anche da tutto il sistema della nostra legge positiva, che mi studierò qui di brevissimamente ricostruire. t/i fUr das gettfnmte Handttlsrechi XXXI] fiftiUi) ^ T 1 1 c ist eine ' VAM P- ] 4- « der emzelne 5ae «ne ardere tante, afe die Ditene Haàdel^eeelJsehaft » ; j f) pp - (lcnova 2 1885, Foro UaL, m 5 r y, 0 la COrte Ui Gennva ' ” ILl *■<>«>» citata, abbia inv, gati dal SKjdicato SOCleta *““* persanaliti ' presenti ni giudiiio sene LA SENTENZA, LA « RES JUDICATA » 207 169. Un’analisi accurata della condizione giuridica dei soci relativamente alla società ed ai terzi, deve anzitutto distinguere: a) 1 obbligazione che ciascun socio assume mediante il con¬ tratto sociale, cioè l’obbligazione di versare la quota promessa. È questa una obbligazione comune ad ogni specie di socio, limita¬ tamente ed illimitatamente responsabile, in nome collettivo, acco¬ mandante, accomandatario, quotista ed azionista. Chi si obbliga con¬ trattualmente a conferire in una società una determinata quota, deve, in forza del contratto, eseguire il conferimento: quindi il fondo so¬ ciale, per sola virtù del contratto, è formato: 1) delle quote effettiva¬ mente versate; 2) dei crediti corrispondenti alle quote promesse e non versate. b) l’obbligazione illimitata imposta dalle leggi ai soci in nome collettivo ed accomandatari (4). Queste due specie di obbligazioni, di cui la prima si trova iso¬ lata presso gli accomandanti, quotisti ed azionisti, mentre la se¬ conda concorre con la prima presso i soci in nome collettivo ed ac¬ comandatari (5), sono pertanto perfettamente distinte, in quanto che la prima è inerente a qualunque contratto di società, ed è la pura e semplice applicazione della disposizione dell’art. 1123 cod. civ., mentre la seconda è imposta dalla legge ai soli soci in nome col¬ lettivo ed accomandatari. Questa distinzione era necessaria, perchè la diversa natura della obbligazione deve riflettersi anche nella condizione degli obbligati rispetto alla sentenza pronunciata contro la società. (4) Che sia imposta alla legge non derivante dal contratto, questa obbligazione, risulta da ciò, che i soci non possono sottrarsi a questa responsabilità nemmeno con una clausola del contratto debitamente pubblicata e fatta conoscere ai terzi estranei alla società. (5) È questa la vera condizione di questa specie di soci contro cui spetta quindi ai creditori sociali la duplice azione. Non si esprime troppo esattamente il codice di commercio, art. 206, quando dice che i creditori della società hanno diritto di eserci¬ tare... contro i soci l’azione personale per le quote non pagate, o per la responsabilità solidaria ed illimitata, secondo la specie della società. L'affermativa è inesatta, perchè l’azione per le quote non pagate è comune a tutte le società; restando propria a quella in nome collettivo e in accomandita l’azione per la responsabilità solidaria e illimi¬ tata. Si capisce che, nella pratica, delle due azioni poste a disposizione dei creditori di una società in nome collettivo ed in accomandita contro i soci in nome collettivo ed accomandatari, essi si serviranno sempre della più larga, per ottenere la responsa¬ bilità illimitata; ma ciò non toglie che, dal punto di vista teorico, la distinzione abbia importanza. 20 8 IL GIUDIZIO 170. Domandiamoci dunque anzitutto: Il creditore di una società, il quale abbia ottenuto una sentenza contro la società, può pretendere che essa costituisca cosa giudicata anche rispetto ai soci, per il versamento delle quote da essi ancora dovute? Basta porre la questione in questi termini per risolverla negativamente. Il diritto del creditore sociale infatti nel primo caso si basa sopra un titolo diverso che nel secondo: per riguardo alla società, esso ri¬ siede nel rapporto giuridico che ha dato origine al suo credito: per riguardo ai soci, risiede invece nel contratto sociale, di cui egli si prevale, usando iuribus della società (art. 1234 cod. civ.) (6). Ora la diversità di titolo rende per sè sola impossibile la esistenza della cosa giudicata (art. 1351 cod. civ.). E veniamo alla responsabilità solidaria ed illimitata dei soci in nome collettivo ed accomandatari. Potrà, per la natura della loro obbligazione, dirsi che la sentenza pronunziata contro la società (ente) faccia stato anche rispetto ai soci per riguardo alla sola re¬ sponsabilità illimitata? La condizione giuridica del socio in nome collettivo ed accomandatario non è quella di un coobbligato prin¬ cipale e solidario: esso non risponde, in solido, delle obbligazioni dell ente società. Se così fosse, sarebbe ancora assai dubbio che la sentenza pronunziata contro la società potesse dirsi obbligatoria anche per il socio, suo condebitore in solido. Infatti autorevolissimi scrittori sostengono che i condebitori solidari non sono in giudizio rappresentati 1 uno dall’altro, quando non vi sia esplicito mandato (7). Ma vero è che i soci in nome collettivo ed accomandanti non sono obbligati in solido colla società, ma sono semplici garanti sussidiari della società, obbligati fra loro solidalmente: sono, in fin dei conti, dei semplici confideiussori solidali. E che così sia, risulta assai chiaramente dall’art. 76 del codice di comm., il quale stabilisce che le obbligazioni sociali sono garan¬ tite dalla. responsabilità solidale ed illimitata dei soci in nome col¬ lettivo ed accomandatari. Risulta anche dall’art. 106 in cui è detto che i creditori sociali non possono pretendere il pagamento dai sin- (6) S intende che in tal modo il creditore della società si mette al posto, di fronte a socio singolo, della collettività a cui questi è legato dal contratto. (7) V. fra gli altri, Duranton, Cours de droit frangais, suivant Le Code civil, XIII, 579 6 520; CoLMET DE Santerre, Cours analitique de code Napoléon continue par A . Vernante, V, n. 238 -bis; Laurent, Principes, XX, n. 120; Borsari, Il codice civile com¬ mentato, § 3327, Galluppj. Teoria della opposizione del terzo, Torino, 1895, n. 124. LA SENTENZA, LA d KES JUD1CATA » 20g golj soci prima di avere esercitato Fazione contro la società. Risulta infine, dai lavori preparatori del codice di commercio. Nel progetto di legge sulle società presentato nel 1875 al Senato non era fatta parola dell obbligo dei creditori sociali di rivolgersi prima alla so¬ cietà che ai socio. Onde il senatore Gabella faceva osservare: «È bensì vero che 1 soci in nome collettivo restano obbligati aneli essi personalmente e soli da nani ente per le operazioni fatte colla firma sociale, ma la loro obbligazione è accessona t diretta a garantire ai terzi 1-adempimento delle obbligazioni delia società che è la prin¬ cipale obbligata », E il Pescatore aggiungeva: * La firma del socio obbliga la società e le acquista i diritti considerando nelfimo o neh I altro caso la società stessa come un ente astratto, come ente colM- dvo, e sta verissimo che i soci non sono che garanti solidari » (8). Lo stesso concetto è accennato dal Mancini, nella sua Relazione: h L obbligazione della società comprende infatti l'obbligazione di tutti i soci, da questa condizione giuridica non è lecito tuttavia de¬ durre che i creditori della società abbiano a potere con libera scelta esercitare i loro diritti, sia contro la società come ente collettivo, sia contro le persone dei sìngoli soci. Ibhbligazìone dei soci non è dunque quella di veri condebitori, ma è sussidiaria delfobbligazìone principale » (q). E su questo punto oramai la dottrina è concorde (io). Resta dunque fermo che 1 obbligazione del socio è una obbligazione me¬ ramente sussidiaria e non solidale, e non si può in conseguenza ri¬ correre alla solidarietà per desumerne che la sentenza definitiva con¬ tro la società costituisce cosa giudicata anche rispetto ai soci, in conclusione, dalle disposizioni di legge relative alle società in nome (S) nùcmsìmi *t. Senato, m Castagnola e Gì alzana, Pernii s motivi, 1. p, 300 e 400. (9) Relaiiotié Mancini, p 302-303, fio) Sraffa, iu ;3 Dir, comw., ififlij. 187 ss.; Vjvante. nei Mon, dei Irtb. tnìl. , 1SS9 329, e Trattata, 1 , n. 329, p, 371 e 372. Dei-amarre e Lkpchtvjn, Droìf. commercial, III, i!. 1176- Del a n gl e, SòCiétés, n, 363- fica, affi a, nella JUv. Hat. per le scienze giu¬ ridiche, XIII, p. 270, Marghieki, Le serietà ed associazioni commerciali, nel Commeni. dì Veruna, n. 269: Vi d ART. Coi sa, M. n. 751, Per il codice germanico invece la. respon¬ sabili tà dei soci è realmente solidale 0 i creditori possono rivolgersi tanto contro la so¬ cietà che contro il socio: cud. di er.imm genti, ari. m [12K del nuovo testo); Cakf-IS e Fuc.nstì ERGER, D&s all gemei ve deulscke Hwifatsgesctebuth, Berlin, rS-g 1, p 741, u. no. Cosi pure la gmrispruddnza tedesca: Bntsch. d. [(Hchsgerichts in Givils., Ili, p, 58 e 339; Xntsck. d. iUichsobsYhand&hgtritMs, VJ i, p, 385; XVII, p. 385; XX, p, 263. M- A. Rocco, Le società commerciati, 210 IL GIUDIZIO collettivo ed in accomandita semplice non potendosi ricavare alcun argomento a favore della efficacia rispetto ai soci dalla sentenza ot¬ tenuta contro la società, non resta che il principio generale già esposto, per il quale i soci non essendo rappresentati in giudizio dall'ente giu¬ ridico società, debbono ritenersi completamente estranei alla sentenza pronunciata in confronto di essa, 171. Dalle disposizioni della legge positiva invece si può trarre, 10 credo, a favore di questa tesi un argomento di molto valore. Dissi già che per farri 106 cod, coirmi, deve essere esclusa la solidarietà dei soci pei debiti della società. Questo stesso articolo mi pare costi¬ tuisca una prova cho deve essere esclusa anche f efficacia rispetto ai soci della sentenza pronunciata contro l'ente giuridico società, «I soci in nome collettivo — dice ri urtinolo in questione — sono obbli¬ gati in solido per ìe operazioni fatte in nome e per conto della società sotto la firma da essa adottata dalle persone autorizzate ah'ammi¬ nistrazione. Tuttavia i creditori della società non possono pretendere 11 pagamento dai singoli soci prima di avere esercitata l'azione contro la società >>, Sul significato della frase: prima di avere esercitata l'azione contro la società, molto sì disputa, e di essa diremo in appresso. Fermiamoci ora invece sull’altra frase: i creditori della società non possono preten¬ dere il pagamento f ecc. Tn sostanza, il legislatore dice che bavere esercitata fazione contro la società, è condizione indispensabile per pretendere il pa¬ gamento dai singoli soci . Ora se la frase: pretendere il pagamento , si intende nel senso che i credi tori, dopo avere esercitata fazione contro la società, possono escutere il patrimonio dei soci, farri iofi non po¬ trebbe invocarsi a favore della interpretazione da me propugnata, perchè esso verrebbe invece direttamente ad affermare che, eserci¬ tata fazione contro la società, si può senz'altro procedere alla ese¬ cuzione sui beni dei soci. Ma non è questa la interpretazione da darsi alle parole: pretendere il pagamento . Sembra a me di ini ta evi¬ denza che esse invece alludano, non già alla esecuzione forzata sui beni del socio, cioè non già al conseguimento pratico ed effettivo di quanto è dovuto al creditore sociale, ma piuttosto alla domanda diretta ad ottenere il conseguimento di questo suo diritto, sia per volontà spon¬ tanea del creditore, sia per l'opera del magistrato. Se il legislatore avesse inteso alludere alla vera e propria escussione (esecuzione for¬ zata) avrebbe adoperato la frase: ottenere il pagamento, conseguire LA SENTENZA, LA « RES JUDICATA » 2 II «7 pagamento, ecc. Invece la parola pretendere accenna evidentemente a qualche cosa che può essere controverso, ad un diritto che il credi¬ tore accampa, ma che ancora non si sa se gli competa sicuramente. Altro è la pretesa di un diritto, altro l’esercizio effettivo di questo Pretendere il pagamento era dunque la frase più efficace che poteva adoperare la legge per significare che la domanda di pagamento non può essere presentata dal creditore sociale prima di avere eserci¬ tata 1 azione contro la società. Ma se così è, se la legge ha creduto necessario di stabilire le condizioni alle quali il creditore può doman¬ dare di essere pagato dal socio, è segno che il creditore stesso non ha diritto di escutere senz’altro il patrimonio del socio, ma deve far riconoscere dal giudice le sue pretese e per mezzo suo ottenere che la pretesa, diventata diritto, abbia piena esecuzione. In conclusione, 1 art. 106 deve intendersi nel senso che è vietato ai creditori sociali convenire davanti al giudice i soci, per ottenere da essi il soddisfaci¬ mento dei loro crediti prima di avere esercitata l’azione contro la società. Donde la conseguenza che, dopo avere esercitata questa azione, i soci debbono ancora essere convenuti in giudizio. E questo stabilisce esplicitamente l’art. 564 del codice federale svizzero: « Il singolo socio non può essere convenuto personalmente per un debito sociale, se non quando la società sia stata sciolta, oppure gli atti com¬ pulsivi contro di essa siano rimasti infruttuosi ». Ora, se qui si parla del modo e delle condizioni sotto le quali può introdursi il giudizio contro i soci, è chiaro che riguardo ad essi l’azione si deve cominciare ab imis, e non si può senz’altro ottenere sui loro beni il soddisfaci¬ mento di un credito contro la società, anche riconosciuto da una sen¬ tenza, o risultante da altro titolo esecutivo (n). (11) Cfr. nel senso del testo anche la legge belga del 1873, art. 122: « Aucun ju- gement à raison d’engagements de la société, portant condamnation personnelle des associés en nom collectif on en commandite simple et des gérants de commandite par actions, ne peut étre rendu, avant qu’il y ait condamnation contre la société ». Cfr. Vivante, I, n. 329, p. 371: « Intanto un punto è certo, ed è che il codice volle to¬ gliere ai creditori sociali la libertà di citare in giudizio i soci, prima di aver citato la so¬ cietà ». Nello stesso senso Trib. Milano, 13 dicembre 1870, Mon. trib. mil.y 1870, 219; App. Lucca, 26 febbraio 1862, Annali, 1872, 2, 452; Bolaffio, nella Riv. ital. per le scienze giuridiche, XIII (1892), p. 270; Eccius, Die Stellung der ofjenen Handelsgesell- schaft als Prozesspartei nella Zcitschrift fiir das gesammte Handelsrecht, XXXII (1886) p. 5; e soprattutto cod. di comm. germ. del 1897 § 129 ult. cap. « In base a un titolo di debito esecutivo contro la società non ha luogo la esecuzione forzata contro il socio». Contro però la prevalente giurisprudenza: App. Genova, 27 dicembre 1879, Eco geno¬ vese, 1880, 1, 103; App. Genova, 2 marzo 1885, Foro ital., 1885, 1, 920; Cass. Torino, 212 IL GIUDIZIO 172. Il creditore della società dunque non può convenire 3] sodo per il pagamento dei debiti sociali prima di avere esercitata I azione contro la società. Ma quale è la portata della frase; prima di avere esercitala l'azione contro la società? Basta perchè il voto della legge sia soddisfatto che il creditore sodale, abbia istituito il giudizio contro la società debitrice? 0 è necessario che abbia ottenuto contro di essa condanna? 0 ancora bisogna che abbia inutilmente escusso il patrimonio sociale? Che Yesercizio dell'azione comprenda, nel linguaggio del legi¬ slatore commerciale, tanto lo stadio di cognizione quanto quello di esecuzione, mi sembra dimostrato molto chiaramente dall'ar¬ ticolo 323 cod. di comm., il quale, parlando di azione catnbiaria { accenna appunto allo stadio esecutivo; dagli art. 375 e 872 cod, di comm., i quali, parlando delle azioni che l’insti toro 0 il rappre¬ sentante di una società commerciale può esercitare, comprende evidentemente anche la parte esecutiva dell'azione, e infine del- 1 art, 868 cod. di comm,, il quale dispone che Teseremo delle azioni commerciali è regolato dal codice dì procedura civile, salve le dispo¬ sizioni contenute nel codice di comm. Ora il codice di commercio parlando anche dello stadio esecutivo dell’azione (articoli 879-905}, è chiaro che esercitare T azione, nel senso dell'articolo 868, vuol dire condurla fino alla line, cioè fino alla completa escussione del debitore, E in questo senso deve naturalmente intendersi la stessa frase nel- 1 art. iqó di cui attualmente ci occupiamo ( 12 ). Nè si può opporre in contrario Tari, 847 cod, di comm., per il quale il fallimento della società produce anche il fallimento dei soci responsabili senza limitazione (13). Quest'argomento prova troppo. Infatti, interpretando Tart, 847 come vorrebbero i miei contraddittori, ne verrebbe di conseguenza che Tart. ioó dovrebbe ritenersi senza efficacia alcuna. E valga il vero. Se il solo fatto del rifiuto o cessazione 13 agosto 1BS5, trib miL, 18S6, 99; Case. Torino, 31 gennaio 1:887, ^eggt'. 1887, \ ivAXTE. nel Moìi. trib. mìi., 1889, 330: a Costringendo i creditori sociali a. far condannare previamente Ja società, si mirò ad evitare il pericolo dì giudizi coniraddit- tori, perchè la sentenza pronunziata contro Tenta sociale avrà virtù di cosa giudicata rispetto ai soci, garanti solidali delle sue obbligazioni Se affa, nel Dir coiiìm 1889 *95- (!2} Cosi Viv ante. I, n. 329 nota 94; Skaffa. nel Dir. comm.. 1889, 191: Colom- Ràui. nel Moti, dei trib., mi!.. 1S92, 79. (13} App. Venezia, 20 luglio 1888, Temi V$$cto, 1888, 481- Vi va NT e, M on, trib. rfnl., 1889, 329, , - ti.?-,. 11 umsmm LA SENTENZA, LA (■: JRES JUDICATA fr dei pagamenti da park detta società bastasse per far pronunziare il fallimento del socio, senza che per questi concorrano i requisiti della cessazione, o n fiuto di pagamento, si verrebbe per mezzo deir art 847 ad identificare addirittura l'obbligazione del socio con quella della società. La società non paga; dunque il socio è in istato di falli¬ mento. Ma se 1 obbligazione della società e quella del socio sono una cosa sola, che valore avrà lari. 106, il quale dichiara che Fobbliga- zionc del socio non sorge se non dopo esercitata Fazione contro la società? Neanche intendendo la frase a esercitata Fazione » come semplice proposizione della domanda giudiziale si può giustificare la disposizione delFart. 847, Per l'art. S47 basta il solo fatto che la società non paghi, perche il socio sia dichiarato fallito, e non è ne¬ cessario affatto che sia stata proposta la domanda contro la società, e che il socio, richiesto del pagamento, abbia rifiutato, È quindi assai pericoloso invocare 1 art. 847 per interpretare Far ti colo 106. Conciliare la disposizione delFart, 847 con quella delFart. 106 non è certo cosa facile. Perchè i due articoli, coordinati, vengono a dire al socio illimitatamente responsabile; tu non sei obbligato a pagare, se il creditore non ha prima esercitato Fazione contro la società (art. 106): ma, se non paghi, sarai dichiarato fallito (art. 847). L antinomia è evidente, e risulta anche dai lavori preparatori. Mentre, a proposito dell art 106 — come vedemmo — fu detto ed affermato che il socio illimitatamente responsabile non è un condebitore solidale della società, a proposito delFart. 847 è detto che il fallimento della società porta con sè il fallimento dei soci 4 nè può dubitarsi ohe ciò debba essere, se è vero che ì obbligazione soli¬ dale abbraccia il patrimonio sociale e tutto il patrimonio individuale dei coobbligati j> (14)- Per togliere di mezzo, almeno in parte, questa contraddizione (15), bisogna ammettere che, nell 'ipotesi dell'art. 847. il fatto del fallimento non è correlativo ad una vera e propria ob¬ bligazione del fallito che questi avrebbe dovuto senz'altro soddisfare e non ha soddisfatto, ma piuttosto che coir articolo in questione si (rd Atti della Commissione del tfSCg, in Eas.Tàgn'oLa c Gjanzana, Fonti t motivi, ITI, p- 2-27. (15) La contraddizione è dovuta probabilmente alta mancanza di coordmomento tra Pari. 847 quale fu approvato dalla commissione del 1863, e l'art. 106 che — come dicemmo — (v. n, T70) nei testo della commissione non accennava all'obbligo dei cre¬ dito:! sociali di rivolgersi prima alla società che ai soci, obbligo che fu introdotto in seguito alle osservazioni fatte al Senato (v, n. 1.70), 214 IL GIUDIZIO $ W sia voluto stabilire una norma di rigore, destinata a spingere i soci illimitatamente responsabili a non permettere che la società sospenda o rifiuti i pagamenti (16). Certo è ad ogni modo che la disposizione dell art. 847 rappresenta un regresso rii fronte allo svolgimento sto¬ rico della società in nome collettivo ed in accomandita, per il quale di fronte ai terzi il patrimonio sociale tende sempre più a staccarsi dal patrimonio individuale dei soci, 0 ad affermarsi la personalità giuridica della società (17). Concludendo, il creditore della società (ente) non può invocare contro il socio la cosa giudicata rispetto alla società, e per proporre l'azione contro il socio, deve aver prima escusso il patrimonio sociale. 173. B) La posizione invece del socio che agisce contro la so¬ cietà come tale in forza di un diritto che gli conferiscano il contratto sociale o la legge, nella sua qualità di socio, è molto diversa. Dì fronte a lui non esiste ente giuridico società, ma solo la collettività non personificata dei soci, i quali sono tutti rappresentati nel giudizio dal rappresentante sociale, e del giudizio devono tutti subire le con¬ seguenze. La sentenza adunque ottenuta contro la società da mi socio, nella sua qualità di socio, fa stato contro tutti i soci, anche non com¬ parsi personalmente in giudizio. Quindi, se un socio impugna la validità o la legalità di ima de¬ liberazione dell assemblea generale, la sentenza che egli ottiene è efficace rispetto a tutti i soci. Il § 273 elei nuovo codice germanico [relativo alle società anonime, ma richiamato dal § 325 m 4 anche {16! Cfr. aneli e Sraffa, nel Dir, comm., 1889, 193, ■,i, i Cfr. Viv ante, I, n. 329, \k 370. Per in necessità della preventiva escussione fiel patrirnoniG sociale v. Cass. Torino, 31 gennaio 1887, Legge, i 38 7. i, 15Ò; Casa. Roma, 25 maggio 189-, Legge, 1892. Il, 222; Sraffa, nel Dir comm., 1889, 185; Vipaiu, 1, n. 731; March ieri, nel Gmiweut. di Verona, n s&y; Bolaffio, nella Riv, ita!, per le scienze gmr.. XIII, 270- Colombi, net Moniti deitrib w/„ 1892. 77] Vivamtjì, 1 . n. 339; Dewamoeat sur Bravaud-Vevrxeres. Traiti de droil commerciai tar] 5 . 1875. ip p. 221. u. 2. Contro, Vpp. Vurifisfo, 26 luglio 1888, Legge. eS8S. Il, 704; Errerà, nella Temi venèia, [ 883 , 48j. Vivami*. nel Mon. dei tnb.'mit., iBS* 329: Delanolb. Dociétds, n, 263, \lauket. Commentai™ du code de commerce, Paris, 1879, X ‘ n ; L ™ Caen ^ Renault. Traiti, Il J a . 2 3 i; Jìravahd-Vil*hiemjìs, Traiti & droiì commerciti, publti par Demandi. li, p, t 2f, Gaheis e FuchsbjsRGER. Das A di u.^the Handelsgcsettimeh, p. 241, n. no. Il sistema, del codici germanico 1897, peto (cfr. §§ iz8 e 129 liti, cap.) è quello di ritenere il sòcio e la società egual- mr.nti.. obbligati in solido, ma senza elle la sentenza ottenuta contro la società faccia stato contro il socio. LA SENTENZA, LÀ * RE$ J UBICATA * 215 per le società in accomandita per azioni), corrispondente all'art r 190-fl del codice del 1871, modificato dalla legge 4 luglio 1884, sta¬ bilisce: «Qualora la deliberazione (dell’assemblea generale) sia di¬ chiarata nulla con sentenza passata in giudicato, là sentenza fa stato anche prò e contro gli azionisti che non sono parte in causai* (i8j, È questa la soluzione adottata anche dai partigiani delia personalità assoluta (19). E che cosi debba essere è evidente: giacche, se fosse permesso ai soci di disconoscere lo stato di diritto che risulta dalla sentenza pronunziata dal giudice in confronto della società, si avrebbe la strana conseguenza che una deliberazione dell'assemblea, emana¬ zione della volontà di tutti i soci, sarebbe valida rispetto ad alcuni soci, e nulla rispetto ad altri. Più splendida conferma della logìciLà e della praticità del sistema della personalità limitata non si poteva trovare che in questa differenza tra la posizione del creditore sociale e quella del socio (come tale) rispetto alla efficacia pel soci della sen¬ tenza pronunciata contro la società: differenza di posizione, clic, come risponde ad un concetto logico, è altresì consona alle necessità pratiche dell'istituto, ed alla evoluzione storica ed economica delle società commerciali (20). 174. D'accordo tutti nel ritenere che la sentenza pronunciata contro la società., a favore di un socio, la quale porti annullamento delle deliberazioni dell'assemblea, faccia stato anche rispetto agli altri soci, viene da alcuno recisamente negato che costituisca rm indicai# di fronte a tutti i soci la sentenza che rigetta la domanda di un socio diretta all'annuii amento delle deliberazioni (21), Questa distinzione tra sentenze favorevoli, e sentenze contrarie, la quale si fonda sulla lettera di una disposizione legislativa, e sopra pretesi inconvenienti pratici che deriverebbero dalla dottrina con¬ traria, non mi pare risponda ad un concetto scientifico della perso- (18) Cfr. Ring, Dcis h'Hchsgesrfz tetref]end die Kom.manditgeseliscahfien anj Aktien itn d die Ahtùmgt&llsehàflé* t II, p. 466. (19) V. ad es. VtVànte. E, 11. 453, (io) V- da ultimo, App. Rama, za dicembre 1894, Foro iiai „ 1895, 1, 176.: App. Roma. [S aprile 1896. Temi romana, 1896, 332 [nei motivi}, Casi. Roma, 'io aprile 18.96, Gmr ì tal., 1B9O, ir I. * 74 * ( 2 j) Direzione- della Gmrtspr, iteti. . 1896, 1 , t, 378; Vassallo, L'azionista ribatte, n«Uà 1895. II. fase. I. p. 14 dell'astratto: Mori; L ' am mi niitr az 10 w e fatta società anonimi t r f, n, 335; Zignoni, nella Temi genovese, 1S96, 295: VlVANTE. nel Fòro ìtal., 1896, I, 653. 216 IL GIUDIZIO nahta giuridica della società, nè ad una costruzione razionale della oro condizione giuridica nel giudizio civile. È vero d'altra parte che la poca precisione di concetti, in cui sono cadute alcune sentenze e stata la causa fondamentale della imprecisione dei criteri da cui sono partiti i fautori di questa dottrina, che ritiene a un tempo effi cace e non efficace contro i soci la sentenza pronunciata contro la società circa la validità delle deliberazioni dell'assemblea generale Spesse volte infatti dalla giurisprudenza è stato assunto come motivo el decidere nel senso che la sentenza con cui si rigetta la domanda di un socio diretta all’annullamento di una deliberazione dell'assem¬ blea fa stato contro tutti i soci, la considerazione, che il socio, il qua e per il primo ha proposto l’azione, rappresenta tutti gli altri soci issi enti. Ora questo concetto è assolutamente inesatto. È inesatto di fronte ai principi della logica giuridica, perchè nessun vincolo può legare 1 soci dissidenti al socio, che per il primo ha esperimen- a a azione, se non il fatto di essere dissidenti. Ora, dato pure (e non concesso), che tal fatto possa bastare a creare nel socio attore m mandato presunto da parte degli altri soci, certo è che non si può dire che un socio sia dissidente, se non si presenta in giudizio a impugnare la validità della deliberazione: prima di allora non si sa ancora quali soci siano dissidenti, e quali no. Infatti, quelli che nell assemblea votarono contro la deliberazione, non possono dirsi issidenti se non quando propongono l’azione; prima di allora pos¬ sono acquietarsi al fatto compiuto e non valersi del diritto che la gge oro accorda, quelli che votarono a favore, possono mutare opi- mone e divenire dissidenti, perchè l’art. 163 cod. di comm. concede . 0 1 are °PP os izione ad ogni socio, senza tener conto dell’opi- mone da lui manifestata in seno all’assemblea (22); e infine quelli, ce non assistettero alla riunione non possono dirsi nè assenzienti, 1 ssenzienti, perchè non ebbero occasione di esprimere il loro pa- Quindi socio dissidente è solo colui, che agisce in giudizio per nnu amento della deliberazione; ed egli perciò non rappresenta in ^ no ^ re b concetto, che qui combattiamo, è anche • , S f.. ° * fonte alle disposizioni della legge positiva. L'art. 163 . , C ° ' c °mm. dispone, che alle deliberazioni dell’assem- a manifestamente contrarie all’atto costitutivo, allo statuto o legge ’ P uò essere fa «a opposizione da ogni socio ; il diritto di (22) V. in proposito Zignoni, nella Temi genovese, 1896, 297. LA SENTENZA, LA # RES JUDICATA & 2 iy ogni socio è perciò un diritta individuale, che egli esercita per sè solo, e non in rappresentanza di altri. *75- Questo concetto pertanto della rappresentanza dei soci dissidenti da parte del socio che impugna per primo le delibera¬ zioni, non può sostenersi (23). Altra è la base quindi da darsi alla teorica che ritiene in tutti i casi, rispetto ai soci, efficace la sen¬ tenza pronunciata contro la società nel giudìzio d impugnazione di una deliberazione deli'assemblea generale. Questa base è pre¬ cisamente ìa rappresentanza di tutti i soci non”dissidenti (cioè che non hanno proposto I opposizione) da parte dei rappresentanti della società. Questa teorica è l'unica che risponda ad una costruzione scientifica del modo con cui le società compariscono in giudizio, posta in relazione al carattere della personalità giuridica nelle so¬ cietà medesime. Di fronte ai soci, come tali, non esìste che il con¬ tratto sociale. Quindi, da una parte la collettività, rappresentata, dai rappresentanti sociali, dirli altra ì] socio singolo che insorge con¬ tro la collettività. Questa è di fronte alla logica la condizione dei soci, nè si può ammettere la esistenza di una categoria di soci che, mentre non insorgono in giudizio contro la volontà sociale mani¬ festata nella deliberazione de II’assemblea, d’altra parte non sono neppure rappresentati dai rappresentanti della società, perchè sono futuri dissidenti, hanno in animo di oppugnare le deliberazioni del- r assemblea. Sentiamo che cosa dice a questo proposito il Vassallo, che eia appunto sostiene. « Ma i legittimi rappresentanti della società convenuta, coll assumere m giudizio la difesa della società, e nel respingere gli attacchi mossi contro le deliberazioni sociali, agiscono nel nome dei soci che sostengono la validità ed efficacia della delibe¬ razione della società, e contro questa non insorgono e non insorge¬ ranno mai: dei soli soci, insomma, che non hanno in cuore la ribellione, e sono e rimarranno fedeli alla bandiera dei rappresentanti della società... 1 legittimi rappresentanti della società convenuta non rappresentano invece quegli azionisti, che : , in base all'art. 163 cod. di comm., vorranno e potranno opporsi alle deliberazioni della so¬ cietà, che reputano manifestamente contrario all'atto costitutivo allo statuto e alla legge, perchè tali soci fanno valere un diritto in¬ dividuale e singolare che non può essere pregiudicato da alcuno, (23} V, nel scuso del testo, Viva n te. Fóto i!al. r iSgO, r, 653; Righiti, Foro itàL, iStjó, I, S42, IL GIUDIZIO glS ed un'azione del tutto opposta a quelle che fanno valere i rappre¬ sentai della società; non rappresentano insomma quegli azionisti che hanno in cuore la ribellione, e prima o poi si ribelleranno insor¬ gendo a nuova guerra contro la società» (24), In questo lungo ragionamento, l'imprecisione tocca il colmo. Si dice che i rappresentanti della società rappresentano ì soli soci che sono e rimarranno fedeli alla bandiera dei rappresentanti della società, e non di quei soci che hanno in cuore la ribellione. Ma chi siano gli um e gli altri il Vassallo non dice, e non lo potrebbe dire, perchè tutti i soci si debbono presumere assenzienti fino a che non abbiano proposto razione, come del resto tutti possono avere in animo di valersi dì quel diritto che farri 163 cod. di comm. concede a tutti 3 soci indistintamente. Non è possibile dunque stabilire quali sono i soci rappresentati in giudìzio dai rappresentanti della società, e quali i non rappresentati, appellandosi alle convenzioni ed alle intenzioni intime, che non hanno riscontro in atti esterni, 1 soli, di cui possa tener conto il diritto. Perche, partendo da questo pericoloso criterio, si potrebbe giungere alla conseguenza di avere rappresentanti della società, cioè (in questo caso) della collettività dei soci, che lottano giudiziariamente contro tutta la collettività dei soci* La sentenza adunque pronunziata in confronto dei rappresentanti della società, deve dirsi pronunziata in confronto di tutti i soci non dissidenti, e quindi, rispetto ad essi tutti, deve formare cosa giudicata. 176. Le obiezioni non reggono. Non si tratta infatti — come mede il Mori — di porre limiti al diritto di impugnativa ricono¬ sciuto ad ogni sodo, nè di estendere un'eccezione alla regola sul- 1 autorità della cosa giudicata (25), Si tratta invece di far rispettare 1 autorità della cosa giudicata di fronte a tutti coloro che furono rappresentati in causa dai legittimi rappresentanti della società. Si invocano anche possibili collusioni tra gli amministratori e qualche azionista, diretti allo scopo di far facilmente (mediante accordo fra le parti) passare in cosa giudicata qualche comoda deliberazione deb 1 assemblea, per poi poter proporre, dopo la facile vittoria, l’ecce¬ zione di cosa giudicata, avverso quei soci che realmente avessero intenzione di far valere i, loro diritti. Ma questi timori sono esagerati. Anzitutto è da riflettere che per darsi cosa giudicata, è necessaria (2^} Vassallo, ofi, rii., n. 5., pp. u-12 eleM'estratto, (^5) Mori, L' amministrazione delia Società anonima I, n, 335. LA SENTENZA, LA 4t RES J UBICATA 2rg eiotì solo Y cadetti persona, e Vèadem m, ma anche Vcadem causa , onde il compiacente azionista dovrebbe bene, per ottenere il suo in¬ tento, proporre davanti ài magistrato tutte le cause di nullità che potrebbero poi essere opposte dagli altri soci di buona fede, alfine di creare contro di essi, da tutte le parti, la res mMcata. Ora non è supponibile che il magistrato, a cui si pongono davanti tutti i motivi di nullità di una deliberazione, per quanto male esposti e mal soste¬ nuti, non ne comprenda il valore, se realmente sono fondati. Ad ogni modo, sarebbe a un grave rischio die si esporrebbero gli ammini¬ stratori, qnello cioè di far senz'altro annullare unii deliberazione, per la cui validità futura essi erano tanto in timore Del resto, non è conforme al vero questo rappresentarsi gli amministratori come perpetui e compiacenti compari e manipolatori delle maggioranze delle assemblee. Invece, anche il caso contrario si dà non di rado: quello cioè di amministratori che insorgono anch’essi contro le deli¬ berazioni dell'assemblea (ab), Nè la lettera della legge è contraria alla nostra interpretazione. La deliberazione dell'assemblea può essere impugnata da ogni socio , e sta bene, ma sempre entro i limiti che la legge impone ad ogni azione: e qui ablazione del socio si oppone l'ostacolo insuperabile della res indicala. La regola scritta nell!art. 1351 eod. civ. è così generale che non c’è davvero bisogno, per applicarla, che il legislatore 3 a ripeta ad ogni disposizione in cui disciplina ra¬ zione derivante da un qualche diritto. S intende bene: salvo, sempre l'eccezione rii cosa giudicata. L’espressione da ogni socio sì riferisce piuttosto a ciò che la legge non fa distinzione tra socio che ha assen¬ tito o non ha assentito alla deliberazione, tra socio presente ed as¬ sente, perchè ha voluto il più largamente possibile dar modo di ri¬ stabilire l'impero del diritto violato dalla deliberazione dell'assemblo a. 177, Con ciò non voglio dire che, nel sistema qui propugnato, non si dia luogo ad inconvenienti, che il legislatore avrebbe potuto facilmente evitare, prefiggendo un termine breve per l'opposizione, ed ordinando la riunione di tutte le cause riguardanti tale opposi¬ zione; ma altri, e non meno gravi inconvenienti deriverebbero dalla dottrina contraria (27). Fino al decommento della prescrizione, si (26) Cfr. Viv ante, 1 , n. 45 ^ ( 27 } Gli mc-Diivenlenti r lo incertezze a, cui può dar luogo il sistema della legge italiani, sono evitate dal legislatore germanico; il quale stabili molta opportunamente che l'azione per annullamento spetta solo: agli azionisti intorVestiti e dissenzienti; 220 IL GIUDIZIO vedrebbe il poco edificante spettacolo di azionisti che, uno dopo l'altro, si farebbero ad impugnare la stessa deliberazione, tentando, per forza di cavilli, di ottenere quello che i loro nien fortunati pre¬ decessori non avevano potuto per la forza del diritto, e si vedrebbe altresì una deliberazione, gii dichiarata legale dal magistrato, messa sempre di nuovo in discussione e soggetta ad essere sospesa ed annul¬ lata, dopo avere anche dei tutto avuto esecuzione (28). Tutto ciò dimostra soltanto che ogni sistema ha i suoi inconvenienti, ai quali si deve cercare di porre riparo, senza forzare la legge, recando ecce¬ zioni, non da esso sancite, ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico. Del resto, la inconseguenza della dottrina che ritiene V efficacia della sentenza pronunciata in confronto della società, rispetto ai soci, solo nel caso in cui la domanda di annullamento sìa accolta, risulta dai motivi stessi che inducono 1 partigiani di questa teoria ad abbracciare, in tal caso, l'opinione affermativa. Essi dicono che, data ripotesi della sentenza favorevole al socio dissidente, la op¬ posizione che venisse instaurata da un altro socio dovrebbe essere respinta, non per mancanza di veste nello instaurante, bensì per mancanza di interesse, condizione essenziale dì ogni domanda, giac¬ che verrebbe eccepito il frustra fietis quod intus non habes [29) * Ma non si accorgono in tal modo che essi fanno una sola (e la più inve¬ rosimile) delle ipotesi le quali possono darsi: che cioè, dopo dichiarato 1 J annuii a mento, venga un altro socio a dimandarlo di nuovo. Ma, e nel caso invece in cui quest'altro socio voglia far valere la piena validità deh a deliberazione, allegando che la sentenza già pronun¬ ziata è res inter alios e non Io riguarda? Dovrebbe dirsi allora che la deliberazione È valida per alcuni e nulla per altri? L unico criterio dunque da cui si possa partire per giungere a multati apprezzabili è quello, già ripetuto, che fra i soci non essendovi personalità, i rappre¬ sentanti della società sono i rappresentanti della collettività dei soci, e quindi di tutti i non dissidenti: e perciò di fronte a tutti deve dirsi che la sentenza pronunciata costituisce res iudicata, senza alcuna distinzione, od eccezione (30)* &) ai non intervenuti; e) alla direzione (come collegio); d) e, in determinati casi, ai mem¬ bri della direzione e del consiglio di sorveglianza f§ 271 del Codi di cornili del 1897, art. icjo e 222 del codice cessato). V. anche Gakhis c FochsbercxF.r. pp. 363, 303 ÙS} V. in proposito le buone osservazioni del RissEttt, Foro Hai , r 1 SqCp, (. 343. (29} Cfr. la d'altronde ottima nota della Dir. della Giurispr. lini, 1896, I, i r 378, ( 3 °) V- conforme al testo: Cass. Roma, 20 aprile 1896 , Giunsfr. UaL t 1896. I, LA SENTENZA, LA « RES JUDICATA » 221 178. Le società irregolari non costituendo persone giuridiche, la sentenza ottenuta contro di esse fa stato anche contro tutti i soci! i quali sono le parti intervenute, o direttamente, 0 a mezzo di rap¬ presentanti, nel giudizio avvenuto. Ora, se la società, da semplice contratto, diventa persona giuridica, mediante la legale costituzione, la sentenza ottenuta prima di questa, non farà certamente stato contro la persona giuridica società, e il creditore sociale che l’ha ot¬ tenuta non potrà agire sul patrimonio sociale ad esclusione dei cre¬ ditori particolari dei soci, contro i quali soltanto la sentenza è effi¬ cace (31). § 2. - L'opposizione del terzo, come mezzo per impugnare la sentenza. Sommario: 179. Sentenze pronunciate nelle cause tra società e i soci come tali, per rapporti sociali. — 180. Sentenze pronunciate nelle cause tra società e terzi, per rapporti esterni, non sociali. 179. Perchè possa darsi opposizione di terzo, due condizioni sono necessarie, per il nostro diritto positivo e cioè: 1) che l’oppo- nente sia terzo, cioè non abbia figurato nè direttamente, nè indiret¬ tamente per mezzo di rappresentante nel giudizio, nel quale fu pro¬ nunziata la sentenza impugnata; 2) che questa sentenza abbia re¬ cato un pregiudizio ai suoi diritti (art. 510 cod. proc. civ). (1). a) Data la prima condizione, s’intende agevolmente che un socio non potrà proporre opposizione di terzo contro la sentenza pronunciata in confronto della società, nei giudizi promossi da un altro socio o contro un altro socio come tale (in forza di un rapporto sociale). Infatti vedemmo come tutti i soci, i quali, nei giudizi tra società e soci per rapporti sociali, non si pongono in lotta colla so¬ cietà, devono riputarsi membri della collettività e quindi rappre¬ sentati nel giudizio dai rappresentanti sociali. Ad essi dunque non si può in alcun modo attribuire la qualità di terzo e neppure il diritto 1, 374; App. Perugia, 28 dicembre 1896, Foro ital., 1897, 1, 245, e l’ottima nota del Rissetti Foro ital., 1896, 1, 841 ss. che rimette bene a posto la questione, nei termini che abbiamo veduto vonformi a tutto il sistema adottato dalla nostra legge riguardo alla personalità giuridica delle società commerciali. Contro App. Roma, 20 ottobre 1894, Temi gen., 1894, 695; App. Roma, 22 dicembre 1894, Temi genovese, 1895, 251; Cass. francese, 25 febbraio 1881, Dalloz pér., 1881, 1, 253. (1) Galluppi, Teoria dell'opposizione del terzo, Torino, 1894, n. 87. 222 IL GIUDIZIO di impugnare colla opposizione di terzo la sentenza pronunciata in confronto della società. Se infatti il socio vuole insorgere contro il giudicato per sostenere le ragioni della società, non lo può. perche non è lecito concedere alla collettività dei soci già soccombente in giudizio, di ottenere la rinnovazione, cambiando rappresentanza Se invece il socio vuole opporsi al giudicato favorevole alla società egli potrà bene intervenire nel giudìzio di primo grado; ma, pronun¬ ziata la sentenza, questo fa stalo anche rispetto a lui (v, n. 173) e contro di essa non può proporre opposizione di terzo (2), Il Dalloz, ed il Galluffi sostengono che Bell' ipotesi di una controversia della società con un socio, gli altri soci, che non rana espressamente nel giudizio, possono sempre impugnare con l'opposizione dèi terzo la sentenza che in quel giudizio fu pronun¬ ziata. Dice il Galufpi: * Cosi supponiamo che uno dei soci abbia domandato lo scioglimento della società in contraddittorio col ge¬ rente, e che la sentenza abbia accolto tale domanda dichiarando risoluta la società; non v'ha dubbio die gli altri soci, 1 quali non fi¬ gurano come partì in quei giudizio, possano impugnare quella sentenza colla opposizione del terzo, poiché essi non furono certo rappresentati in giudizio dal gerente della società, elio si figurò come convenuto » {3). Invece appunto il contrario è vero* Se i gerenti hanno avuto, nello statuto o in altro modo, facoltà di rappresentare la società in giudizio, ne segue che i soci sono tutti rappresentati nel giudizio dai gerenti della società, e lo sono per la semplice ragione elle essi li riconobbero come tali nel contratto sociale, e neiratto di nomina. E si noti che il Galluppi generalizza la tesi anche alle società civili, nelle quali la mancanza di personalità (ammessa universalmente nel nostro diritto) rende evidente la rappresentanza dei soci da parte dei gerenti. E se cosi non fosse, chi rappresenterebbero i gerenti? LVmle società no, perchè non esiste; i singoli soci neppure. Avremmo dunque un man¬ datario senza inandante. E non si dica che il gerente rappresenta se stesso, perchè egli può essere anche non socio, ed allora, senza la rappresentanza, mancherebbe in lui qualunque veste giuridica a stare in giudizio. Sempre sta adunque clic il socio non può inipu- (s) È da respingersi perciò, coerenlemente del resta a quanto fu detto ai n, f 74 ss - 3 opj m L-J ne eie l Va ssa l lo . L'aria » iste ribelle , pp r 5 ~i6 dell 'estratti, . eh e i Sfad posano l^ oppo^iziont di ter»j contro, la senlen^a die dichiari la validità di una deliberai*»* mblea, r. non lo possono contro là sentenza che ne dichiari la nullità' . 3 ) Galluppi, Teoria ddl'opposiMnnc del terzo, n. 100. LA SENTENZA, LA « RES JUDICATA » 223 gnare colla opposizione del terzo la sentenza pronunziata nella lite vertente tra la società ed un singolo socio come tale (4). 180. 6) Nei giudizi invece vertenti tra la società ed un terzo (per rapporti esterni, non sociali), il socio è alla volta un vero terzo, perchè la società in quelli figura come persona giuridica. In tal caso concorrerebbe senz’altro la prima delle condizioni richieste perchè possa proporsi l’opposizione di terzo. Che poi concorre anche la se¬ conda, non v’ha dubbio. L’art. 510 cod. proc. civ. richiede il pregiu¬ dizio al diritto dell’opponente non in quanto la sentenza interve¬ nuta inter alios possa nuocere al diritto di un terzo, nel senso pretta¬ mente giuridico, possa cioè togliere o diminuire la facultas agendi di un terzo. Il pregiudizio di cui si tratta, può essere recato al diritto considerato nel suo esercizio , nella sua estrinsecazione pratica: si ca¬ pisce bene come anche restando integro il diritto, 1 esercizio di esso possa essere ristretto, ed anche ridotto a zero. Così è appunto nelle società commerciali. I soci hanno diritto agli utili; ma, se per effetto di una sentenza pronunciata contro la società, gli utili vengono a mancare, è chiaro il pregiudizio che ne deriva al socio, e quindi evi¬ dente il diritto di impugnare la sentenza colla opposizione di terzo (5). (4) App. Genova, 27 luglio 1875, Legge, 1876, I, 857; App. Roma, 41 dicembre 1894, Giur. ital., 1895, I, 2, 90; Cass. Roma, 20 aprile 1896, Foro ital., 1896, i, 653. (5) Contro App. Genova, 11 giugno 1875, Legge, 1875, 1, 913; Galluppi, n. 109. Per le altre persone giuridiche (Provincie, Comuni) è una quaestio facti da decidere volta per volta il vedere se il pregiudizio al diritto concorre. , - - "■—~ mtm r I* Capitolo Quarto 1 PROCEDIMENTI SPECIALI § i * — Il procedimento in camera di consiglio per la trascrizione ed affissione dello statuto ed atto costitutivo, delle società in accomandita per azioni ed anonime , Sommario; iSi. Compito del tribunale nett'esame de]lo statuto e dell'atto' costitutivo, - tSz. Jl P, M. non può reclamare contro il provvedimento emesso dal tribunale., ma deve iniziare un regolare giudizio col contraddittorio degli interessati. — tSj, Termini entro cui può essere promossa questa azione. ifil. Speciale importanza assume il procedimento in camera di consiglio riguardo alle società commerciali, per ciò che concerne il provvedimento del tribunale che ordina la trascrizione ed affis¬ sione dello statuto e dell'atto costitutivo delle società in accomandita per azioni ed anonime. Tolto di mezzo il sistema della autorizzazione preventiva da parte dello Stato, la nuova legislazione commerciale vi sostituì un ampio sistema di pubblicità, e vi aggiunse, a maggior garanzia, l'obbligo, prima di procedere alla trascrizione ed affissione dello statuto e dell'atto costitutivo, di un esame preventivo da parte del tribunale del luogo dove è stabilita la sede della società (art. 91 cod, di camrn,),. Nessun atto costitutivo quindi e nessuno statuto di società in accomandita per azioni e anonima, può essere ricevuto e trascritto, se non sia contemporaneamente presentato il provvedi¬ mento del tribunale che ordina la trascrizione (art, 9 del Regolamento 27 dicembre 1883 per la esecuzione del codice di commercio). il provvedimento è preso in camera, di consiglio, coll Intervento del pubblico ministero (art. 91 cap, 1 cod. di comm,). Quale sia il compito del tribunale nell emanare il provvedimento è detto chiaramente dalla legge, e risulta ad evidenza dai lavori preparatori; esso deve - dice l'art. 91 limitarsi a verificare Va- dempìmemio delle condizioni stabilite dalla legge per la legale costitu- A. Roteo, Le sonetti coni m e resali . vfl 226 IL GIUDIZIO zione della società. « La deliberazione del Tribunale di commercio (i) — aggiunge la Relazione Mancini — restringendosi ad una semplice verificazione esterna dell’adempimento delle prescritte formalità e non implicando alcun arbitrio nell’apprezzamento intorno alle per¬ sone o all’oggetto della società, purché sia lecito e non vietato dalle leggi, nulla ha di comune coll’autorizzazione che solevasi concedere discrezionalmente dal governo» (2). Esclusa quindi ogni indagine di carattere tecnico od economico, il tribunale deve limitarsi ad esami¬ nare, se la società la quale si presenta con nome di società in acco¬ mandita per azioni od anonima, riveste realmente, secondo le dispo¬ sizioni dello statuto e dell’atto costitutivo, un tale carattere. Inda¬ gine preliminare e necessaria, anzi implicita, perchè, prima di prov¬ vedere alle trascrizioni di uno statuto di società in accomandita per azioni o anonima, è naturale che il tribunale veda se di società in accomandita per azioni 0 anonime realmente si tratti. Deve inoltre il tribunale esaminare se siano state osservate le norme prescritte dal codice per la legale costituzione della società, e per il suo eser¬ cizio; infine se lo statuto contenga norme contrarie all’ordine pubblico, o all indole speciale della società. Ogni altra indagine si deve ritenere vietata (3). Il tribunale non ha altro compito che di ordinare la trascrizione ed affissione dello statuto, ma non può ordinare la trascrizione modi¬ ficandolo, e meno ancora sotto condizione che vi siano recati certi cambiamenti. « Il tribunale che approva — dice egregiamente il Vi v ante sia pure sotto condizione, un atto costitutivo illegale, non verifica 1 osservanza della legge, verifica la sua inosservanza, e quindi non può ordinare la registrazione » (4). 182. Contro il provvedimento del tribunale che ordina la tra¬ scrizione ed affissione, è ammesso il reclamo del pubblico ministero (1) In seguito il testo dell’art. 91 fu mutato nel senso che il provvedimento do¬ veva essere emanato dal tribunale civile. (2) Relazione Mancini, p. 268. Vedi anche Castagnola e Gianzana, Fonti e motivi, I, p. 364. ( 3 ) In questo senso concordi la dottrina e la giurisprudenza. V. da ultimo, App. enezia, 7 giugno 1895, Temi Veneta, 1895IC 565; Vivante, i, n. 386 ss.; Vidari, orso , I, n. 801, Marghieri, nel Commentario di Verona, n. 194; Giorgi, La dottrina e e persone giuridiche, VI, p. 379 ; e lo scritto anonimo pubblicato nel Monit. dei trih. mil., 1887, 49 ss. ( 4 ) Vivante, I, n. 388. Conforme Giorgi, o P . cit., loc. cit. I PR0.CEDIMENTI SPECIALI 227 alla Corte di Appello? Posta la questione in questi termini, la ri¬ sposta non mi sembra dubbio che dovrebbe essere negativa. Infatti, il provvedimento del tribunale, essendo preso in camera di consiglio coll'intervento del pubblico ministero, va sottoposto alle disposi¬ zioni delTart, 778 e segg, cod, proc, civ, f che riflettono appunto il procedimento in camera di consiglio. Il procedimento relativo è un vero e proprio procedimento in camera di consiglio e non un proce¬ dimento d'uffizio* Nè in favore della tesi, che costituisca invece un procedimento d'uffizio, si può argomentare dalla disposizione dol¬ lari. 91 cod, di comnn r il quale impone agli amministratori ed al no¬ taio il deposito dei documenti in cancelleria, e neppure dalla disposi¬ zione delPart. 52 del regolamento per f esecuzione del codice, il quale prescrive che gli interessati ed il no taro debbono curare la trasmis¬ sione al Ministero del Commercio degli atti da pubblicarsi. La coope¬ razione del notar© non può produrre l'effetto di trasformare il proce¬ dimento in procedimento d'uffizio, perchè la sua mancanza produr¬ rebbe il solo effetto di rendere responsabili 1 , disciplinarmente il notare come pubblico ufficiale, ma non autorizzerebbe certo il P.M, a provo¬ care d'uffizio i] provvedimento del tribunale. Anzi — come dice la Cassazione di Napoli nella sentenza 5 maggio 1S87 - a mancherebbe di scopo qualunque riassunzione che si facesse d’uffizio, invece delle parti interessate, dappoiché, essendo quelle operazioni ordinate dalla legge per la costituzione dell'ente commerciale, non vi sarebbe ragione alcuna di ufficio per obbligare ad esistere chi non volesse » (5), Ora, non potendo il provvedimento dell’arte 91 cod. di comm., essere provocato da una istanza del P. M.. è chiaro che questi vi figura non già come parte principale, ma soltanto per dare il suo pa¬ rere. E quindi, non essendo parte, manca in lui la veste per recla¬ mare conto il provvedimento (6). Del resto, se cosi non fosse, si giungerebbe alla conseguenza che una domanda, prima accolta, po¬ trebbe essere respinta in seguito all insaputa della parte interessata. (5) Cass. Napoli, 5 maggio 1887, F&o ita.! . 1887, 1, 541. (0) Giurisprudenza prevalente: Cass. Firenze, lo settembre 1887, Faro ita'., 1SS7, 1, 207 (noi motivi); Cass. Napoli, 5 marzo 1887. Foro iiaL t 1887, t, 53^ App. Trani, 28 luglio 1886, Foro itaL, 1SS7, 1, 18S; Cass, Firenze, 29 novembre 1S94, Foro 1895. e . 150; Cass. Roma, 14 luglio 1896, Temi g.’ìiovoso, 1806, 550; App. Catania. 20 dicembre 1S95, Ginr. cal 1896. 1896. 3 8; Vivante, l r n. 3S9; Rodino, nella itaL, 1894, T, 1, 478, Giorgi, La dottrina delle persone giur,, VI, p, 380. Contro Cass, Roma, 15 dicembre 1890, Fort) ital. r 1891, r, 430: App. Venezia, 2 aprile 1894. Giur, itaL, 1894. I. 1, 478. 22 & IL GIUDIZIO Ma se il P. M. non può impugnare in appello il provvedimento preso dal tribunale in camera dì consiglio, ben può invece in forza della generale facoltà a lui direttamente spettante in forza dell’arL 139 del regolamento generale giudiziario, e nell‘interesse pubblico a cui è legata la osservanza dei requisiti di forma richiesti dalla legge per la regolare costituzione delle società commerciali (7), chiedere in vìa ordinaria, col regolare contraddittorio degli interessati, ì 3 an¬ nullamento del primo provvedimento del tribunale. Il relativo giu¬ dizio deve essere proposto davanti allo stesso tribunale, ma in via contenziosa, e non già di volontaria giurisdizione (8). 183, Un ultimo dubbio può sorgere intorno al termine, entro il quale il P. M. deve promuovere razione eli cui è si parlato. Nella giurisprudenza si è fatta questione se l'indole dell'azione diretta concessa al P. M. dall 1 art, 130 del regolamento generale giudiziario fosse civile oppure commerciale, per stabilire poi se la sita istanza diretta all'annullamento del provvedimento del tribunale dovesse essere proposta entro il trentesimo o entro il sessantesimo giorno, a termini dell'art, 485 cod. proc. civ. (9). Ma la disputa, a mio parere, non ha ragione di esistere su questo terreno. La natura civile o com¬ merciale dell'azione non influisce affatto sul termine entro il quale il P. M. può proporre la sua domanda di annullamento, per la sola ragione che qui non si tratta affatto di un appello che si interpone contro una decisione del tribunale, ma di una azione diretta che il P, M. esercita ex novo t in forza dell"art. 139 del citato regolamento. Nessun limite di tempo dovrà dunque porsi al suo esercizio anche per la considerazione che la violazione di una legge d'ordine pubblico deve poter sempre essere rilevata dal P, M, e che la illegalità non può essere, sanata solo perchè antica e permanente (10). (7) Gloria, nella Jtiv. di gìwìspr. di Tratti, iSSy, 230 $3. (8) Vtvante, op. di., toc. ci!,: Giorgi, op rii., toc. rrR odino, op. rii ., toc. cìi. e ìa giurisprudenza citata ai È a nòta ó. (9) Per la natura civile: Ca.ss. Torini31 dicembre 1894, Foro itaì,, 1895, 1, 706, Per la natura cnmmerciale, App, Gasale, 17 aprile 1S95. Foro rml., rSgs, i, 994, (10) Cara. Firenze, 20 novembre 1894, Foro ita!.. 1895. i, 131 e 132; Vivente, I, n, 389, Jr .£ /' i'i $ I PROCI DIME MTI SPECIALI 229 § 3 , - Altri precedimenti speciali . Sommario: 184. Il sequestro. — 185, L'esecuzione degli atti e delle sentente straniere. 184. Sequestro — il sequestro, sia giudiziario che conservativo, può essere domandato: da un socio, dal creditore particolare di un socio, o da un creditore sociale. Riguardo al sequestro domandato da un creditore sociale, nulla quaestio: i dubbi sorgono invece quando esso è domandato da un socio, 0 dal creditore particolare di un so¬ cio. lì socio come tale può domandare certamente tanto il sequestro giudiziario che quello conservativo sui beni della società. Può do¬ mandare il sequestro giudiziario, a norma deir art. 1875 cod. civ,, perchè sappiamo che nei rapporti interni i soci sono comproprietari del patrimonio sociale, e perciò quando vi sia controversia sulla proprietà o sul possesso dei beni che lo costituiscono, è il caso ap¬ punto di applicare il n. 1 dell-articolo citato (1). Può anche doman¬ dare il sequestro conservai:ivo, per i crediti che egli abbia verso la società, sia dipendenti da utili non pagati, che da altre cause (art. 924 cod. proc, civ.). Quanto ai creditori particolari dei soci, vedemmo già come di fronte ad essi si afferma la personalità giuridica della società, pro¬ prietaria esclusiva del patrimonio sociale. Di conseguenza, essi non potranno sequestrare le cose appartenenti alla società, e neppure i crediti di questa, perchè nè le urie, nè gli altri sono loro debitori (2), Potranno solo sequestrare le cose c i crediti appartenenti al loro debitore reale, il socio, e quindi anche gli utili futuri e la quota che potrà spettargli nella liquidazione (3), Il patto contrario inserito nello statuto per iì quale fossero dichiarati insequestrabili i divi- li) V.. nel senso del testo, Cass, Roma, 25 aprile 1887, Annali, 1887, 3, 202, App. Genova, 4 novembre 1893, Foro ital. 1S94. 1. 287, Contro ta giinkpr, più antica: App. Lucca, 4 marzo 1870, jLmh. 1870, z. 81; Àpp. Casale, 5 febbraio 1881, Giur. caaa- salesz, i8Sr, 142. {2) App. Genova, i g maggio 1877. Eco. 1887, 302: App. Catania, 8 novembre 1878. Gìii?\ Gtttanèsi, 1:878, 188, (3) Cod. di comm. art, 85: App. Genova. 2,7 dicembre iSSS, 'Legge, 1859. II, 493; Margìueri, Commento, n 162, 163. 230 IL GIUDIZIO dendi dovuti ai soci, sarà nullo rispetto ai terzi, non intervenuti nel contratto, i quali possono considerarlo come res inter alios (4). 185. Esecuzione degli atti e dette sentenze straniere. — Essendo le regole riguardanti la competenza essenzialmente d’ordine pubblico, e stabilendo l’art. 846 cod. di comm. che il fallimento di una società commerciale è pronunciato dal tribunale del luogo ove la società ha la sua sede, è evidente che non potrà essere data forza esecutiva alla sentenza straniera che dichiara il fallimento di una società che in Italia ha la sua sede anche nel caso in cui fu costituita all’estero, (art. 230 cod. di comm.) (5). CONCLUSIONE 186. Siamo così giunti alla fine della nostra trattazione, in cui studiata la questione fondamentale della personalità giuridica delle società di commercio, abbiamo cercato di desumerne un si¬ stema scientifico, nel quale fosse convenientemente posta in luce la condizione giuridica dell’ente società, dei soci come tali e dei terzi nei giudizi sociali. Abbiamo veduto così quale intimo nesso organico leghi tutte le questioni che sul grave argomento si possono pre¬ sentare, a quella fondamentale della personalità giuridica. Ed è solo in questo modo che le numerose ed importantissime questioni ri¬ guardanti i giudizi delle società commerciali, studiate di solito iso¬ latamente, in trattazioni frammentarie ed inorganiche, possono dar vita a un organismo scientifico che io spero rispondente alle esigenze della scienza ed ai bisogni della pratica. La personalità giuridica, la rappresentanza in giudizio, la citazione, l’intervento in causa, le prove, l’efficacia del giudicato, i mezzi per impugnarlo, sono tutti argomenti che nelle società commerciali non si possono studiare isolatamente, perchè intimamente connessi e dipendenti l’uno dal- 1 altro. E nello studiarli ho badato non solo a desumere logicamente dai principi fondamentali dal mio sistema tutte le altre norme particolari riguardanti i giudizi delle società di commercio, ma ho ( 4 ) App. Genova, 4 novembre 1893, Temi genovese, 1893, 715. ( 5 ) App. Milano, 30 novembre 1883, Mon. Irib. mil., 1883, 38 . I PROCEDIMENTI SPECIALI 231 cercato altresì di porre in luce le singole parti del sistema, per mo¬ strare come, anche per altra via, un esame accurato della legge, della dottrina o della giurisprudenza, nonché dei principi razionali regolanti ogni singolo istituto, debba condurre alle identiche con¬ clusioni, Talché le singole norme costituiscono a un tempo una con¬ seguenza e ima conferma del principio della personalità limitata. Il quale (concludo come ho cominciato) è l'unico che risponda al sistema della legge vigente e riesca a conciliare l'idea di persona giuridica colla esistenza del contratto sociale, che di quella, inne¬ gabilmente, costituisce il sostrato e la base. INDICE ANALITICO f Agènti delle società, v. Insfitori. A mttìimsiratori di società irregolari, n. 74 e 75 - Azioni di responsabilità contro gli anunirais tratori, n. 89. Appailo. Gli amministratóri dopo lo scio¬ glimento e prima della nomina dei liquidatori possono interporre appello, a. 98 nota 4; indicazione del rap¬ presentante nell'atto d'appello, n. T4Ó. Arbitfamento. V. Compromesso, Arbitri. Arbitri. Persone clic possono essere no¬ minate arbitri, n. 131; poteri degli arbitri in caso dì scioglimento della società, n. 132. , 4 5 semhlea generale. Essa sola può ac¬ cettare le dimissioni del rappresen¬ tante unico, n, 85; ad essa, e non al socio singolo spetta razione di re¬ sponsabilità contro gli amministra¬ tori, ru 89. A ssociu.zion:. Necessità dell'atto scritto ad probafiortenh ri, ibi Associazione di mutua assicurazione, v Mutue. Atti e sentenze straniere. Fallimento dì una società pronunziato da un tribu¬ nale straniero, n, 185, Autorizzazione a stare rii giudizio, n. 87. Azione. Fa massima: il giudice dell'azio¬ ne ù anche il giudice dell'eccezione, e la, competenza rispetto alle società, n. 123 e 125: Azione contro gli am¬ ministratori: spetta all'assemblea, n. S* Camera di consiglio. Il procedimento in camera di consiglio per la trascri¬ zione q l'affissione dello statuto e l'at¬ to costitutivo delle società in acco¬ mandita per azioni cd anonime, n. 181 e compito del tribunale nell'esa¬ me dello statuto, n. i8t; reclamo dei F-M., n. r£fi; azione del P.M, per la revoca del provvedimento, u- 182 c 183, Capo sditone. Rappresentanza giudiziale del capo stazione, n. 93; rappresen¬ tanza del capo stazione d'arrivo, ri¬ spetto alla società, da cui dipende la stazione di partenza, e viceversa, n. 94, Citeiziom, Forma dell'atto di citazione, n. 133 c £.; indicazione del nome del rappresentante nelle citazioni delle so¬ cietà commerciali, n. 133-147; varie teorie al riguardo, n. 134 c s.\ chi è il rappresentante che deve essere indicato, rt 144; come deve essere indicato il rappresentante, n, 145; indicazione del rappresentante nel- Fatto d'appello, n. 14 ò; notifica¬ zione della citazione, a. 147; nullità della citazione, n, T48, Clausola compromissoria. V. Compromesso Competenza per territorio. La persona¬ lità limitata e la competenza per territorio, n, ili; competenza per territorio rispetto ai terzi, cioè per azioni non sociali, n. 112-121; regola generale (art, 90 § 3 cod. proc, civ.), n. 114; competenza dei tribunali del luogo, ove la società ha una rappre¬ sentanza o risiede il rappresentante {art 872 cod. di comm,), n. IT5-I18; la competenza deH'art. 91 cod. prne. civ., n. izo; competenza per territorio Era soci, cioè per azioni sociali (art, 96 coti proc, civ,). | “il I mi v n. f-v- 234 LE SOCIETÀ COMMERCIALI n. 121-124; condizioni di questa com¬ petenza, n. 121; la competenza del- l’art. 96 e le mutue assicuratrici n. 122; competenza territoriale quan¬ do sia controversa 1’esistenza della società o la qualità di socio, n. 123; competenza (giurisdizione) dei tri¬ bunali italiani per le società stra¬ niere, n. 124. Competenza per valore. Valore della causa quando sia controversa resi¬ stenza della società o la qualità di socio, n. 125. Compromesso. Importanza del compro¬ messo e del giudizio arbitrale nelle società commerciali, n. 126; svolgi¬ mento storico dell’arbitrato in rap¬ porto alle società commerciali, n. 127; l’arbitrato necessario, n. 127 e 128; a chi spetta nelle società com¬ merciali la facoltà di compromettere, n. 129; portata della clausola com¬ promissoria inserita negli statuti e ne¬ gli atti costitutivi, n. 130; v. anche Arbitri. Concentramento della rappresentanza, n. 90 e 91. Confessione, n. 166. Contratto sociale. Effetto di esso nelle società irregolari, n. 76 e 77. Consiglio d'amministrazione. Rappresen¬ tanza giudiziale del Consiglio d’am¬ ministrazione, n. 81. Corpo della compagnia, n. 12, pag. 23. Corpus mysticum, n. 12. Cosa giudicata. V. Sentenza. Creditori sociali nelle società irregolari, n. 76. Dimissioni. V. Rinuncia. Direttore generale. Rappresentanza del direttore generale, n. 81; nelle so¬ cietà ferroviarie, n. 92. Eccezione. Effetti delle eccezioni sulla competenza, n. 123 e 125. Esclusione dei soci. V. Prova. Escussione. Necessità della preventiva escussione dei beni sociali, n. 172. Fallimento. Effetti del fallimento di uno o più soci sulla rappresentanza dei liquidatori, n. 101-103; effetti del fal¬ limento sulla competenza dei tribu¬ nali del luogo ove la società ha una rappresentanza o risiede il rappresen¬ tante, n. 118. Fusione. V. Prova. Giuramento. A chi deve essere deferito e da chi deve essere prestato il giu¬ ramento, n. 164; capacità del rap¬ presentante a deferire, a riferire e ac¬ cettare il giuramento, n. 164; fatti compiuti non dal rappresentante at¬ tuale, ma dal predecessore, n. 165. Giurisdizione dei tribunali italiani sulle società estere, n. 124. Institori. Rappresentanza giudiziale de¬ gli institori preposti alle succursali, n. 90; rappresentanza degli institori dopo la messa in liquidazione, n. 107. Interesse del socio a intervenire nelle cause della società, n. 149; della società a intervenire nella causa del socio, n. 153. Interrogatorio, n. 160. Intervento in causa. Intervento del socio nelle cuase della società, n. 149-1531 cause vertenti tra la società e terzi, n. 151; cause vertenti tra la società e soci come tali, n. 152; intervento della società nelle cause del socio, n- 153 - Libri sociali, come mezzo di prova, n. 162. Liquidazione. Condizione giuridica delle società commerciali in liquidazione, n. 51, nota 33; rappresentanza in giudizio, n. 96 e s.; quando inco¬ mincia la rappresentanza dei liqui¬ datori, n. 97; periodo intermedio tra lo scioglimento e la regolare INDICE ANALITICO 235 costituzione dell’ufficio dei liquida¬ tori, n. 98; conseguenze della rap¬ presentanza dei liquidatori rispetto agli antichi amministratori, n. 99; caso di più liquidatori, n. 100; ef¬ fetto del fallimento di uno o più soci sulla rappresentanza dei liqui¬ datori, n. 101-103; rappresentanza in giudizio speciale durante la liquida¬ zione, n. 104-107; rappresentanza delle società irregolari in liquida¬ zione, n. no; la competenza del tri¬ bunale del luogo ove la società ha una rappresentanza (art. 872 cod. di comm.) e la liquidazione, n. 117. Mandato. Il mandato alle liti non cessa per il sopravvenire della liquidazione, n. 107; mandato collettivo dei liqui¬ datori, n. 100 b). Moratoria. La competenza dell’art. 872 cod. di comm. e la moratoria, n. 119. Mutazione dei soci. V. Prova. Mutue assicuratrici. Competenza per le azioni di risarcimento degli associati, n. 122. Notificazione. V. Citazione. Nullità della citazione, n. 148. Oggetto della società. Le imprime la com- mercialità, n. 2 e 3; il mutamento di esso deve essere provato per iscrit¬ to, n. 161. Opposizione del terzo. Quando il socio può fare opposizione di terzo, n. 179 e 180. Patrimonio ad uno scopo, n. 29. Patto compromissorio. V. Compromesso. Personalità giuridica. Importanza ri¬ spetto alla condizione giuridica delle società commerciali nel giudizio ci¬ vile, n. 1; nel diritto romano, n. 4-10; nel diritto intermedio, n. 10-19; varie teorie della personalità giuridica n. 19-31; sistema adottato, n. 31-53. Probiviri, n. 126. Procedimenti speciali, n. 181 e s. Promotori di società irregolare, n. 74 e 75- Prova. Ammissibilità dei vari mezzi di prova in generale, n. 154-162; l’atto scritto è necessario ad probationem, non ad substantiam, quanto al con¬ tratto sociale, n. 156-161; è necessario ad probationem anche per la muta¬ zione, il recesso e l'esclusione dei soci, i cambiamenti della ragione sociale, della sede o dell’oggetto della società, o dei soci che hanno la firma sociale, per la riduzione, l'aumento, o la re¬ integrazione del capitale, per lo scio¬ glimento anticipato, la fusione e la prorogazione, n. 161; formazione della prova, n. 162-167; prova scritta: i libri sociali, n. 162; prova testimo¬ niale, n. 163; giuramento, n. 164 e 165; confessione ed interrogatorio, n. 166. Quasi contratto giudiziale. Il quasi con¬ tratto giudiziale e la necessità della indicazione del rappresentante nel¬ l’atto d’appello fatto da o contro una società commerciale, n. 146. Ragione sociale. Per i mutamenti della ragione sociale l’atto scritto è neces¬ sario ad probationem, n. 161. Rappresentanti di società commerciali. Duplice carattere dei rappresentanti, v. anche Rappresentanza giudiziale, Liquidazione. Rappresentanza. Che cosa è la rappre¬ sentanza e in che differisce dallo sta¬ bilimento, n. 114. Rappresentanza giudiziale. Rappresentan¬ za generica, n. 80 e segg.; rappresen¬ tanza generale espressa, n. 81; tacita, n. 82; pluralità di rappresentanti, n. 82; cessazione dall'ufficio del rap¬ presentante, n. 83; rinuncia, n. 84-87; rappresentanza speciale, n. 88 e s.; institori preposti alle sedi succursali, 236 LE SOCIETÀ COMMERCIALI 0. 90 fi 107; concentra mento della rappresentanza, n, 90 -e 91; rappre¬ sentanza delle società ferroviarie, n, 92 fi s.; rappresentanza delle società in liquidazione, n. 96 e s,, m 110; società irregolari, n, 108 e 5- Recesso dèi jocì, v. -ProDa. Reintegrazione dd capitale, v. Prova. Res ludi-tata, v. Sentenza* Riduzione dd capitate, v. Frova Rinuncia del rappresentante, n. 84-87. Scioglimento, efletti rispetto alla rappre¬ sentanza, 11, 97; poteri degli arbitri in caso di scioglimento, n. 132; v, anche Liquidazione, Prom. Sede. Sede sociale, sede ddH'ammimstra- zìoue sociale, n, 113. Sedi, v. Succursali Sentenza, Autorità rispetto ai soci delia sentenza pronunziata contro la so¬ cietà, n. 167 e segg.; necessità deila preventiva escussione dei beni so¬ ciali per i crediti contro l’ente so¬ cietà, n, 172; autorità rispetto ai soci delle sentenze pronunciate circa la validità delle deliberazioni del- l'assemblea generale, n. 173 e segg.. società irregolari., n. 17S, Sequestro, Sequestro domandato da un socio, e dal credi toro particolare di un socio, n, 184. Signum sociètatis, n, 15, Società civile, in che differisca dalla com¬ merciale, 11 2 e 3- Sociètà commerciale. Distinzione tra so¬ cietà commerciale e società civile, n. 2 03: condizione giuridica nel giu¬ dizio civile, n. 53 e ssegg. Società estere; loro capacità a stare in giudizio- nel regno, n. 56-61; giurisdi¬ zione su di esse dei tribunali italiani, n, 124. Società ferroviarie; rappresentanza in giudizio, n. 92 e segg.; rappresentanza del direttore generale, n, 92; del capo staziono, n. 93 e 94; altri rappre¬ sentanti giudiziali delie società fer¬ roviarie, n. 93; v. Capo stazione. Società in liquidazione, v. Liquidatone. Società irregolari; concetto, n. 62; con¬ dizione giuridica, n. 64-77; condizione giuridica nel giudizio civile, n. 77; rappresentanza in giudizio, n, 108 es,; rappresentanza in giudizio durante la liquidazione, n. ito; efficacia di una sentenza pronunciata contro uua so¬ cietà irregolare, n. 178. Socielas quaestuaria, n. 9, Sùcietalss coUegiatae, n 8. Soctfifltós puhlicae, el 9 Socio: concetto, n. 52 e 54. condizione giuridica dd socio di una società irregolare, n 74 « 75; autorità ri¬ spetto al socio ddia sentenza pro¬ nunciata contro la società, n. 167 e s. Stabilimento, n, 113; principale stabili- Tnento, n. 113, Succursali, rappresentanti della società nelle sedi secondarie e. succursali, n. 90. Tefzo. concetto: in senso stretto e in senso ampio; n. 52 e 54 Testimoni, v. Prova. Urgenza. Rappresentanza degli ammini¬ stratori dopo lo scioglimento per gli affari urgenti, n 9S, Usi commerciali, nella nomina degli ar¬ bitri, n, 131* INDICE SISTEMATICO pag. Prefazione . vii Introduzione . i TITOLO PRIMO LA PERSONALITÀ GIURIDICA Capitolo Primo LO SVOLGIMENTO STORICO 1. Il diritto romano. n 2. Il diritto intermedio. 19 Capitolo Secondo IL DIRITTO VIGENTE 1. Le varie teorie. 33 2. Costruzione del sistema. 45 TITOLO SECONDO LA RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO Capitolo Primo CONDIZIONE GIURIDICA DELLE SOCIETÀ COMMERCIALI NEL GIUDIZIO CIVILE 1. Le società regolari. 75 2. Le società irregolari . 84 Capitolo Secondo ORGANIZZAZIONE DELLA RAPPRESENTANZA GIUDIZIALE 1. Teoria generale 107 i£Sg 238 INDICE SISTEMATICO pag. 2. Le società in liquidazione. I2 4 3. Le società irregolari . ^ TITOLO TERZO IL GIUDIZIO Capitolo Primo LA COMPETENZA 1. La competenza per materia e per valore. 2. Il compromesso e il giudizio arbitrale. ^7 Capitolo Secondo COSTITUZIONE ED ISTRUZIONE DEL GIUDIZIO 1. La citazione. 2. L’intervento in causa. j8i 3. La prova. 185 Capitolo Terzo LA SENTENZA, LA RES IUDICATA E L’IMPUGNAZIONE DELLA SENTENZA 1. Autorità rispetto ai soci della sentenza pronunciata contro la società , 205 2. L’opposizione del terzo come mezzo per impugnare la sentenza ... 221 Capitolo Quarto I PROCEDIMENTI SPECIALI 1. Il procedimento in camera di consiglio per l’affissione e trascrizione dello statuto e dell’atto costitutivo delle società in accomandita per azioni e anonime. 22 ^ 2. Altri procedimenti speciali. 22 g Conclusione . Indice Analitico 233